Il Parroco
29 Agosto 1953
Nasce a Sicilì di Morigerati (SA)
20 Settembre 1953
E' Battezzato nella Chiesa Santa Maria Assunta in Sicilì (SA)
28 Marzo 1971 E'
Confermato nella Chiesa San Nicola in Plateis a Scalea (CS)
24 Giugno 1981 E'
ordinato Diacono nella Chiesa San Nicola in Plateis a Scalea dal
Vescovo Mons. Augusto Lauro
06 Giugno 1982 E'
ordinato Presbitero nella Basilica Patriarcale di San Pietro
Apostolo in
Roma, da S.S. Giovanni Paolo II
* * * * * *
17
gennaio 2021 - II Domenica Tempo Ordinario
Questa
Domenica, propone diverse tematiche sulle quali riflettere. Tra
le tante il dialogo tra i Cristiani e gli Ebrei, l'inizio della
Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, quindi
l'attenzione agli animali nella ricorrenza di Sant'Antonio
Abate, e il tema che orienta tutti gli altri che è quello della
Vocazione, sul quale più immediatamente al Parola di Dio
incoraggia a riflettere alcune esperienze tipologiche. La vita
di fede è sempre da vivere con queste attenzioni, l'esperienza
di coloro che ci hanno preceduto, la nostra stessa esperienza,
come trasmettere al fede a coloro che vengono dopo di noi e
guardano a noi come i testimoni e i modelli da imitare.
Il tema
della vocazione ci viene presentato nell'esperienza di Samuele e
in quella dei discepoli del Signore. Come dire facciamo un salto
storico dal periodo dei Giudici all'Impero Romano, copre l'arco
di circa mille anni di storia di Israele, il protagonista
centrale è sempre Dio nella comprensione di assolutezza
velata dalla Tenda del Convegno, che caratterizza l'epoca di
Samuele al Santuario di SIlo, sulle alture di Samaria;
nell'esperienza incarnata in Gesù di Nazareth nel racconto della
vocazione dei discepoli lungo il mare di Galilea. Certamente,
nei fedeli che partecipano alla liturgia domenicale, tutto
questo scivola addosso senza trovare crepe capaci di assorbirne
la bellezza, ma in chi ha dimestichezza con la Parola di Dio sa
bene che nulla accade senza un fondato motivo e, come abbiamo
riflettuto Domenica scorsa in Isaia, ogni cosa che viene
dall'alto, lascia il suo segno indelebile, perché nulla ci è
donato se non ciò che concorre alla nostra crescita nella vita
di fede.
Samuele, fin
dalla sua nascita prodigiosa, ci è presentato come un dono di
Dio da donare a Dio, perché il popolo di Israele viva la sua
fedeltà al suo Dio. Siamo nell'area collinare della Samaria, in
uno dei Santuari tribali nei quali la Tenda del'esperienza di
liberazione del deserto, e sotto la Tenda era custodita l'Arca
dell'Alleanza con il Bastone di Mosè e la Manna, sostava
periodicamente, custodita da un profeta. In questo caso i
custodi erano Eli con i suoi familiari. E' un periodo storico
molto tormentato, caratterizzato dalla difficoltà delle
relazioni tra le tribù e dalla volontà di allearsi per poter
esprimere nell'unità, meglio la potenza di Israele. In questo
contesto si inserisce la storia di questo fanciullo, direbbe il
Salmista, o anche i profeti maggiori, prima che io nascessi tu
già mi conoscevi. Anche questo è vero, però comunque per avere
confidenza con Dio, è importante conoscerne la voce e imparare
ad ubbidirgli.
Il contesto
di vita è ancestrale, per cui dobbiamo leggerlo nel grande
silenzio che caratterizzava questi ambienti per la gran parte
dell'anno, la notte era caratterizzata dalla luce del fuoco o da
quella flebile delle lanterne, tutto era contrassegnato dalla
povertà e dall'assolutezza della presenza di Dio. Eppure, anche
in questo contesto era necessaria la direzione spirituale, il
bisogno di discernimento. Ieri come oggi Dio parla, ma è
importante essere guidati da altri, alla comprensione della Sua
volontà, altrimenti il rischio è vivere la sequela dei tanti
falsi messianismi, dei tanti santoni che ancora oggi albergano
all'interno della Chiesa di Cristo. E' uno dei problemi con i
quali spesso è importante fare chiarezza, al centro è Dio e non
altri, pure importanti e preziosi ma non sostitutivi, questo è
il ruolo di Eli per Samuele, ed è, dal punto di vista
dell'esperienza umana, quello di Gesù per i discepoli. Per
estensione è quello dei sacerdoti per le comunità, orientare
sempre e tutti a fare la volontà di Dio.
Per narrarci
i primi passi di quella che poi diventerà la comunità degli
apostoli, viene scelto, straordinariamente, il racconto che ne
fa l'evangelista Giovanni, siamo lungo le rive del Giordano, a
ridosso del deserto, dove Gesù era venuto da Nazareth, per
ascoltare e vivere il discepolato di Giovanna il battezzatore,
per essere anche lui battezzato. Ad un tratto, non sappiamo
quanto tempo è passato, Giovanni il battezzatore incoraggia
alcuni suoi discepoli a cogliere in Gesù il segno della
misericordia del Padre: Ecco l'agnello di Dio!
Sappiamo tutti bene che nella tradizione biblica l'agnello è
l'elemento sacrificale da offrire a Dio, per espiare
ordinariamente i propri peccati. Inizia qui, nel deserto,
secondo la tradizione giovannea, l'esperienza del discepolato.
Dagli altri racconti ci viene detto che tutto inizia in Galilea.
Contraddizioni redazionali? Probabilmente no, semplici proposte
e sottolineature di momenti diversi della propria adesione a
Cristo.
Anche nella
nostra vita ci sono vari cambiamenti, andirivieni e variegate
decisioni, che avvengono in ambienti e situazioni totalmente
diversi, finché non arriva il momento di decidere in modo
definitivo. Ma anche in questo caso non mancano umori alti e
bassi, entusiasmi e fallimenti. Insomma tutto è affidato alla
misericordia di Dio nella quale ci lasciamo trasportare e alla
quale in qualche modo cerchiamo di corrispondere. In tutto
questo si inserisce la volontà di coinvolgere anche altri nella
missione di cercare Gesù, avendo la certezza che comunque in sua
compagnia si vive meglio. Dimorare in Gesù certamente comporta
navigare a vista avendo la luce della sua parola sempre davanti
a noi e perseguendo nelle variegate situazioni l'obbiettivo
comune che è l'incontro con la misericordia eterna del Padre.
10 Gennaio 2021 -
Battesimo del Signore
Dopo aver vissuto, per come ci è stato possibile le celebrazioni
del Santo Natale, lasciamo questa Domenica, il tempo
dell’infanzia e dell’adolescenza di Gesù e ci immettiamo nel
tempo della missione pubblica. Come sempre nella Bibbia ogni
cosa per essere compresa pienamente, deve essere letta in chiave
globale. Dio ha un unico progetto di salvezza, che viene
descritto in tutto il Vecchio Testamento e si realizza nel Nuovo
Testamento. D’altra parte è sempre Gesù, la Parola di Dio, che
ci spiega, descrive e incarna la volontà del Padre. Come è
accaduto spesso in questa parte dell’anno liturgico, è ancora
Isaia, per essere precisi il Secondo Isaia a introdurci a una
comprensione più intensa della missione di Gesù.
C’è una attesa antica, di maggiore giustizia in Israele, una vera è
propria sete di verità: Porgete l'orecchio e venite a me,
ascoltate e vivrete. Io stabilirò per voi un'alleanza eterna, i
favori assicurati a Davide... Perché i miei pensieri non sono i
vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie.. così sarà
della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me
senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver
compiuto ciò per cui l'ho mandata. E’ davanti agli occhi di
tutti una parola carica di speranza, una Parola intensa che
chiede di essere ascoltata con attenzione, che incoraggia ad
attendere un dono dall’alto, Dio stesso promette senza merito di
alcuno, di intervenire nella storia di Israele per restituirgli
speranza, che sembrava perduta per sempre.
Queste profezie sono sostenute dalla preghiera dell’orante che
si incoraggia e incoraggia a cogliere nel Signore le energie
necessarie per corrispondere più pienamente alla Sua volontà: Io
avrò fiducia, non avrò timore, perché mia forza e mio canto è il
Signore; egli è stato la mia salvezza. Sembrerebbe una fiducia
incrollabile. Ma in realtà capita spesso, nella preghiera dei
salmi, che Dio debba intervenire per sostenere gli scoraggiati,
i timorosi, Capita ancora oggi, che si preghi perché si stenta a
cogliere la forza di continuare a lottare quando, il dolore e la
solitudine sembrano troppo pensati da sopportare.
L’evangelista Marco, siamo all’inizio della sua narrazione su
Gesù, ci dona uno spaccato sintetico del momento del lancio
della missione del Messia da parte di Giovanni Il Battezzatore:
Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno
di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho
battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo.
Naturalmente questa affermazione, vela la polemica che
probabilmente accompagnava le prime comunità, sull’importanza
del precursore. Tutto è narrato senza la ricerca di elaborazioni
sofisticate: Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di
Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito,
uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito
discendere verso di lui come una colomba. Chissà quanti
pensieri, quante emozioni, quanto tempo è intercorso tra gli
avvenimenti narrati, ma l’evangelista preferisce trasmettere
tutto in estrema semplicità, dando al lettore la possibilità del
suo elaborare in libertà e maturità spirituale. Infine
l’affermazione dal cielo sulla missione di Gesù, che non ammette
repliche e che riempie il cuore di certezza: Tu sei il Figlio
mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento.
Tutto quanto noi viviamo con fede, ha inizio lungo il tortuoso
corso del fiume Giordano. Sappiamo abbastanza bene gli
avvenimenti che seguirono e che videro Gesù ucciso sulla croce e
risuscitato dalla morte. Tutto il Messaggio di Gesù, viene
immediatamente riassunto nel comandamento dell’amore, come
manifestazione della fedeltà a Dio: In questo conosciamo di
amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi
comandamenti. In questo, infatti, consiste l'amore di Dio,
nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non
sono gravosi. E’ un insegnamento che caratterizzerà i suoi
discepoli in ogni comunità, con tutte le difficoltà, incertezze
e conseguenze, che questo impegno comporta ancora ai nostri
giorni.
Passarono ancora degli anni è il messaggio di salvezza si
diffuse tra i popoli di allora, nella diversità delle tradizioni
e delle variegate esperienze di Chiesa: Ed è lo Spirito che dà
testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono
quelli che danno testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue,
e questi tre sono concordi. Giovanni l’evangelista o chi per
lui, ci presenta una elaborazione molto complessa degli stessi
avvenimenti narrati da Marco.
La vita terrena di Gesù, ha già assunto nella vita dei cristiani, una
ieraticità e ritualità che esige la presenza di una comunità
orante, che invoca il Suo Signore, nel dono dello Spirito Santo
il testimone fedele. E’ la comunità dei Battezzati di ogni tempo
segnati con l’Acqua; che in ogni luogo celebra nell’Eucaristia
domenicale, il Sangue, il sacrificio del suo Signore; animata e
sostenuta dall’azione potente dello Spirito Santo.
20
dicembre 2020 - IV Domenica di Avvento
Lentamente,
forse in modo anomalo rispetto alle nostre abitudini, comunque
il tempo liturgico ha seguito il suo corso e così ci prepariamo
a completare il cammino di Avvento. La liturgia incoraggia a
leggerci nel piano di Dio, in qualche modo è come se prendessimo
coscienza piena che il protagonismo assoluto nella nostra vita è
di Dio, e per quanto ci è possibile cerchiamo di parteciparvi,
magari balbettando, zoppicando, proseguendo in modo incerto, ma
comunque ne siamo parte integrante.
Come sempre
ci viene chiesto di avere uno sguardo ampio dell'azione di Dio,
in ogni momento della storia di amore con la sua creatura.
Questo ci fa immergere stabilmente nella storia della salvezza
nella sua complessità e bellezza, ma anche nelle sue
sfaccettature che non sempre abitano la nostra mente e il nostro
cuore. Questa Domenica ci incontriamo con la dedizione di
Davide, che ha conquistato Gerusalemme, è diventato Re di
Israele e di Giuda, ha portato l'Arca dell'Alleanza nella Città
Santa. A questo punto, sentendosi appagato nei traguardi più
immediati conseguiti come capita spesso anche a noi, si guarda
attorno per capire verso dove orientare il proprio impegno.
Ritiene di
dover sopperire a un vuoto progettuale da perseguire in tempi
immediati: Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca
di Dio sta sotto i teli di una tenda. Come ogni scelta
importante anche questa alimenta sentimenti contrastanti, sia
nel cuore del Re che nel Profeta Natan al quale aveva confidato
le sue intenzioni. Ed è per questo che passiamo dall'entusiasmo
iniziale alle perplessità successive, fino ad arrivare al
convincimento che questa volontà non corrisponde a quanto Dio si
attende dal Re. Forse questo è anche per mortificare la
presunzione di ergersi a protagonista assoluto di quanto
realizzato finora.
Ed è per
questo che il Re viene incoraggiato a vivere con più umiltà,
ripercorrendo la sua vita visitata dall'azione di Dio: Io ti
ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi
capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei
andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò
il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra.
Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò
perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano
come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei
giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi
nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa.
E' un
incoraggiamento a rileggersi nei traguardi conseguiti, mettendo
però al centro l'azione di Dio. Che continuerà a benedire e a
proteggere il suo consacrato. Che canterà con il Salmista
la coscienza dell'azione potente di Dio e la disponibilità a
camminare fedelmente nelle Sue vie. Dio realizza sempre le Sue
promesse, Dio è fedele al Suo popolo, Dio è la roccia di
salvezza, che non viene mai meno.
Infine siamo
incoraggiati a vivere un pellegrinaggio spirituale, accompagnati
dall'esperienza di fedeltà della Fanciulla di Nazareth, scelta
da Dio per realizzare le promesse fatte a Davide. Abbandoniamo
la Città Santa, e percorriamo con prudenza le viuzze tortuose
che si aprono nelle colline della Galilea, abitata già da tempo
da popolazioni di diversa provenienza. Viene definita la
Galilea delle Genti, al tempo di Gesù. E' proprio lì nel
silenzio del nascondimento da ogni palcoscenico che Dio coglie
la preziosa collaborazione di colei che ha scelto quale partner
ineludibile del Suo progetto di salvezza: In quel tempo,
l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea,
chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo
della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava
Maria.
Ritengo che
la scena successiva sia nota a tutti, poiché la preghiamo
quotidianamente con l'Ave Maria. L'incertezza, i dubbi
iniziali vengono superati con la determinazione che deriva dalla
fede e dalla volontà di essere partecipi fino in fondo alla
speranza di salvezza di Israele, che in virtù di questa
disponibilità apre alla salvezza tutti coloro che accolgono Gesù
come Messia e Signore della propria vita. Ecco la serva
del Signore: avvenga per me secondo la tua parola, questa
affermazione, questo atteggiamento e la disponibilità
finale, devono sempre abitare anche la nostra vita, nonostante
tutte le incertezze e le fragilità che comunque ci accompagnano.
Maria ci ha così resi pronti ad accogliere Gesù in mezzo a noi.
Quando
l'Apostolo Paolo scrive ai Romani, parte del Vangelo era
ricordato e trasmesso a memoria, quale poesia per lodare e
ringraziare Dio per il dono della Sua benevolenza, non aveva
abbandonato il Suo popolo nella schiavitù del peccato, ma lo
aveva coinvolto nella storia della salvezza eterna.
Ora
manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine
dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano
all’obbedienza della fede. Quando il Vangelo di Gesù viene
narrato e trasmesso come una poesia, è solo perché merita di
essere raccontato e vissuto come consolazione per la speranza e
la salvezza di ogni uomo: A Dio, che solo è sapiente, per
mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen.
13
dicembre 2020 - III Domenica di Avvento
Trovare la
gioia nel fare la volontà di Dio, questa Domenica siamo
incoraggiati a perseguire con coerenza e costanza questa verità
basilare, quale vera radice della nostra gioia. Possiamo
immediatamente affermare che quando non perseguiamo questo
obbiettivo, ci apriamo e facciamo esperienza di situazioni di
delusione, che possono anche determinare crolli interiori, nelle
certezze che ci siamo costruiti attorno e sulle quali ritenevamo
di orientare la nostra attenzione, insomma i castelli sulla
sabbia che spesso abitano i nostri cuori e le nostre menti.
Detto questo
non possiamo che incoraggiarci a riscoprire la nostra vocazione
per come ci chiede il Profeta Elia: Lo spirito del Signore
Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con
l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà
degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare
l’anno di grazia del Signore. Il testo per come ci viene
proposto ha già una connotazione poetica, quasi a essere colto
come un sogno, o più semplicemente come un ideale da perseguire
con impegno. Non ha come obbiettivo solo l'edificazione della
nostra persona, ma anche la costruzione del mondo per come Dio
ce lo ha affidato.
Dalla
coscienza dell'opera, che Dio compie nella nostra vita, derivano
il sentimento del ringraziamento e delle lode al Signore. Oggi
la liturgia ci propone alcune manifestazioni di gioia derivanti
dalla coscienza di sentirsi opera del Signore, questo deve
valere per il Profeta, per la Vergine Santa ma anche per
ciascuno di noi: Io gioisco pienamente nel Signore, la mia
anima esulta nel mio Dio ... L’anima mia magnifica il Signore e
il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato
l’umiltà della sua serva... Grazie Signore per il dono della
fede e della vita. Insomma ciascuno di noi ha ricevuto un
dono, anche se non sempre ne abbiamo coscienza.
Ma il
cammino di fede, l'anno liturgico serve anche a questo,
alimentare in noi la vita di fede e orientare a Dio le nostre
azioni e i nostri pensieri. La vita di ogni giorno, con i suoi
problemi, i suoi impegni spesso ci porta lontano da Dio, la
liturgia ci riconduce all'incontro con Lui e alla comprensione
del valore di questo vivere alla Sua presenza. Per questo è
opportuno non trascurare la ricerca de Signore e le
possibilità di poterlo incontrare, di poter camminare accanto
Lui, di sentirlo parte della nostra vita.
L'Apostolo
Paolo chiede alla comunità dei credenti in Tessalonica, di
essere sempre lieti ed esplicita la realizzazione di questo
sentimento negli atteggiamenti che dobbiamo vivere, perché tutto
questo possa realizzarsi: Non spegnete lo Spirito, non
disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è
buono. Astenetevi da ogni specie di male. Nel proporci
questo modello di vita, ci indica anche con fermezza che ogni
cosa trova il Suo vero protagonista nel Signore, per cui non
dobbiamo mai trascurare di leggere la nostra esistenza in Lui:
egli farà tutto questo! Nella nostra vita si deve
compiere l'opera di Dio, questa certezza progettuale non
deve essere dimenticata, né trascurata.
L'Evangelista Giovanni ci fa leggere il protagonismo di Dio
nella disponibilità dell'uomo che cerca, che si rende
disponibile al Suo progetto di salvezza. Alcune volte
questa verità, potrebbe trovarci incapaci di comprendere, come
mai Dio ha bisogno dell'uomo. Lui ci ha creati, non
potrebbe realizzare qualcosa di totalmente prodigioso,
trasformare la realtà per come Lui la desidera? Venne un uomo
mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come
testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti
credessero per mezzo di lui. Nella vita di ciascuno di noi
può essere capitato l'incontro con una persona anonima, anche
lui alla ricerca di se stesso, che ha trasformato la nostra
esistenza, orientandola in modo determinante, ci ha incoraggiato
alla speranza, alla gioia di vivere, di guardare con fiducia al
futuro.
Ancora di
più, di avere fiducia in noi stessi. E' proprio così la nostra
esistenza è un continuo susseguirsi di sostegni esterni che ci
hanno permesso di essere ciò che oggi siamo. Il che spesso
significa che anche noi ci prepariamo ad essere per gli altri un
aiuto a cogliere la presenza del Signore nella loro vita. Questa
è la gioia alla quale questa Domenica siamo incoraggiati a
volgere la nostra attenzione e che deve caratterizzare questa
settimana nella quale daremo inizio al cammino semplice e
gioioso dell'accoglienza di Gesù in mezzo a noi, con la
Novena del Divin Bambinello. Che sia una Domenica di
fraternità e di gioia familiare, per come il Signore chiede e
per come il Signore dona.
6
dicembre 2020 - II Domenica di Avvento
Continua il
nostro cammino in preparazione al natale del Signore, e
nell'ascolto del profeta ci viene chiesto di vivere con coraggio
la gioia di renderlo presente nel suo atteggiamento di affetto,
di attenzione verso le situazioni di fragilità che spesso
abitano la nostra stessa vita: Consolate, consolate il mio
popolo. Non sempre riusciamo a trasmettere questa parola di
conforto, l'affetto che il Signore nutre nei nostri confronti,
la Sua volontà di farci sentire parte di se, di restituirci la
gioia di guardare avanti con serenità, avendo la certezza che
Lui ci ha perdonato, ci dona pace.
L'icona con
la quale il profeta Isaia ritiene di poter mostrare tutto questo
è molto tenera, rasserenante: Come un pastore egli fa
pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli
agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri.
