Il Parroco
29 Agosto 1953
Nasce a Sicilì di Morigerati (SA)
20 Settembre 1953
E' Battezzato nella Chiesa Santa Maria Assunta in Sicilì (SA)
28 Marzo 1971 E'
Confermato nella Chiesa San Nicola in Plateis a Scalea (CS)
24 Giugno 1981 E'
ordinato Diacono nella Chiesa San Nicola in Plateis a Scalea dal
Vescovo Mons. Augusto Lauro
06 Giugno 1982 E'
ordinato Presbitero nella Basilica Patriarcale di San Pietro
Apostolo in
Roma, da S.S. Giovanni Paolo II
* * * * * *
23
giugno 2019 - Solennità del SS. Corpo e Sangue del Signore
Il Pane viene spezzato, il Calice del Vino condiviso è il gesto
che ogni giorno ogni sacerdote vive nelle comunità a lui
affidate e per la vita spirituale delle comunità. Sono gesti
semplici codificati nei primi anni della comunità cristiana per
come San Paolo oggi ci ricorda nella sua lettera ai Corinzi,
poiché in quelle comunità erano in atto anche delle devianze
sociali, lui avverte l'esigenza di comunicare come si doveva
vivere il memoriale della Cena del Signore, quella che noi
chiamiamo celebrazione Eucaristica.
Nessun
abbellimento rituale solo e semplicemente i Gesti e le
Parole fatte e dette dal Signore in occasione dell'ultima Cena a
Gerusalemme:
Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi
ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva
tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e
disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in
memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice,
dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate
questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni
volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi
annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
Come si può
vedere la cornice è quella drammatica del tradimento, la realtà
è quella dell'amore condiviso, lo sguardo è proteso in avanti
nell'attesa del risorto. E' importante vivere il tutto con
grande attenzione e raccoglimento, il silenzio interiore ed
esteriore è indispensabile.
La comunità dei cristiani, vivendo in modo coinvolgente questa
realtà. avverte da sempre la presenza di Gesù Cristo risorto e
vivo, non il ricordo di ciò che non è più ma l'esserci sempre e
ogni giorno per condividere con Gesù i gesti del suo amore e
l'impegno di camminare accanto a Lui nel tempo. Anche nei
racconti delle apparizioni del Risorto, i discepoli di Emmaus e
le apparizioni sul lago, sono questi Gesti e queste parole
a farlo sentire il protagonista vivo della comunità. Ancora oggi
nella crescita spirituale, tutto dipende dal come si vive la
celebrazione dell'Eucaristia. E' attorno all'Eucaristia che si
cresce nel legame affettivo, che si avverte l'importanza di
essere parte di un tutto.
E' grazie al
cibo eucaristico che ci apriamo alla speranza eterna, ancora è
sempre grazie al nutrimento eucaristico che avvertiamo dentro di
noi la presenza di Gesù che salva che apre a una speranza
infinità. Poi il tempo passa e spesso si è passati, quando la
Chiesa mostrava i muscoli e non tanto il cuore, anche ad
un uso strumentale di questo gesto di amore. Non mi soffermo su
quanto nei secoli è accaduto, in persecuzioni e guerre tra le
religioni e le confessioni cristiane, ma di certo ancora
oggi, anche grazie al processo di purificazione rituale
fortemente voluto dal Concilio Vaticano II noi abbiamo la
possibilità di attingere con intensità alla fonte rigenerante
della nostra vita di comunità la comunione con il Signore.
Nella vita spirituale tutto è da perfezionale e da scoprire in
modo sempre nuovo, quello che conta e guardare sempre più in
profondità nella vita di fede e sempre più con attenzione avere
lo sguardo fisso su Gesù, questo ci permette di sentirci
rinnovati interiormente dalla Sua presenza e fortificati nella
testimonianza della carità e della misericordia dai suoi
atteggiamenti, che non lasciano spazi a dubbi e a incertezze:
occorre amare tutti, occorre amare donandosi, nel donare amore
sentirsi amati sempre dalla sorgente dell'amore che è il
Signore.
Ecco perché
questa solennità del SS. Corpo e Sangue del Signore è
insostituibile ed è impagabile per l'amore che riesce a
trasmettere e a generare nei cuori delle persone e della vita di
comunità. Come ho già detto altre volte nulla è magico nella
vita di fede, tutto esige un coinvolgimento maturo ed emotivo
perché possa conseguire gli obbiettivi che il Signore pone
davanti ai nostri occhi. Allora non possiamo che incamminarci in
questo cammino processionale che il Signore stesso guida per le
strade della nostra Città, Lui apre la strada e noi lo seguiamo
con docilità nella preghiera e nella disponibilità allo stupore
per tutto ciò che riesce ad alimentare nei cuori dei fedeli.
Come gli
Apostoli anche noi osservando gli sguardi e gli atteggiamenti di
coloro che si accompagnano a questa manifestazione di fede, non
possiamo che stupirci del dono della Sua presenza e come loro
anche noi, di fronte a tutto ciò che ancora oggi riesce ad
operare, constatiamo e affermiamo: è il Signore.
9 giugno
2019 - Pentecoste dello Spirito
Pentecoste, il cinquantesimo giorno dalla Pasqua, è il tempo del raccolto del
grano e quest'anno corrisponde molto bene a questa vocazione, il clima è quello
giusto del raccolto del grano, caldo secco, sole alto e rovente, oggi si pensa
al mare, una volta semplicemente si andava a mietere il grano. In realtà non si
riesce ancora a trovare il tempo per il mare, la Pentecoste incoraggia a leggere
i doni del Signore e soprattutto come poterli valorizzare.
E' una grave
responsabilità non disperdere quello che il Signore ha raccolto, ritengo che sia
difficile per tutti, leggere i cuori non è facile per nessuno e poi, è risaputo,
che il Signore accoglie tutti. Lui non fa differenza d'altra parte ha dato la
vita per tutti, per cui come farebbe a lasciare indietro qualcuno? Noi
generalmente siamo più funzionali, cosa sa fare, come lo fa, riesce a stare con
gli altri e via a seguire, le domande sono molte. E' importante che ci siamo i
bambini, loro aprono a una comprensione più vera della vita, impostata su
relazioni di immediatezza e autenticità relazionale, anche se. mi viene detto
che non sempre e con tutti è così.
Concorrere a costruire la vita di comunità, pone una domanda di fondo: di chi è
la comunità? Risposta facile è di Gesù. Da chi è composta? Da tutti coloro che
lo cercano. Come potete constatare tutto è molto semplice e lineare. Il valore
entro cui questa realtà così complessa e dinamica si muove è l'amore. Una parola
molto ampia che esprime un valore semplice, la propria appartenenza agli altri,
quale dono del Signore.
Siamo chiamati per questo, siamo mandati per questo,
rendere presente il Suo amore per tutti coloro che lo cercano, i motivi possono
essere i più variegati, non sempre siamo capaci di vivere questa dedizione,
anche per questo all'interno della comunità si creano le aggregazioni, non
dovrebbero mai essere staccate le une dalle altre, semplicemente perché
dovrebbero concorrere al bene comune, in realtà questo viene vissuto con
distrazione, generalmente ognuno persegue dei programmi propri, al punto che per
molti la vita di comunità diventa marginale.
Niente di particolarmente anomalo, la nostra è una società fortemente
contrassegnata dalla esigenza di individualità, al punto da farlo diventare
valore assoluto e interpretativo di ogni relazione. Può anche essere che
la vita di comunione non debba essere intesa per come la si comprende in modo
rigoroso in ambito cattolico, forse Gesù la leggeva più connaturale nella
dinamica delle relazioni occasionali, anche molto diversificate. Insomma i
carismi da intendere non come arricchimento collettivo ma come caratterizzazione
di piccole esperienza di comunità.
Può anche starci, però l'obbiettivo deve
sempre essere quello di costruire il bene comune, fin dalle origine è emersa
questa tendenza a valorizzare la diversità e aumentando il numero dei fedeli
necessariamente si stabilizzava in relazioni più assolutizzanti. In questo
atteggiamento la sottolineatura della Chiesa nei secoli, è stata molto
diversificata, al punto da orientare in modo molto diversificato da comunità a
comunità. Certamente la speranza è che tutto sia composto in unità, valore
centrale per il quale il Signore ha dato la vita. Ma che cos'è l'unità, dando
per scontato che non può essere intesa come uniformità.
Nella
comprensione del valore che ne danno gli scritti del nuovo testamento è un modo
di relazionarsi molto più elastico, rispetto a come viene inteso nel linguaggio
ecclesiale attuale, diciamo così il Vaticano II aveva imboccato la strada della
comunione sia dal punto di vista liturgico che da quello canonico, ma un po' per
paura, un po' per pigrizia si tende sempre ad accentuare un atteggiamento
più rigoroso con le categorie della lettera e dello spirito conciliare.
Proprio
adesso il Santo Padre ha comunicato che: la libertà delle proprie idee o degli
atteggiamenti personalizzati non può mai essere arma contro altri che la pensano
o vivono diversamente. Ma nell'era della comunicazione totale come gestire
tutto questo? Anche all'interno della Chiesa, nonostante la tradizionale
solidità del magistero, molte volte si fa fatica ad armonizzare le
diversità sul piano della comunione, per cui spesso diventano contrapposizione.
Certo l'avvento dello Spirito Santo nella Pentecoste, per come viene narrata
dagli scritti neotestamentari, apre a molteplici modi di intendere la
partecipazione all'unica salvezza operata da Gesù Cristo. La prudenza incoraggia
a percorrere vie più lineari, contrassegnate dalla volontà dei consensi e
dell'equilibrio, ma in se si dovrebbe riuscire a cogliere l'amore del Signore
come unica categoria interpretativa della vita di comunità.
Più facile a dirsi
che a farsi, è vero però nel fare non è opportuno dimenticare del tutto il dire,
altrimenti se corre il rischio di percorrere vie proprie e non tanto
quello che il Signore ci chiede di vivere. Diciamo così è importante
personalizza, caratterizzare con il proprio l'impegno pastorale ma non è
opportuno farlo diventare categoria interpretativa del modo di proporre la fede
a tutti.
21 aprile 2019 - Paqua di
Resurrezione
Sta per concludersi questo giorno di Pasqua e non posso che ringraziare il
Signore per quanto ci ha donato di vivere in questo secondo appuntamento del
cammino liturgico, la Santa Visita, adesso la Settimana Santa e da domani la
Novena per la Festa patronale a San Giuseppe Lavoratore. Le attività vanno
sempre guardate nella loro complessità e bellezza, per come il Signore ci dona
di viverle e di animarle. Ho detto altre volte che il fare non è fine a se
stesso, ma è orientato a rendere presente l'azione di Dio che in queste
settimane ci ha portato a vivere la gioia di sentirci Chiesa diocesana attorno
al nostro Vescovo, con i responsabili della società civile del territorio,
abbiamo goduto la gioia di metterci in ascolto dei nostri giovani con la GMG, e
adesso il Signore si è accompagnato alla vita della comunità prendendoci per
mano e aiutandoci a seguirlo nelle tappe salienti della sua esistenza terrena.
Ritengo sia inutile ribadire che sono state esperienza memorabili e, per alcuni
aspetti, indimenticabili, d'altra parte l'opera di Dio è sempre orientata a
stupire coloro che si lasciano coinvolgere nella Sua chiamata. Ma questa
Settimana Santa ritengo di poterla descrivere come un momento magico di
celebrazione liturgica, poiché mai come quest'anno ho avuto modo di coinvolgermi
in quasi totale assenza, l'affermazione non deve essere vista come una
contraddizione, poiché per vivere pienamente la liturgia occorre che sia essa
stessa a guidare i movimenti e i pensieri di chi vi partecipa. Per cui si deve
preparare tutto con cura, in modo puntuale e fare in modo che tutto scorra con
linearità, senza intoppi o sbavature formali.
Dio opera secondo un
progetto e senza bisogno di fronzoli. Insomma la liturgia della Chiesa ha un suo
linguaggio, per cui quando lo si lascia esprimere comunica in se la bellezza di
essere coinvolti dal Signore nel Suo progetto di amore, orientato alla
fraternità e a generare la pace nel cuore dell'uomo. Questo significa che
nulla deve essere trascurato nella preparazione, ancora di più esige che chi
deve coinvolgere gli altri non si distragga in nulla dal come si ritiene si
debba procedere. E' inutile dire che di tutta questa preparazione quasi nulla
viene colto dalla gente che partecipa occasionalmente alle liturgie, dico di più
meno se ne rende conto e più è positivo il lavoro fatto per la preparazione
della liturgia.