Questa è la certezza che deve alimentare la nostra vita di fede
e l'impegno di testimoniare al fede, il Signore ama tutti, non
abbandona nessuno, ma soprattutto è attento verso i più deboli e
abbandonati. Questo è l'annuncio che il Signore ci chiede di
trasmettere con forza, senza alcuna paura di essere derisi, di
essere accusati di idealismo, è questa la nostra fede, non
possiamo tacerla, altrimenti diamo spazio al vuoto, alla
disperazione.
Capita che
tutto questo lo si debba testimoniare, sperimentare nel deserto.
Questo ambiente può essere descritto e caratterizzato in modi
molto diversificati, di certo è presentato nella Parola di Dio,
sia nella Nuova che nell'Antica Alleanza, come
l'ambiente privilegiato dal Signore per rendere presente la Sua
forza, il Suo affetto, la Sua gioia di accompagnare il cammino
del Suo Popolo. Anche per questo tutti siamo chiamati a vivere
questa esperienza di ricerca con entusiasmo, anche nelle
difficoltà l'esperienza del deserto, necessariamente comporta.
Capita spesso, che la novità del progetto di Dio, la si possa
cogliere solo vivendo il deserto.
Anche il
Salmista incoraggia a fare esperienza della fiducia in Dio: Mostraci,
Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza...
Amore e verità s'incontreranno,
giustizia e pace si baceranno... i suoi passi tracceranno il
cammino. Poche frasi che chiedo di mettersi alla sequela del
Signore, seguire i suoi passi, cercarci in Lui, avendo la
certezza che senza la sua presenza tutto diventa surreale,
difficile da vivere. Certo anche in qeusto caso ritengo
sia molto importante crescere nella vita spirituale, cercare la
Sua presenza nel nostro cuore, dare più spazio alla preghiera.
Viene
incontro alla nostra sete di verità e di comprensione della
verità, l'Apostolo Pietro, che ci ricorda come l'agire del
Signore è totalmente diverso dal nostro: Egli invece è
magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che
tutti abbiano modo di pentirsi. Anche la comprensione del
tempo, della vita che passa è diversa agli occhi del Signore.
Perciò è importante darsi il tempo della pazienza e della
perseveranza, il Signore verrà e ci accoglierà nelle opere buone
che Lui stesso ci ha donato di vivere: fate di tutto perché
Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia.
Con
l'evangelista Marco siamo introdotti nel tempo del Messia,
l'immagine è molto nota, ancora una volta l'ambiente è quello
del deserto. E' nel deserto che va svelandosi e compiendosi la
novità della salvezza, resa presenta da un protagonismo
profetico, che ha bisogno di essere colto nella sua pregnanza e
nella sua esclusività: vi fu Giovanni, che battezzava nel
deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono
dei peccati.
Ma il cuore
del messaggio che egli testimoniava con la sua presenza e
annunciava con le parole era l'impegno di cercare oltre di lui,
la realizzazione del progetto di Dio: Viene dopo di me colui
che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare
i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli
vi battezzerà in Spirito Santo. Occorre percorrere i passi
di Dio, con serenità e cuore aperto all'amore, in questo modo si
accompagnerà alla nostra vita la sete di verità che, rischiarata
dal dono dello Spirito Santo permetterà a ciascuno di noi di
sentirci protagonisti nel piano di salvezza in questo tempo nel
quale tutti corrono il rischio di vivere disorientati, incapaci
di speranza. Perciò coraggio il cammino di avvento è tempo
propizio per rendere presente l'opera di Dio nella nostra vita
da vivere al servizio degli altri.
29
novembre 2020 - I Domenica di Avvento
Buon Anno a
tutti, questa Domenica segna il nostro capodanno liturgico,
anche se non sono molti coloro che se ne rendono conto. Abbiamo
ancora la possibilità di ripercorrere insieme, di ricominciare
in modo nuovo la storia dell'incontro con Gesù: la storia della
nostra salvezza. Come sempre, vestiamo gli atteggiamenti dei
discepoli, che umilmente si mettono in ascolto del Maestro, per
rimuovere ciò che è di ostacolo alla comunione, ed emancipare
tutto ciò che apre alla speranza.
Tu,
Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore,
è il profeta Isaia che dà la tonalità ai passi da
percorrere, tutto nasce dalla piena fiducia in Dio, che guarda a
noi come a dei figli. Deve essere Lui il riferimento
ineludibile dal nostro cammino, la forza che ci sostiene a
vivere sempre con entusiasmo, anche le situazioni difficili che
la vita spesso ci chiede di affrontare.
Può anche
accadere che si attraversino motivi di demotivazione spirituale,
momenti nei quali si avverte la voglia di allontanarsi da Dio.
Però appunto, sono momenti, nel nostro cuore resta sempre viva
la certezza che tutto è affidato a Lui, è Lui che deve orientare
le nostre scelte:
Noi siamo argilla e tu colui
che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani.
Ciò che il
Signore si attende da noi, è che maturiamo un sincero spirito di
ringraziamento verso di Lui e verso i fratelli. Tutto quanto
nasce dal Signore è orientato alla comprensione della nostra
vita come un dono che viene dall'alto e che deve essere speso
nel servizio gioioso e sereno: a motivo della grazia di Dio
che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati
arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della
conoscenza. Insomma l'Apostolo paolo vuole aiutare anche noi
a comprendere che abbiamo tutto, ciò che ci è necessario per
affrontare la vita con coraggio.
Certo il
nostro è il tempo della pandemia, ma anche questo tempo avverte
l'esigenza di essere evangelizzato, oserei dire ancora di più,
questo tempo ha bisogno di un supplemento di evangelizzazione
rispetto all'impegno ordinario. Direbbe il profeta: è tempo
di svegliarvi dal sonno, di riprendere con l'entusiasmo che
ci deriva dai doni dello Spirito la coscienza della
responsabilità di costruire la vita di comunione, questo è
quello che Gesù si attende da noi, questo è quello che la
comunità attende dai discepoli di Gesù. Rispettiamoci nella
prudenza, ma non trascuriamo l'impegno di trasmettere la
speranza.
L'Avvento è
il tempo della vigilanza: Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!
Il testo del Vangelo di Marco lo chiede in prospettiva
escatologica, ma abbiamo imparato tutti che c'è una escatologia
incarnata, del quotidiano; mediante la quale costruiamo l'attesa
e la presenza del Regno, giorno dopo giorno, è la dinamica
del già e del non ancora, che non dobbiamo mai
trascurare di vivere e di testimoniare, semplicemente perché ha
bisogno della nostra dedizione affettuosa alla missione. Educare
all'attesa del Signore che viene, meglio dire educarci
all'attesa del Signore che viene, è un impegno che l'avvento ci
chiede di incarnare sull'esempio dei modelli che ci vengono
proposti: la Vergine Immacolata, Giovanni il Battista, Giuseppe
il padre putativo di Gesù.
In questo
cammino ci inseriamo anche noi, si inseriscono le nostre
famiglie, con le tante fragilità umane e spirituali, ma sempre
affidati al Signore, Lui ci deve sostenere con il dono dello
Spirito. Ci deve incoraggiare quando camminiamo in modo
insicuro, deve donarci di gioire quando sembra che tutto proceda
in modo complesso e poco gestibile. Ma soprattutto deve donarci
la capacità di avvertire la preziosità di stare insieme nel Suo
nome, attorno al Suo Altare per vivere insieme il Ringraziamento
e la Comunione.
22 novembre
2020 - Solennità di Gesù Cristo Re dell'Universo
Quando
Ezechiele scrive, siamo al tempo della deportazione in
Babilonia, lui stesso era stato deportato con la prima
ondata. Dopo il momento iniziale di scoraggiamento e di
disorientamento, durante il quale anche la moglie muore, sente
di essere chiamato dal Signore a dare speranza alla comunità
ebraica in esilio e lo fa con grande energie spirituale,
intellettuale, sociale.
Insomma si
spende per incoraggiare a preparare la gioia del ritorno a
Gerusalemme. Come sempre incoraggia a comprendere che l'opera è
del Signore, Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso
cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna.
Il suo
messaggio cerca di penetrare in profondità nel cuore dei
deportati, chiede loro di non scoraggiarsi, di non abbattersi di
fronte alle difficoltà e ai tempi lunghi della sua
realizzazione. ... le radunerò da tutti i luoghi dove erano
disperse ... Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e
io le farò riposare...
Questa
stessa immagine può essere stata surrogata dal salmista che si
affida totalmente all'azione protettrice di Dio: Il Signore è
il mio pastore, non manco di nulla. Le immagini che
caratterizzano questo salmo, sono quelle della benevolenza e
della protezione. Dio non abbandona coloro che confidano in Lui,
soprattutto quando vivono situazioni di precarietà è il Signore
a vegliare su di loro e a proteggerli.
San Paolo
chiede ai Corinzi di rileggere la propria vita, di guardare
oltre i traguardi terreni: Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che
sono morti... così in Cristo tutti riceveranno
la vita. Insomma mentre Ezechiele incoraggiava a guardare
alla rientro nella Gerusalemme terrena, noi cristiani siamo
educati a guardare con fiducia all'incontro eterno con Dio.
Dobbiamo
vivere in Cristo che è la nostra vita e al quale apparteniamo
mediante il Battesimo. Lui ha sconfitto la morte e in Lui anche
noi trionferemo sulla morte. Molto delle catechesi di Paolo,
sono intrise dell'escatologia del tempo, per cui va compresa
tenendo conto il modo di leggere il cielo, nel mito delle
categorie angeliche che apparteneva alla cultura greca di quel
periodo storico.
L'evangelista Matteo ci presenta Gesù come il giudice
escatologico, la rappresentazione è stata rappresentata
iconograficamente in molti modi, in quello che noi abbiamo
imparato a chiamare il Giudizio universale:
Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti
gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti
a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni
dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre...
Il giudizio in questo caso viene fatto su come ci si è
comportati durante la vita in ordine alla carità, perché ho
avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete
dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete
vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete
venuti a trovarmi...
In altre
parabole il metro di misura per il giudizio è espresso sui
valori spirituali, sulla disponibilità alla vita comunitaria,
nella fedeltà al mandato ricevuto. Questo è il mondo delle
parabole, molto belle proprio perché esprimono la novità di Dio
per l'uomo di ogni tempo. Anche a noi oggi il Signore chiede di
essere accolto, e tante volte lo facciamo con naturalezza, come
accadde per i protagonisti della parabola, senza rendercene
conto: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo
dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando
mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti
abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere
e siamo venuti a visitarti?
In questa
immagine possiamo leggere anche la volontà espressa dal Papa in:
Fratelli tutti,
Dobbiamo spendere la nostra vita
cogliendo in ogni altro la presenza del Signore che si
accompagna al nostro cammino, anche a noi chiede di
essere accolto spesso tutto questo viene fatto senza grandi
gesti eclatanti e la santità della vita quotidiana, i santi
della porta accanto che vivono con grande naturalezza quello che
potrebbe sembrare difficile da realizzare: E il re risponderà
loro: In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno
solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.
Se viviamo
alla presenza del Signore tutto è pace, gioia di vita comune,
disponibilità ad amare sempre e tutti ovunque il Signore ci
chiede di testimoniare la nostra vocazione.
15
novembre 2020 - Domenica XXXIII Tempo Ordinario
Questa
Domenica la Parola ci fa interrogare sui doni che il Signore ci
ha donato e su come li valorizziamo. Ancora una volta è il
Vangelo di Matteo che orienta la nostra riflessione e incoraggia
alla comprensione della volontà di Dio. Questo inciso iniziale
non va trascurato, semplicemente perché in ogni azione che
compiamo dobbiamo cercare di vivere per come il Signore ci
chiede. Anche il brano di questa Domenica inizia con questo
affidamento di beni: Avverrà come a un uomo che, partendo per
un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A
uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno,
secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
A questo
punto il Regno, che Gesù ha impiantato nel mondo, è stato
affidato a noi per orientarlo secondo i suoi insegnamenti, ma
nell'affidamento non dobbiamo contare solo sulle nostre
capacità, ma anche e soprattutto sui talenti che Lui ci
ha affidato. Nessuno può affermare io non so fare nulla, ma
ciascuno per la sua parte deve operare facendo fruttificare
quanto ci è stato affidato. Di tutto questo dovremo anche
rendere conto al Signore e questo è bene non trascurarlo:
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare
i conti con loro. Tutto quello che facciamo durante la vita
esige poi una verifica sui frutti che ha portato. Questo
significa che io non sono responsabile di quello che fa l'altro
ma di quello che faccio io.
Insomma
come accade tutto questo? Difficile da comprendere, Gesù non
parlava per i pruriti dei curiosi, ma per sostenere coloro che
cercano nella fede ciò che doveva caratterizzare la loro vita di
discepoli e di credenti. Nell'analisi del testo, ci si rende
conto che, come accade ordinariamente, è proprio chi ha vissuto
nella pigrizia a voler giustificare la sua negligenza nel
valorizzare i talenti ricevuti: Signore, so che sei un uomo
duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai
sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento
sotto terra: ecco ciò che è tuo. E' vero, è proprio così,
quando non ci guida l'amore, prevale il timore e alcune volte
sconfina nella paura delle conseguenze negative possibili.
Anche in questo tempo contrassegnato da forti limitazioni
prudenziale a motivo del contagio da Covid 19, ritengo sia
una esperienza che molti di noi stiamo vivendo, alcuni
continuano con la necessaria prudenza che la pandemia impone gli
impegni ordinari da portare avanti, perfino con gioia. Altri si
sono asserragliati in casa in attesa dell'arrivo del nemico, che
normalmente viene colto in chi abita nella porta accanto o
magari più semplicemente nella stanza accanto.
Prendi
parte alla gioia del tuo padrone, questo è il premio
promesso e donato in uguale misura per coloro che camminano per
come il Signore chiede. Il resto lo sperimenteremo quanto
accadrà, è vero ci sono tanti veggenti che trattano delle
visioni avute sull'al di là, ma a mio parere lasciano il tempo
che trovano, fermo restando che sono di sostegno nelle
incertezze della fede lungo il cammino della vita. Quando
saremo davanti al Signore avremo modo di stupirci di tante cose
e di tante situazioni che nella formazione alla fede riceviamo
didatticamente in modo eccessivamente antropomorfico.
La chiusura della parabola potrebbe anche avere un altro finale
se applicata non al progetto ideale ama alla condizione reale
delle persone: E il servo inutile gettatelo fuori nelle
tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Gli
insegnamenti evangelici proprio perché orientati a stimolare la
coerenza nella sequela, spesso sono dati senza tenere conto
della forza redentrice della passione redentrice del Cristo e,
soprattutto, della Grazia che si è sprigionata dalla Sua
resurrezione. Perciò sentiamo incoraggiati dal Signore a
valorizzare, con umiltà, tutto quanto ci viene chiesto e per
quanto concerne il giudizio finale affidiamoci fiduciosi
alla Sua misericordia.
8
novembre 2020 - XXXII Domenica Tempo Ordinario
Quando
apriamo il Sapienziale, sembra di entrare in una mente sempre
aperta alla novità della vita, questo modo di leggere la realtà
che non appartiene alle cose che vediamo o che facciamo, ma a
tutto ciò che riusciamo a cogliere con il pensiero, con il
cuore.
Necessariamente non sono cose da possedere: La sapienza
è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano
e si lascia trovare da quelli che la cercano. Tutto ciò che
appartiene alla mente esige rispetto relazionale, solo questo
atteggiamento ci permette di valorizzarle pienamente, ma
soprattutto ci vieta di immaginarle nostre. Il desiderio di
possedere, spesso determina la morte della bellezza e della
coscienza del dono.
Questo
autore ci presente la realtà come presenza di Dio, da scoprire e
da comprendere mediante l'analisi dell'intelligenza, la ricerca
è vicendevole semplicemente perché Dio vuole che lo incontriamo
nella vita e negli ambienti di ogni giorno:
Chi si alza di buon mattino per cercarla, non si affaticherà,
la troverà seduta alla sua porta.
La nostra è
una realtà che non sempre esprime pienamente il gusto per la
scoperta e la novità dei doni spirituali, che pur abitando il
cuore di fratelli e delle sorelle non sempre riesce ad essere
dominante nel dialogo quotidiano, il Signore incoraggia ad osare
più sulla bontà della riflessione e del protagonismo personale.
Tutto
questo viene espresso pienamente, nella sua semplicità
spirituale, dal salmista che apre la mente e il cuore
all'invocazione dell'amore del Signore:
O Dio, tu sei il mio Dio,
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.
L'anelito a
leggere la vita guardando all'incontro con Dio ci viene
presentato dall'Evangelista Matteo con la parabola delle ragazze
vigilanti che si preparano alla festa. Le immagini sono molto
belle e ci fanno entrare nel contesto del matrimonio giudaico,
caratterizzato dalla centralità dell'arrivo dello sposo da
accogliere con tutti gli onori: presero le loro lampade e
uscirono incontro allo sposo.
La scena si
sviluppa in modo armonioso e possiamo leggerci nel
chiacchiericcio anche ozioso che spesso si accompagna questi
appuntamenti, è una attesa che si prolunga a motivo del ritardo
dello sposo, che purtroppo non è senza conseguenze:
si
assopirono tutte e si addormentarono. Gli studiosi, sono
concordi nel leggere questa parabola, al ritardo del
ritorno del Figlio dell'Uomo, d'altra parte anche noi facciamo
esperienza di una forma di assopimento spirituale per il
dilatarsi dell'incontro eterno con Gesù.
Ad
un tratto arriva, ed è annunciato da un forte grido, altre volte
nei Vangeli ci viene ricordato che arriverà nel silenzio:
Ecco lo sposo! Andategli incontro!
E'
un incoraggiamento a mantenersi pronti, con le lampade sempre
accese, è la nostra fede che non deve affievolirsi, dobbiamo
vivere aspettandolo e dobbiamo entrare come un corteo sponsale
al seguito dello sposo.
In questo
modo la nostra vita acquista un significato infinito, non legato
a questo o a quell'avvenimento, spesso transeunte altre volte
poco significativo. Non sempre siamo capaci di spenderci
nell'entusiasmo di vivere la fede, alcune volte ci impigriamo e
ci attardiamo inseguendo le cose del mondo: Vegliate
dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.
Il
senso vero che non viene mai meno è quello di vivere per come il
Signore dona e di camminare incontro al Signore che ha dato la
Sua vita per noi.
1 novembre 2020 -
Solennità di
Tutti i Santi
Io, Giovanni, vidi...
in questo modo l'Apocalisse ci incoraggia a guardare in modo
diverso alla realtà, sia a quella della terra, sia a quella del
cielo. La mancanza di speranza, che spesso si accompagna alla
nostra vita, è determinata dal fatto che stentiamo a guardare
con fiducia oltre le cose che sperimentiamo, per cui la lettura
di questo libro della Bibbia, è un aiuto a comprendere meglio la
nostra esistenza leggendola sempre nella dinamica eterna
dell'incontro con Dio. Maturando anche la coscienza, da
comprendere in modo sempre più intenso, che Dio visita e orienta
verso di Lui anche le realtà del mondo
Dio ci chiama a condividere con Lui la gloria eterna, e in
questo progetto sono invitati tutti gli uomini:
ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di
ogni nazione, tribù, popolo e lingua.
Nessuno deve sentirsi escluso dalla volontà salvifica di Dio. La
visione incoraggia a leggere anche il combattimento necessario
per appartenere al popolo dei Santi, che implica il riconoscere
Gesù Cristo come il centro e il modello dell'azione salvifica:
La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e
all’Agnello
Tutto procede come in una celebrazione, in un continuo
intercalare delle tante situazioni che viviamo e l'esigenza di
innalzare un canto di lode al Signore: Amen! Lode, gloria,
sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio
nei secoli dei secoli. Amen. Potrebbe sembrare strano, ma la
nostra vita si svolge in questo modo, tantissime situazioni da
affrontare con coraggio ogni giorno, intercalate dall'esigenza
di ringraziare e di lodare il Signore per tutto ciò che ci dona.
Tutto nasce da Dio e conduce a Dio.
Il Vangelo ci presenta il discorso della montagna, molti lo
definiscono la magna carta del cristianesimo, altri lo
colgono come una sequenza di intenzioni pure, difficili da
vivere quotidianamente, certo ogni cosa è legata alla maturità
con la quale viviamo la testimonianza della fede.
Di certo Gesù ha inteso aiutare i suoi seguaci ad avere una
lettura particolare della realtà che orienta a mettere al centro
la persona e tra le persone quelle che vivono in modo più
marginale, con più disagi.
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché
saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di
Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno
dei cieli.
E' una Parola da leggere interiorizzandola, nella certezza che
dopo nulla sarà compreso come prima, è una parola che incoraggia
alla conversione a donare un significato diverso alla propria
vita, restituendo maggiore centralità alla vita degli altri.
Tutto questo viene vissuto non per conseguire traguardi terreni,
nei quali realizzare se stessi, le proprie ambizioni, anzi Gesù
ci rivela che tutto questo comporterà persecuzioni e ingiustizie
nei nostri confronti:
Beati voi quando vi insulteranno, vi
perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro
di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Nulla
ci deve spaventare,
Lui stesso
ci ha preceduto in questo cammino e ci incoraggia seguirne
l'esempio, fino in fondo, in questo modo la pace abiterà la
nostra vita sempre, anche nei momenti di disagio e di
persecuzione. Per cui coraggio, proviamo a metterci in cammino.