I movimenti da
fare sull'altare, i canti da eseguire, la gioia con cui si vive tutto questo, la
cure del luogo liturgico, la preparazione della suppellettile sacra, i segni da
usare lungo lo svolgimento della celebrazione, tutto esige tempo, esige
disponibilità. Però perché la liturgia consegua pienamente il suo obbiettivo
esige una flessibilità della mente orientata a incarnare pienamente il momento
per come viene proposto, forse è questo l'aspetto più difficile da incarnare,
anche perché oggi come oggi siamo troppo presi dalle nostre emozioni, dai nostri
sentimenti per cui non è sempre facile dare spazio a quanto il Signore sollecita
di ascoltare, riflettere e testimoniare.
Significa, per essere più esplicito,
che devo vivere l'incontro con il Signore nella disponibilità a cogliere la
preziosità della Sua presenza e l'importanza dell'annullamento di quanto
appartiene alla nostra vita personale. Per cui cerchiamo l'incontro con Dio ma
facciamo fatica a spogliarci delle nostre emozioni, dei nostri problemi, dei
nostri pensieri, in questo caso il rischio che si corre è quello di non fare
sinergia di intendi per cui si esce per come si è entrati in Chiesa.
Poi ci si apre
alla magia, che è l'azione di Dio nel cuore dei fedeli, inizia così il
pellegrinaggio dell'anima. Tutti si mettono in cammino per lodare e ringraziare
il Signore, forse perché abituati, magari per guardare come è cambiato il luogo
di culto, altri perché lo hanno sempre fatto sin da bambini, altri ancora per
affidare al Signore i loro cari, le loro sofferenze, magari per vivere un
momento di gioia, per alimentare la speranza nelle difficoltà che la vita non fa
mancare a nessuno.
Altri soprattutto i giovani ma non solo, vivono forme
diverse di pellegrinaggio, intanto tornano alle loro famiglie con tanta
nostalgia dai luoghi di lavoro o di studio. Non pochi avvertono anche l'esigenza
di restituirsi ad incontri sporadici con la memoria della loro fede, altri
ancora più semplicemente cercano la gioia dell'incontro. Prevale spesso la
gioia, la voglia di fare festa. Anche per questo non disdegnano del tutto la
Chiesa come luogo dell'incontro, luogo dove fare festa. Anche loro non sempre
trovano il tempo dei saluti, ma sono giorni frenetici e il tempo è realmente
poco, comunque è sempre un piacere anche solo intravederli.
In tutto questo il
Parroco? Difficile da esprimere, troppe emozioni da vivere e da animare, per cui
molto riflessivo e metodico nella proposta. Certamente gioioso per ciò che
il Signore gli dona di vivere, magari molto teso a motivo della volontà di fare
sempre meglio e di non vederlo possibile. Accontentarsi? Che parola è. Ritengo
che adesso può iniziare la fase di rasserenamento anche se gli impegni sono
sempre pressanti. Evito di memorizzarli, così arrivo agli appuntamenti in modo
più sereno e spensierato. Intanto questa sera abbiamo posizionato la statua d
San Giuseppe che ci accompagnerà con la celebrazione della novena in questi
giorni.
Per cui non posso che affidare a Lui il prosieguo del nostro impegno
pastorale nella certezza che tutto sarà vissuto per come a Lui piace nella
semplicità e nella gioia della vita di fraternità. Avremo anche modo di pregare
e fare festa con l'Azione Cattolica accogliendo la Madonna pellegrina martedì
pomeriggio ultima tappa della Su permanenza i n diocesi. E poi a seguire per
come viene, primo fra tutti quest'anno l'impegno di visitare le famiglie che
spero di fa con maggiore continuità rispetto agli altri anni. Insomma da queste
parti non c'è il rischio di annoiarsi.
Ritengo giusto
completare questi pensieri del giorno di Pasqua con il ringraziamento che ho
inviato ai vari gruppi della comunità, ma che può essere esteso a tutti,
soprattutto ai bambini che sono il dono più grande che il Signore fa alla nostra
parrocchia:
Nel tramonto di questo giorno così bello e significativo per la nostra vita di
cristiani, non posso che ringraziare tutti coloro che hanno espresso con umiltà
e dedizione il loro impegno per aprire i cuori all’incontro con il Signore
Risorto. Tutte le celebrazioni hanno visto una partecipazione significativa
della comunità e sono state animate e vissute con affetto e gioia. Come ogni
cosa umana non sono mancate le difficoltà, ma il Signore deve dare pace a tutti.
Grazie per il vostro impegno e la vostra preghiera, il Signore è la nostra
forza. Buona Pasqua a tutti voi e alle vostre famiglie.
17 marzo 2019 - II Domenica del Tempo di
Quaresima
Il testo della Genesi, in questa
seconda Domenica di Quaresima, ci riporta ai riti ancestrali
delle alleanze tribali, l'epopea dei Patriarchi è
contrassegnata dalla novità dell'alleanza con Dio e dalle
reminiscenze dei riti sacrificali che caratterizzano questa
parte delle tradizioni bibliche. Non è facile abbandonare le
tradizioni dei padri anche in un contesto di una vocazione
religiose totalmente innovativa, da vivere oltretutto lontano
dalla propria terra di origine. La storia di Abramo è narrata
con questa mescolanza della novità rappresentata dalla chiamata
da parte di Dio, del quale ancora non si conosce il
nome/presenza che fu rivelato a Mosè, infatti Ab Ram lo chiama
per come le culture che attraversava da nomade lo identificano
con la caratterizzazione dell'assolutezza di questa presenza.
Come amicarsi questa presenza? con il
perpetuare i sacrifici di alleanza che i padri mesopotamici
vivevano sulle alture o sulle terrazze delle zicurrat, i loro
templi maestosi. A ogni promessa di Dio, Ab Ram chiede una
conferma e si impegna a sua volta come uno dei contraenti
dell'alleanza, l'altro contraente è Dio:
Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?
Sono promesse da sogno, la discendenza numerosa, una proprietà
delle terre immensa, insomma tutto era presagio di grandezza e
di speranza nel futuro.
Però di fronte a Dio mai nulla è totalmente
gratuito, per cui viene chiesto di vigilare e di
preservare ciò che è offerto a Dio:
Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Ab Ram li scacciò.
Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Ab Ram,
ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Nella lotta
quando non si conosce il termine, spesso prevale la stanchezza,
la paura, ma il Signore non abbandona e quando l'uomo non riesce
più a lottare passa il Signore che rischiara le tenebre e
incoraggia a proseguire il cammino: Quando, tramontato il
sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una
fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. Anche
le immagini con le quali Dio si rende presente sono totalmente
innovative, sono preziose perché nei secoli seguenti saranno
spiritualizzate.
L'evangelista Luca ci
narra uno degli avvenimenti più eclatanti accaduti durante la
vita di Gesù, al punto che molti ritengono che sia una memoria
delle apparizioni del Risorto.
Ordinariamente viene denominato il Vangelo della
Trasfigurazione, anche perché racchiude nonostante la sua
brevità il contenuto complessivo della missione di Gesù: In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e
salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò
d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.
Siamo di fronte a una crisi della comunità dei discepoli, ci
sono stati dei fallimenti, delle incomprensioni e molti
cominciarono ad abbandonare Gesù. Oltretutto morto Giovanni il
Battista era entrato nel mirino dei perseguitati di Erode Antipa.
Gesù ritenne necessario
a questo punto di allontanarsi dalla Galilea e per qualche mese
ritirarsi in Fenicia. Insomma esce di scena, anche per capire
l'umore che serpeggiava tra i suoi discepoli più fedeli. E' in
questo contesto che si inserisce il racconto della
Trasfigurazione che va contestualizzato su un alto monte come è
accaduto per Mosè ed Elia, il Sinai, l'Oreb. Sono proprio questi
due protagonisti della Prima Alleanza che dialogano con Lui: Ed ecco,
due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi
nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi
a Gerusalemme.
Con questa breve frase l'evangelizza sintetizza tutta la
missione di Gesù, far uscire Israele dal deserto verso una nuova
meta, il sacrificio della croce in Gerusalemme. Il profetismo in
Elia e la legge in Mosè si confrontano e si completano con la
Nuova Alleanza che Dio sta realizzando nella morte e
resurrezione di Gesù.
E i discepoli?
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si
svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con
lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù:
«Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una
per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che
diceva. Sono
affermazioni lapidarie che i discepoli avranno narrano alle loro
comunità nella evangelizzazione, non senza dolore e apprensione.
Sono sinceri, esprimono con immediatezza la difficoltà di stare
in modo attivo accanto a Gesù, accadrà anche in seguito nel
momento drammatico del Getsemani, sono stanchi salire il Monte
non era agevole, nella visione di ciò che accadeva non sanno che
cosa dire. Però nel loro balbettare la fede e i desideri che ne
derivano esprimono la situazione del deserto nel quale si
trovano. Le capanne sono la caratterizzazione dell'esperienza
assoluta dell'amicizia con Dio che, nella prova, non abbandona
il suo popolo.
Tutto è avvolto dalla
nube che ancora una volta suscita in loro incertezza, ma è
illuminato dalla voce che scende dal cielo:
Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo! E' una
voce che abbiamo già sentito in occasione del Battesimo e che
Giovanni, nel suo vangelo, ci riproporrà nello svelamento della
salvezza ai Greci. Il Padre avverte l'esigenza di confermare
quello che i discepoli vedono con i loro occhi, è la nostra fede
ed è l'impegno della evangelizzazione che nasce dall'ascolto di
Gesù.
Tutto termina
probabilmente non è durato molto, non ci viene detto. Adesso
prevale il silenzio, non c'è più nulla da guardare se non Gesù
che appare loro per come era prima, probabilmente stentano a
fare delle domande, loro stesso ancora in stato di confusione
non saprebbero cosa comunicare agli altri per cui:
Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che
avevano visto.
E' l'atteggiamento che accompagna anche noi, quando dopo aver
ascoltato il Signore durante una celebrazione, torniamo
alle nostre case, ai nostri impegni quotidiani, troppo spesso
prevale il silenzio, il non annunciare quanto il Signore ci ha
donato di vivere alla Sua presenza.
10 marzo 2019 - I Domenica del Tempo di
Quaresima
Lentamente i giorni passano e la Quaresima entra nel ritmo delle Via Crucis, ci
si incammina per i quartieri per incoraggiare i residenti che non sempre si
lasciano coinvolgere in parrocchia a ricordare il tempo penitenziale che stiamo
vivendo e pregare insieme. Insomma è un incoraggiamento a vivere la fede,
devo ammettere che la partecipazione è certamente positiva anche perché si
coinvolgono anche coloro che lavorano e che farebbero fatica il pomeriggio a
partecipare. Certamente non è facile capire quale valore le persone danno
alla croce che percorre le vie dei quartieri, anche perché non si può leggere
nel cuore delle persone, ma se considero quello che viene riflettuto nelle
meditazioni di chi organizza vi posso garantire che è un passaggio che non
lascia indifferenti, potrebbero essere proclamate in ambienti ecclesiali con la
certezza di essere ascoltati con grande attenzione. La sofferenza, la
solitudine, le difficoltà della vita si intrecciano con i temi della speranza e
della gioia della resurrezione, i problemi legati al lavoro, allo sfruttamento,
alla condizione giovanile, alle coppie si coniugano con la certezza di poter
costruire un futuro migliore grazie all'aiuto di Gesù e alla preghiera.
Ma in che cosa il Signore può
intervenire nella nostra vita per donarci pace, per aiutarci nelle difficoltà?
Il Signore certamente incoraggia l'armonia del cuore e la gioia della vita
comune. Dona nella preghiera la serenità nell'affrontare anche le situazioni più
difficili o, più semplicemente, apre a un modo diverso di leggersi nelle
relazioni di comunità. Come dire è un aiuto spirituale, ma anche psicologico che
apre a una relazionalità contrassegnata dall'affetto, dal rispetto dell'altro e
dalla gioia di sentirsi parte di una comunità. Anche questo aspetto non deve
essere trascurato, non è la comunità degli amici, delle persone che mi sono
simpatiche ma di coloro che Gesù mi pone accanto e con le quali devo costruire
relazioni di comunione che iniziano in Lui e conducono a Lui. Come dire è come
se ricevessimo un dono comune, da condividere quasi senza tenere nulla per noi,
anche perché ciò che doniamo ci viene ridonato per eccesso, insomma non corriamo
mai il rischio di perdere qualcosa o di smarrirci.
Il cammino della Croce diventa una via luminosa che rischiara ogni situazione
della vita, una via che è bello percorre prestando attenzione a Colui che la
guida, ma anche a tutti coloro lo seguono, per imparare ad amare e a comprendere
che nell'amore tutto viene visto e vissuto in modo diverso. Ritengo sia inutile
ritenere che tutto possa essere vissuto in modo semplice e automatico, ogni cosa
ha bisogno del proprio impegno personale e della dedizione alla crescita
spirituale. Ogni cosa ha bisogno di essere sostenuta con la preghiera, con la
gioia di cercarsi nell'altro e di cogliere l'altro parte dello stesso progetto
di vita. Ogni altro è stato redento dalla Croce del Signore, Gesù lo ha amato
come ha amato noi, per cui non dobbiamo fare altro che rendere presente questo
amore nella dedizione vicendevole, senza particolarismi, senza affezioni
particolari ma con la gioia interiore di rendere presente il Signore nonostante
i nostri tanti limiti.
E' il
mistero della redenzione e della comunione che Gesù ha operato con il dono di se
stesso, generando un modo diverso di leggersi nella comunione con Lui e tra di
noi. E' la bellezza di sentirsi Chiesa, ma anche la responsabilità di rigenerare
la vita della Chiesa. E' l'impegno dei tanti battezzati che nella gratuità più
assoluta dedicano la propria vita agli altri per amore del Signore, il
volontariato è l'anima della comunità cristiana, la gioia di spendersi per gli
altri per come Gesù ci ha insegnato, per come Gesù ci dona di vivere nei doni
dello Spirito, come possiamo vedere tutto è sempre deve essere coniugato
dall'amore che abita il nostro cuore e che noi dobbiamo testimoniare con
semplicità e dedizione per rendere presente la sorgente dell'amore che è il
Signore. Come dire è uno svelare ed è un velare, per fare in modo che non ci si
sovrapponga mai agli altri e soprattutto che non si diventi ostacolo
all'incontro della persona con Gesù.
La Quaresima è questo tempo di Grazia che il Signore ci affida e al quale siamo
affidati nello Spirito, nessuna illusione e nessuna delusione, tutto deve
manifestare semplicemente la Grazia con l quale Dio abita la nostra vita
orientandolo a un sincero cambiamento spirituale. Il cristiano non può mai
restare deluso anche perché semplicemente non ha traguardi da perseguire, che in
quale modo possa sentire proprie. SI lascia trasportare dall'azione amante di
Dio e in questa azione deve esprimere il proprio protagonismo, non tutto ci
appartiene ma quello che il Signore ci affida è totalmente affidato alla nostra
responsabilità, perché possa manifestare in pienezza la Sua volontà di essere
presente nella nostra vita, ai nostri giorni, nelle nostre casa. Insomma non è
una responsabilità da poco, ma ci guida la certezza che comunque Lui si
accompagna alla nostra azione e, se non tutto sembra andare per come riterremmo
nel fare la Sua volontà, ci dona pace.
27 gennaio 2019 - III Domenica Tempo Ordinario
Fin dall'antichità, in ogni luoghi, nei modi più diversi Dio ha
cercato di dialogare con l'uomo,. In questa Domenica siamo
incoraggiati a cogliere la Sua presenza in mezzo ai deportati di
Babilonia rientrati a Gerusalemme, nella Sua volontà di dare
loro stabilità e di rincuorarli nelle loro fragilità, come
sempre l'azione di Dio si esprime attraverso coloro che in quel
determinato periodo avvertivano l'esigenza di renderlo presente:
In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti
all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci
di intendere.
La lettura della Torah, non è solo un atto di devozione ma
soprattutto un assimilare i principi basilare dell'appartenenza
al Popolo di Dio, per cui è un esercizio che si prolunga nel
tempo ed ha bisogno di essere interiorizzato. Esige anche grande
disponibilità al silenzio e all'ascolto, in questo caso è
una vera proclamazione assembleare, il popolo ascoltava e
accoglieva: Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava
più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo
si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e
tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si
inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi
al Signore.
Anche nelle pagine più severe la volontà d Dio è quella di dare
pace e serenità, trasmettere loro la gioia del ritorno e la
determinazione di mantenersi fedeli alla Sua volontà. Per questo
incoraggia a vivere il tutto in un clima di gioia e di festa: Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete
vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di
preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro;
non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra
forza».
La frase con la quale la liturgia conceda questo testo
incoraggia a leggere la nostra vita alla presenza del Signore,
cogliendo in questa disponibilità la vera forza che sostiene il
nostro cammino e incoraggia a guardare avanti con fiducia.
In Gesù tutto questo diventa una prassi esistenziale,Lui
presenta la propria vita come manifestazione di quanto Dio ha
promesso per la gioia del Suo popolo, per cui l'adesione a Lui
deve essere colta come un camminare incontro al Signore nella
diversità degli atteggiamenti che da sempre aveva proposto di
incarnare come disponibilità alla Sua volontà di dare al Suo
popolo la pace e la giustizia alla quale ha sempre anelato:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha
consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a
proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e
proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette.
Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
Gesù nei suoi atteggiamenti spesso lascia senza parole,
questo deve essere accaduto anche agli abitanti di Nazareth che
lo conoscevano da bambino, e adesso il bambino di una volta si
presenta come il Messia mandato da Dio e atteso da sempre come
il liberatore di Israele: Allora
cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che
voi avete ascoltato». Certo non è facile da accettare, ma
l'affermazione di Gesù è senza possibilità di interpretazioni
diverse, nella Sua persona si rende presenta il Messia atteso da
sempre. Con la Sua presenza inizia una storia nuova per
l'umanità che andrà scoprendosi gradualmente, come Lui riuscire
a far comprendere a coloro, apostoli e discepoli, con i
familiari e con i tanti che hanno vissuto con Lui incontri
occasionali, che ne condivideranno l'esperienza terrena fino
alla fine.
In questo modo nuovo di intendere la propria vita, si inserisce
il monologo di San Paolo su Cristo capo del corpo mistico
che è la Chiesa, quindi ciascuno di noi. Fin dal momento del
nostro battesimo non dobbiamo sentirci staccati gli uni dagli
altri ma tutti siamo parte di un unico organismo vivente che
interagisce in modo complementare, sostenendosi vicendevolmente
nella diversità dei modi, a secondo del ministero o dei carismi
o più semplicemente di quanto il Signore chiede a ciascuno di
operare per il bene comune: Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo
Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e
tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. Nel Corpo di
cristo non deve esistere gelosia, ma solo spirito di emulazione
nella disponibilità alla carità che è animata dallo spirito
Santo per manifestare pienamente l'amore con cui Dio sostiene e
si accompagna alla vita del Suo popolo, nelle difficoltà
che deve sostenere quotidianamente nella vita. E nelle tante
fragilità, determinate dal peccato, che ne caratterizzano la
disponibilità orientata a testimoniare l'amore.
20 gennaio 2019 - II Domenica Tempo Ordinario
Ancora una volta siamo incoraggiati a riflettere
l'amore di Dio per il Suo popolo per come il profeta Isaia
incoraggia a riflettere. E' una trasmissione passionale
dell'attenzione verso le fragilità di Israele che Dio non
intende abbandonare. La volontà di Dio è quella di sostenerlo,
di donargli pace, ancora di più è quella di fargli vivere la
gioia sponsale: Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi
figli;
come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per
te.
Ma in che modo
noi dobbiamo corrispondere a questo amore infinito ci viene
comunicato dal salmista che ci chiede di Cantare la
gloria di Dio, di Annunciare agli altri la salvezza, di
Dare a Lui lo spazio che gli compete nella nostra vita,
di Prostrarci di fronte a Lui cogliendo nella sua
presenza il tutto della nostra vita.
Questa stessa
sottolineatura ci viene proposta nel racconto giovanneo delle
nozze di Cana. Siamo incoraggiati a entrare nella vita terrena
di Gesù, nei momenti di gioia e di esaltazione che hanno
caratterizzato parte della Sua presenza in mezza a noi. Tutto ha
inizio con la narrazione di un avvenimento ordinario, la
partecipazione a una festa di nozze: vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e
c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i
suoi discepoli. Dobbiamo immaginare una scena
caratterizzata da grande euforia, di gioia, di spensieratezza,
di musica, di danze, di profumi.
Ma tutto questo corre il rischio di essere
offuscato da un problema abbastanza grava, stava finendo il
vino. Se ne rende conto la Madre di Gesù, non ci è dato sapere
come se ne sia accorta, forse si andava creando un clima di
agitazione tra gli inservienti, oppure i familiari dello sposo
ne parlavano dietro le quinte. Lei avverte l'esigenza di venire
incontro in modo deciso a questo disagio, anche di fronte alla
titubanza di Gesù:
la madre di Gesù gli disse: Non hanno vino. E
Gesù le rispose: Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la
mia ora. Sua madre disse ai servitori: Qualsiasi cosa vi dica,
fatela. E in questa insistenza ciò che
era una situazione di vita normale, diventa straordinario
intervento della potenza di Dio in Gesù, che trasformando
l'acqua in vino, restituisce la gioia agli sposi e apre alla
fede in Lui i suoi discepoli.
San
Paolo incoraggia a valorizzare i carismi, che con libertà nello
Spirito abbiamo ricevuto in dono:
A ciascuno è data una manifestazione particolare dello
Spirito per il bene comune. Il dono che viene dall'alto:
il linguaggio di sapienza, il linguaggio di
conoscenza, la fede, il dono delle guarigioni, il potere
dei miracoli,
il dono della profezia,
discernere gli spiriti, la varietà delle lingue,
l’interpretazione delle lingue,
non è per se stessi ma per gli altri, è da condividere; nessuno
deve farne un vanto, ma semplicemente una responsabilità di
servizio che viene loro donata perché la si viva al servizio
degli altri.
13 gennaio 2019 - Battesimo del Signore
E'
un atteggiamento che si accompagna spesso alla storia dell'uomo,
aspettare che qualcosa accada e guardare ad altri perché la
realizzino: In quel tempo, poiché il popolo era
in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor
loro se non fosse lui il Cristo. In questo caso specifico
l'attenzione era su Giovanni il Battezzatore, ma lui si
schernisce spostando l'attenzione su un altro che sarebbe venuto
dopo di lui.
Potremmo dire che Luca esprime in
modo frettoloso la sequenza degli avvenimenti successivi, come
se fosse un argomento spinoso sul quale riteneva di non dover
aggiungere altro, l'evangelista Giovanni è molto più articolato:
Mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù,
ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si
aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea,
come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio
mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Era dai tempi di
Malachia che i cieli erano chiusi su Israele, con Gesù dopo alcuni secoli cieli si aprono
nuovamente su Israele e Dio torna a parlare con il Suo popolo, o
per essere ancora più puntuali, con il Figlio amato in mezzo al
Suo popolo. Tutto accade mentre Gesù era in preghiera, dobbiamo
ritenere in disparte, come gli era solito fare nei momenti delle
scelte importanti della Sua vita terrena, questo è il momento di
scendere in campo e cominciare la missione del Regno.
Il tema
dell'Avvento del Regno di Dio torna con insistenza nella
tradizione profetica di Israele, in particolare quando si vivono
momenti socialmente fragili, c'è un guardare al cielo con più
insistenza e attenzione.
Nella celebrazione
di questa Domenica viene proposto il Deutero Isaia, con il tema
della consolazione, dell'avvenuta espiazione del peccato e con
l'impegno di ristabilire la signoria di Dio:
Consolate, consolate il mio popolo dice il vostro Dio. Parlate
al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è
compiuta la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano
del Signore il doppio per tutti i suoi peccati.
La consolazione nasce dall'amore di Dio che avverte l'esigenza
di emozionare il Popolo incoraggiandolo a percorrere i luoghi
del primo amore.
E' il deserto che
deve essere attraversato, un deserto abitato dell'amore di Dio,
che aiuta armonizzando le asprezze che lo caratterizzano ma
che comunque esige la disponibilità a mettersi in cammino, a
scomodarsi a leggere al propria vita realizzarsi non nelle
sicurezze del mondo, ma nell'affidamento al Signore. Non è un
itinerario allettante per questo occorre incoraggiare a mettersi
in cammino:
«Ecco il vostro Dio! Egli ha con sé il premio e la sua
ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri».
E' una immagine dolce che mette in
risalto l'affetto di Dio, egli non trascura nessuno e
incoraggia con la sua presenza materna
6 gennaio 2019 - Epifania del Signore
Questa Domenica l'Epifania del
Signore è caratterizzata da alcune immagini, per come sono state
narrate dall'evangelista Matteo, che appartengono
alla nostra memoria catechistica, sono legate alla Venuta dei Magi a Betlemme.