18 ottobre 2020 - XXIX DOMENICA TEMPO ORDINARIO
Nella vita
di comunità la comunione è l'energia coagulante le relazioni, ma
la presenza del peccato genera spesso l'esigenza dell'intervento
dell'autorità come presenza rigenerante la dinamica del regno
che altrimenti resterebbe velata.
Per far
comprendere meglio è necessario che intervenga il responsabile
della comunità di Cristo, che nel Vangelo è presentata in Pietro
e nei suoi successori per la Chiesa universale, quindi per
estensione nei Vescovi per la Chiesa diocesana, nei Parroci per
le Comunità parrocchiali e nei Genitori per le proprie Famiglie,
per operare in ordine al ripristino della comunione qualora
questa sia elusa o mortificata.
Nella
Comunità cristiana l'autorità non è mai contemplata in ordine
alla realizzazione di se stessi, ma sempre e solo per essere
segno dell'amore di Dio per il Suo popolo. Certo anche tutto
questo è affidato alla fragilità della persona, per cui può
accadere d assistere ad abusi, prevaricazioni, alcune volte
perfino malignità. Cose che certamente non provengono dal
Signore, ma dalla fragilità di chi viene preposto in autorità,
per tutelare la vita di comunione.
Gesù nei
suoi discorsi sulla sequela mette sempre al centro degli
atteggiamenti da vivere la disponibilità al sacrificio e alla
croce, ma poi deve prendere coscienza che perché la comunità dei
discepoli posso proseguire sulla via della fraternità, ha
bisogno di un riferimento visibile, che nel corso dei secoli
possa guidarla nella costruzione del Regno.
La missione
che viene affidata ai curatori di anime è quella di fare
discernimento, aiutare a vivere il discernimento personale e
proporre la volontà di Dio per come deve essere incarnata in
relazione al Regno e al mondo.
Vivere
questo senza generare tensioni, opposizioni non sempre è
facile,soprattutto quando entrano in gioco situazioni di potere
o di interessi economici personali. Anche in questo caso chi ha
la potestà del discernimento deve operare incoraggiando gli
altri a riflettere senza mai trascurare la responsabilità di
orientare il discernimento attraverso un insegnamento chiaro,
fedele agli insegnamenti di Gesù.
Quindi è
importante che ci sia equilibrio spirituale, per evitare di
monopolizzare la coscienza del fratello e per incoraggiare la
correzione personale in un sincero spirito di conversione
al Signore.
I
farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come
cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
E'
importante non dimenticare mai di dover fare i conti con la
malizia del cuore e con gli interessi di parte:
Ipocriti, perché volete mettermi alla prova?
In queste situazioni
occorre mettere al centro le tante potenzialità che il Signore
ci ha donato e che ci rendono preziosi anche all'interno della
comunità degli uomini: tenendo continuamente presenti
l'operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e
la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù
Cristo. Nessuno deve sentirsi debole nella prova o nella
impossibilità di corrispondere alla volontà del Signore o ancora
alla possibilità di aiutare il fratello nella crescita
spirituale.
Il Vangelo, infatti,
non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche
con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione.
Abbiamo un dono, non nostro che ci è stato affidato che
dobbiamo condividere per come il Signore ci chiede e ci dona di
vivere.
Quando operiamo in
questo modo non dobbiamo temere il giudizio di Dio, di fronte
agli uomini tutto può accadere a secondo di quanto gli altri
intendono mettere Dio al centro della propria vita.
11 ottobre 2020 - XXVIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO
Gesù, riprese a parlare con
parabole, il
discorso in parabole non sempre viene compreso nella sua
complessa preziosità, anche perché nei Vangeli viene distribuito
a secondo delle tematiche di cui trattano, probabilmente in
realtà erano raccolte in un unico manoscritto a uso degli
evangelizzatori. Ancora oggi, nelle attività catechistiche,
capita spesso che vengano presentate ai ragazzi come delle
favole.
In realtà dobbiamo
comprenderle come il discorso più articolato che Gesù abbia
fatto, in riferimento alla missione che il Padre gli ha
affidato: la realtà del Regno di Dio che Lui ha portato sulla
terra. Quella che ci viene fatta ascoltare questa Domenica è
rivolta in particolare ai praticanti di ogni tempo e a coloro
che ritengono di mettersi al servizio dell'evangelizzazione
della società.
L'incontro
con Dio, nella realtà del Regno di Dio, viene presentato come un
momento di festa al quale tutti devono partecipare con grande
entusiasmo e gioia:
Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di
nozze per suo figlio.
Ma ieri come oggi gli impegni, veri o presunti che siano,
assorbono il poco tempo che abbiamo e sono tanti, per cui
dobbiamo dedurre che capitava già allora che a disertare gli
incontri comunitari, fossero la gran parte.
Chi
organizza la vita comunitaria non si arrende e manda:Egli mandò i suoi servi a chiamare gli
invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Che tradotto significa i catechisti, gli evangelizzatori, gli
animatori dei quartieri a invitare per la partecipazione al
banchetto, ma la risposta dei praticanti diventa sempre più
negativa e alcune volte perfino violenta. Ancora oggi, capita
che per partito preso o per immaturità, molti non partecipino
ordinariamente alla vita
comunitaria.
A questo
punto la parabola apre a uno scenario nuovo, che ritengo non
appartenga ancora alla vita della comunità cristiana, invitare i
poveri, gli ammalati chiaramente aiutandoli a venire, gli
scoraggiati, insomma tutti quelli che chiamiamo emarginati, Papa
Francesco direbbe gli scarti della nostra società:
La festa di nozze è pronta, ma gli
invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e
tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti per
le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono,
cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
In questo
modo, invitando tutti, la sala della comunità si riempi di
commensali, che però devono essere incoraggiati a orientare la
propria vita ai valori che il Signore ci ha affidati onde
evitare di restare comunque esclusi dalla Grazia del Regno. La
dinamica educativa deve essere: cercare, accogliere,
evangelizzare, convertire, incoraggiare, donare, amare. Tutte le
nostre celebrazioni devono avere questa caratterizzazione per
corrispondere pienamente a ciò che il Signore si attende da noi.
17 maggio 2020 - DOMENICA VI DI PASQUA
La Parola di Dio questa Domenica ci introduce alla vita nello
Spirito Santo, cogliendo in questo dono del risorto, tutto ciò
che alcune volta manca nella nostra vita, sia in ordine alla
testimonianza cristiana sia all'energie per renderla presente in
ogni circostanza. Siamo chiamati a fare nostra la missione della
Chiesa che ci vede totalmente partecipi dell'azione messianica
di Gesù e ci incoraggia a una sequela coerente.
Nel racconto che ascoltiamo dagli Atti degli Apostoli, sono
passati degli anni dalla morte e risurrezione del Signore, nel
frattempo abbiamo avuto l'istituzione dei Diaconi, il martirio
di di uno di essi, Stefano. Abbiamo anche avuto la prima
persecuzione dei giudei ellenisti che, almeno una parte di loro,
vengono espulsi da Gerusalemme. E' proprio uno dei diaconi
Filippo che in virtù di questa espulsione si trova ad annunciare
la salvezza in Gesù in quel di Samaria suscitando la conversione
in molti abitanti del luogo e battezzandoli. Come vedete, essere
Diaconi non è più un servire le vedove elleniste a Gerusalemme,
ma essere araldi del Vangelo dove il Signore dona di vivere.
Al Battesimo da parte di Filippo, segue la Confermazione da
parte degli Apostoli Pietro e Giovanni, che scesero da
Gerusalemme e invocarono su di loro lo Spirito mediante
l'imposizione delle mani e la preghiera. E' l'azione
sacramentale che la Chiesa compie ancora oggi, certamente con
ritmi e modalità di diverse, mediante gli itinerari di
iniziazione cristiana. Viene trasmessa a tutti i credenti la
Grazia di Dio.
Molto intenso è l'insegnamento che ci dona l'Apostolo Pietro
esortando alla coerenza cristiana:
Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta
coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di
voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra
buona condotta in Cristo.
La Chiesa ha già subito persecuzioni, sia da parte degli ebrei
che da parte dei romani, in varie parti dell'impero ma i
credenti in cristo devono corrispondere a tutto questo con
amore, con dedizione sincera alla vita di carità.
Ancora oggi questi insegnamenti hanno bisogno di essere vissuti
con intensità, non sempre si riesce a riscontrare coerenza tra
ciò che crediamo e come lo viviamo: è meglio soffrire
operando il bene che facendo il male. Sono frasi semplici,
immediate. Il cristianesimo non ha bisogno di grandi trattati
teologici nella sua prassi ha bisogno soltanto di essere
incarnato, guardando con semplicità a Cristo, morto e risorto
per la nostra salvezza.
Il Vangelo ci immerge ancora una volta nel mistero della lunga
catechesi che Giovanni inserisce n quella che noi definiamo
l'ultima Cena del Signore. Siamo incoraggiati a percorrere con
Gesù il significato autentico della Sua missione che esula dalle
grandi azioni che pure ha compiuto, date ormai per scontate e
acquisite, e ci chiede di riflettere sul valore della Sua
persona nel mistero del piano di Dio:
io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché
rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il
mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi
lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Nella coscienza di quanto doveva accadere Gesù avverte
l'esigenza di rinvigorire la fiducia dei discepoli in Lui, più
volte i discepoli dovranno affermare che non capivano quello che
Lui diceva. Ma a Gesù interessa soprattutto dare la certezza che
non li lascerà mai soli, in questo caso dona la garanzia della
presenza del Paraclito, lo Spirito di Verità, colui che
difende. E' il Padre misericordioso che lo dona perché possano
rendere pienamente testimonianza a Gesù.
Ancora una volta, tutto si conclude con l'invito alla sequela,
dalla gioia della fedeltà nasce la gioia della lode e la volontà
di restare uniti nel Suo nome.
10 maggio 2020 - DOMENICA V DI PASQUA
Nel
racconto degli Atti degli Apostoli, il cammino terreno della
Chiesa, per rendere presente la presenza del Signore si
caratterizza, questa Domenica, con il discernimento delle
vocazioni e il primato della Parola di Dio. Intanto è importante
sottolineare che la Comunità cristiana, non è più nomadica, come
si caratterizzava finché era presente Gesù in mezzo ai
discepoli, ma diventa sedentaria con tutto ciò che, in tema di
organizzazione, questo cambiamento comporta:
aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca
mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché,
nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove.
Emerge il problema dei poveri da sostenere, questo esige una
scelta di campo e la conseguente elezione di persone capaci di
dedicarsi a questa componente di marginalità sociale. Nasce così
il Diaconato, diventato presto altro, però è orientato al
servizio dei poveri.
E'
l'apostolo Pietro che ci introduce a una migliore comprensione
della nostra vocazione e della nostra missione: Carissimi,
avvicinandovi al Signore, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma
scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete
costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio
santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante
Gesù Cristo. Siamo incoraggiati a non perdere mai di vista
Gesù, è Lui che dona sicurezza, è Lui la nostra Pace, è Lui la
pietra d'anglo sulla quale poggia la nostra vita e la vita della
Chiesa.
Ed è sempre
in Lui che con il Salmista inneggiamo e lodiamo al Signore il
canto di lode e di ringraziamento: Esultate, o giusti, nel
Signore; per gli uomini retti è bella la lode.
Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui
cantate.
Siamo ancora
incoraggiati a fare discernimento per evitare che Gesù diventi
anche per noi credenti una pietra di inciampo e non più la
pietra d'angolo: Onore dunque a voi che credete; ma per
quelli che non credono la pietra che i costruttori hanno
scartato è diventata pietra d’angolo e sasso d’inciampo, pietra
di scandalo. Capita ancora oggi anella chiesa, che molti
vivano la fede generando nei fratelli e nelle sorelle dubbi e
insicurezze, spesso anche cercando di demolire il deposito della
fede.
Avere fede
in Gesù, è una verità sulla quale non dobbiamo dubitare, sulla
quale impostare ogni nostra azione ogni nostro convincimento. La
missione del Signore non si completa in questa vita, sulla terra
ma apre alla prospettiva eterna dell'incontro con il Padre
misericordioso:
Vado a prepararvi un posto”
Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo
e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi.
Ai dubbi, alle
insicurezze che alcune volte accompagnano anche la nostra vita,
Gesù chiede, come fece per i discepoli, di rimuoverle conoscendo
e facendo esperienza della vita in Lui.
Ci
incamminiamo verso la Solennità dell'Ascensione e la Liturgia ci
incoraggia a cercare consolazione nell'incontro con Dio e non
tanto e solo nell'esperienza terrena, anche questo è uno stile
che non dovremmo trascurare. Tutto quello che facciamo e viviamo
trova comprensione piena solo nella gioiosa relazione con
l'eternità che ci apre all'amore del padre per il quale Gesù ha
dato la Sua vita sulla croce per noi.
3 maggio 2020 - IV DOMENICA DI PASQUA
Questa è una Domenica contrassegnata dall'esigenza di
confortare, di dare fiducia, di incoraggiare, di alimentare la
confidenza nell'aiuto del Signore.
Non possiamo che introdurre con il Salmista: Il Signore è il
mio pastore non manco di nulla. Questa riflessione viene
attribuita a Davide che essendo circondato dai nemici sente di
poter confidare pienamente nell'amicizia con il Signore. Il
Signore protegge, il Signore dona pace interiore anche nelle
difficoltà, il Signore non abbandona nel pericolo.
L'apostolo Pietro, avverte l'esigenza di restare accanto alla
comunità dei perseguitati a motivo della fede in Gesù. Chiede
loro di vivere la sofferenza esercitando la virtù della
pazienza. Alcune volte gli avvenimenti vanno oltre le previsioni
ed esigono un supplemento di attesa, quello che conta è non
scoraggiarsi, dobbiamo incarnare gli stessi atteggiamenti di
Gesù:
egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca;
insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non
minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con
giustizia.
A tutto questo dobbiamo aggiungere l'importanza della
esemplarità, da tutto questo nasce l'esigenza della vita di
comunità, altre volte dirà un solo gregge e un solo pastore,
oggi ricorda a tutti:
Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al
pastore e custode delle vostre anime.
Tutto questo ha esigito il sacrifico della Sua vita per la
nostra salvezza, perché noi imparassimo a vivere insieme,
portando i pesi gli uni dagli altri.
Il Vangelo
ci apre alla comprensione della complessità che la vita di
comunità esige, intanto ci viene ricordato di fare discernimento
sugli atteggiamenti della nostra vita cristiana. Può accadere
che pur volendo vivere la comunità lo si faccia in modo
distorno:
chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale
da un’altra parte, è un ladro e un brigante.
in cosa possiamo essere assimilati a queste categorie i
partecipanti al gregge, Gesù non lo esplicita per cui ritengo
che ciascuno, deve cercare in se stesso, quali sono le
situazioni che distruggono se stessi, la comunità, invece di
costruire.
E' in questa azione che si rende preziosa l'opera del guardiano
del recinto delle pecore che deve imparare a conoscere chi vuole
entrare e per alcuni aspetti deve vivere anche l'azione
impopolare di limitare i danni, correggendo le azioni distorte.
E' una situazione che non tutti amano esercitare, anche per
questo la vita di comunità spesso è percorsa da situazioni di
tormento spirituale invece di essere edificata dai carismi. Gli
stessi carismi hanno bisogno di discernimento, non tutto e tutti
possono essere vissuti negli stessi ambienti.
Il pastore
guida il gregge a lui affidato, anche in questo caso gli
atteggiamenti possono essere diversi:
cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono
la sua voce.
Altre volte il pastore cammina dietro al gregge per orientare il
cammino di chi rallenta o devia, altre volte ancora si ha
bisogno dei cani per orientare il cammino del gregge. Alcune
volte il pastore deve portare il bastone per difendere il gregge
dagli animali selvatici, altri volte per correggere il gregge
stesso.
Insomma
ogni gregge esige una diversa pedagogia e accortezza. Il pastore
deve essere una persona attenta non istintiva, deve guardare al
bene degli altri non tanto alla realizzazione delle propria idee
o progetti.
In verità,
in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore.
Nelle difficoltà di comprensione il Signore esplicita in modo
chiaro il Suo insegnamento indicando l'importanza di passare
attraverso di Lui per vivere la gioia della salvezza che il
Padre gli ha affidato.
Se uno entra attraverso di me, sarà
salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo ... io
sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.
Questo è un insegnamento chiaro, che non lascia dubbi
interpretativi, che esige una dedizione totale alla sequela.
Ma, anche in questo caso, abbiamo le
varianti del modo di vivere la sequela, come sta accadendo per
tutti noi in questo periodo. Quello che è importante è che Gesù
è venuto per la salvezza di ogni persona, con quel che ne
consegue negli atteggiamenti di attenzione che non possono mai
essere omologabili, robottizzanti, ripetitivi, dozzinali.
19 aprile 2020 - Domenica di Pasqua
Il cammino della Pasqua continua con l'esigenza del Risorto, di
aiutare i suoi discepoli, quindi anche noi, a comprendere ciò
che è accaduto. Opera non facile, lo si comprende
dall'insistenza con la quale il Risorto deve accompagnare la
difficoltà ad accettare una verità assolutamente innovativa
nella vita dell'umanità: non esiste più la morte, e questo è
accaduto grazie alla disponibilità a fare la volontà del Padre
di Gesù di Nazareth, che tutti sapevano rifiutato, condannato,
morto sulla croce e che adesso dovevano comprendere nella Sua
nuova realtà di Risorto.
Non è stato
facile neanche per gli evangelisti, mettere ordine nelle tante
narrazioni di apparizioni del Risorto, certamente dovevano
essere state molte di più le testimonianze delle persone che
attestavano di averlo visto Risorto, come sempre accade è
necessario scegliere, selezionare le più credibili, comporle in
modo organico, armonizzare le incongruenze. No, non è stato
proprio facile, infatti leggendo ancora oggi, tutti questi
racconti facciamo fatica a coglierne un tutto organico.
Per cui dobbiamo semplicemente comprendere quello che loro hanno
inteso trasmetterci di quanto hanno ritenuto importanti e in
tutto questo entra in campo la nostra fede e la nostra volontà
di comprenderla come il tutto di quanto il Signore intende
donarci per comprendere meglio, per come Lui stesso ci dona,
l'importnza di Gesù nella nostra vita oggi. Dobbiamo sempre
ripeterci che la fede non è uno studio su ciò che è accaduto in
passato ma ciò che, alla luce della fede, accade in me ogni
giorno.
Alcuni punti
di non ritorno, necessari per ricominciare in modo nuovo ogni
giorno. E' Gesù che cerca l'incontro con noi, per cui non
dobbiamo fare altro che aprire i nostri cuori all'incontro con
Lui. Gesù ci cerca perché troviamo pace in Lui, non viene per
accusarci, per criticarci anche perché semplicemente conosce i
nostri pensieri che sono molto più importanti delle nostre
azioni. Se Gesù avesse deciso di giudicare i discepoli per le
azioni che avevano commesso, non avrebbe dovuto perdonarli mai.
Ma Lui sapeva che non avrebbero voluto, poi subentra la paura,
la fragilità umana, e ancora tante sensazioni per come accade
spesso anche a noi. Capita così di affermare di amare Gesù,
mentre poi viviamo come se Lui non esistesse o più semplicemente
rinnegando il Suo insegnamento. Ma Gesù non si scompone più di
tanto, leggiamo domani nel Vangelo che cogliendo la resistenza
di Tommaso non fa fatica a ritornare per convincerlo ad essere
più disponibile alla verità di fede, anche senza avere una
comprensione piena della fede, nella quale gli viene chiesto di
credere.
L'atteggiamento
di Tommaso: Mio Signore e mio Dio, riceve da Gesù un
incoraggiamento a credere che vale per tutti noi:
Perché mi
hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e
hanno creduto! Gesù ha
dato la vita per noi, non può che aiutarci a comprenderlo, Lui
ci ama di un amore che non prevede rinnegamenti o abbandoni, e
se a noi capita, non è uno che se lo lega al dito, ma ci
incoraggia sempre a ricominciare contando sempre sul Suo amore
che non viene mai meno.
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che
non sono stati scritti in questo libro.
Anche questa affermazione merita
di essere colta nella sua intensità, i Vangeli non vogliono
essere una raccolta di avvenimenti esaustivi sulla vita di Gesù,
ma si propongono solo come una sequenza di catechesi orientate a
incoraggiare la fede del lettore, o forse è meglio dire del
credente che viene così introdotto a una migliore comprensione
della fede in Gesù nella quale già crede.
Ci è stato trasmesso da più
parti che accanto ai testi canonici abbiamo altre raccolte di
avvenimenti e di interpretazioni delle azioni di Gesù che non
son state riconosciute canoniche dalla Chiesa, ma non per questo
sono state mai rigettate del tutto. Da alcune di queste
scritture abbiamo tradizioni sulla vita di Gesù che ci chiedono
di allargare la conoscenza sulla Sua vita domestica, sui
familiari e parenti che comunque incontriamo anche se in modo
anonimo negli ultimi avvenimenti della Sua esperienza terrena.
Forse in questi giorni, nei
quali abbiamo del tempo in più da spendere nella lettura,
potremmo sforzarci di conoscere meglio l'ambiente di vita di
Gesù, è un po' come entrare tra i componenti della Sua casa. Se
dobbiamo accogliere Maria come nostra madre nelle nostre case,
per come ci chiede Gesù, occorre anche sapere come a lei piace
essere accolta.
12 aprile 2020 - Domenica di Pasqua
Carissimi Fratelli e Sorelle in
Cristo,
siamo ormai vicini alle celebrazioni della Pasqua del Signore,
per cui avverto viva l’esigenza di salutarvi e di porgervi gli
auguri, anche perché faremo fatica a incontrarci per poterlo
fare personalmente nel corso delle celebrazioni, per come
eravamo abituati.
Quest’anno il Signore ci chiede di vivere la Pasqua rileggendoci
nel Ministero battesimale del sacerdozio comune, è un ministero
che non sempre esercitiamo anche perché ci siamo noi presbiteri,
ma in questa occasione ogni cosa riferita alla grazia
sacramentale dei segni pasquali è affidata a voi.
Vi incoraggio a viverla nelle
vostre famiglie e a preparare bene ogni cosa, perché ogni
famiglia, nella diversità delle sue componenti, possa
emozionarsi nell’avvertire la presenza viva del Signore accanto
a se.
Abbiamo celebrato San Francesco
di Paola, patrono della Calabria e delle genti di mare, ma anche
grande Santo eremita e penitente. Affidiamo a lui, tutto ciò che
appesantisce il nostro cuore e rende insicura la speranza nella
nostra vita. Tutti abbiamo bisogno di essere incoraggiati nel
guardare con fiducia al futuro, ai nostri figli, nella certezza
che Tutto andrà bene.
Sappiamo bene che questo vale per
noi, tanti nostri fratelli e sorelle sono nel dolore, nella
sofferenza, nella malattia, insomma hanno bisogno di essere
sostenuti in questa grave prova, che si è accompagnata alla vita
dei propri cari, trasformando radicalmente la loro esistenza, il
loro modo di vivere. Dobbiamo pregare perché tutti abbiano pace
nel cuore, che il Signore abiti la loro vita, che la Vergine
Addolorata li sostenga con la sua intercessione.
Anche nella nostra comunità, che
pure è stata risparmiata dagli effetti più disastrosi del virus,
non possiamo che prepararci a sostenere quanti sono rimasti per
molto tempo senza lavoro, e si trovano a vivere questo tempo in
gravi difficoltà esistenziali. Perciò vi incoraggio nuovamente
alla generosità per come potete e se potete, abbiamo bisogno del
sostegno di tutti, per aiutare tutti coloro che chiedono di
essere sostenuti.
Da parte mia, non posso che
levare il ringraziamento al Signore per aver risparmiato la
comunità dai drammi legati a questo morbo, alla morte e a tutto
ciò che si accompagna a queste sensazioni di dolore che hanno la
radice nell’amore verso le persone care.
Il Signore ci ha protetti dalle sofferenze più gravi, ci ha
benedetti e noi dobbiamo ringraziarlo. Ho vissuto questi giorni
con la sofferenza nel cuore, non vi avevo accanto materialmente,
ma con la gioia del ministero ho celebrato e ho pregato con voi
e per voi.
Voglio dare un saluto particolare
ai ragazzi e ai giovani che avrebbero dovuto vivere la gioia dei
momenti sacramentali della Prima Comunione e della
Confermazione, anche per me sono appuntamenti di particolare
gioiosità caratterizzata dalla loro voglia di vivere l’incontro
con Gesù e il dono dello Spirito Santo.
Diciamolo pure, è tutta la famiglia cristiana che fa festa
accanto ai nostri figli, per adesso è tutto rinviato alla
ripresa delle attività catechistiche. Magari qualcuno non
riuscirà più a stare dentro gli abiti che aveva preparato, è la
crescita fisica che caratterizza questo periodo della loro vita.
La Comunità parrocchiale vive
giorni di riflessione di fraternità familiare e guarda con
fiducia al giorno nel quale insieme torneremo attorno allo
stesso altare per cantare e ringraziare il Signore, per
scambiarci i sorrisi, o più semplicemente gli sguardi, per chi
ama basta poco e tutto diventa vita nuova e voglia di fare
festa.
Per la prima volta, da quando
sono a Scalea, non potrò neanche fare visita alle vostre
famiglie nel mio pellegrinaggio personale per portare la
benedizione e gli auguri del Risorto nelle Vostre case. Una
Pasqua speciale, da vivere con grande intensità nella
contemplazione del mistero di Cristo abbandonato, cogliendo in
tutto questo tutto ciò che genera amore e donazione di se per il
bene della vita di comunità. Ancora grazie, per tutto quanto
riuscite a trasmettermi con il vostro esempio e la vostra
dedizione alla vita familiare e alla comunità.
Adesso mi preparo a vivere questi
giorni santi leggendovi accanto a me, vi vedo nella vostra
dinamicità affettiva e nella gioia di sentirvi parte di questo
mistero di salvezza. Pregheremo con intensità perché tutto
prosegua per il bene nostro e dei nostri figli, il Signore ci
deve dare pace.
Se camminiamo insieme, riusciremo a dare speranza anche a coloro
la vivono con più difficoltà, oggi hanno bisogno di noi per
recuperare fiducia.
Ancora auguri a tutti di una
Santa Pasqua, nella speranza di rivederci al più presto, quando
e per come il Signore vorrà donarci.
5 aprile 2020 - Domenica delle Palme
Ci incamminiamo con Gesù verso Gerusalemme, scendendo le pendici
della collina degli Ulivi, situata proprio di fronte alla Porta
d’Oro della spianata del Tempio, la porta dalla quale sarebbe
entrato il Re Messia annunciato dai profeti. Erano partiti da
Betania, il luogo dove aveva resuscitato Lazzaro, c’era tanta
folla che guardava a Gesù con ammirazione.
Ancora oggi, il pellegrino che percorrere quella strada lo fa
con grande emozione, i luoghi sono gli stessi ed è come se si
vivesse l’emozione che accompagnava i discepoli guardando e
sentendosi osservati dalla spianata del Tempio. Gesù era lì sul
d’orso d’asino per come avevano previsto i profeti, era giunto
il momento tanto atteso, a Gerusalemme certamente il Signore
avrebbe manifestato la Sua gloria messianica.
Era tutto così evidente agli occhi di tutti, anche Gesù operava
in questo senso, la cacciata dei mercanti dalla spianata del
Tempio e la volontà programmatica di purificare il Tempio da
tutto ciò che non era orientato alla gloria del Padre, poi nei
giorni a seguire gli incontri con i farisei, gli scribi, il
popolo che lo cercava e lo ascoltava. Effettivamente mancava
solo il momento della proclamazione di Gesù quale Messia di
Israele, da parte delle autorità giudaiche.
E’ vero mancava solo questo, ma questo tardava a realizzarsi. I
Sadducei, gli Erodiani, anche alcuni tra gli Scribi e i Farisei
guardavano a Gesù con sospetto e molti perfino in modo ostile.
Gli Zeloti non sopportavano quella Sua volontà di annunciare un
regno di pace con tutti, perfino con gli odiati romani. Insomma
i giorni passavano e tutto restava sospeso, da definire. I
discepoli continuavano a vivere l’ebrezza del momento e intanto
si avvicinava il giorno della Pasqua.
Gesù quella Pasqua aveva deciso di viverla a Gerusalemme, anche
se, sentendosi osservato e in pericolo, si spostava spesso e non
era facile rintracciarlo soprattutto di sera, solo i discepoli
conoscevano i suoi movimenti. Avevano preparato tutto molto
bene, d’altra parte per come aveva chiesto Lui, leggermente
lontani dal Tempio, sul Sion, insomma un luogo appartato e poi
tutti insieme, quanti eravamo? Farei fatica a definirlo, tanti
molti anche occasionali tra quelli venuti dalla Galilea, tanti
familiari, insomma tanti. Un vero clima di festa, si vive la
notte della liberazione dalla schiavitù d’Egitto.
Si mangia, si canta, si danza devo ammettere che Gesù in alcuni
momenti della cena, soprattutto verso la fine, era come
estraniato, ha anche compiuto dei gesti inusuali, ma non ci
facevamo molto caso. Questo però mi è rimasto impresso, ad un
certo punto Giuda è uscito dalla sala e non è più rientrato,
forse è andato a comperare qualcosa, lui aveva un rapporto
privilegiato con il Maestro, non sempre facile da capire.
Ma alla fine, come ogni sera, Gesù ci ha fatto allontanare da
Gerusalemme, come se temesse qualcosa e siamo andati tutti con
Lui, lo abbiamo visto troppo inquieto, agitato. Però eravamo
troppo stanchi e anche se Lui ci sollecitava a restare svegli
noi ci siamo addormentati. Ad un tratto abbiamo sentito dei
rumori e delle grida, Gesù aveva salutato Giuda, il quale aveva
con sé dei soldati del Tempio, a questo punto non abbiamo capito
più nulla, ci è sembrato che Gesù volesse che noi andassimo via,
per non essere coinvolti nella Sua avventura e devo dire che
siamo scappati tutti. La stanchezza? La paura? Non lo so,
semplicemente siamo scappati tutti.
Il resto lo vivremo come sempre nelle celebrazioni di questa
settimana, che non per caso viene definita la Settimana Santa.
E’ Santa perché vivremo insieme la memoria degli ultimi giorni
della vita terrena del Signore, è Santa perché i sacerdoti si
incontrano con il proprio Vescovi e ricevono i doni
sacramentali, Santa perché riusciamo a trovare più tempo per il
Signore, è Santa perché ci si incontra più spesso, è Santa
perché siamo incoraggiati a riflettere i misteri della salvezza
che Gesù ci ha donato. E’ Santa perché ci siete voi, la comunità
dei Santi per Grazia del Signore.
E’ vero quest’anno salteremo alcuni passaggi per me veramente
preziosi, ma cercherò di viverla come la più Santa che il
Signore mi ha donato di vivere fino ad oggi, sentendovi tutti
presenti nel mio cuore, nella speranza che anche per me si
riesca a trovare un po’ di spazio nel vostro cuore. La via
della Croce è la via dell’amore con il quale Dio ama ciascuno di
voi, perciò vi auguro di vivere in questo amore, momenti belli e
di festa con le vostre famiglie, in attesa di poterci incontrare
prima o poi come unica famiglia nell’assemblea parrocchiale.
29 Marzo
2020 -
V Domenica di Quaresima
C'è una
speranza sottesa, spesso molto velata in tutto il messaggio
biblico, il ritorno all'armonia paradisiaca con Dio mediante la
rimozione del peccato e l'eliminazione della morte per sempre.
Nelle tante testimonianze legate all'amore di Dio c'è sempre
questo messaggio di qualcosa che rimane oltre noi stessi, la
discendenza, una speranza che deve verificarsi, un progetto che
non vedremo ma che il Signore realizzerà. Non è sempre la non
morte, ma comunque la certezza che non si muore in modo
assoluto.
Il
profeta Ezechièle apre la comunità dei deportati in Babilonia a
questo anelito di rinascita, che deriva dalla fedeltà del
Signore alla Sua promessa di speranza, ma anche alla
disponibilità di Israele a camminare nelle Sue leggi:
Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre
tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d'Israele.
Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre
tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Il
Salmista sostiene questo messaggio mettendo in risalto la
dedizione misericordiosa del Signore che si commuove, cogliendo
la miseria dei giusti e venendo così incontro alla loro fede in
Lui: Io spero, Signore. Spera l'anima
mia, attendo la sua parola. L'anima mia è rivolta al Signore più
che le sentinelle all'aurora.
Siamo
ormai prossimi ala Settimana Santa e il Vangelo ci pone nella
situazione di chi guarda con fiducia alla risurrezione non solo
del Signore ma anche alla nostra nel Signore. La scena di
Lazzaro è una delle più belle catechesi del Vangelo di Giovanni,
si sforza di coinvolgere in questo avvenimento tutti coloro che
in qualche modo hanno fatto esperienza del messianismo di Gesù,
ma anche tanti altri che non hanno avuto di incontrarlo
direttamente, ma ne hanno solo sento parlare.
Come
accade in molti serial contemporanei Giovanni ci fa un riassunto
delle puntate precedenti: In quel
tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di
Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di
profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo
fratello Lazzaro era malato. Accade
ancora oggi che nelle situazioni di bisogno si cercano degli
amici che possano aiutarci e per loro l'amico d'eccezione era
Gesù, lo mandano a chiamare, Gesù non era nelle vicinanze
non solo materialmente ma anche spiritualmente, tant'è che non
avverte l'esigenza di corrispondere alla premure degli amici.
Oltretutto si trattava di tornare nelle vicinanze di
Gerusalemme, Betania è a pochi chilometri dalla città, e Gesù
era ricercato da più parti, per giustificare alcuni suoi
atteggiamenti e insegnamenti. Anche molti dei discepoli
lo sconsigliavano di andare.
Ormai
avvenuta la morte dell'amico, Gesù decise di andare, dobbiamo
cogliere in questo atteggiamento anche la matura coscienza della
Sua disponibilità alla passione, morte e resurrezione. I
discepoli gli restano accanto,
ma con mille incertezze nei cuori: Allora Tommaso,
chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: Andiamo anche noi a
morire con lui! Come accadeva spesso con l'arrivo di Gesù si
genera fermento, ci si apre alle domande esistenziali, ci si
apre anche alla speranza della novità, Gesù deve accettare anche
dei rimproveri da parte delle sorelle Marta e Maria.
Siamo ancora fuori dal villaggio, a questo punto Gesù,
blocca la scena e interpella Marta, mentre Maria non era
uscita incontro a Gesù era rimasta in disparte, sulla stabilità
della fede in Lui: Io sono la
risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;
chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi
questo?». Gli rispose: Sì, o Signore, io credo che tu sei il
Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo.
Questo momento centrale si apre con la commozione
di Gesù che esprime in modo totalmente umano il dolore per la
morte del Suo amico Lazzaro: Gesù allora, quando la vide
piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si
commosse profondamente... Gesù scoppiò in pianto. E'
il sentimento più definitivo, mediante il quale, umanamente
trasmettiamo la nostra partecipazione al dolore lacerante
dell'altro, non è un atto di debolezza, ma un atto di amore, è
anche un atto che esprime la propria fragilità di fronte
al dramma.
A questo
punto, dal profondo del Suo dolore per quanto gli era dato di
vivere, Gesù avverte l'esigenza di invocare la potenza del Padre
sulla missione di speranza che gli ha affidato, grida la Sua
volontà risanatrice:
Lazzaro, vieni fuori! E' una scena epocale che
esprime il vero significato della missione di Gesù, il dramma
del peccato è rimosso, la morte è sconfitta, trionfa la vita. A
tutto questo, si corrisponde non con l'applauso, ma con
l'adesione alla salvezza che Gesù è venuto a donarci:
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla
vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
San Paolo incoraggia i cristiani di Roma a
leggere il senso ultimo della loro fede, che deve essere cercato
non nelle soddisfazioni umane, anche esse importanti, quanto
nell'appartenenza al progetto di Dio realizzato in Cristo e del
quale tutti siamo parte integrante mediante il Battesimo: se
lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in
voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita
anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che
abita in voi.
21 Marzo
2020 - IV
Domenica di Quaresima - Laetare
L'invito che
oggi la Liturgia incoraggia a vivere è quello di Rallegrarci,
cogliendo in ciò che accade, nella vita di ogni giorno e quindi
anche ai nostri giorni, l'azione potente di Dio. Il Signore
chiede, il Signore manda, il Signore elegge. Questo è quanto la
scena di Samuele che unge Davide vuole trasmettere.
E' la scena
di un cambiamento politicamente epocale, che ha dei protagonisti
terreni in Samuele, Saul, Davide, Iesse il Betlemmita, i
suoi figli; ma l'autore sacro vuole aiutare a comprendere che
l'unico vero protagonista è il Signore che indica la meta,
incoraggia nel dubbio e agisce nell'incertezza di coloro che
manda. Il resto è affidato all'azione dello Spirito di Dio che
accompagna e sostiene, non eliminando azioni di fallimento
personale, dell'Unto del Signore.
Il
Signore è il mio pastore: non manco di nulla, mai come in
questi giorni dobbiamo avere la capacità di velare gli occhi e
fare nostra questa invocazione attribuita a Davide. Inseguito e
perseguitato da Saul e dai Filistei, avvertiva la propria
debolezza nella presenza di troppi nemici attorno a se, cercava
e trovava forza, serenità in colui che lo aveva scelto per
essere in Israele il segno della Sua potente presenza.
La
preghiera, diventa perciò l'affidarsi all'azione di Dio avendo
la certezza che nessuno può prevalere nella propria vita, se il
Signore è con noi. Non dobbiamo fare grandi ragionamenti, come
anche non dobbiamo chiudere mai gli occhi alla realtà, però
dobbiamo affidarci, confidare nell'azione di Dio avendo la
certezza che Lui ci libera, Lui ci salva da ogni pericolo.
Noi non
sappiamo come, non è necessario sapere tutto, dobbiamo solo
confidare che Lui non ci abbandona, Lui ci dona pace per
vivere la gioia della comunità, in questo giorni contrassegnata
dall'armonia da cercare e trovare, quasi in modo esclusivo,
nella vita della propria chiesa domestica. Il nemico è tutto
attorno a noi, ma non potrà colpirci perché il Signore ci
protegge da ogni male.
L'Apostolo incoraggia a leggerci alla luce della fede in Cristo
Risorto, non ripiegati sulle angosce che l'esperienza di ogni
giorno propone e che dobbiamo affrontare con coraggio, ma
cercando le potenzialità che ci sono donate dalla fede e
che ciascuno ha dentro di se. Dobbiamo imparare a rimuovere
tutto ciò che angoscia, anche le azioni che generano paura,
solitudine, ansia: privilegiando tutto ciò che apre alla
speranza, alla gioia, alla pace. Insomma, dobbiamo dare spazio
alla gioia di vivere nel Signore.
E' ancora
l'evangelista Giovanni, che ci presenta nel racconto della
guarigione di un cieco alla Piscina di SIloe, con una
catechesi molto complessa ed elaborata, la novità del vivere
alla luce della fede, ma anche le difficoltà che comporta nelle
nuove relazioni da generare con le persone che ci sono accanto
da sempre e che stentano a cogliere la possibilità di una
novità in noi. Perché è così, il cristiano è una novità
permeante nella vita della comunità e quando non lo è, è
solo perché non vive la testimonianza della propria fede in
Cristo con coerenza.
Come potete
notare il protagonismo è sempre del Signore, in questo
caso è Gesù stesso a incoraggiare a cogliere il vero significato
della Sua presenza in mezzo a noi: Finché io sono nel mondo,
sono la luce del mondo. Certo essere guariti, sanati,
cambiati dal Signore apre a un atteggiamento sospettoso in
coloro che avevano già caratterizzato la nostra presenza con le
proprie categorie interpretative, questo è così, questo è colà.
Sono i pregiudizi inamovibili con i quali spesso ci
relazioniamo, e che ci rendono incapaci di cogliere nel
fratello, ma anche nella vita della comunità la perenne novità
della vita in Dio.
Troppo spesso le comunità cristiane stabilizzano un proprio
modus vivendi che stenta a cogliere la novità della presenza di
Dio perfino nella propria persona. Ritengo che questo tempo che
ci è dato possa concorrere a leggere in modo diverso anche
coloro che il Signore ci ha posto accanto, tenendo presente i
tempi più lunghi che potremo e dovremo trascorrere insieme, come
anche genererà una lettura più vera delle relazioni tra le
persone se riusciamo a guardarci alla luce della fede.
Certamente
la vita di comunità subirà dei cambiamenti, la presenza di Gesù
non autorizza scelte neutrali, indolori, è necessario prepararci
ad un modo nuovo di stare insieme avendo come punto stabile di
riferimento Gesù, il Signore verso il quale orientiamo la nostra
attenzione e che dobbiamo cogliere sempre più prezioso nella
vita di ogni giorno.
La speranza
è riesca a rimuovere anche tutte le tante tradizioni legate alla
fede di stampo più o meno magico, che albergano in molti cuori
di credenti aprendoci alla vera novità di Gesù quale unico
salvatore dell'uomo. Il dialogo tra Gesù e il cieco:
Tu, credi nel Figlio dell'uomo?. Egli rispose: E chi è,
Signore, perché io creda in lui? interpella ciascuno di noi,
a questa domanda di Gesù potremmo trovarci anche noi impreparati
nella riportata avendo nella nostra vita di fede sostituito Gesù
con tante altre manifestazioni che raramente lo pongo al centro
e quale polo inamovibile della vita spirituale e vita
caritativa.
Il rischio
che corriamo è quello della presunzione dei farisei che
ritenevano di vedere e dal punto di vista di Gesù erano dei
ciechi. Beh, ritengo di poter affermare che questa situazione
ancora oggi è moto presente anche all'interno della chiesa post
conciliare. Se riusciamo a leggerci in modo nuovo, grazie alla
gioia che Gesù ci dona nel vivere l'incontro con Lui, questo è
motivo sufficiente per: Rallegrarci nel Signore sempre.