Sono delle note storiche definite
quelle che ci vengono proposte, Gesù nasce
al tempo del re Erode a Betlemme di Giudea, questo
esige anche una correzione in avanti del calendario cristiano,
Gesù è nato tra il 4 e il 6 dopo Cristo. Intanto sono passati alcuni
anni dalla sua nascita quando arrivano, alcuni Magi astrologi o
astronomi, all'epoca personaggi importanti ma, probabilmente si
ritiene seguaci dello Zoroastrismo, una religione astrale, non
re. Per oriente dovremmo intendere oltre i confini dell'impero
romano, quindi un viaggio lungo e impervio li porta a
Gerusalemme, il motivo lo dicono loro stessi: Dov'è colui che è nato, il re dei
Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad
adorarlo.
Non è una prerogativa esclusiva di
Gesù leggerne l'importanza della presenza guardando i segni
astrali, ne troviamo presenza anche per altre divinità. Essere importanti, come accade spesso, comporta anche
preoccupazione in chi ne teme la presenza, alcune volte comporta
il desiderio di morte. Erode, era un re violento, non era di
quelli che tolleravano la presenza di altri personaggi
importanti nel suo regno. Per cui vuole sapere, si organizza, si
informa; la profezia di Michea non è una definizione puntuale,
per cui ricevendo solo informazioni vaghe, cerca di
patteggiare i tempi della ricerca e del probabile intervento.
I Magi continuano il loro cammino
di ricerca aiutati dalla Stella, arrivano a Betlemme, trovano la
Sacra Famiglia nella casa di Giuseppe e si prostrano in
adorazione, l'evangelista sintetizza così il loro atteggiamento:
Entrati nella
casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo
adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono
oro, incenso e mirra.
Raggiunta la meta
del loro viaggio, avvertono l'esigenza di ritornare
alle loro terre senza passare a riferire ad Erode dell'avvenuto incontro con il
bambino, avevano avvertito nel suo
interesse un atteggiamento malvagio. Questo atteggiamento
scatenerà la rabbia di Erode che ordinerà l'uccisione dei
bambini di Betlemme dai due anni in giù. Gioia e dolore, potenza
e miseria si accompagnano alla vita di Gesù fin da bambino,
sappiamo tutti che loro stessi, per prudenza andarono via da
Betlemme e si portarono in Egitto per alcuni anni.
5 marzo 2017 - I Domenica di Quaresima
E' una Domenica contrassegnata dalla riflessione sul peccato e sulle
conseguenze del peccato. Tutto parte dall'azione creatrice di Dio,
di certo non ci aveva pensati lontani da Lui, ma poi le cose sono
andate diversamente.
Il
Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi
alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al
giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male.
Il racconto mitico, termine da intendersi quale descrizione di
un avvenimento inesplicabile altrimenti,dell'autore della Genesi ci
ricorda che l'uomo si è lasciato coinvolgere dalla volontà di
contrapporsi al volere di Dio in ordine al discernimento sul peccato
e sulla scelte esistenziali legate alla vita. Tutti problemi nei
quali ai nostri giorni siamo chiamati a leggere l'azione redentrice
di Gesù, ma anche a volontà di staccarsi dall'azione salvifica della
Chiesa.
Si rende presente nella
storia della salvezza un altro protagonista, definito con termini
molto diversificati a secondo della cultura nella quale
l'avvenimento narrato affonda le sue radici:
Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio
aveva fatto e disse alla donna.
Ormai sappiamo che questa narrazione ha la sua origine nella
narrazione delle tradizioni babilonesi sulla creazione e sulla
morte, la comunità ebraica ne venne a conoscenza in occasione della
sua deportazione in Babilonia, lo fece proprio al suo rientro
nella terra dei padri e lo reinterpretò secondo la tradizione
dell'azione creatrice dell'unico Dio.
Nasce dalla
coscienza di una nuova relazione con Dio purtroppo non conforme a
quanto Lui aveva pensato nella sua relazione con l'uomo. Il nuovo
rapporto è contrassegnato dalla dinamica del peccato che introduce
la morte e la sofferenza quali componenti ineludibili della vita
della persona. Come sempre nella tradizione biblica e in
particolare nella salmodia, Dio non abbandona coloro che riconoscono
il proprio peccato e dona loro la misericordia e la riconciliazione
con Lui: Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre
dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male
ai tuoi occhi, io l'ho fatto.
E' importante
riconoscere i propri errori, solo in questa dichiarazione di
disponibilità alla riconciliazione Dio ci restituirà all'amicizia
con lui:
Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno
spirito generoso. L'apostolo nella Lettera ai Romani si
intrattiene in modo articolato sulle conseguenze del peccato e della
Grazia incoraggiando la sua comunità a cogliere la benevolenza di
Dio che, nonostante il peccato dell'uomo, non lo ha abbandonato ma
ci ha donato Gesù quale segno del suo amore e della sua grazia a
sostegno della nostra debolezza:
Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel
mondo e, con il peccato, la morte ...
Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta
di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono
concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in
abbondanza su tutti.
E' proprio così, Dio non può rinnegare se stesso e la sua azione
creatrice, per cui in Gesù ci restituisce quanto l'uomo aveva
rinnegato con il proprio peccato, l'amicizia con Lui e il dono della
vita eterna.
Il Vangelo ci chiede di
rileggere la nostra vita alla luce degli atteggiamenti e degli
insegnamenti di Gesù. Vivere il deserto non è una prerogativa del
Maestro ma di tutti coloro che avvertono l'esigenza di perfezionare
la propria adesione alla volontà di Dio. Le tentazioni non sono solo
per il Signore ma appartengono alla vita di tutti noi. Ogni
qualvolta qualcuno cerca di perfezionare la propria esistenza in
ordine alla santità, il male si accanisce e cerca di stornare la
propria attenzione dalla volontà di Dio:
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per
essere tentato dal diavolo.
Dopo aver digiunato quaranta giorni e
quaranta notti, alla fine ebbe fame.
Proprio quando sembra che la prova sia superata il tentatore si
rende presente.
Gesù
ci insegna che, nel combattimento contro il male, la via da seguire
è vivere l'ascolto della Parola di Dio, è in questo atteggiamento
che noi troviamo le energie necessarie per combattere il male:
Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: Se tu sei Figlio di Dio,
di' che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: Sta scritto:
"Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla
bocca di Dio".
Quello che conta, è aver chiaro, di voler rigettare fino in fondo la
volontà di assecondare le tentazioni. Al resto pensa il Signore che
sostiene la nostra vita e ci libera da ogni incertezza o tentazione
legate alla nostra debolezza: Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si
avvicinarono e lo servivano. Tutto viene restituito alla
immagine di beatitudine del paradiso terrestre, dove tutto è pace ed
è armonia del creato.
26 febbraio 2017 - VIII Domenica Tempo Ordinario
La Parola che ci
viene donata da ascoltare questa Domenica, che ci introduce alla
Grande Quaresima, possiamo leggerla come la Parola dell’affidamento
fiduciale al Signore. Il Profeta Isaia incoraggia a volgere lo
sguardo verso il Signore, che si accompagna alla nostra vita in modo
affettuoso, materno: Si dimentica forse una donna del suo
bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò
mai. La Parola è orientata a incoraggiare un popolo tentato di
guardare ad altre sicurezze più tangibili, ad altre divinità che
apparivano più potenti, mentre il progetto di Dio orientava ad un
ritorno dall’esilio nella Terra dei padri, avvolto
nell’incertezza.
Da questa
insicurezza che spesso accompagna anche la nostra vita ci può
liberare solo l’affidamento al Signore: Solo in Dio riposa
l’anima mia: da lui la mia salvezza. Lui solo è mia roccia e mia
salvezza, mia difesa: mai potrò vacillare. E’ la voce del
salmista che ci incoraggia ad elevare lo sguardo verso il cielo,
nella certezza che non si smarrirà nel vuoto, ma troverà riscontro
in colui che ci cerca da sempre e al quale è bello guardare, per
cercare la pace per noi stessi e per le comunità nelle quali siamo
inseriti:
Il mio riparo
sicuro, il mio rifugio è in Dio.
Confida in lui, o popolo, in ogni tempo; davanti a lui aprite il
vostro cuore.
Anche Gesù, nel
suo parlare ai discepoli, tende a liberarci dalle tante
preoccupazioni terrene: Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che
cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte
queste cose vanno in cerca i pagani. In realtà sappiamo bene che
anche noi credenti mettiamo al centro delle nostre preoccupazioni le
cose del mondo.
Probabilmente
anche la comunità dei discepoli era angustiata dai problemi
esistenziali, che meritano certamente la nostra attenzione, ma
sempre con spirito libero e pieno di speranza nel futuro: Perciò
io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che
mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che
indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del
vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono,
né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre.
Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi,
può allungare anche di poco la propria vita? Il parlare di Gesù
non vuole svilire le difficoltà che comunque dobbiamo affrontare con
grande energia, vuole incoraggiare a essere liberi nelle
preoccupazioni del mondo avendo la certezza che il Signore non
abbandona, non lascia soli nelle difficoltà di ogni giorno.
Certo Lui vede una società che vive di essenzialità non
certamente di lusso, di arricchimento ad ogni costo.
Insomma Gesù ci
chiede di riflettere su un modo diverso di realizzare la nostra
esistenza, che non vuole trascurare i beni materiali, ma che non
deve neanche assolutizzarli. Non preoccupatevi dunque del domani,
perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta
la sua pena. Il Signore vuole dare maggiore importanza alla vita
di ogni giorno, capita di trascorrere le proprie giornate senza
neanche rendersene conto, oppure dedicandoli più alle cose da fare
che al motivo per cui si vivono. Nella vita cristiana al centro deve
sempre esserci la persona, il fare è orientato al rendersi presente
nella storia non ad annullarsi.
In questa
disponibilità a camminare secondo gli insegnamenti del Signore non
dobbiamo mai preoccuparci di cosa possano pensare gli altri.
L’Apostolo Paolo ci ricorda che chi è convinto delle proprie scelte
non dà importanza agli umori, ai giudizi degli ambienti che ci
circondano, certo è importante anche essere pronti a pagarne le
conseguenze: Ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno
risulti fedele. A me però importa assai poco di venire giudicato da
voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso,
perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per
questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! La
Quaresima serve anche a questo ascoltare con più impegno la Parola
del Signore, per apprezzare meglio la presenza di tutti come un dono
che Signore, anche se non sempre immediatamente ne cogliamo il
valore.
19 febbraio 2017 - VII Domenica Tempo Ordinario
Siate santi, perchè io, il Signore, vostro Dio, sono santo.
Questa Parola che il Signore dona a Israele chiede anche a noi di
mettere la Sua presenza al centro della nostra vita e ci incoraggia
di imitarla nella via della santità. Come vivere la santità ci
viene detto dopo, rimuovendo dalla nostra vita tutto ciò che è
ostacolo alla fraternità e alla manifestazione della misericordia di
Dio. E' il comandamento dell'amore che poi Gesù metterà al centro
nell'annuncio del Regno di Dio che Lui è venuto a portare in mezzo a
noi. Questa Parola ci ricorda che la nostra vocazione è quella di
partecipare della santità di Dio, avendo la certezza che ci è stato
donato da Lui tutto ciò che ci permette di seguirlo con fedeltà.
Questo anelito alla santità, diventa una condizione connaturale a
noi cristiani, in virtù del fatto che in Cristo siamo diventati
tempio dello Spirito fin dal momento battesimale: Fratelli, non
sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?
Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo
è il tempio di Dio, che siete voi. L'apostolo paolo ci ricorda
che ciascun battezzato ha in sè, sempre come dono di Dio, la potenza
stessa di Dio, che ci permette di camminare dietro a Lui con
serenità, in un sincero spirito di pace.
Purtroppo in noi opera anche la presenza del peccato, questa
tensione tra il bene e il male di cui ciascuno fa esperienza, non
ci aiuta ad essere sempre attenti alla vita di santità, anzi spesso
facciamo esperienza di un allontanamento evidente da Dio. Quindi
nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro:
Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il
futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.
Concludendo la sua esortazione alla comunità di Corinto l'apostolo
avverte l'esigenza di metterci in guardia dalle separazioni di cui
purtroppo facciamo esperienza nella vita ordinaria della comunità
cristiana, sono la manifestazione evidente del peccato che si
accompagna alla nostra vita anche perché Dio è amore è comunione e
non separazione, contrapposizione.
Ancora una volta l'evangelista Matteo ci presenta Gesù
nell'azione di correggere l'esasperazione di quanto Dio ha affidato
alla comunità israelitica, la comunità dei santi. E' un
incoraggiamento ad essere più attenti alla persona, alla sua dignità
e anche alla sua fragilità: Ma io vi dico: Amate i vostri nemici
e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del
Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui
cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete?