14
marzo 2020 - III Domenica di Quaresima
Abbiamo
intrapreso il nostro cammino quaresimale con l'esperienza di
Gesù, che viene condotto dallo Spirito Santo nel Deserto per
essere umanamente tentato dal diavolo. Gesù supera le prove
richiamandosi alla fedeltà della Parola di Dio. Tutto è
orientato alla dignità della persona che riscopre la bellezza
del dialogo con Dio. Questo rigenera familiarità con il creato e
la gioia di vivere in armonia con il creato. Tutto concorre al
bene se la persona ascolta e vive come Dio insegna.
Nella
seconda tappa siamo stati invitati a contemplare la scena della
Trasfigurazione, è Gesù che incoraggia i discepoli a seguirlo,
per far vivere loro una migliore comprensione della Sua presenza
in mezzo a noi. Gesù è il realizzatore delle Profezie
simboleggiate da Elia, Gesù è il completamento della legge
mosaica. E' una presenza totalmente nuova di Dio in mezzo al Suo
popolo. Gesù è il Figlio, l'amato. Che dobbiamo ascoltare.
Questo terzo
momento del cammino verso la Pasqua, che il Signore ci dona di
vivere ciascuno nella propria casa, ci presenta Gesù che si
riposa, fermo, accanto al pozzo di Giacobbe in Samaria. Il pozzo
era un luogo prezioso, ordinariamente era posizionato
leggermente fuori dal centro abitato, era la sorgente della
vita, l'acqua andava presa con i recipienti per l'uso domestico,
era una delle attività ordinarie e quotidiane delle donne.
Spesso il luogo aveva anche un valore spirituale, legato alla
memoria di avvenimenti importanti per la vita di comunità.
La
scena del dialogo con la samaritana, rientra nello stile
catechistico, con il quale Giovanni incoraggia a comprendere
Gesù attraverso un dialogo che apre gradualmente a una
comprensione più profonda di Lui. In questo caso si parte da un
Gesù assetato che chiede da bere, per arrivare arrivare a un
Gesù che si propone come sorgente di acqua viva, alla quale
tutti sono invitati a dissetarsi. Non manca una nota della
polemica che esisteva, in riferimento al culto, tra i Giudei e i
Samaritani.
Infine la
scena dell'annuncio, dell'evangelizzazione agli abitanti di
Samaria che la donna vive, in virtù dell'esperienza e della
comprensione che ha maturato di Gesù. Anche in questo caso è
importante notare che non ci troviamo di fronte a una
espressione culturale o teologale della comprensione di Gesù, ma
semplicemente un annuncio legato all'esperienza di appagamento
che la samaritana aveva sperimentato nel dialogo con Lui.
Qualora ce
ne fosse bisogno, aiuta a capire che ciò che conta nella vita di
fede è fare esperienza di Gesù, tutto il resto ha senz'altro un
suo valore, ma è fondamentale l'esperienza personale con Gesù.
Ed è quello che sperimenteranno anche gli abitanti di Samaria
nella parte finale del racconto, quello che la donna aveva
comunicato apre la loro vita alla fede, quello che vivono
nell'incontro personale con Gesù la consolida e li coinvolge.
Non è
marginale l'atteggiamento dei discepoli, che erano andati a
Samaria per fare la spesa. Certamente erano arrivati dopo un
percorso fatto a piedi e quindi erano certamente stanchi, stando
con Gesù erano abituati a spostarsi sempre da un posto
all'altro. Viene messo in risalto lo stupore per il fatto che
Gesù rivolgesse la parola a una donna, stupore al quale Gesù non
da alcuna importanza, diremmo noi, si mantiene sulle sue.
Insomma esige disponibilità alla ricerca del senso di quello che
afferma.
Anche in
riferimento all'offerta del cibo, Gesù risponde in modo
enigmatico per chi ascolta, Lui sapeva bene cosa voleva
comunicare. Insomma per parlare con Gesù e per comprenderlo
occorre andare oltre ciò che immediatamente riteniamo
importante, il Suo modo di leggere l'esistenza è diverso dal
nostro.
23
giugno 2019 - Solennità del SS. Corpo e Sangue del Signore
Il Pane viene spezzato, il Calice del Vino condiviso è il gesto
che ogni giorno ogni sacerdote vive nelle comunità a lui
affidate e per la vita spirituale delle comunità. Sono gesti
semplici codificati nei primi anni della comunità cristiana per
come San Paolo oggi ci ricorda nella sua lettera ai Corinzi,
poiché in quelle comunità erano in atto anche delle devianze
sociali, lui avverte l'esigenza di comunicare come si doveva
vivere il memoriale della Cena del Signore, quella che noi
chiamiamo celebrazione Eucaristica.
Nessun
abbellimento rituale solo e semplicemente i Gesti e le
Parole fatte e dette dal Signore in occasione dell'ultima Cena a
Gerusalemme:
Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi
ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva
tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e
disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in
memoria di me».
Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice,
dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate
questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».
Ogni
volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi
annunciate la morte del Signore, finché egli venga.
Come si può
vedere la cornice è quella drammatica del tradimento, la realtà
è quella dell'amore condiviso, lo sguardo è proteso in avanti
nell'attesa del risorto. E' importante vivere il tutto con
grande attenzione e raccoglimento, il silenzio interiore ed
esteriore è indispensabile.
La comunità dei cristiani, vivendo in modo coinvolgente questa
realtà. avverte da sempre la presenza di Gesù Cristo risorto e
vivo, non il ricordo di ciò che non è più ma l'esserci sempre e
ogni giorno per condividere con Gesù i gesti del suo amore e
l'impegno di camminare accanto a Lui nel tempo. Anche nei
racconti delle apparizioni del Risorto, i discepoli di Emmaus e
le apparizioni sul lago, sono questi Gesti e queste parole
a farlo sentire il protagonista vivo della comunità. Ancora oggi
nella crescita spirituale, tutto dipende dal come si vive la
celebrazione dell'Eucaristia. E' attorno all'Eucaristia che si
cresce nel legame affettivo, che si avverte l'importanza di
essere parte di un tutto.
E' grazie al
cibo eucaristico che ci apriamo alla speranza eterna, ancora è
sempre grazie al nutrimento eucaristico che avvertiamo dentro di
noi la presenza di Gesù che salva che apre a una speranza
infinità. Poi il tempo passa e spesso si è passati, quando la
Chiesa mostrava i muscoli e non tanto il cuore, anche ad
un uso strumentale di questo gesto di amore. Non mi soffermo su
quanto nei secoli è accaduto, in persecuzioni e guerre tra le
religioni e le confessioni cristiane, ma di certo ancora
oggi, anche grazie al processo di purificazione rituale
fortemente voluto dal Concilio Vaticano II noi abbiamo la
possibilità di attingere con intensità alla fonte rigenerante
della nostra vita di comunità la comunione con il Signore.
Nella vita spirituale tutto è da perfezionale e da scoprire in
modo sempre nuovo, quello che conta e guardare sempre più in
profondità nella vita di fede e sempre più con attenzione avere
lo sguardo fisso su Gesù, questo ci permette di sentirci
rinnovati interiormente dalla Sua presenza e fortificati nella
testimonianza della carità e della misericordia dai suoi
atteggiamenti, che non lasciano spazi a dubbi e a incertezze:
occorre amare tutti, occorre amare donandosi, nel donare amore
sentirsi amati sempre dalla sorgente dell'amore che è il
Signore.
Ecco perché
questa solennità del SS. Corpo e Sangue del Signore è
insostituibile ed è impagabile per l'amore che riesce a
trasmettere e a generare nei cuori delle persone e della vita di
comunità. Come ho già detto altre volte nulla è magico nella
vita di fede, tutto esige un coinvolgimento maturo ed emotivo
perché possa conseguire gli obbiettivi che il Signore pone
davanti ai nostri occhi. Allora non possiamo che incamminarci in
questo cammino processionale che il Signore stesso guida per le
strade della nostra Città, Lui apre la strada e noi lo seguiamo
con docilità nella preghiera e nella disponibilità allo stupore
per tutto ciò che riesce ad alimentare nei cuori dei fedeli.
Come gli
Apostoli anche noi osservando gli sguardi e gli atteggiamenti di
coloro che si accompagnano a questa manifestazione di fede, non
possiamo che stupirci del dono della Sua presenza e come loro
anche noi, di fronte a tutto ciò che ancora oggi riesce ad
operare, constatiamo e affermiamo: è il Signore.
9 giugno
2019 - Pentecoste dello Spirito
Pentecoste, il cinquantesimo giorno dalla Pasqua, è il tempo del raccolto del
grano e quest'anno corrisponde molto bene a questa vocazione, il clima è quello
giusto del raccolto del grano, caldo secco, sole alto e rovente, oggi si pensa
al mare, una volta semplicemente si andava a mietere il grano. In realtà non si
riesce ancora a trovare il tempo per il mare, la Pentecoste incoraggia a leggere
i doni del Signore e soprattutto come poterli valorizzare.
E' una grave
responsabilità non disperdere quello che il Signore ha raccolto, ritengo che sia
difficile per tutti, leggere i cuori non è facile per nessuno e poi, è risaputo,
che il Signore accoglie tutti. Lui non fa differenza d'altra parte ha dato la
vita per tutti, per cui come farebbe a lasciare indietro qualcuno? Noi
generalmente siamo più funzionali, cosa sa fare, come lo fa, riesce a stare con
gli altri e via a seguire, le domande sono molte. E' importante che ci siamo i
bambini, loro aprono a una comprensione più vera della vita, impostata su
relazioni di immediatezza e autenticità relazionale, anche se. mi viene detto
che non sempre e con tutti è così.
Concorrere a costruire la vita di comunità, pone una domanda di fondo: di chi è
la comunità? Risposta facile è di Gesù. Da chi è composta? Da tutti coloro che
lo cercano. Come potete constatare tutto è molto semplice e lineare. Il valore
entro cui questa realtà così complessa e dinamica si muove è l'amore. Una parola
molto ampia che esprime un valore semplice, la propria appartenenza agli altri,
quale dono del Signore.
Siamo chiamati per questo, siamo mandati per questo,
rendere presente il Suo amore per tutti coloro che lo cercano, i motivi possono
essere i più variegati, non sempre siamo capaci di vivere questa dedizione,
anche per questo all'interno della comunità si creano le aggregazioni, non
dovrebbero mai essere staccate le une dalle altre, semplicemente perché
dovrebbero concorrere al bene comune, in realtà questo viene vissuto con
distrazione, generalmente ognuno persegue dei programmi propri, al punto che per
molti la vita di comunità diventa marginale.
Niente di particolarmente anomalo, la nostra è una società fortemente
contrassegnata dalla esigenza di individualità, al punto da farlo diventare
valore assoluto e interpretativo di ogni relazione. Può anche essere che
la vita di comunione non debba essere intesa per come la si comprende in modo
rigoroso in ambito cattolico, forse Gesù la leggeva più connaturale nella
dinamica delle relazioni occasionali, anche molto diversificate. Insomma i
carismi da intendere non come arricchimento collettivo ma come caratterizzazione
di piccole esperienza di comunità.
Può anche starci, però l'obbiettivo deve
sempre essere quello di costruire il bene comune, fin dalle origine è emersa
questa tendenza a valorizzare la diversità e aumentando il numero dei fedeli
necessariamente si stabilizzava in relazioni più assolutizzanti. In questo
atteggiamento la sottolineatura della Chiesa nei secoli, è stata molto
diversificata, al punto da orientare in modo molto diversificato da comunità a
comunità. Certamente la speranza è che tutto sia composto in unità, valore
centrale per il quale il Signore ha dato la vita. Ma che cos'è l'unità, dando
per scontato che non può essere intesa come uniformità.
Nella
comprensione del valore che ne danno gli scritti del nuovo testamento è un modo
di relazionarsi molto più elastico, rispetto a come viene inteso nel linguaggio
ecclesiale attuale, diciamo così il Vaticano II aveva imboccato la strada della
comunione sia dal punto di vista liturgico che da quello canonico, ma un po' per
paura, un po' per pigrizia si tende sempre ad accentuare un atteggiamento
più rigoroso con le categorie della lettera e dello spirito conciliare.
Proprio
adesso il Santo Padre ha comunicato che: la libertà delle proprie idee o degli
atteggiamenti personalizzati non può mai essere arma contro altri che la pensano
o vivono diversamente. Ma nell'era della comunicazione totale come gestire
tutto questo? Anche all'interno della Chiesa, nonostante la tradizionale
solidità del magistero, molte volte si fa fatica ad armonizzare le
diversità sul piano della comunione, per cui spesso diventano contrapposizione.
Certo l'avvento dello Spirito Santo nella Pentecoste, per come viene narrata
dagli scritti neotestamentari, apre a molteplici modi di intendere la
partecipazione all'unica salvezza operata da Gesù Cristo. La prudenza incoraggia
a percorrere vie più lineari, contrassegnate dalla volontà dei consensi e
dell'equilibrio, ma in se si dovrebbe riuscire a cogliere l'amore del Signore
come unica categoria interpretativa della vita di comunità.
Più facile a dirsi
che a farsi, è vero però nel fare non è opportuno dimenticare del tutto il dire,
altrimenti se corre il rischio di percorrere vie proprie e non tanto
quello che il Signore ci chiede di vivere. Diciamo così è importante
personalizza, caratterizzare con il proprio l'impegno pastorale ma non è
opportuno farlo diventare categoria interpretativa del modo di proporre la fede
a tutti.
21 aprile 2019 - Paqua di
Resurrezione
Sta per concludersi questo giorno di Pasqua e non posso che ringraziare il
Signore per quanto ci ha donato di vivere in questo secondo appuntamento del
cammino liturgico, la Santa Visita, adesso la Settimana Santa e da domani la
Novena per la Festa patronale a San Giuseppe Lavoratore. Le attività vanno
sempre guardate nella loro complessità e bellezza, per come il Signore ci dona
di viverle e di animarle. Ho detto altre volte che il fare non è fine a se
stesso, ma è orientato a rendere presente l'azione di Dio che in queste
settimane ci ha portato a vivere la gioia di sentirci Chiesa diocesana attorno
al nostro Vescovo, con i responsabili della società civile del territorio,
abbiamo goduto la gioia di metterci in ascolto dei nostri giovani con la GMG, e
adesso il Signore si è accompagnato alla vita della comunità prendendoci per
mano e aiutandoci a seguirlo nelle tappe salienti della sua esistenza terrena.
Ritengo sia inutile ribadire che sono state esperienza memorabili e, per alcuni
aspetti, indimenticabili, d'altra parte l'opera di Dio è sempre orientata a
stupire coloro che si lasciano coinvolgere nella Sua chiamata. Ma questa
Settimana Santa ritengo di poterla descrivere come un momento magico di
celebrazione liturgica, poiché mai come quest'anno ho avuto modo di coinvolgermi
in quasi totale assenza, l'affermazione non deve essere vista come una
contraddizione, poiché per vivere pienamente la liturgia occorre che sia essa
stessa a guidare i movimenti e i pensieri di chi vi partecipa. Per cui si deve
preparare tutto con cura, in modo puntuale e fare in modo che tutto scorra con
linearità, senza intoppi o sbavature formali.
Dio opera secondo un
progetto e senza bisogno di fronzoli. Insomma la liturgia della Chiesa ha un suo
linguaggio, per cui quando lo si lascia esprimere comunica in se la bellezza di
essere coinvolti dal Signore nel Suo progetto di amore, orientato alla
fraternità e a generare la pace nel cuore dell'uomo. Questo significa che
nulla deve essere trascurato nella preparazione, ancora di più esige che chi
deve coinvolgere gli altri non si distragga in nulla dal come si ritiene si
debba procedere. E' inutile dire che di tutta questa preparazione quasi nulla
viene colto dalla gente che partecipa occasionalmente alle liturgie, dico di più
meno se ne rende conto e più è positivo il lavoro fatto per la preparazione
della liturgia.
I movimenti da
fare sull'altare, i canti da eseguire, la gioia con cui si vive tutto questo, la
cure del luogo liturgico, la preparazione della suppellettile sacra, i segni da
usare lungo lo svolgimento della celebrazione, tutto esige tempo, esige
disponibilità. Però perché la liturgia consegua pienamente il suo obbiettivo
esige una flessibilità della mente orientata a incarnare pienamente il momento
per come viene proposto, forse è questo l'aspetto più difficile da incarnare,
anche perché oggi come oggi siamo troppo presi dalle nostre emozioni, dai nostri
sentimenti per cui non è sempre facile dare spazio a quanto il Signore sollecita
di ascoltare, riflettere e testimoniare.
Significa, per essere più esplicito,
che devo vivere l'incontro con il Signore nella disponibilità a cogliere la
preziosità della Sua presenza e l'importanza dell'annullamento di quanto
appartiene alla nostra vita personale. Per cui cerchiamo l'incontro con Dio ma
facciamo fatica a spogliarci delle nostre emozioni, dei nostri problemi, dei
nostri pensieri, in questo caso il rischio che si corre è quello di non fare
sinergia di intendi per cui si esce per come si è entrati in Chiesa.
Poi ci si apre
alla magia, che è l'azione di Dio nel cuore dei fedeli, inizia così il
pellegrinaggio dell'anima. Tutti si mettono in cammino per lodare e ringraziare
il Signore, forse perché abituati, magari per guardare come è cambiato il luogo
di culto, altri perché lo hanno sempre fatto sin da bambini, altri ancora per
affidare al Signore i loro cari, le loro sofferenze, magari per vivere un
momento di gioia, per alimentare la speranza nelle difficoltà che la vita non fa
mancare a nessuno.
Altri soprattutto i giovani ma non solo, vivono forme
diverse di pellegrinaggio, intanto tornano alle loro famiglie con tanta
nostalgia dai luoghi di lavoro o di studio. Non pochi avvertono anche l'esigenza
di restituirsi ad incontri sporadici con la memoria della loro fede, altri
ancora più semplicemente cercano la gioia dell'incontro. Prevale spesso la
gioia, la voglia di fare festa. Anche per questo non disdegnano del tutto la
Chiesa come luogo dell'incontro, luogo dove fare festa. Anche loro non sempre
trovano il tempo dei saluti, ma sono giorni frenetici e il tempo è realmente
poco, comunque è sempre un piacere anche solo intravederli.
In tutto questo il
Parroco? Difficile da esprimere, troppe emozioni da vivere e da animare, per cui
molto riflessivo e metodico nella proposta. Certamente gioioso per ciò che
il Signore gli dona di vivere, magari molto teso a motivo della volontà di fare
sempre meglio e di non vederlo possibile. Accontentarsi? Che parola è. Ritengo
che adesso può iniziare la fase di rasserenamento anche se gli impegni sono
sempre pressanti. Evito di memorizzarli, così arrivo agli appuntamenti in modo
più sereno e spensierato. Intanto questa sera abbiamo posizionato la statua d
San Giuseppe che ci accompagnerà con la celebrazione della novena in questi
giorni.
Per cui non posso che affidare a Lui il prosieguo del nostro impegno
pastorale nella certezza che tutto sarà vissuto per come a Lui piace nella
semplicità e nella gioia della vita di fraternità. Avremo anche modo di pregare
e fare festa con l'Azione Cattolica accogliendo la Madonna pellegrina martedì
pomeriggio ultima tappa della Su permanenza i n diocesi. E poi a seguire per
come viene, primo fra tutti quest'anno l'impegno di visitare le famiglie che
spero di fa con maggiore continuità rispetto agli altri anni. Insomma da queste
parti non c'è il rischio di annoiarsi.
Ritengo giusto
completare questi pensieri del giorno di Pasqua con il ringraziamento che ho
inviato ai vari gruppi della comunità, ma che può essere esteso a tutti,
soprattutto ai bambini che sono il dono più grande che il Signore fa alla nostra
parrocchia:
Nel tramonto di questo giorno così bello e significativo per la nostra vita di
cristiani, non posso che ringraziare tutti coloro che hanno espresso con umiltà
e dedizione il loro impegno per aprire i cuori all’incontro con il Signore
Risorto. Tutte le celebrazioni hanno visto una partecipazione significativa
della comunità e sono state animate e vissute con affetto e gioia. Come ogni
cosa umana non sono mancate le difficoltà, ma il Signore deve dare pace a tutti.
Grazie per il vostro impegno e la vostra preghiera, il Signore è la nostra
forza. Buona Pasqua a tutti voi e alle vostre famiglie.
17 marzo 2019 - II Domenica del Tempo di
Quaresima
Il testo della Genesi, in questa
seconda Domenica di Quaresima, ci riporta ai riti ancestrali
delle alleanze tribali, l'epopea dei Patriarchi è
contrassegnata dalla novità dell'alleanza con Dio e dalle
reminiscenze dei riti sacrificali che caratterizzano questa
parte delle tradizioni bibliche. Non è facile abbandonare le
tradizioni dei padri anche in un contesto di una vocazione
religiose totalmente innovativa, da vivere oltretutto lontano
dalla propria terra di origine. La storia di Abramo è narrata
con questa mescolanza della novità rappresentata dalla chiamata
da parte di Dio, del quale ancora non si conosce il
nome/presenza che fu rivelato a Mosè, infatti Ab Ram lo chiama
per come le culture che attraversava da nomade lo identificano
con la caratterizzazione dell'assolutezza di questa presenza.
Come amicarsi questa presenza? con il
perpetuare i sacrifici di alleanza che i padri mesopotamici
vivevano sulle alture o sulle terrazze delle zicurrat, i loro
templi maestosi. A ogni promessa di Dio, Ab Ram chiede una
conferma e si impegna a sua volta come uno dei contraenti
dell'alleanza, l'altro contraente è Dio:
Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso?
Sono promesse da sogno, la discendenza numerosa, una proprietà
delle terre immensa, insomma tutto era presagio di grandezza e
di speranza nel futuro.
Però di fronte a Dio mai nulla è totalmente
gratuito, per cui viene chiesto di vigilare e di
preservare ciò che è offerto a Dio:
Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Ab Ram li scacciò.
Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Ab Ram,
ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Nella lotta
quando non si conosce il termine, spesso prevale la stanchezza,
la paura, ma il Signore non abbandona e quando l'uomo non riesce
più a lottare passa il Signore che rischiara le tenebre e
incoraggia a proseguire il cammino: Quando, tramontato il
sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una
fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. Anche
le immagini con le quali Dio si rende presente sono totalmente
innovative, sono preziose perché nei secoli seguenti saranno
spiritualizzate.
L'evangelista Luca ci
narra uno degli avvenimenti più eclatanti accaduti durante la
vita di Gesù, al punto che molti ritengono che sia una memoria
delle apparizioni del Risorto.
Ordinariamente viene denominato il Vangelo della
Trasfigurazione, anche perché racchiude nonostante la sua
brevità il contenuto complessivo della missione di Gesù: In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e
salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò
d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.
Siamo di fronte a una crisi della comunità dei discepoli, ci
sono stati dei fallimenti, delle incomprensioni e molti
cominciarono ad abbandonare Gesù. Oltretutto morto Giovanni il
Battista era entrato nel mirino dei perseguitati di Erode Antipa.
Gesù ritenne necessario
a questo punto di allontanarsi dalla Galilea e per qualche mese
ritirarsi in Fenicia. Insomma esce di scena, anche per capire
l'umore che serpeggiava tra i suoi discepoli più fedeli. E' in
questo contesto che si inserisce il racconto della
Trasfigurazione che va contestualizzato su un alto monte come è
accaduto per Mosè ed Elia, il Sinai, l'Oreb. Sono proprio questi
due protagonisti della Prima Alleanza che dialogano con Lui: Ed ecco,
due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi
nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi
a Gerusalemme.
Con questa breve frase l'evangelizza sintetizza tutta la
missione di Gesù, far uscire Israele dal deserto verso una nuova
meta, il sacrificio della croce in Gerusalemme. Il profetismo in
Elia e la legge in Mosè si confrontano e si completano con la
Nuova Alleanza che Dio sta realizzando nella morte e
resurrezione di Gesù.
E i discepoli?
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si
svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con
lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù:
«Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una
per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che
diceva. Sono
affermazioni lapidarie che i discepoli avranno narrano alle loro
comunità nella evangelizzazione, non senza dolore e apprensione.
Sono sinceri, esprimono con immediatezza la difficoltà di stare
in modo attivo accanto a Gesù, accadrà anche in seguito nel
momento drammatico del Getsemani, sono stanchi salire il Monte
non era agevole, nella visione di ciò che accadeva non sanno che
cosa dire. Però nel loro balbettare la fede e i desideri che ne
derivano esprimono la situazione del deserto nel quale si
trovano. Le capanne sono la caratterizzazione dell'esperienza
assoluta dell'amicizia con Dio che, nella prova, non abbandona
il suo popolo.
Tutto è avvolto dalla
nube che ancora una volta suscita in loro incertezza, ma è
illuminato dalla voce che scende dal cielo:
Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo! E' una
voce che abbiamo già sentito in occasione del Battesimo e che
Giovanni, nel suo vangelo, ci riproporrà nello svelamento della
salvezza ai Greci. Il Padre avverte l'esigenza di confermare
quello che i discepoli vedono con i loro occhi, è la nostra fede
ed è l'impegno della evangelizzazione che nasce dall'ascolto di
Gesù.
Tutto termina
probabilmente non è durato molto, non ci viene detto. Adesso
prevale il silenzio, non c'è più nulla da guardare se non Gesù
che appare loro per come era prima, probabilmente stentano a
fare delle domande, loro stesso ancora in stato di confusione
non saprebbero cosa comunicare agli altri per cui:
Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che
avevano visto.
E' l'atteggiamento che accompagna anche noi, quando dopo aver
ascoltato il Signore durante una celebrazione, torniamo
alle nostre case, ai nostri impegni quotidiani, troppo spesso
prevale il silenzio, il non annunciare quanto il Signore ci ha
donato di vivere alla Sua presenza.
10 marzo 2019 - I Domenica del Tempo di
Quaresima
Lentamente i giorni passano e la Quaresima entra nel ritmo delle Via Crucis, ci
si incammina per i quartieri per incoraggiare i residenti che non sempre si
lasciano coinvolgere in parrocchia a ricordare il tempo penitenziale che stiamo
vivendo e pregare insieme. Insomma è un incoraggiamento a vivere la fede,
devo ammettere che la partecipazione è certamente positiva anche perché si
coinvolgono anche coloro che lavorano e che farebbero fatica il pomeriggio a
partecipare. Certamente non è facile capire quale valore le persone danno
alla croce che percorre le vie dei quartieri, anche perché non si può leggere
nel cuore delle persone, ma se considero quello che viene riflettuto nelle
meditazioni di chi organizza vi posso garantire che è un passaggio che non
lascia indifferenti, potrebbero essere proclamate in ambienti ecclesiali con la
certezza di essere ascoltati con grande attenzione. La sofferenza, la
solitudine, le difficoltà della vita si intrecciano con i temi della speranza e
della gioia della resurrezione, i problemi legati al lavoro, allo sfruttamento,
alla condizione giovanile, alle coppie si coniugano con la certezza di poter
costruire un futuro migliore grazie all'aiuto di Gesù e alla preghiera.
Ma in che cosa il Signore può
intervenire nella nostra vita per donarci pace, per aiutarci nelle difficoltà?
Il Signore certamente incoraggia l'armonia del cuore e la gioia della vita
comune. Dona nella preghiera la serenità nell'affrontare anche le situazioni più
difficili o, più semplicemente, apre a un modo diverso di leggersi nelle
relazioni di comunità. Come dire è un aiuto spirituale, ma anche psicologico che
apre a una relazionalità contrassegnata dall'affetto, dal rispetto dell'altro e
dalla gioia di sentirsi parte di una comunità. Anche questo aspetto non deve
essere trascurato, non è la comunità degli amici, delle persone che mi sono
simpatiche ma di coloro che Gesù mi pone accanto e con le quali devo costruire
relazioni di comunione che iniziano in Lui e conducono a Lui. Come dire è come
se ricevessimo un dono comune, da condividere quasi senza tenere nulla per noi,
anche perché ciò che doniamo ci viene ridonato per eccesso, insomma non corriamo
mai il rischio di perdere qualcosa o di smarrirci.
Il cammino della Croce diventa una via luminosa che rischiara ogni situazione
della vita, una via che è bello percorre prestando attenzione a Colui che la
guida, ma anche a tutti coloro lo seguono, per imparare ad amare e a comprendere
che nell'amore tutto viene visto e vissuto in modo diverso. Ritengo sia inutile
ritenere che tutto possa essere vissuto in modo semplice e automatico, ogni cosa
ha bisogno del proprio impegno personale e della dedizione alla crescita
spirituale. Ogni cosa ha bisogno di essere sostenuta con la preghiera, con la
gioia di cercarsi nell'altro e di cogliere l'altro parte dello stesso progetto
di vita. Ogni altro è stato redento dalla Croce del Signore, Gesù lo ha amato
come ha amato noi, per cui non dobbiamo fare altro che rendere presente questo
amore nella dedizione vicendevole, senza particolarismi, senza affezioni
particolari ma con la gioia interiore di rendere presente il Signore nonostante
i nostri tanti limiti.
E' il
mistero della redenzione e della comunione che Gesù ha operato con il dono di se
stesso, generando un modo diverso di leggersi nella comunione con Lui e tra di
noi. E' la bellezza di sentirsi Chiesa, ma anche la responsabilità di rigenerare
la vita della Chiesa. E' l'impegno dei tanti battezzati che nella gratuità più
assoluta dedicano la propria vita agli altri per amore del Signore, il
volontariato è l'anima della comunità cristiana, la gioia di spendersi per gli
altri per come Gesù ci ha insegnato, per come Gesù ci dona di vivere nei doni
dello Spirito, come possiamo vedere tutto è sempre deve essere coniugato
dall'amore che abita il nostro cuore e che noi dobbiamo testimoniare con
semplicità e dedizione per rendere presente la sorgente dell'amore che è il
Signore. Come dire è uno svelare ed è un velare, per fare in modo che non ci si
sovrapponga mai agli altri e soprattutto che non si diventi ostacolo
all'incontro della persona con Gesù.
La Quaresima è questo tempo di Grazia che il Signore ci affida e al quale siamo
affidati nello Spirito, nessuna illusione e nessuna delusione, tutto deve
manifestare semplicemente la Grazia con l quale Dio abita la nostra vita
orientandolo a un sincero cambiamento spirituale. Il cristiano non può mai
restare deluso anche perché semplicemente non ha traguardi da perseguire, che in
quale modo possa sentire proprie. SI lascia trasportare dall'azione amante di
Dio e in questa azione deve esprimere il proprio protagonismo, non tutto ci
appartiene ma quello che il Signore ci affida è totalmente affidato alla nostra
responsabilità, perché possa manifestare in pienezza la Sua volontà di essere
presente nella nostra vita, ai nostri giorni, nelle nostre casa. Insomma non è
una responsabilità da poco, ma ci guida la certezza che comunque Lui si
accompagna alla nostra azione e, se non tutto sembra andare per come riterremmo
nel fare la Sua volontà, ci dona pace.
27 gennaio 2019 - III Domenica Tempo Ordinario
Fin dall'antichità, in ogni luoghi, nei modi più diversi Dio ha
cercato di dialogare con l'uomo,. In questa Domenica siamo
incoraggiati a cogliere la Sua presenza in mezzo ai deportati di
Babilonia rientrati a Gerusalemme, nella Sua volontà di dare
loro stabilità e di rincuorarli nelle loro fragilità, come
sempre l'azione di Dio si esprime attraverso coloro che in quel
determinato periodo avvertivano l'esigenza di renderlo presente:
In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti
all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci
di intendere.
La lettura della Torah, non è solo un atto di devozione ma
soprattutto un assimilare i principi basilare dell'appartenenza
al Popolo di Dio, per cui è un esercizio che si prolunga nel
tempo ed ha bisogno di essere interiorizzato. Esige anche grande
disponibilità al silenzio e all'ascolto, in questo caso è
una vera proclamazione assembleare, il popolo ascoltava e
accoglieva: Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava
più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo
si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e
tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando le mani; si
inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi
al Signore.
Anche nelle pagine più severe la volontà d Dio è quella di dare
pace e serenità, trasmettere loro la gioia del ritorno e la
determinazione di mantenersi fedeli alla Sua volontà. Per questo
incoraggia a vivere il tutto in un clima di gioia e di festa: Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete
vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di
preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro;
non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra
forza».
La frase con la quale la liturgia conceda questo testo
incoraggia a leggere la nostra vita alla presenza del Signore,
cogliendo in questa disponibilità la vera forza che sostiene il
nostro cammino e incoraggia a guardare avanti con fiducia.
In Gesù tutto questo diventa una prassi esistenziale,Lui
presenta la propria vita come manifestazione di quanto Dio ha
promesso per la gioia del Suo popolo, per cui l'adesione a Lui
deve essere colta come un camminare incontro al Signore nella
diversità degli atteggiamenti che da sempre aveva proposto di
incarnare come disponibilità alla Sua volontà di dare al Suo
popolo la pace e la giustizia alla quale ha sempre anelato:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha
consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a
proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e
proclamare l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette.
Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
Gesù nei suoi atteggiamenti spesso lascia senza parole,
questo deve essere accaduto anche agli abitanti di Nazareth che
lo conoscevano da bambino, e adesso il bambino di una volta si
presenta come il Messia mandato da Dio e atteso da sempre come
il liberatore di Israele: Allora
cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che
voi avete ascoltato». Certo non è facile da accettare, ma
l'affermazione di Gesù è senza possibilità di interpretazioni
diverse, nella Sua persona si rende presenta il Messia atteso da
sempre. Con la Sua presenza inizia una storia nuova per
l'umanità che andrà scoprendosi gradualmente, come Lui riuscire
a far comprendere a coloro, apostoli e discepoli, con i
familiari e con i tanti che hanno vissuto con Lui incontri
occasionali, che ne condivideranno l'esperienza terrena fino
alla fine.
In questo modo nuovo di intendere la propria vita, si inserisce
il monologo di San Paolo su Cristo capo del corpo mistico
che è la Chiesa, quindi ciascuno di noi. Fin dal momento del
nostro battesimo non dobbiamo sentirci staccati gli uni dagli
altri ma tutti siamo parte di un unico organismo vivente che
interagisce in modo complementare, sostenendosi vicendevolmente
nella diversità dei modi, a secondo del ministero o dei carismi
o più semplicemente di quanto il Signore chiede a ciascuno di
operare per il bene comune: Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo
Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e
tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito. Nel Corpo di
cristo non deve esistere gelosia, ma solo spirito di emulazione
nella disponibilità alla carità che è animata dallo spirito
Santo per manifestare pienamente l'amore con cui Dio sostiene e
si accompagna alla vita del Suo popolo, nelle difficoltà
che deve sostenere quotidianamente nella vita. E nelle tante
fragilità, determinate dal peccato, che ne caratterizzano la
disponibilità orientata a testimoniare l'amore.
20 gennaio 2019 - II Domenica Tempo Ordinario
Ancora una volta siamo incoraggiati a riflettere
l'amore di Dio per il Suo popolo per come il profeta Isaia
incoraggia a riflettere. E' una trasmissione passionale
dell'attenzione verso le fragilità di Israele che Dio non
intende abbandonare. La volontà di Dio è quella di sostenerlo,
di donargli pace, ancora di più è quella di fargli vivere la
gioia sponsale: Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi
figli;
come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per
te.
Ma in che modo
noi dobbiamo corrispondere a questo amore infinito ci viene
comunicato dal salmista che ci chiede di Cantare la
gloria di Dio, di Annunciare agli altri la salvezza, di
Dare a Lui lo spazio che gli compete nella nostra vita,
di Prostrarci di fronte a Lui cogliendo nella sua
presenza il tutto della nostra vita.
Questa stessa
sottolineatura ci viene proposta nel racconto giovanneo delle
nozze di Cana. Siamo incoraggiati a entrare nella vita terrena
di Gesù, nei momenti di gioia e di esaltazione che hanno
caratterizzato parte della Sua presenza in mezza a noi. Tutto ha
inizio con la narrazione di un avvenimento ordinario, la
partecipazione a una festa di nozze: vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e
c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i
suoi discepoli. Dobbiamo immaginare una scena
caratterizzata da grande euforia, di gioia, di spensieratezza,
di musica, di danze, di profumi.
Ma tutto questo corre il rischio di essere
offuscato da un problema abbastanza grava, stava finendo il
vino. Se ne rende conto la Madre di Gesù, non ci è dato sapere
come se ne sia accorta, forse si andava creando un clima di
agitazione tra gli inservienti, oppure i familiari dello sposo
ne parlavano dietro le quinte. Lei avverte l'esigenza di venire
incontro in modo deciso a questo disagio, anche di fronte alla
titubanza di Gesù:
la madre di Gesù gli disse: Non hanno vino. E
Gesù le rispose: Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la
mia ora. Sua madre disse ai servitori: Qualsiasi cosa vi dica,
fatela. E in questa insistenza ciò che
era una situazione di vita normale, diventa straordinario
intervento della potenza di Dio in Gesù, che trasformando
l'acqua in vino, restituisce la gioia agli sposi e apre alla
fede in Lui i suoi discepoli.
San
Paolo incoraggia a valorizzare i carismi, che con libertà nello
Spirito abbiamo ricevuto in dono:
A ciascuno è data una manifestazione particolare dello
Spirito per il bene comune. Il dono che viene dall'alto:
il linguaggio di sapienza, il linguaggio di
conoscenza, la fede, il dono delle guarigioni, il potere
dei miracoli,
il dono della profezia,
discernere gli spiriti, la varietà delle lingue,
l’interpretazione delle lingue,
non è per se stessi ma per gli altri, è da condividere; nessuno
deve farne un vanto, ma semplicemente una responsabilità di
servizio che viene loro donata perché la si viva al servizio
degli altri.
13 gennaio 2019 - Battesimo del Signore
E'
un atteggiamento che si accompagna spesso alla storia dell'uomo,
aspettare che qualcosa accada e guardare ad altri perché la
realizzino: In quel tempo, poiché il popolo era
in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor
loro se non fosse lui il Cristo. In questo caso specifico
l'attenzione era su Giovanni il Battezzatore, ma lui si
schernisce spostando l'attenzione su un altro che sarebbe venuto
dopo di lui.
Potremmo dire che Luca esprime in
modo frettoloso la sequenza degli avvenimenti successivi, come
se fosse un argomento spinoso sul quale riteneva di non dover
aggiungere altro, l'evangelista Giovanni è molto più articolato:
Mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù,
ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si
aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea,
come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio
mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Era dai tempi di
Malachia che i cieli erano chiusi su Israele, con Gesù dopo alcuni secoli cieli si aprono
nuovamente su Israele e Dio torna a parlare con il Suo popolo, o
per essere ancora più puntuali, con il Figlio amato in mezzo al
Suo popolo. Tutto accade mentre Gesù era in preghiera, dobbiamo
ritenere in disparte, come gli era solito fare nei momenti delle
scelte importanti della Sua vita terrena, questo è il momento di
scendere in campo e cominciare la missione del Regno.
Il tema
dell'Avvento del Regno di Dio torna con insistenza nella
tradizione profetica di Israele, in particolare quando si vivono
momenti socialmente fragili, c'è un guardare al cielo con più
insistenza e attenzione.
Nella celebrazione
di questa Domenica viene proposto il Deutero Isaia, con il tema
della consolazione, dell'avvenuta espiazione del peccato e con
l'impegno di ristabilire la signoria di Dio:
Consolate, consolate il mio popolo dice il vostro Dio. Parlate
al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è
compiuta la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano
del Signore il doppio per tutti i suoi peccati.
La consolazione nasce dall'amore di Dio che avverte l'esigenza
di emozionare il Popolo incoraggiandolo a percorrere i luoghi
del primo amore.
E' il deserto che
deve essere attraversato, un deserto abitato dell'amore di Dio,
che aiuta armonizzando le asprezze che lo caratterizzano ma
che comunque esige la disponibilità a mettersi in cammino, a
scomodarsi a leggere al propria vita realizzarsi non nelle
sicurezze del mondo, ma nell'affidamento al Signore. Non è un
itinerario allettante per questo occorre incoraggiare a mettersi
in cammino:
«Ecco il vostro Dio! Egli ha con sé il premio e la sua
ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri».
E' una immagine dolce che mette in
risalto l'affetto di Dio, egli non trascura nessuno e
incoraggia con la sua presenza materna
6 gennaio 2019 - Epifania del Signore
Questa Domenica l'Epifania del
Signore è caratterizzata da alcune immagini, per come sono state
narrate dall'evangelista Matteo, che appartengono
alla nostra memoria catechistica, sono legate alla Venuta dei Magi a Betlemme.
Sono delle note storiche definite
quelle che ci vengono proposte, Gesù nasce
al tempo del re Erode a Betlemme di Giudea, questo
esige anche una correzione in avanti del calendario cristiano,
Gesù è nato tra il 4 e il 6 dopo Cristo. Intanto sono passati alcuni
anni dalla sua nascita quando arrivano, alcuni Magi astrologi o
astronomi, all'epoca personaggi importanti ma, probabilmente si
ritiene seguaci dello Zoroastrismo, una religione astrale, non
re. Per oriente dovremmo intendere oltre i confini dell'impero
romano, quindi un viaggio lungo e impervio li porta a
Gerusalemme, il motivo lo dicono loro stessi: Dov'è colui che è nato, il re dei
Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad
adorarlo.
Non è una prerogativa esclusiva di
Gesù leggerne l'importanza della presenza guardando i segni
astrali, ne troviamo presenza anche per altre divinità. Essere importanti, come accade spesso, comporta anche
preoccupazione in chi ne teme la presenza, alcune volte comporta
il desiderio di morte. Erode, era un re violento, non era di
quelli che tolleravano la presenza di altri personaggi
importanti nel suo regno. Per cui vuole sapere, si organizza, si
informa; la profezia di Michea non è una definizione puntuale,
per cui ricevendo solo informazioni vaghe, cerca di
patteggiare i tempi della ricerca e del probabile intervento.
I Magi continuano il loro cammino
di ricerca aiutati dalla Stella, arrivano a Betlemme, trovano la
Sacra Famiglia nella casa di Giuseppe e si prostrano in
adorazione, l'evangelista sintetizza così il loro atteggiamento:
Entrati nella
casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo
adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono
oro, incenso e mirra.