Non fanno così anche i pubblicani? Il modello di riferimento
deve sempre essere l'atteggiamento di Dio, questo ci è stato
ripetuto costantemente durante l'anno della misericordia, nel suo
slogan Misericordiosi come il Padre e nei tanti atteggiamenti che
siamo stati incoraggiati a vivere.
Dobbiamo guardare sempre a Dio e non come si comportano glia
altri: Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre
vostro celeste.
Non possiamo che lodare e inneggiare al Signore con il salmista,
cogliendo nella presenza e benevolenza di Dio, quanto alcune volte
manca al nostro entusiasmino nella testimonianza della fede:
Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo
nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi
benefici ... Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e
grande nell’amore ... Come è tenero un padre verso i figli, così il
Signore è tenero verso quelli che lo temono. 12 febbraio 2017 - VI Domenica Tempo Ordinario
La parola del Signore ci chiede di percorrere i sentieri
del suo popolo, nella diversità dei luoghi che ha abitato, nei
suoi tanti esili o semplicemente fasi di emigrazioni che ha
vissuto. Con il Siracide siamo invitati a
spostarci in Egitto, dove abitava da secoli una folta colonia
ebraica verso la quale orientò i suoi passi anche la Sacra Famiglia
nel momento del pericolo al tempo di Erode il Grande.
Questo testo appartiene alla
letteratura sapienziale dell'Antico Testamento e incoraggia a vivere
la fiducia in Dio, nella piena libertà di cui ciascuno è dotato:
Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno;
se hai fiducia in lui, anche tu vivrai. Egli ti ha posto davanti
fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini
stanno la vita e la morte, il bene e il male...
Nessuno può far risalire a Dio il male che compie nella sua libertà,
così come sceglie da se l'appartenenza a Dio o l'allontanamento da
Dio.
Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti e la custodirò sino alla
fine. Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge e la
osservi con tutto il cuore.
Questa affermazione del salmista incoraggia a leggere la preghiera
come una via di perfezione che conduce alla santità. La propria
appartenenza al Signore apre il cuore all'ascolto dei suoi
insegnamenti e dona la possibilità di camminare alla Sua presenza
senza deviare:
Beato chi è integro nella sua via e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il
cuore.
Cercare il
Signore, camminare alla luce dei suoi insegnamenti esige
la nostra familiarità con la Parola di Dio, non tanto e solo la
lettera della Parola, quanto la Parola che parla al cuore. Nel
discorso della Montagna Gesù si sforza di purificare la Legge di
Mosè dalle tradizioni che gli uomini vi hanno aggiunto soffocandola
nella sua bellezza e autenticità. Lui si propone come il
completamento che era stato insegnato ai padri:
Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non
son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico:
finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla
legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto. Chi
dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e
insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo
nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli
uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Poiché [io vi
dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei
farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Questo testo
esprime bene l'appartenenza di Gesù al Popolo Ebraico e l'amore che
Lui aveva verso la Legge di Mosè, nulla di quanto Mosè aveva
insegnato doveva essere trascurato o dimenticato. E' il testo più
ebreo che viene conservato nei Vangeli, è anche il testo che rende
Gesù figlio del popolo della sinagoga e non in contrasto con essa.
Sappiamo tutti che nella fase della stesura dei Vangeli si era
innestata una polemica molto vivace tra la sinagoga e la chiesa
nascente, per cui altri testi sono stati orientati al superamento
della tradizione ebraica, ma questo ha conservato la continuità che
sussiste tra la Torah e il Vangelo.
Certo
l'annuncio del Vangelo non si limita a sancire ciò che è scritto
nella Torah ma esige un perfezionamento, la disponibilità del cuore
che non si limita ad osservare ciò che viene scritto nella lettera
ma esige atteggiamenti di perfezione orientati alla santità della
vita:
Avete inteso che fu detto ... ma io vi dico ...
Non ci si
deve mai fermare all'osservanza esteriore degli insegnamenti ma
occorre amarli, farli propri e testimoniarli con la propria vita,
con il cuore ci vengono donati dal Signore e dobbiamo viverli per
come il Signore chiede non per come piace a noi. Il linguaggio degli
esempi che Gesù propone è quello del paradosso, per cui colto nel
contenuto e non nelle immagini, ma gli effetti che ne
conseguono sono autentici.
Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma
di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di
questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della
sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio
ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria.
L'apostolo Paolo ci conferma in queste convinzioni, tutto viene
donato da Dio e noi godiamo di poter vivere in ascolto di questo
dono. Viene raccomandato anche di non vivere questo privilegio
secondo il mondo, inseguendo traguardi terreni, mediante
atteggiamenti mondani, ma secondo lo Spirito:
lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di
Dio.
7
luglio 2016 - XVIII Domenica Tempo Ordinario
Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso
Dio.
La chiusura del testo del Vangelo di San Luca possiamo cogliere come
la chiave di lettura della Parola di Dio che questa Domenica ci
viene proposta. Alcune volte mi accompagna l'interrogativo sul
valore che i battezzati riescono a dare alla parola del Signore come
guida della propria vita. E' evidente che la risposta non mi
appartiene anche perché io non riesco a leggere i cuori. Però è
importante che ciascun battezzato ne rifletta il valore con la
maturità della propria fede, altrimenti il rischio che si corre è
non cambiare in nulla i propri progetti e atteggiamenti, anche se il
Signore chiede di rivisitare la nostra vita proprio in virtù della
sua presenza.
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità. Certo acquista un
significato diverso se viene integrato con la frase di Gesù, per cui
il significato diventa chi vive senza Dio corre il rischio di
svilire ogni cosa che fa. Ed è ciò di cui facciamo esperienza nella
vita di ogni giorno. Si corre e ci si affanna ma senza avere chiara
la meta da conseguire. O meglio, sono tante le mete, al punto da
diventare illusioni effimere sulle quali investire soldi,
scommettere punteggi, dedicare del tempo salvo poi rendersi conto
che non ne valeva assolutamente la pena. E' il nostro tempo
contrassegnato da luminosità apparente che il più delle volte si
trasforma velocemente in tenebra.
E' il salmista a incoraggiare un modo diverso di leggere la propria
vita, una vita da spendere nell'attenzione verso se stessi e verso
gli altri ma anche nella comprensione della fragilità umana e della
precarietà dell'esistenza:
Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è
passato,
come un turno di veglia nella notte ... sono come un sogno al mattino, come l'erba che
germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca.
Potrebbe anche generare amarezza, ma avere coscienza dei propri
limiti apre a una migliore comprensione dei traguardi da conseguire
e del valore che è importante dare all'esistenza: Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio.
Leggere la vita in modo sapiente, nasce dalla coscienza della
propria finitezza ma anche della missione che ci viene affidata.
Ogni giorno ha la sua preziosità e non è possibile spenderlo nella
speranza di poterne recuperare i valori in seguito.
E' l'illusioni di tanti che orientano al rinviare le cose da fare,
come se ciò che mi viene chiesto di fare oggi possa comodamente
rinviarlo a tempo da destinarsi. A questo atteggiamento Gesù
incoraggia a riflettere in modo perentorio: Stolto, questa notte
stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di
chi sarà? L'attenzione è sul valorizzare le cose e le persone
nel tempo presente, perché il futuro non ci appartiene.
Ma è anche un incoraggiamento a non pensare di poter sempre
esprimere una forma di superiorità nei confronti degli altri,
soprattutto in riferimento alle cose del mondo:O
uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?
Tutti sappiamo bene che i mondo ha un modo di leggersi molto diverso
dalla vita spirituale, per cui anche se viviamo nel mondo, non è
sempre possibile coniugare gli interessi del mondo con la volontà di
Dio: Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché,
anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che
egli possiede. Certo lo sguardo di Gesù è alla vita eterna, ma
ai nostri giorni chi rivolge attenzione a ciò che non passa?
E' proprio questa la scommessa dell'evangelizzazione, aprire la
mente e il cuore dell'uomo all'incontro con Dio:
Se
siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo,
seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù,
non a quelle della terra. L'Apostolo Paolo alla comunità di
Colosse chiede di guardare con più attenzione alla fede personale e
comunitaria in Cristo, di leggerci concrocifissi e conrisorti, di
guardare con fiducia alle cose che durano in eterno. Rimuovendo
tutto ciò che è di ostacolo all'incontro con Dio: impurità,
immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è
idolatria. Per la seconda volta viene riproposta questo termina
la cupidigia, l'attaccamento al mondo che diventa una vera e propria
religione e il nostro tempo ne è una esperienza evidente. Quasi
tutto nella vita e in ogni giornata si fa per affermarsi sugli altri
e per possedere più cose.
E' ancora l'Apostolo a rilanciare l'idea di una fraternità
universale in Cristo, è una immagine che alcune volte emerge
vigorosa, altre volte viene sottaciuta o dimenticate ma è la novità
del Regno che Gesù ci ha affidato e che siamo chiamati a
testimoniare: Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione,
barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.
10
luglio 2016 - XIV Domenica Tempo Ordinario
Siamo invitati a
percorre con i deportati di Babilonia la via del ritorno a
Gerusalemme la via del ritorno, rinvigoriti per affrontare le
asprezze del cammino dalla parola che il Signore affida al Profeta
Isaia:
Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa tutti
voi che l’amate. Sfavillate con essa di gioia tutti voi che per essa
eravate in lutto. Così sarete allattati e vi sazierete al seno delle
sue consolazioni;
succhierete e vi delizierete al petto della sua gloria.
E' una Parola che apre alla speranza che incoraggia la gioia e
alimenta la speranza. Il cammino può essere molto difficile ma è il
Signore a volerlo e a sostenerlo.
Nella parola che i profeti
ci trasmettono, ci sono degli incisi nei quali il profeta stesso si
assenta totalmente, è una parla che non gli appartiene lui deve solo
trasmetterla, è Dio stesso che trasmette il Suo affetto e la Sua
benevolenza al Suo popolo:
Perché così dice il Signore: Voi
sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete
accarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò;
a Gerusalemme sarete consolati.
Non siamo educati a
cogliere il Dio dei Padri con queste immagini sostanzialmente
materne, però è così, spesso i profeti si sforzano di aiutarci a
vivere un affidamento filiale nella disponibilità a comprendersi
coccolati da Dio nelle nostre fragilità.
Le immagini del Dio burbero
che è tutto preso nelle sue azioni troppo importanti per pensare
alla miseria dell'uomo che caratterizzano tanta parte
dell'iconografia latina, non corrispondono in nulla al messaggio che
Dio stesso ci trasmette di se stesso attraverso il linguaggio
biblico. Non è sempre facile riqualificare il messaggio catechistico
però è opportuno che su questo tema il lavoro sia portato avanti con
coerenza nel pieno rispetto della Parola. Così potremo anche noi
elevare insieme al Salmista la nostra invocazione fiduciale a colui
che viene sempre incontro alla nostra debolezza e ascolta le
preghiere:
Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me
ha fatto.
Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha
negato la sua misericordia.
Il messaggio della gioia che ci viene trasmesso quale nuova alleanza
di Dio con l'uomo attraverso Gesù Cristo incentra tutto sulla
missione che ci viene affidata e che dobbiamo vivere contemplando la
Croce. E' l'Apostolo che di fronte alla titubanza dei Galati e alla
loro difficoltà di aderire pienamente alla fede in Cristo, taglia
corto e va al nocciolo della verità sulla quale incentrare la
sequela:
Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del
Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è
stato crocifisso, come io per il mondo. Tutto si comprende
meglio guardando alla croce che il Signore mi dona da abbracciare
ogni giorno per vivere dietro di Lui.
L'evangelista Luca
incoraggia a spogliarsi delle sicurezze umane, la via della missione
esige un procedere snello non appesantito dalle cose del mondo:
non
portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare
nessuno lungo la strada.
L'annunciatore della Pace del Signore non lo fa
attraverso una sapienza umana ma mediante la testimonianza della
propria vita. Chi vive la pace trasmette la pace.
Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi,
beh, forse è un ripetere ma molti cristiani somigliamo più ai lupi
che agli agnelli. Ma anche in questo caso non dobbiamo scoraggiarci,
il Signore ha bisogno di noi, della nostra disponibilità, ci chiede
di operare per il Regno nonostante la nostra debolezza e
insicurezza.
Anche perché: La messe è abbondante, ma sono pochi
gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi
operai nella sua messe!