Raggiunta la meta
del loro viaggio, avvertono l'esigenza di ritornare
alle loro terre senza passare a riferire ad Erode dell'avvenuto incontro con il
bambino, avevano avvertito nel suo
interesse un atteggiamento malvagio. Questo atteggiamento
scatenerà la rabbia di Erode che ordinerà l'uccisione dei
bambini di Betlemme dai due anni in giù. Gioia e dolore, potenza
e miseria si accompagnano alla vita di Gesù fin da bambino,
sappiamo tutti che loro stessi, per prudenza andarono via da
Betlemme e si portarono in Egitto per alcuni anni.
5 marzo 2017 - I Domenica di Quaresima
E' una Domenica contrassegnata dalla riflessione sul peccato e sulle
conseguenze del peccato. Tutto parte dall'azione creatrice di Dio,
di certo non ci aveva pensati lontani da Lui, ma poi le cose sono
andate diversamente.
Il
Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi
alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al
giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male.
Il racconto mitico, termine da intendersi quale descrizione di
un avvenimento inesplicabile altrimenti,dell'autore della Genesi ci
ricorda che l'uomo si è lasciato coinvolgere dalla volontà di
contrapporsi al volere di Dio in ordine al discernimento sul peccato
e sulla scelte esistenziali legate alla vita. Tutti problemi nei
quali ai nostri giorni siamo chiamati a leggere l'azione redentrice
di Gesù, ma anche a volontà di staccarsi dall'azione salvifica della
Chiesa.
Si rende presente nella
storia della salvezza un altro protagonista, definito con termini
molto diversificati a secondo della cultura nella quale
l'avvenimento narrato affonda le sue radici:
Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio
aveva fatto e disse alla donna.
Ormai sappiamo che questa narrazione ha la sua origine nella
narrazione delle tradizioni babilonesi sulla creazione e sulla
morte, la comunità ebraica ne venne a conoscenza in occasione della
sua deportazione in Babilonia, lo fece proprio al suo rientro
nella terra dei padri e lo reinterpretò secondo la tradizione
dell'azione creatrice dell'unico Dio.
Nasce dalla
coscienza di una nuova relazione con Dio purtroppo non conforme a
quanto Lui aveva pensato nella sua relazione con l'uomo. Il nuovo
rapporto è contrassegnato dalla dinamica del peccato che introduce
la morte e la sofferenza quali componenti ineludibili della vita
della persona. Come sempre nella tradizione biblica e in
particolare nella salmodia, Dio non abbandona coloro che riconoscono
il proprio peccato e dona loro la misericordia e la riconciliazione
con Lui: Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre
dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male
ai tuoi occhi, io l'ho fatto.
E' importante
riconoscere i propri errori, solo in questa dichiarazione di
disponibilità alla riconciliazione Dio ci restituirà all'amicizia
con lui:
Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno
spirito generoso. L'apostolo nella Lettera ai Romani si
intrattiene in modo articolato sulle conseguenze del peccato e della
Grazia incoraggiando la sua comunità a cogliere la benevolenza di
Dio che, nonostante il peccato dell'uomo, non lo ha abbandonato ma
ci ha donato Gesù quale segno del suo amore e della sua grazia a
sostegno della nostra debolezza:
Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel
mondo e, con il peccato, la morte ...
Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta
di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono
concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in
abbondanza su tutti.
E' proprio così, Dio non può rinnegare se stesso e la sua azione
creatrice, per cui in Gesù ci restituisce quanto l'uomo aveva
rinnegato con il proprio peccato, l'amicizia con Lui e il dono della
vita eterna.
Il Vangelo ci chiede di
rileggere la nostra vita alla luce degli atteggiamenti e degli
insegnamenti di Gesù. Vivere il deserto non è una prerogativa del
Maestro ma di tutti coloro che avvertono l'esigenza di perfezionare
la propria adesione alla volontà di Dio. Le tentazioni non sono solo
per il Signore ma appartengono alla vita di tutti noi. Ogni
qualvolta qualcuno cerca di perfezionare la propria esistenza in
ordine alla santità, il male si accanisce e cerca di stornare la
propria attenzione dalla volontà di Dio:
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per
essere tentato dal diavolo.
Dopo aver digiunato quaranta giorni e
quaranta notti, alla fine ebbe fame.
Proprio quando sembra che la prova sia superata il tentatore si
rende presente.
Gesù
ci insegna che, nel combattimento contro il male, la via da seguire
è vivere l'ascolto della Parola di Dio, è in questo atteggiamento
che noi troviamo le energie necessarie per combattere il male:
Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: Se tu sei Figlio di Dio,
di' che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: Sta scritto:
"Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla
bocca di Dio".
Quello che conta, è aver chiaro, di voler rigettare fino in fondo la
volontà di assecondare le tentazioni. Al resto pensa il Signore che
sostiene la nostra vita e ci libera da ogni incertezza o tentazione
legate alla nostra debolezza: Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si
avvicinarono e lo servivano. Tutto viene restituito alla
immagine di beatitudine del paradiso terrestre, dove tutto è pace ed
è armonia del creato.
26 febbraio 2017 - VIII Domenica Tempo Ordinario
La Parola che ci
viene donata da ascoltare questa Domenica, che ci introduce alla
Grande Quaresima, possiamo leggerla come la Parola dell’affidamento
fiduciale al Signore. Il Profeta Isaia incoraggia a volgere lo
sguardo verso il Signore, che si accompagna alla nostra vita in modo
affettuoso, materno: Si dimentica forse una donna del suo
bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere?
Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò
mai. La Parola è orientata a incoraggiare un popolo tentato di
guardare ad altre sicurezze più tangibili, ad altre divinità che
apparivano più potenti, mentre il progetto di Dio orientava ad un
ritorno dall’esilio nella Terra dei padri, avvolto
nell’incertezza.
Da questa
insicurezza che spesso accompagna anche la nostra vita ci può
liberare solo l’affidamento al Signore: Solo in Dio riposa
l’anima mia: da lui la mia salvezza. Lui solo è mia roccia e mia
salvezza, mia difesa: mai potrò vacillare. E’ la voce del
salmista che ci incoraggia ad elevare lo sguardo verso il cielo,
nella certezza che non si smarrirà nel vuoto, ma troverà riscontro
in colui che ci cerca da sempre e al quale è bello guardare, per
cercare la pace per noi stessi e per le comunità nelle quali siamo
inseriti:
Il mio riparo
sicuro, il mio rifugio è in Dio.
Confida in lui, o popolo, in ogni tempo; davanti a lui aprite il
vostro cuore.
Anche Gesù, nel
suo parlare ai discepoli, tende a liberarci dalle tante
preoccupazioni terrene: Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che
cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte
queste cose vanno in cerca i pagani. In realtà sappiamo bene che
anche noi credenti mettiamo al centro delle nostre preoccupazioni le
cose del mondo.
Probabilmente
anche la comunità dei discepoli era angustiata dai problemi
esistenziali, che meritano certamente la nostra attenzione, ma
sempre con spirito libero e pieno di speranza nel futuro: Perciò
io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che
mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che
indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del
vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono,
né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre.
Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi,
può allungare anche di poco la propria vita? Il parlare di Gesù
non vuole svilire le difficoltà che comunque dobbiamo affrontare con
grande energia, vuole incoraggiare a essere liberi nelle
preoccupazioni del mondo avendo la certezza che il Signore non
abbandona, non lascia soli nelle difficoltà di ogni giorno.
Certo Lui vede una società che vive di essenzialità non
certamente di lusso, di arricchimento ad ogni costo.
Insomma Gesù ci
chiede di riflettere su un modo diverso di realizzare la nostra
esistenza, che non vuole trascurare i beni materiali, ma che non
deve neanche assolutizzarli. Non preoccupatevi dunque del domani,
perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta
la sua pena. Il Signore vuole dare maggiore importanza alla vita
di ogni giorno, capita di trascorrere le proprie giornate senza
neanche rendersene conto, oppure dedicandoli più alle cose da fare
che al motivo per cui si vivono. Nella vita cristiana al centro deve
sempre esserci la persona, il fare è orientato al rendersi presente
nella storia non ad annullarsi.
In questa
disponibilità a camminare secondo gli insegnamenti del Signore non
dobbiamo mai preoccuparci di cosa possano pensare gli altri.
L’Apostolo Paolo ci ricorda che chi è convinto delle proprie scelte
non dà importanza agli umori, ai giudizi degli ambienti che ci
circondano, certo è importante anche essere pronti a pagarne le
conseguenze: Ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno
risulti fedele. A me però importa assai poco di venire giudicato da
voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso,
perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per
questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! La
Quaresima serve anche a questo ascoltare con più impegno la Parola
del Signore, per apprezzare meglio la presenza di tutti come un dono
che Signore, anche se non sempre immediatamente ne cogliamo il
valore.
19 febbraio 2017 - VII Domenica Tempo Ordinario
Siate santi, perchè io, il Signore, vostro Dio, sono santo.
Questa Parola che il Signore dona a Israele chiede anche a noi di
mettere la Sua presenza al centro della nostra vita e ci incoraggia
di imitarla nella via della santità. Come vivere la santità ci
viene detto dopo, rimuovendo dalla nostra vita tutto ciò che è
ostacolo alla fraternità e alla manifestazione della misericordia di
Dio. E' il comandamento dell'amore che poi Gesù metterà al centro
nell'annuncio del Regno di Dio che Lui è venuto a portare in mezzo a
noi. Questa Parola ci ricorda che la nostra vocazione è quella di
partecipare della santità di Dio, avendo la certezza che ci è stato
donato da Lui tutto ciò che ci permette di seguirlo con fedeltà.
Questo anelito alla santità, diventa una condizione connaturale a
noi cristiani, in virtù del fatto che in Cristo siamo diventati
tempio dello Spirito fin dal momento battesimale: Fratelli, non
sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?
Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo
è il tempio di Dio, che siete voi. L'apostolo paolo ci ricorda
che ciascun battezzato ha in sè, sempre come dono di Dio, la potenza
stessa di Dio, che ci permette di camminare dietro a Lui con
serenità, in un sincero spirito di pace.
Purtroppo in noi opera anche la presenza del peccato, questa
tensione tra il bene e il male di cui ciascuno fa esperienza, non
ci aiuta ad essere sempre attenti alla vita di santità, anzi spesso
facciamo esperienza di un allontanamento evidente da Dio. Quindi
nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro:
Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il
futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.
Concludendo la sua esortazione alla comunità di Corinto l'apostolo
avverte l'esigenza di metterci in guardia dalle separazioni di cui
purtroppo facciamo esperienza nella vita ordinaria della comunità
cristiana, sono la manifestazione evidente del peccato che si
accompagna alla nostra vita anche perché Dio è amore è comunione e
non separazione, contrapposizione.
Ancora una volta l'evangelista Matteo ci presenta Gesù
nell'azione di correggere l'esasperazione di quanto Dio ha affidato
alla comunità israelitica, la comunità dei santi. E' un
incoraggiamento ad essere più attenti alla persona, alla sua dignità
e anche alla sua fragilità: Ma io vi dico: Amate i vostri nemici
e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del
Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui
cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete?
Non fanno così anche i pubblicani? Il modello di riferimento
deve sempre essere l'atteggiamento di Dio, questo ci è stato
ripetuto costantemente durante l'anno della misericordia, nel suo
slogan Misericordiosi come il Padre e nei tanti atteggiamenti che
siamo stati incoraggiati a vivere.
Dobbiamo guardare sempre a Dio e non come si comportano glia
altri: Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre
vostro celeste.
Non possiamo che lodare e inneggiare al Signore con il salmista,
cogliendo nella presenza e benevolenza di Dio, quanto alcune volte
manca al nostro entusiasmino nella testimonianza della fede:
Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo
nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi
benefici ... Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e
grande nell’amore ... Come è tenero un padre verso i figli, così il
Signore è tenero verso quelli che lo temono. 12 febbraio 2017 - VI Domenica Tempo Ordinario
La parola del Signore ci chiede di percorrere i sentieri
del suo popolo, nella diversità dei luoghi che ha abitato, nei
suoi tanti esili o semplicemente fasi di emigrazioni che ha
vissuto. Con il Siracide siamo invitati a
spostarci in Egitto, dove abitava da secoli una folta colonia
ebraica verso la quale orientò i suoi passi anche la Sacra Famiglia
nel momento del pericolo al tempo di Erode il Grande.
Questo testo appartiene alla
letteratura sapienziale dell'Antico Testamento e incoraggia a vivere
la fiducia in Dio, nella piena libertà di cui ciascuno è dotato:
Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno;
se hai fiducia in lui, anche tu vivrai. Egli ti ha posto davanti
fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini
stanno la vita e la morte, il bene e il male...
Nessuno può far risalire a Dio il male che compie nella sua libertà,
così come sceglie da se l'appartenenza a Dio o l'allontanamento da
Dio.
Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti e la custodirò sino alla
fine. Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge e la
osservi con tutto il cuore.
Questa affermazione del salmista incoraggia a leggere la preghiera
come una via di perfezione che conduce alla santità. La propria
appartenenza al Signore apre il cuore all'ascolto dei suoi
insegnamenti e dona la possibilità di camminare alla Sua presenza
senza deviare:
Beato chi è integro nella sua via e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il
cuore.
Cercare il
Signore, camminare alla luce dei suoi insegnamenti esige
la nostra familiarità con la Parola di Dio, non tanto e solo la
lettera della Parola, quanto la Parola che parla al cuore. Nel
discorso della Montagna Gesù si sforza di purificare la Legge di
Mosè dalle tradizioni che gli uomini vi hanno aggiunto soffocandola
nella sua bellezza e autenticità. Lui si propone come il
completamento che era stato insegnato ai padri:
Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non
son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico:
finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla
legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto. Chi
dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e
insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo
nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli
uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Poiché [io vi
dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei
farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Questo testo
esprime bene l'appartenenza di Gesù al Popolo Ebraico e l'amore che
Lui aveva verso la Legge di Mosè, nulla di quanto Mosè aveva
insegnato doveva essere trascurato o dimenticato. E' il testo più
ebreo che viene conservato nei Vangeli, è anche il testo che rende
Gesù figlio del popolo della sinagoga e non in contrasto con essa.
Sappiamo tutti che nella fase della stesura dei Vangeli si era
innestata una polemica molto vivace tra la sinagoga e la chiesa
nascente, per cui altri testi sono stati orientati al superamento
della tradizione ebraica, ma questo ha conservato la continuità che
sussiste tra la Torah e il Vangelo.
Certo
l'annuncio del Vangelo non si limita a sancire ciò che è scritto
nella Torah ma esige un perfezionamento, la disponibilità del cuore
che non si limita ad osservare ciò che viene scritto nella lettera
ma esige atteggiamenti di perfezione orientati alla santità della
vita:
Avete inteso che fu detto ... ma io vi dico ...
Non ci si
deve mai fermare all'osservanza esteriore degli insegnamenti ma
occorre amarli, farli propri e testimoniarli con la propria vita,
con il cuore ci vengono donati dal Signore e dobbiamo viverli per
come il Signore chiede non per come piace a noi. Il linguaggio degli
esempi che Gesù propone è quello del paradosso, per cui colto nel
contenuto e non nelle immagini, ma gli effetti che ne
conseguono sono autentici.
Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma
di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di
questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della
sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio
ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria.
L'apostolo Paolo ci conferma in queste convinzioni, tutto viene
donato da Dio e noi godiamo di poter vivere in ascolto di questo
dono. Viene raccomandato anche di non vivere questo privilegio
secondo il mondo, inseguendo traguardi terreni, mediante
atteggiamenti mondani, ma secondo lo Spirito:
lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di
Dio.
7
luglio 2016 - XVIII Domenica Tempo Ordinario
Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso
Dio.
La chiusura del testo del Vangelo di San Luca possiamo cogliere come
la chiave di lettura della Parola di Dio che questa Domenica ci
viene proposta. Alcune volte mi accompagna l'interrogativo sul
valore che i battezzati riescono a dare alla parola del Signore come
guida della propria vita. E' evidente che la risposta non mi
appartiene anche perché io non riesco a leggere i cuori. Però è
importante che ciascun battezzato ne rifletta il valore con la
maturità della propria fede, altrimenti il rischio che si corre è
non cambiare in nulla i propri progetti e atteggiamenti, anche se il
Signore chiede di rivisitare la nostra vita proprio in virtù della
sua presenza.
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità. Certo acquista un
significato diverso se viene integrato con la frase di Gesù, per cui
il significato diventa chi vive senza Dio corre il rischio di
svilire ogni cosa che fa. Ed è ciò di cui facciamo esperienza nella
vita di ogni giorno. Si corre e ci si affanna ma senza avere chiara
la meta da conseguire. O meglio, sono tante le mete, al punto da
diventare illusioni effimere sulle quali investire soldi,
scommettere punteggi, dedicare del tempo salvo poi rendersi conto
che non ne valeva assolutamente la pena. E' il nostro tempo
contrassegnato da luminosità apparente che il più delle volte si
trasforma velocemente in tenebra.
E' il salmista a incoraggiare un modo diverso di leggere la propria
vita, una vita da spendere nell'attenzione verso se stessi e verso
gli altri ma anche nella comprensione della fragilità umana e della
precarietà dell'esistenza:
Mille anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è
passato,
come un turno di veglia nella notte ... sono come un sogno al mattino, come l'erba che
germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca.
Potrebbe anche generare amarezza, ma avere coscienza dei propri
limiti apre a una migliore comprensione dei traguardi da conseguire
e del valore che è importante dare all'esistenza: Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio.
Leggere la vita in modo sapiente, nasce dalla coscienza della
propria finitezza ma anche della missione che ci viene affidata.
Ogni giorno ha la sua preziosità e non è possibile spenderlo nella
speranza di poterne recuperare i valori in seguito.
E' l'illusioni di tanti che orientano al rinviare le cose da fare,
come se ciò che mi viene chiesto di fare oggi possa comodamente
rinviarlo a tempo da destinarsi. A questo atteggiamento Gesù
incoraggia a riflettere in modo perentorio: Stolto, questa notte
stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di
chi sarà? L'attenzione è sul valorizzare le cose e le persone
nel tempo presente, perché il futuro non ci appartiene.
Ma è anche un incoraggiamento a non pensare di poter sempre
esprimere una forma di superiorità nei confronti degli altri,
soprattutto in riferimento alle cose del mondo:O
uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?
Tutti sappiamo bene che i mondo ha un modo di leggersi molto diverso
dalla vita spirituale, per cui anche se viviamo nel mondo, non è
sempre possibile coniugare gli interessi del mondo con la volontà di
Dio: Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché,
anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che
egli possiede. Certo lo sguardo di Gesù è alla vita eterna, ma
ai nostri giorni chi rivolge attenzione a ciò che non passa?
E' proprio questa la scommessa dell'evangelizzazione, aprire la
mente e il cuore dell'uomo all'incontro con Dio:
Se
siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo,
seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù,
non a quelle della terra. L'Apostolo Paolo alla comunità di
Colosse chiede di guardare con più attenzione alla fede personale e
comunitaria in Cristo, di leggerci concrocifissi e conrisorti, di
guardare con fiducia alle cose che durano in eterno. Rimuovendo
tutto ciò che è di ostacolo all'incontro con Dio: impurità,
immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è
idolatria. Per la seconda volta viene riproposta questo termina
la cupidigia, l'attaccamento al mondo che diventa una vera e propria
religione e il nostro tempo ne è una esperienza evidente. Quasi
tutto nella vita e in ogni giornata si fa per affermarsi sugli altri
e per possedere più cose.
E' ancora l'Apostolo a rilanciare l'idea di una fraternità
universale in Cristo, è una immagine che alcune volte emerge
vigorosa, altre volte viene sottaciuta o dimenticate ma è la novità
del Regno che Gesù ci ha affidato e che siamo chiamati a
testimoniare: Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione,
barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.
10
luglio 2016 - XIV Domenica Tempo Ordinario
Siamo invitati a
percorre con i deportati di Babilonia la via del ritorno a
Gerusalemme la via del ritorno, rinvigoriti per affrontare le
asprezze del cammino dalla parola che il Signore affida al Profeta
Isaia:
Rallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa tutti
voi che l’amate. Sfavillate con essa di gioia tutti voi che per essa
eravate in lutto. Così sarete allattati e vi sazierete al seno delle
sue consolazioni;
succhierete e vi delizierete al petto della sua gloria.
E' una Parola che apre alla speranza che incoraggia la gioia e
alimenta la speranza. Il cammino può essere molto difficile ma è il
Signore a volerlo e a sostenerlo.
Nella parola che i profeti
ci trasmettono, ci sono degli incisi nei quali il profeta stesso si
assenta totalmente, è una parla che non gli appartiene lui deve solo
trasmetterla, è Dio stesso che trasmette il Suo affetto e la Sua
benevolenza al Suo popolo:
Perché così dice il Signore: Voi
sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete
accarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò;
a Gerusalemme sarete consolati.
Non siamo educati a
cogliere il Dio dei Padri con queste immagini sostanzialmente
materne, però è così, spesso i profeti si sforzano di aiutarci a
vivere un affidamento filiale nella disponibilità a comprendersi
coccolati da Dio nelle nostre fragilità.