L'altra
raccomandazione che ci fa è di non guardare troppo ai risultati che
si ritiene di aver conseguito mediante le proprie capacità, ma di
contemplarci alla presenza di Dio, questa dedizione alle cose eterne
determina la nostra armonia interiore e anche la capacità di non
scoraggiarci di fronte alle incomprensioni e alle difficoltà che la
missione ci pone necessariamente davanti:
Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché
i vostri nomi sono scritti nei cieli.
3
luglio 2016 - XIII Domenica Tempo Ordinario
Questa Domenica il tema che sollecita la nostra attenzione è come
corrispondere alla vocazione. Alcune volte mi viene chiesto di
narrare qualcosa sulla mia vocazione, generalmente divento evasivo
anche perché, a mio parere, non è importante la mia vocazione, ma
cosa vuol dire corrispondere a una vocazione. La Parola di Dio è una
sequenza di disponibilità vocazionali, per cui, se uno vuole
comprendere il senso della chiamata non deve fare altro che
aprire il testo sacro.
La vocazione di Eliseo da parte
di Dio mediante Elia, ci propone un tema classico, perché si
concretizzi una chiamata occorre l'apporto di un mediatore. Dio non
ama intervenire sempre in prima persona normalmente lo fa
valorizzando le persone che mostrano avere nei suoi confronti una
disponibilità sincera anche se alcune volte fallimentare. In questo
caso il protagonista è Elia, già da tempo al servizio del Signore e
in virtù di questa disponibilità sincera ha avuto modo di
sperimentare molte persecuzioni.
In quei giorni, il Signore
disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come
profeta al tuo posto». Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di
Safat ... Elìa, passandogli vicino, gli
gettò addosso il suo mantello. Quello lasciò i buoi e corse dietro a
Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti
seguirò». Elìa disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per
te».
E' un brano carico di tensioni
emotive anche perché trasmette al radicalità della scelta e anche
gli atteggiamenti definitivi che esigono un abbandono definitivo
della vita precedente, questo ai nostri giorni non sempre accade e a
anche per questo no sempre riusciamo ad essere credibili. Eliseo
comprende che deve cambiare vita staccandosi dagli affetti più cari,
ma anche dall'attività lavorativa che faceva precedentemente.
L'Apostolo Paolo, come è nel suo stile radicalizza l'adesione a
Cristo nella dedizione all'Amore, ma poi legge nell'autenticità
delle situazioni la difficoltà di testimoniare questa dedizione
incoraggiando al rispetto vicendevole e alla crescita relazionale
della fraternità:
Amerai il
tuo prossimo come te stesso. Ma se vi mordete e vi divorate a
vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli
altri!
Cristo incoraggia a una vita di
libertà, ma è una libertà che non incoraggia il qualunquismo ma la
maturità nella dedizione verso il Signore. Insomma che almeno ci sia
il rispetto vicendevole.
Quando ci vengono proposti questi testi di Luca, sembra che
l'evangelista perda di vista il senso della misericordia che
caratterizza questo vangelo. Invece ritengo, voglia incoraggiare a
radicalizzare in alcuni momenti della nostra dedizione al Signore,
il senso dell'appartenenza a Lui e il distacco da ogni altro
affetto. Le risposte definitive di Gesù agli interlocutori
occasionali sembrano orientati a scoraggiare una dedizione
superficiale:
Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma
il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo ... Lascia che i
morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno
di Dio ... Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge
indietro, è adatto per il regno di Dio.
Ammettiamolo è proprio questa radicalità che ci attenderemmo dai
ministri del sacro e invece dobbiamo relazionarci con una melina e
un equilibrismo infinito, forse è determinato dalla falsa coscienza
di dover mantenere lo status quo quasi incapaci di percorrere
in modo più definitivo la storia, alcune volte la presenza di Gesù
invece di orientare le nostre scelte, sembra dover fare i conti con
gli umori del potente di turno. Tra questi potenti dobbiamo inserire
anche tanti ministri del culto che non sempre colgono la preziosità
di essere profeti. Insomma si preferisce l'acquitrino invece
dell'acqua limpida che scorre libera e guizzante.
Il
motivo ritengo sia da cercare nell'incapacità di trovare una meta
definitiva alla propria vita, anche in questo caso Gesù deve essere
il modello:Mentre
stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto,
Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso
Gerusalemme ...
Se la meta non è evidente
diventa tutto più difficile da definire, diventano confusi anche gli
strumenti da usare:Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco
dal cielo e li consumi?
Come fratelli e sorelle che con tutti i limiti comunque vogliamo
vivere al servizio del Signore, non dobbiamo fare altro che
affiancarci al salmista che invoca la misericordia e l'affidamento
la Signore:Proteggimi, o Dio: in te mi
rifugio. Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu». Il Signore è
mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita.
Il Signore è la nostra pace e
Lui deve donarci conforto.
4
giugno 2016 - X Domenica Tempo Ordinario La
celebrazione festiva ci chiede di rileggere la nostra fede in Gesù
Cristo e nella potente azione di Dio che è attento alla sofferenza
dell'uomo ed è il Signore della vita. Contemporaneamente ci chiede
di fare una analisi della storia del nostro rapporto con Dio, e
quale fede abbiamo nella Sua volontà di intervenire nella nostra
vita, di darci speranza di restituirci pace. La vedova in Sareptà di
Sidone stava perdendo la fiducia nel futuro con la morte del figlio,
il corteo funebre di Nain era orientata a generare disperazione in
una donna.
Ma la
Parola di Dio spesso ci ricorda che: Nulla è impossibile a Dio.
La manifestazione della potenza di Dio non è orientata solo a
risollevarci dalla condizione di peccato, ma anche a liberarci dai
drammi che alcune volte si accompagnano alla nostra via e non sempre
ci vedono capaci di elevare lo sguardo verso Dio. Abbiamo bisogno di
una fede più forte nella presenza del Signore, questo fa di noi un
bene prezioso per ogni uomo, credente e non credente, anche perché
Dio nel manifestare la sua misericordia, non fa distinzione di
persone.
Se vogliamo
maturare una migliore coscienza della nostra vocazione di cristiani,
nella nostra dedizione a Dio dobbiamo solo fare spazio a Gesù per
permettergli di operare con la libertà che ne contraddistingue da
sempre l'azione. Gesù entra nella situazione, si guarda attorno con
attenzione, cerca la miseria dell'uomo e la trasforma con gesti di
affettuosità e di sincero amore verso l'altro.
Non ha
bisogno di essere sollecitato, d'altra porte Lui ci stesso ci ha
ricordato che non è necessario fare lunghe preghiere per essere
esauditi. Non vuole neanche essere ringraziato, vuole solo trovare
spazio nei nostri cuori e vuole che il cuore si apra alla gioia
dell'incontro con la misericordia del padre. Lo sguardo di Gesù
cerca sempre lo sguardo della persona, anche se ci sono le folle per
Lui non ci sono altro che persone da incontrare.
Il cammino
della vita per ciascuno di noi presenta molte situazioni di incontro
con Dio: celebrazioni, preghiera personale, pellegrinaggi, incontri
di formazione. Al centro di ogni celebrazione è sempre l'azione di
Gesù. Ma non sempre riusciamo a farne memoria, anche per questo
molti legano la loro storia di fede a questa o a quell'esperienza
ecclesiale, dimenticando che tutto ha inizio con il proprio
Battesimo, ricevuto come un dono prezioso dai nostri genitori fin
dalla più tenera età.
E'
l'apostolo Paolo in uno scritto molto polemico a ricordarci che
tutto si innesta nella fede ricevuta dai padri, è in questa fede
coltivata fin dal grembo materno che si inserisce l'azione di Dio
orientata a trasformare e a perfezionare la comprensione della
propria missione. Nella disponibilità all'azione dello Spirito Santo
tutto diventa particolarmente significativo ed esclusivo, ciascuno
di noi è depositario di una particolare rivelazione di Dio
Questo ci
rende unici e insostituibili davanti a Dio e nella Chiesa. E' una
rivelazione che comprendiamo meglio vivendo come Chiesa, è questo il
significato che l'Apostolo vive nel confronto con Cefa e Giacomo a
Gerusalemme. Ma la propria specificità rimane sempre anche per
questo le Chiesa paoline sono diverse da quelle petrine e da quella
di Giacomo, diverse ma non contrapposte. E' la bellezza della
manifestazione dell'unico spirito nella diversità delle situazioni e
delle comunità ecclesiali.
Certo tutto
deve essere contrassegnato dall'unità e dalla comunione che nella
comunità è rappresentata dal Vescovo. Non tutti e sempre
comprendiamo questa verità ed è per questo che alcune volta la
comunità ecclesiale vive ed ha vissuto nella sua storia divisioni e
lacerazioni. La diversità è diventata contrapposizione, assolutezza di
verità legate a questo o a quel riformatore. O più semplicemente a
questo o a quel sacerdote. La preghiera costante della Chiesa come
quella del Signore è sempre che la comunione venga resa manifesta e
sia testimoniata ogni giorno in ogni cuore.
26 marzo
2016 - Veglia di Resurrezione
Ci
prepariamo alla Veglia della Notte Santa, la Madre di tutte le
veglie celebrate in onore del Signore, è come pervenire ad un
traguardo che si è sperato conseguire da molto tempo e, adesso che è a
portata di mano, sembra rinviare a nuovi orizzonti totalmente
inesplorati. Effettivamente la festa della Pasqua da sempre comporta
una disponibilità innovativa, esige il coraggio di tentare una
impresa, ma anche la soddisfazione di percepire i frutti di un lungo
lavoro.
A cominciare
dalla pasqua degli agricoltori, anche se è improprio chiamarla
così, sappiamo bene che questo termine lo riceviamo dall'azione
dell'angelo sterminatore che comportò la decisione da parte del
Faraone di liberare gli schiavi delle tribù di Israele. Però il
periodo è sempre lo stesso, la natura riapre il suo ciclo produttivo
e la terra dona le primizie del grano, il mondo rurale si
riappropria dell'impegno di valorizzare questo dono del Signore che
poi diventerà il nutrimento e la speranza di un futuro.
Gli antichi
ritenevano che in questo periodo Dio avesse creato l'Universo, anche
per questo la festa dell'incarnazione è stata posta in questa fase
dell'anno liturgico, la nuova creazione, nel giorno della creazione
originaria. Anche la vita della campagna è un'avventura che esige
sempre grande coraggio, dedizione, speranza e infine la gioia di
raccogliere il prodotto che il Signore fa crescere. Anche per questo
motivo, fin dai tempi più antichi, si porta al Signore la
primizia del grano nuovo.
L'esperienza
dell'Esodo non è meno rischiosa del seminare il grano, un lungo
cammino iniziato con l'esaltazione delle grandi opere del Signore
ma, man mano che procedeva si avvertiva sempre più la fatica di
dover affrontare ogni giorno la costruzione del nuovo cammino, e
spesso emergeva come un rifiuto dell'opera stessa di Dio, sopratutto
quando questo esigeva la partecipazione attiva del popolo di Dio.
Come sempre,
Dio è esaltato quando le cose vanno bene, se ne evita l'ascolto e la
disponibilità quando esige i nostri sacrifici. E' una storia che
tutto sommato si ripete anche ai nostri giorni, ma sappiamo bene e
lo apprendiamo proprio dalla Parola di Dio che il cammino non
termina mai, per cui ogni traguardo non è altro che il rilancio di
una nuova meta.
Per gli
ebrei si è trattato della Terra promessa, della monarchia, del
profetismo, della deportazione e ancora tante esperienze che sarebbe
impossibile elencare e descrivere nella loro bellezza e anche nella
loro drammaticità. Ma è la novità permanente dell'azione di Dio che
instancabilmente accompagna e guida la storia dell'uomo verso nuovi
traguardi sempre più ambiziosi, sempre più contrassegnati dal Suo
amore.
Anche quando
sembra che l'uomo faccia di tutto per allontanarsi da Lui, non
mancano presenze amiche che ne riaccendono l'ardore e la voglia di
compagnia. E' in questa dinamica di costante ricerca dell'amicizia
con Dio che si inserisce la novità della nascita di Gesù di
Nazareth, che proprio negli avvenimenti che questa notte celebriamo,
esprime pienamente la potenza gloriosa di Dio che si accompagna
stravolgendolo al fallimento e alla volontà di morte dell'uomo.
E' ancora
una volta un messaggio innovativo, che genera interesse sempre nuovo
per la vita della persone e per l'eternità verso la quale ogni
persona orienta il proprio cammino. In Gesù Cristo ogni uomo scopre
una vocazione nuova che non si esaurisce nella dinamica delle
relazioni terrene, ma ha il suo principio e il suo fine nella
potenza e nella contemplazione di Dio.
Purtroppo
spesso anche nella vita di comunità si da più importanza alle cose
che facciamo noi che non a porre attenzione all'opera che Dio compie
a prescindere dalle nostre azioni. E' accaduto anche nella prima
comunità, troppa attenzione all'opera dell'uomo che aveva sancito la
morte del Figlio di Dio, e poca disponibilità a cercare pienamente
il significato di quello che andava accadendo, Dio ha risuscitato il
Suo figlio unigenito dalla morte.
E' un
incoraggiamento ad aprirci alla potenza dello Spirito Santo, solo
nello Spirito noi riusciamo a cogliere pienamente ciò che Dio vuole
trasmetterci l che non vuol dire che vi aderiamo pienamente, ma
almeno sappiamo verso dove orientare il cammino. D'altra parte
l'opera è di Dio e noi dobbiamo avere fiducia che lui ci condurrà
nella nostra breve esistenza a comprensioni sempre nuove della Sua
volontà amante, che ha bisogno della nostra collaborazione perché
possa manifestarsi pienamente e portare speranza soprattutto agli
sfiduciati.
Buona pasqua
a tutti, il che vuol dire buon cammino sempre nuovo nel fare la
volontà di Dio. Da parte mia non posso che incoraggiarvi alla
preghiera per tute le esigenza dei cuori smarriti e per i tanti
drammi esistenziali che esigono la nostra solidarietà e la nostra
affettuosa attenzione.
23 marzo 2016 -
Mercoledì Santo
Siamo entrati pienamente
nella preparazione della Pasqua del Signore, il Mercoledì Santo è
uno dei grandi momenti liturgici che cominciano a delineare in modo
definitivo la sorte di Gesù. L'ascolto della Parola di Dio ci
propone il dramma del tradimento di Giuda. Non deve essere stato
facile per questo discepolo del Signore, uno dei più fidati visto
che gli era stata affidata la cassa della comunità, fare questa
scelta orientata probabilmente a esaltare in modo definitivo
la sequela e la missione del Maestro.
Certo la relazione dei
fatti per come la descrivono i Vangeli canonici non lascia spazio a
interpretazioni benevoli, Giuda si è mosso per amore del denaro,
Anche in altri brani dei Vangeli non mancano di rimarcare questo suo
atteggiamento negativo, Ma le parole di Gesù lasciano spazio a una
comprensione più ampia e articolata di questi momenti e del ruolo di
Giuda.
Non si tratta di essere
buonisti ma semplicemente di cogliere, anche negli atteggiamenti
negativi delle persone le motivazioni che non necessariamente sono
determinate da volontà omicide, ma troppo spesso sono frutto di
messianismi deviati o di traguardi che orientano altrove le proprie
potenzialità interiori.
Ritengo che anche i
gravissimi fatti che stanno accompagnando la nostra storia recenti
si connotano con la stessa matrice, una profonda idealità, la
volontà di conseguire dei risultati orientati all'affermazione di se
stessi, lottare con accanimento quando sembra che si operi in modo
deviato, o comunque distraendosi dai traguardi sperati.
Certo anche in Giuda non
deve essere stato facile orientare alla possibilità della morte per
il Maestro la sua esigenza di vederlo affermato di fronte alle
autorità giudaiche e a quelle romane. Gesù non ne voleva sapere
aveva nel cuore un altro modello di potere , quello dell'amore verso
tutti e probabilmente questo non coincideva con le motivazioni che
lo avevano spinto a seguirlo.
Insomma il cuore
dell'uomo è assoggettato a tante passioni e in questo caso sono
emerse quelle più definitive. O la va o la spacca, si sarà detto. E
quindi si è lasciato trascinare dalla sue passioni e non dal
progetto del Maestro, è quello che noi chiamiamo il tradimento ma
Gesù non lo rinnega e lo cerca fino all'ultimo istante.
L'amore non diventa mai
odio per cui cerca sempre coloro che ne sono destinatari, quindi
tutti gli uomini del mondo, compreso Giuda. Questo atteggiamento
alcune volte apre alla conversione, altre volte non ci si concede il
tempo di cogliere il valore dell'azione di Dio che è così diversa da
quella dell'uomo, in questi casi emerge la disperazione.
Dobbiamo affermare che in
questi drammi determinati dai kamikaze si esprime tutta la
disperazione dell'uomo di oggi, al quale è stato tolto il dono
dell'amore di Dio attraverso una campagna sistematica e ormai
secolare di ateismo pratico che caratterizza anche molti credenti,
ci si afferma credenti ma si vive in modo materialistico.
Anche questi giovani che
si fanno esplodere non appartengono alle fede islamica ma al
materialismo credente europeo, che radicalizza le proprie
convinzioni fino a desiderare la distruzione degli altri che non le
condividono. Ne abbiamo già fatto esperienza con le tante mafie che
infestano i nostri territori, con le ideologie fasciste, naziste,
comuniste, ma per amore di verità dovremmo dire anche imperialiste,
colonialiste.
Troppo spesso per
presunzione di civiltà ci siamo arrogati il diritto di sterminare
intere comunità semplicemente perché appartenenti ad altre culture,
ad altre fedi, o per bramosia di denaro e di potere. Non
dobbiamo stupirci che ancora oggi, anche se con motivazioni diverse
e ideologia usate in modo strumentale, si cerca di conseguire le
stesse finalità come ha cercava di fare Giuda, e sopratutto con gli
stessi strumenti.
27
gennaio 2016 - III Domenica Tempo Ordinario
Ogni Domenica il Signore ci
chiede di metterci in ascolto della Parola che Lui ci ha donato come
lampada che guida i nostri passi. Ma questa Domenica siamo
chiamati a comprendere anche l'ascolto della parola come una
bellissima azione liturgica che ci rende presente Gesù in ogni suo
momento. Siamo anche incoraggiati a modificare un atteggiamento che
ha trasformato le nostre aule liturgiche in centri di lettura,
mentre dovremmo educarci ad ascoltare la Parola:
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo
spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini,
delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il
popolo tendeva l’orecchio al libro della legge.
Noi cristiani sappiamo che la Parola è Gesù,
per cui dobbiamo educarci ad ascoltarlo:
I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e
spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura.
L'autore ci
chiede di sentirci parte di questa azione liturgica che i deportati
di Babilonia vissero al loro ritorno a Gerusalemme, la situazione
era difficile anche perché dovevano riprendere a vivere in una città
semidistrutta. Anche per questo si rese necessario accentuare la
solennità e il rispetto dell'assemblea liturgica. Ma come accade
quando il dolore sembra essere particolarmente vivo nel cuore
dell'uomo, neanche gli incoraggiamenti e la la presenza viva di Dio
riuscivano a trasmettere gioia:Questo
giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non
piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le
parole della legge.
Ma la vita deve continuare e anche per questo il tutto viene
concluso con un banchetto rituale che noi potremmo comparare con la
nostra eucaristia, da condividere con tutti anche con coloro che non
potevano essere presenti all'azione sacra: Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini
dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato,
perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi
rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza». E'
una frase molto bella che ci aiuta a vivere meglio, noi siamo forti
solo quando sentiamo che quello che viviamo è la volontà di Dio.
Nello scrivere la narrazione della sua vita di Gesù, l'evangelista
Luca avverte l'esigenza di farlo precedere dalle motivazione che ne
hanno determinato la stesura. Da questa introduzione noi impariamo
che quando questo evangelista scrive andavano morendo gli Apostoli,
che i cristiani avevano bisogno di essere rinvigoriti nella fede e
che molti altri avevano già scritto su Gesù. Per cui dobbiamo
pensare che Luca avesse davanti agli occhi molti scritti ai quali
poter attingere e tra i quali scegliere i racconti che intendeva
inserire nel suo Vangelo:
così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni
circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato
... in modo che tu possa renderti conto della solidità degli
insegnamenti che hai ricevuto.
Poi entriamo nel vivo della scena, Gesù è adulto, ha già ricevuto il
battesimo di Giovanni, ha già scelto alcuni discepoli, ha già
operato dei segni che lo hanno reso noto in tutta la Galilea. A
questo punto avverte l'esigenza di ritornare a Nazareth, capita
ancora oggi che quando uno ha conseguito dei risultati avverta
l'esigenza di restituirsi al suo ambiente naturale, anche per far
conoscere al sua nuova condizione di vita:
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di
sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere.
Il testo esprime la naturalezza delle sue azioni, tutto si svolge
per come aveva fatto sempre.
La scena è molto descrittiva per cui possiamo sentirci anche noi
presenti all'interno della sinagoga:
Gli fu dato il
rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era
scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato
con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio
...».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella
sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
E' come la nostra liturgia della Parola, a questo punto tutti
aspettavano che spiegasse ciò che era stato proclamato nel testo del
Profeta.
Ed è a questo punto che accade l'imprevedibile, Gesù dichiara
pubblicamente che è iniziato con Lui l'avvento del Regno di cui
parlava Isaia:
Allora cominciò
a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete
ascoltato».
Anche nella nostra vita ci deve essere questo oggi, così definitivo
che determina un cambiamento fondamentale che ci fa uscire dal
qualunquismo e dalla abitudinarietà. In virtù di questo oggi ogni
momento diventa prezioso anche perché è animato dallo Spirito Santo
e aperto al servizio verso gli altri in nome di Dio.
E' proprio
questa realtà che si realizza con il nostro inserimento in Cristo,
mediante il Battesimo, che ci propone l'Apostolo. Lo fa aiutandoci a
comprendere i nostri rapporti interpersonali nella dinamica del
corpo articolato in tante membra unite a Cristo che è nostro capo.
E' grazie all'inserimento in Lui che anche noi possiamo considerarci
figli di Dio, ed è grazie a Lui che noi partecipiamo dalla Grazia di
Dio:
Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le
membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche
il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo
Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti
siamo stati dissetati da un solo Spirito.
Sappiamo tutti
bene che non sempre comprendiamo questo dono di essere famiglia
cristiana, anche per questo ci sono tante ingiustizie tra le persone
e tra i popoli. Ma non dobbiamo desistere, percorrendo la via della
santità, a cooperare al progetto di Dio che ci vede come un'unica
famiglia visitata e animata dallo Spirito di Cristo:Ora
voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue
membra.
Leggerci in questo modo non può che alimentare in noi l'anelito alla
comunione e alla realizzazione del regno di giustizia e di pace che
Gesù ha iniziato tanti anni fa e che ha affidato a noi tutti.
Il Salmista ci
ricorda l'impegno di non distrarre il nostro sguardo dagli
insegnamenti del Signore, è in questa fedeltà la nostra pace e la
nostra gioia:
La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza
del Signore è stabile, rende saggio il semplice.
I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando
del Signore è limpido, illumina gli occhi.
Avere confidenza nell'aiuto e nella presenza di Dio nella nostra
vita fa di noi persone carichi di speranza e aperte alla gioia del
dono di se.
20
gennaio 2016 - II Domenica Tempo Ordinario
La
ripresentazione del tempo ordinario possiamo caratterizzarla come
una particolare attenzione alla costruzione e all'amore verso a
città dell'uomo che per noi significa semplicemente amore verso Scalea.
E' il profeta Isaia a chiederci di osare di
per amore di Dio nella disponibilità a dare speranza alla città del
cuore, che per lui era Gerusalemme ma che per noi è la nostra
Scalea:
Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi
concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la
sua salvezza non risplenda come lampada.
Non dobbiamo darci pace finché non ci sia pace e amore per la nostra
città e nella nostra città.
Occorre operare
per restituire il protagonismo ai cittadini, cogliendo la
possibilità di aprire all'amore la gioia di sentirsi comunità e
anche la possibilità di aprire alla vita comune tutte le relazioni
che si accompagnano alla possibilità di costruire un modo nuovo di
relazionarci. Dobbiamo riuscire a trasmettere la sensazione di
sentirsi amati, cercati e non abbandonati:
Nessuno ti
chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il
Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi
figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà
per te.
Non sempre è
facile trasmettere queste sensazioni anche perché i credenti non
sempre contraddistinguono la loro disponibilità con la dedizione
amante di cui parla il profeta, però è questo che ci chiede il
Signore, i cristiani devono concorrere con il cuore e con la
testimonianza alla costruzione della fiducia nel futuro e della
vivibilità dell'ambiente nel quale il Signore ci ha posti.
Anche
l'evangelista Giovanni, incoraggia a cogliere il valore dell'amore
nella disponibilità essere più attenti, nei confronti
delle difficoltà che dobbiamo affrontare per restituire la
gioia a coloro che hanno bisogno di essere sostenuti. Tutto nasce da
una situazione sostanzialmente ordinaria, che l'evangelista ci
descrive con la ovvietà della situazione:
In quel tempo, vi fu una festa di
nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle
nozze anche Gesù con i suoi discepoli. E' una normale festa
sponsale per cui tutto scorre in un clima gioioso e spensierato,
come accade in tanti nostri matrimoni, non quello che si vive in
chiesa ma quello che poi si celebra nei ristoranti.
Forse per il
numero degli invitati, magari perché si era bevuto troppo accade
l'impensabile:
Venuto a mancare il vino, la madre
di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che
vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Tutto ciò che
sembrava scorre in modo ordinario assume la connotazione
dell'inquietudine, dettato dall'imprevedibile. Certo potremmo
chiederci ma come mai la madre di Gesù sente il dovere di
coinvolgersi, essendo semplicemente invitata per cui non
immediatamente al centro dell'attenzione, noi non sapremmo cosa
rispondere, però accade questo, la madre di Gesù avverte l'esigenza
di intervenite perché gli sposi abbiano modo di vivere con gioia
questo girono di festa, ed invoca l'aiuto del suo figlio Gesù.
Lei sa che il
figlio non la deluderà, per cui chiede ai servi di essere pienamente
disponibili:
Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Il resto lo conosciamo bene, ciò che a noi può insegnare è che
non dobbiamo mai temere di essere abbandona da Dio e quando questo
ci accade non dobbiamo fare altro che invocare l'aiuto del Signore,
mediante l'intercessione della sua madre Maria. Per l'evangelista
Giovanni a Cana inizia l'avvento del Regno di Dio e inizia anche la
sequela dei discepoli che da allora non abbandonano il loro maestro:
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù;
egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Dobbiamo
ammettere che è meno chiaro quello che è accaduto dopo, ma ormai
abbiamo imparato che i discepoli non intendono venire incontro alle
nostre curiosità, per cui lasciano sospesi gli avvenimenti
immediatamente successivi, alla discesa a Cafarnao, che fecero
insieme ai familiari di Gesù, che poi però spariscono dalla scena
nella cittadina sul lago. L'apostolo Paolo ci riporta ai nostri
impegni ordinari
e ci ricorda anche che il protagonista di questi impegni non siamo
noi ma lo Spirito Santo:
Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi
ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma
uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
Insomma nella diversità degli incarichi e delle attività che viviamo
al servizio della Chiesa, non dobbiamo mai dimenticare che ogni cosa
ha la sua origine nello Spirito Santo di Dio.
Qualora questo
non fosse chiaro, evidentemente non lo era come non è neanche ai
nostri giorni, lui sottolinea nuovamente che:
A ciascuno è data una manifestazione particolare
dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello
Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece,
dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello
stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono
delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono
della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un
altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle
lingue.
La centralità è data a qual bene comune così poco di moda anche ai
nostri giorni. Insomma il Signore ci dona della capacità non per
farci esaltare di fronte agli altri ma semplicemente per aprire il
nostro cuore al servizio dei fratelli.
Ed è per questo che ancora una volta il
salmista incoraggia a non fare nei narcisismi spirituali ma a
cogliere nella lode al Signore il senso più autentico del nostro
stare insieme come comunità di fede:
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra. Cantate al Signore,
benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua
salvezza. In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i
popoli dite le sue meraviglie.
13 gennaio
2016 - Battesimo del Signore
Il Battesimo del Signore, nel racconto che ne fa l'evangelista Luca,
è totalmente essenzializzato
nel senso che da per scontato che chi legge sappia da altre fonti i
particolari dello svolgimento dei fatti accaduti sulle rive del
Giordano. Lui si limita ad affermare che anche Gesù ha ricevuto il
Battesimo da Giovanni:
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto
anche lui il battesimo ...
in realtà la sua attenzione è orientata a focalizzare quello che
accade dopo:
stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo
Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce
dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio
compiacimento. E' l'elezione a figlio nella sua condizione
mortale, una elezione che coinvolge ciascuno di noi fin dal momento
del nostro Battesimo, perché anche noi abbiamo ricevuto o Spirito
del Signore e così siamo stati inseriti nel Corpo Mistico di Cristo.
Quanto tempo è
rimasto Gesù al Giordano prima di ricevere il Battesimo? i Vangeli
non si attardano in questa descrizione solo l'evangelista Giovanni
ci viene a ricordare che dopo, anche Gesù battezzava, in un luogo a
parte sempre sul Giordano ma è una scena che non ha molta fortuna
nella nostra conoscenza della vita de della missione di Gesù. Tutto
viene contestualizzato nell'ambito delle attese giudaiche del Messia
che ancora una volta chiarisco era molto diversificata, non si
identificava totalmente con il Messia guerriero della discendenza
davidica, ma anche in quello sacerdote capace di purificare le
devianze che venivano vissute all'interno del Tempo di Gerusalemme,
o ancora in quello profetico vigoroso e capace di scuotere da un
modo di vivere la fede apatico e rituale.
E' in questo
contesto che leggiamo il profeta Isaia, il quale è chiamato da Dio
ad incoraggiare i deportati in terra di esilio che fanno ritorno in
Gerusalemme. E' una parola di consolazione che il Signore gli chiede
di annunciare, ma anche una speranza che devono cogliere nel
ripercorrere il deserto per cogliere pienamente il nuovo messaggio
di speranza che Dio intende donare loro:
Nel deserto preparate la via al
Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.
Ogni intervento di Dio deve
essere colto come un dono, ma anche come una richiesta di impegno,
Il signore vuole che i deportati ritornino nella terra dei Padri, ma
chiede loro di purificarsi e di orientare meglio verso di Lui i loro
cuori e le loro azioni.
Poi si
annuncia in modo vigoroso una visione nuova della salvezza, non si
parla più di eserciti che si scontrano ma di una presenza velata di
Dio che si caratterizza nell'immagine del gregge e del pastore:
Alza la voce, non temere: Ecco il vostro Dio! ... Come un pastore egli fa
pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli
agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri.
E' una immagine che ritorna spesso nel messaggio dei profeti, ma
stenta a fare breccia nel cuore dei credenti di allora che erano
ebrei, ma anche di oggi per molti tra noi cristiani è difficile
cogliere la bontà assoluta di Dio quale strumento basilare per la
realizzazione del Regno. Anche per questo molti contestano al Santo
Padre una immagine eccessivamente caritativa, molti vorrebbero una
Chiesa più integralista, più orientata a mostrarsi potente secondo
gli uomini.
Ma questo certamente contraddirebbe
la Parola di Dio che è totalmente orientata a mettere in mostra la
potente azione di Dio nella Sua dedizione alla carità,
gratuitamente interviene per la nostra salvezza. Troppo spesso
l'amore verso Dio viene strumentalizzato per mercatini e interessi
personali, accadeva una volta e continua ad accadere ancora oggi. E'
evidente che chi lo fa non vive secondo Dio, anche se parla e opera
in nome di Dio. L'Apostolo Paolo avverte l'esigenza di trasmettere
al discepolo Tito questi insegnamenti: E' apparsa
la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna
a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo
mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà ... Egli ha dato se
stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un
popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
Sono parole semplici e immediate che aprono alla comprensione
della salvezza quale dono esclusivo di Dio, un dono di cui non
dobbiamo mai stancarci di ringraziarlo.
Avverte
anche l'esigenza di aiutare Tito a comprendere che la Salvezza
esprime l'amore che Dio ha verso di noi, amore al quale dobbiamo
corrispondere senza presunzione di eventuali diritti acquisiti in
merito alle cose che riteniamo di fare per il Signore:
Egli
ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua
misericordia, con un'acqua che rigenera e rinnova nello Spirito
Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù
Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia,
diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.
Non dobbiamo mai perdere di vista l'eternità altrimenti tutto perde
di vigore e anche la comprensione del dono rischia di restare
svilito nella tante cose da fare ogni giorno.
La speranza eterna ci viene donata fin dal momento del nostro
battesimo e dobbiamo vivere cercando di camminare nella via della
santità, con grande umiltà e anche attenzione, perché le tentazioni
sono tante e anche la possibilità di sbagliare è sempre presente
nella nostra vita. Riprendendo il Vangelo ricordo anche a me stesso
che Gesù, dopo il Battesimo, era in preghiera. La preghiera rimane
la vera e sola energia capace di superare ogni difficoltà.
6
gennaio 2016 - Epifania del Signore
La
celebrazione dell'Epifania chiude questo lungo periodo
caratterizzato dalla centralità del mistero di Dio che si
rende presente in mezzo a noi nel bambino di Betlemme. E' un mistero
di amore mai esplorato totalmente anche perché contrassegnato da
molte iniziative che distraggono dal messaggio di salvezza che il
Natale vuole rappresentare per tutti coloro che cercano la speranza
e, in qualche modo, ritengono di poterla vivere incontrando Gesù.
E' sempre bene
ripeterci che abbiamo troppo istituzionalizzato questa gratuità,
d'altra parte è anche un modo per appropriarcene e trasformare così
un dono, in una proprietà privata. Per cui se uno vuole incontrarsi
con Gesù deve farlo per come noi riteniamo. Forse non era questo il
progetto di Dio, anche perché è vero che per realizzarlo ha avuto
bisogno di una disponibilità credente piena e matura, ma è anche
vero che questa disponibilità ha esigito una rilettura costante
proprio in virtù del fatto che la scena davanti ai protagonisti si
dilatava a vista d'occhio e anche oltre, in modo inimmaginabile.
L'annuncio a
Maria della divina maternità nel segreto di Nazareth, poi la
tormentata accoglienza da parte di Giuseppe quale corresponsabile
della vita di Gesù, quindi la conferma da parte di Elisabetta con la
nascita di Giovanni, il cammino verso Betlemme per il censimento,
poi la nascita nella notte santa nel disagio di una grotta, la
sorpresa dell'arrivo dei pastori che avevano ricevuto un messaggio
di speranza, la presentazione di Gesù a Dio con la profezia di
Simeone e la gioia di Anna e infine l'arrivo dei Magi. E' stato un
cammino lungo che spingeva a cercare sempre più intensamente il
senso della disponibilità iniziale.
Se vogliamo la
storia di ogni vocazione è proprio così, si inizia da una
disponibilità alcune volte neanche compresa pienamente, poi Dio ti
dona di vivere esperienze ma pensate possibili. Ciò che conta è
guardare all'azione di Dio con fiducia. L'azione di Dio è semplice
nelle sue intenzioni: ogni uomo deve poter conseguire la salvezza.
Alcune volte diventa più difficile nella realizzazione, proprio in
virtù di quello che dicevo inizialmente. Il problema vivo e sempre
attuale è quello di liberare l'azione di Dio dalle interpolazioni e
ritualizzazioni umane.
In questo caso
la Festa dell'Epifania viene restituita alla bellezza iniziale. Per
cui ci viene detto che attraverso il cosmo l'uomo può vivere la
Grazia di cercare e di incontrare Dio. Che incontrare Dio nella
disponibilità dell'adorazione non significa vivere una qualche
sequela istituzionalizzata, ma semplicemente trarne gioia per se
stessi e per coloro che ci viene donato di incontrare. E' una gioia
di cui noi non siamo proprietari ma verso la quale viviamo una
disponibilità, un servizio. In seguito sembrerà che questo non fosse
sufficiente e furono aggiunti altri Vangeli (apocrifi) orientati a
trasformare i magi in credenti convinti.
Sono stati
giorni molto intensi di spiritualità e di preghiera, anche se come
ormai va accadendo le nostre chiese non si riempiono di fedeli. Solo
il giorno di Natale ha corrisposto all'attesa della comunità che
prega e ringrazia per il dono ricevuto. Anche in altre celebrazioni
la chiesa ha donato la gioia di accogliere tanti fedeli, ma so che
non sono della nostra comunità, non questo era meno bella la
celebrazione ma con la comunità i bambini, i ragazzi e i giovani è
un'altra cosa. Sarebbe ingiusto elevare il lamento invece dell'inno
di gioia, anche perché il Signore ci ha donato di vivere realmente
dei momenti di festa.
E' il Natale
del Signore, il che vuol dire un momento di pace, di vita familiare,
di condivisione nella fraternità, di attenzione agli ammalati, di
accoglienza verso i non credenti, di sostegno nei confronti delle
povertà, scambio di doni, ma soprattutto occhi che si incontrano
nella gioia di stare insieme con semplicità. Nel Natale tutto deve
essere semplice, altrimenti non si riesce a cogliere pienamente la
bellezza del dono che Gesù rappresenta per tutti. Ma anche la
bellezza e l'importanza di essere noi un dono per tutti. Il Santo
Padre ci aiutato a capire che il Natale è ciascuno di noi.
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