Le immagini del Dio burbero
che è tutto preso nelle sue azioni troppo importanti per pensare
alla miseria dell'uomo che caratterizzano tanta parte
dell'iconografia latina, non corrispondono in nulla al messaggio che
Dio stesso ci trasmette di se stesso attraverso il linguaggio
biblico. Non è sempre facile riqualificare il messaggio catechistico
però è opportuno che su questo tema il lavoro sia portato avanti con
coerenza nel pieno rispetto della Parola. Così potremo anche noi
elevare insieme al Salmista la nostra invocazione fiduciale a colui
che viene sempre incontro alla nostra debolezza e ascolta le
preghiere:
Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me
ha fatto.
Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha
negato la sua misericordia.
Il messaggio della gioia che ci viene trasmesso quale nuova alleanza
di Dio con l'uomo attraverso Gesù Cristo incentra tutto sulla
missione che ci viene affidata e che dobbiamo vivere contemplando la
Croce. E' l'Apostolo che di fronte alla titubanza dei Galati e alla
loro difficoltà di aderire pienamente alla fede in Cristo, taglia
corto e va al nocciolo della verità sulla quale incentrare la
sequela:
Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del
Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è
stato crocifisso, come io per il mondo. Tutto si comprende
meglio guardando alla croce che il Signore mi dona da abbracciare
ogni giorno per vivere dietro di Lui.
L'evangelista Luca
incoraggia a spogliarsi delle sicurezze umane, la via della missione
esige un procedere snello non appesantito dalle cose del mondo:
non
portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare
nessuno lungo la strada.
L'annunciatore della Pace del Signore non lo fa
attraverso una sapienza umana ma mediante la testimonianza della
propria vita. Chi vive la pace trasmette la pace.
Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi,
beh, forse è un ripetere ma molti cristiani somigliamo più ai lupi
che agli agnelli. Ma anche in questo caso non dobbiamo scoraggiarci,
il Signore ha bisogno di noi, della nostra disponibilità, ci chiede
di operare per il Regno nonostante la nostra debolezza e
insicurezza.
Anche perché: La messe è abbondante, ma sono pochi
gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi
operai nella sua messe!
L'altra
raccomandazione che ci fa è di non guardare troppo ai risultati che
si ritiene di aver conseguito mediante le proprie capacità, ma di
contemplarci alla presenza di Dio, questa dedizione alle cose eterne
determina la nostra armonia interiore e anche la capacità di non
scoraggiarci di fronte alle incomprensioni e alle difficoltà che la
missione ci pone necessariamente davanti:
Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché
i vostri nomi sono scritti nei cieli.
3
luglio 2016 - XIII Domenica Tempo Ordinario
Questa Domenica il tema che sollecita la nostra attenzione è come
corrispondere alla vocazione. Alcune volte mi viene chiesto di
narrare qualcosa sulla mia vocazione, generalmente divento evasivo
anche perché, a mio parere, non è importante la mia vocazione, ma
cosa vuol dire corrispondere a una vocazione. La Parola di Dio è una
sequenza di disponibilità vocazionali, per cui, se uno vuole
comprendere il senso della chiamata non deve fare altro che
aprire il testo sacro.
La vocazione di Eliseo da parte
di Dio mediante Elia, ci propone un tema classico, perché si
concretizzi una chiamata occorre l'apporto di un mediatore. Dio non
ama intervenire sempre in prima persona normalmente lo fa
valorizzando le persone che mostrano avere nei suoi confronti una
disponibilità sincera anche se alcune volte fallimentare. In questo
caso il protagonista è Elia, già da tempo al servizio del Signore e
in virtù di questa disponibilità sincera ha avuto modo di
sperimentare molte persecuzioni.
In quei giorni, il Signore
disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come
profeta al tuo posto». Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di
Safat ... Elìa, passandogli vicino, gli
gettò addosso il suo mantello. Quello lasciò i buoi e corse dietro a
Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti
seguirò». Elìa disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per
te».
E' un brano carico di tensioni
emotive anche perché trasmette al radicalità della scelta e anche
gli atteggiamenti definitivi che esigono un abbandono definitivo
della vita precedente, questo ai nostri giorni non sempre accade e a
anche per questo no sempre riusciamo ad essere credibili. Eliseo
comprende che deve cambiare vita staccandosi dagli affetti più cari,
ma anche dall'attività lavorativa che faceva precedentemente.
L'Apostolo Paolo, come è nel suo stile radicalizza l'adesione a
Cristo nella dedizione all'Amore, ma poi legge nell'autenticità
delle situazioni la difficoltà di testimoniare questa dedizione
incoraggiando al rispetto vicendevole e alla crescita relazionale
della fraternità:
Amerai il
tuo prossimo come te stesso. Ma se vi mordete e vi divorate a
vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli
altri!
Cristo incoraggia a una vita di
libertà, ma è una libertà che non incoraggia il qualunquismo ma la
maturità nella dedizione verso il Signore. Insomma che almeno ci sia
il rispetto vicendevole.
Quando ci vengono proposti questi testi di Luca, sembra che
l'evangelista perda di vista il senso della misericordia che
caratterizza questo vangelo. Invece ritengo, voglia incoraggiare a
radicalizzare in alcuni momenti della nostra dedizione al Signore,
il senso dell'appartenenza a Lui e il distacco da ogni altro
affetto. Le risposte definitive di Gesù agli interlocutori
occasionali sembrano orientati a scoraggiare una dedizione
superficiale:
Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma
il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo ... Lascia che i
morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno
di Dio ... Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge
indietro, è adatto per il regno di Dio.
Ammettiamolo è proprio questa radicalità che ci attenderemmo dai
ministri del sacro e invece dobbiamo relazionarci con una melina e
un equilibrismo infinito, forse è determinato dalla falsa coscienza
di dover mantenere lo status quo quasi incapaci di percorrere
in modo più definitivo la storia, alcune volte la presenza di Gesù
invece di orientare le nostre scelte, sembra dover fare i conti con
gli umori del potente di turno. Tra questi potenti dobbiamo inserire
anche tanti ministri del culto che non sempre colgono la preziosità
di essere profeti. Insomma si preferisce l'acquitrino invece
dell'acqua limpida che scorre libera e guizzante.
Il
motivo ritengo sia da cercare nell'incapacità di trovare una meta
definitiva alla propria vita, anche in questo caso Gesù deve essere
il modello:Mentre
stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto,
Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso
Gerusalemme ...
Se la meta non è evidente
diventa tutto più difficile da definire, diventano confusi anche gli
strumenti da usare:Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco
dal cielo e li consumi?
Come fratelli e sorelle che con tutti i limiti comunque vogliamo
vivere al servizio del Signore, non dobbiamo fare altro che
affiancarci al salmista che invoca la misericordia e l'affidamento
la Signore:Proteggimi, o Dio: in te mi
rifugio. Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu». Il Signore è
mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita.
Il Signore è la nostra pace e
Lui deve donarci conforto.
4
giugno 2016 - X Domenica Tempo Ordinario La
celebrazione festiva ci chiede di rileggere la nostra fede in Gesù
Cristo e nella potente azione di Dio che è attento alla sofferenza
dell'uomo ed è il Signore della vita. Contemporaneamente ci chiede
di fare una analisi della storia del nostro rapporto con Dio, e
quale fede abbiamo nella Sua volontà di intervenire nella nostra
vita, di darci speranza di restituirci pace. La vedova in Sareptà di
Sidone stava perdendo la fiducia nel futuro con la morte del figlio,
il corteo funebre di Nain era orientata a generare disperazione in
una donna.
Ma la
Parola di Dio spesso ci ricorda che: Nulla è impossibile a Dio.
La manifestazione della potenza di Dio non è orientata solo a
risollevarci dalla condizione di peccato, ma anche a liberarci dai
drammi che alcune volte si accompagnano alla nostra via e non sempre
ci vedono capaci di elevare lo sguardo verso Dio. Abbiamo bisogno di
una fede più forte nella presenza del Signore, questo fa di noi un
bene prezioso per ogni uomo, credente e non credente, anche perché
Dio nel manifestare la sua misericordia, non fa distinzione di
persone.
Se vogliamo
maturare una migliore coscienza della nostra vocazione di cristiani,
nella nostra dedizione a Dio dobbiamo solo fare spazio a Gesù per
permettergli di operare con la libertà che ne contraddistingue da
sempre l'azione. Gesù entra nella situazione, si guarda attorno con
attenzione, cerca la miseria dell'uomo e la trasforma con gesti di
affettuosità e di sincero amore verso l'altro.
Non ha
bisogno di essere sollecitato, d'altra porte Lui ci stesso ci ha
ricordato che non è necessario fare lunghe preghiere per essere
esauditi. Non vuole neanche essere ringraziato, vuole solo trovare
spazio nei nostri cuori e vuole che il cuore si apra alla gioia
dell'incontro con la misericordia del padre. Lo sguardo di Gesù
cerca sempre lo sguardo della persona, anche se ci sono le folle per
Lui non ci sono altro che persone da incontrare.
Il cammino
della vita per ciascuno di noi presenta molte situazioni di incontro
con Dio: celebrazioni, preghiera personale, pellegrinaggi, incontri
di formazione. Al centro di ogni celebrazione è sempre l'azione di
Gesù. Ma non sempre riusciamo a farne memoria, anche per questo
molti legano la loro storia di fede a questa o a quell'esperienza
ecclesiale, dimenticando che tutto ha inizio con il proprio
Battesimo, ricevuto come un dono prezioso dai nostri genitori fin
dalla più tenera età.
E'
l'apostolo Paolo in uno scritto molto polemico a ricordarci che
tutto si innesta nella fede ricevuta dai padri, è in questa fede
coltivata fin dal grembo materno che si inserisce l'azione di Dio
orientata a trasformare e a perfezionare la comprensione della
propria missione. Nella disponibilità all'azione dello Spirito Santo
tutto diventa particolarmente significativo ed esclusivo, ciascuno
di noi è depositario di una particolare rivelazione di Dio
Questo ci
rende unici e insostituibili davanti a Dio e nella Chiesa. E' una
rivelazione che comprendiamo meglio vivendo come Chiesa, è questo il
significato che l'Apostolo vive nel confronto con Cefa e Giacomo a
Gerusalemme. Ma la propria specificità rimane sempre anche per
questo le Chiesa paoline sono diverse da quelle petrine e da quella
di Giacomo, diverse ma non contrapposte. E' la bellezza della
manifestazione dell'unico spirito nella diversità delle situazioni e
delle comunità ecclesiali.
Certo tutto
deve essere contrassegnato dall'unità e dalla comunione che nella
comunità è rappresentata dal Vescovo. Non tutti e sempre
comprendiamo questa verità ed è per questo che alcune volta la
comunità ecclesiale vive ed ha vissuto nella sua storia divisioni e
lacerazioni. La diversità è diventata contrapposizione, assolutezza di
verità legate a questo o a quel riformatore. O più semplicemente a
questo o a quel sacerdote. La preghiera costante della Chiesa come
quella del Signore è sempre che la comunione venga resa manifesta e
sia testimoniata ogni giorno in ogni cuore.
26 marzo
2016 - Veglia di Resurrezione
Ci
prepariamo alla Veglia della Notte Santa, la Madre di tutte le
veglie celebrate in onore del Signore, è come pervenire ad un
traguardo che si è sperato conseguire da molto tempo e, adesso che è a
portata di mano, sembra rinviare a nuovi orizzonti totalmente
inesplorati. Effettivamente la festa della Pasqua da sempre comporta
una disponibilità innovativa, esige il coraggio di tentare una
impresa, ma anche la soddisfazione di percepire i frutti di un lungo
lavoro.
A cominciare
dalla pasqua degli agricoltori, anche se è improprio chiamarla
così, sappiamo bene che questo termine lo riceviamo dall'azione
dell'angelo sterminatore che comportò la decisione da parte del
Faraone di liberare gli schiavi delle tribù di Israele. Però il
periodo è sempre lo stesso, la natura riapre il suo ciclo produttivo
e la terra dona le primizie del grano, il mondo rurale si
riappropria dell'impegno di valorizzare questo dono del Signore che
poi diventerà il nutrimento e la speranza di un futuro.
Gli antichi
ritenevano che in questo periodo Dio avesse creato l'Universo, anche
per questo la festa dell'incarnazione è stata posta in questa fase
dell'anno liturgico, la nuova creazione, nel giorno della creazione
originaria. Anche la vita della campagna è un'avventura che esige
sempre grande coraggio, dedizione, speranza e infine la gioia di
raccogliere il prodotto che il Signore fa crescere. Anche per questo
motivo, fin dai tempi più antichi, si porta al Signore la
primizia del grano nuovo.
L'esperienza
dell'Esodo non è meno rischiosa del seminare il grano, un lungo
cammino iniziato con l'esaltazione delle grandi opere del Signore
ma, man mano che procedeva si avvertiva sempre più la fatica di
dover affrontare ogni giorno la costruzione del nuovo cammino, e
spesso emergeva come un rifiuto dell'opera stessa di Dio, sopratutto
quando questo esigeva la partecipazione attiva del popolo di Dio.
Come sempre,
Dio è esaltato quando le cose vanno bene, se ne evita l'ascolto e la
disponibilità quando esige i nostri sacrifici. E' una storia che
tutto sommato si ripete anche ai nostri giorni, ma sappiamo bene e
lo apprendiamo proprio dalla Parola di Dio che il cammino non
termina mai, per cui ogni traguardo non è altro che il rilancio di
una nuova meta.
Per gli
ebrei si è trattato della Terra promessa, della monarchia, del
profetismo, della deportazione e ancora tante esperienze che sarebbe
impossibile elencare e descrivere nella loro bellezza e anche nella
loro drammaticità. Ma è la novità permanente dell'azione di Dio che
instancabilmente accompagna e guida la storia dell'uomo verso nuovi
traguardi sempre più ambiziosi, sempre più contrassegnati dal Suo
amore.
Anche quando
sembra che l'uomo faccia di tutto per allontanarsi da Lui, non
mancano presenze amiche che ne riaccendono l'ardore e la voglia di
compagnia. E' in questa dinamica di costante ricerca dell'amicizia
con Dio che si inserisce la novità della nascita di Gesù di
Nazareth, che proprio negli avvenimenti che questa notte celebriamo,
esprime pienamente la potenza gloriosa di Dio che si accompagna
stravolgendolo al fallimento e alla volontà di morte dell'uomo.
E' ancora
una volta un messaggio innovativo, che genera interesse sempre nuovo
per la vita della persone e per l'eternità verso la quale ogni
persona orienta il proprio cammino. In Gesù Cristo ogni uomo scopre
una vocazione nuova che non si esaurisce nella dinamica delle
relazioni terrene, ma ha il suo principio e il suo fine nella
potenza e nella contemplazione di Dio.
Purtroppo
spesso anche nella vita di comunità si da più importanza alle cose
che facciamo noi che non a porre attenzione all'opera che Dio compie
a prescindere dalle nostre azioni. E' accaduto anche nella prima
comunità, troppa attenzione all'opera dell'uomo che aveva sancito la
morte del Figlio di Dio, e poca disponibilità a cercare pienamente
il significato di quello che andava accadendo, Dio ha risuscitato il
Suo figlio unigenito dalla morte.
E' un
incoraggiamento ad aprirci alla potenza dello Spirito Santo, solo
nello Spirito noi riusciamo a cogliere pienamente ciò che Dio vuole
trasmetterci l che non vuol dire che vi aderiamo pienamente, ma
almeno sappiamo verso dove orientare il cammino. D'altra parte
l'opera è di Dio e noi dobbiamo avere fiducia che lui ci condurrà
nella nostra breve esistenza a comprensioni sempre nuove della Sua
volontà amante, che ha bisogno della nostra collaborazione perché
possa manifestarsi pienamente e portare speranza soprattutto agli
sfiduciati.
Buona pasqua
a tutti, il che vuol dire buon cammino sempre nuovo nel fare la
volontà di Dio. Da parte mia non posso che incoraggiarvi alla
preghiera per tute le esigenza dei cuori smarriti e per i tanti
drammi esistenziali che esigono la nostra solidarietà e la nostra
affettuosa attenzione.
23 marzo 2016 -
Mercoledì Santo
Siamo entrati pienamente
nella preparazione della Pasqua del Signore, il Mercoledì Santo è
uno dei grandi momenti liturgici che cominciano a delineare in modo
definitivo la sorte di Gesù. L'ascolto della Parola di Dio ci
propone il dramma del tradimento di Giuda. Non deve essere stato
facile per questo discepolo del Signore, uno dei più fidati visto
che gli era stata affidata la cassa della comunità, fare questa
scelta orientata probabilmente a esaltare in modo definitivo
la sequela e la missione del Maestro.
Certo la relazione dei
fatti per come la descrivono i Vangeli canonici non lascia spazio a
interpretazioni benevoli, Giuda si è mosso per amore del denaro,
Anche in altri brani dei Vangeli non mancano di rimarcare questo suo
atteggiamento negativo, Ma le parole di Gesù lasciano spazio a una
comprensione più ampia e articolata di questi momenti e del ruolo di
Giuda.
Non si tratta di essere
buonisti ma semplicemente di cogliere, anche negli atteggiamenti
negativi delle persone le motivazioni che non necessariamente sono
determinate da volontà omicide, ma troppo spesso sono frutto di
messianismi deviati o di traguardi che orientano altrove le proprie
potenzialità interiori.
Ritengo che anche i
gravissimi fatti che stanno accompagnando la nostra storia recenti
si connotano con la stessa matrice, una profonda idealità, la
volontà di conseguire dei risultati orientati all'affermazione di se
stessi, lottare con accanimento quando sembra che si operi in modo
deviato, o comunque distraendosi dai traguardi sperati.
Certo anche in Giuda non
deve essere stato facile orientare alla possibilità della morte per
il Maestro la sua esigenza di vederlo affermato di fronte alle
autorità giudaiche e a quelle romane. Gesù non ne voleva sapere
aveva nel cuore un altro modello di potere , quello dell'amore verso
tutti e probabilmente questo non coincideva con le motivazioni che
lo avevano spinto a seguirlo.
Insomma il cuore
dell'uomo è assoggettato a tante passioni e in questo caso sono
emerse quelle più definitive. O la va o la spacca, si sarà detto. E
quindi si è lasciato trascinare dalla sue passioni e non dal
progetto del Maestro, è quello che noi chiamiamo il tradimento ma
Gesù non lo rinnega e lo cerca fino all'ultimo istante.
L'amore non diventa mai
odio per cui cerca sempre coloro che ne sono destinatari, quindi
tutti gli uomini del mondo, compreso Giuda. Questo atteggiamento
alcune volte apre alla conversione, altre volte non ci si concede il
tempo di cogliere il valore dell'azione di Dio che è così diversa da
quella dell'uomo, in questi casi emerge la disperazione.
Dobbiamo affermare che in
questi drammi determinati dai kamikaze si esprime tutta la
disperazione dell'uomo di oggi, al quale è stato tolto il dono
dell'amore di Dio attraverso una campagna sistematica e ormai
secolare di ateismo pratico che caratterizza anche molti credenti,
ci si afferma credenti ma si vive in modo materialistico.
Anche questi giovani che
si fanno esplodere non appartengono alle fede islamica ma al
materialismo credente europeo, che radicalizza le proprie
convinzioni fino a desiderare la distruzione degli altri che non le
condividono. Ne abbiamo già fatto esperienza con le tante mafie che
infestano i nostri territori, con le ideologie fasciste, naziste,
comuniste, ma per amore di verità dovremmo dire anche imperialiste,
colonialiste.
Troppo spesso per
presunzione di civiltà ci siamo arrogati il diritto di sterminare
intere comunità semplicemente perché appartenenti ad altre culture,
ad altre fedi, o per bramosia di denaro e di potere. Non
dobbiamo stupirci che ancora oggi, anche se con motivazioni diverse
e ideologia usate in modo strumentale, si cerca di conseguire le
stesse finalità come ha cercava di fare Giuda, e sopratutto con gli
stessi strumenti.
27
gennaio 2016 - III Domenica Tempo Ordinario
Ogni Domenica il Signore ci
chiede di metterci in ascolto della Parola che Lui ci ha donato come
lampada che guida i nostri passi. Ma questa Domenica siamo
chiamati a comprendere anche l'ascolto della parola come una
bellissima azione liturgica che ci rende presente Gesù in ogni suo
momento. Siamo anche incoraggiati a modificare un atteggiamento che
ha trasformato le nostre aule liturgiche in centri di lettura,
mentre dovremmo educarci ad ascoltare la Parola:
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo
spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini,
delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il
popolo tendeva l’orecchio al libro della legge.
Noi cristiani sappiamo che la Parola è Gesù,
per cui dobbiamo educarci ad ascoltarlo:
I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e
spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura.
L'autore ci
chiede di sentirci parte di questa azione liturgica che i deportati
di Babilonia vissero al loro ritorno a Gerusalemme, la situazione
era difficile anche perché dovevano riprendere a vivere in una città
semidistrutta. Anche per questo si rese necessario accentuare la
solennità e il rispetto dell'assemblea liturgica. Ma come accade
quando il dolore sembra essere particolarmente vivo nel cuore
dell'uomo, neanche gli incoraggiamenti e la la presenza viva di Dio
riuscivano a trasmettere gioia:Questo
giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non
piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le
parole della legge.
Ma la vita deve continuare e anche per questo il tutto viene
concluso con un banchetto rituale che noi potremmo comparare con la
nostra eucaristia, da condividere con tutti anche con coloro che non
potevano essere presenti all'azione sacra: Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini
dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato,
perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi
rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza». E'
una frase molto bella che ci aiuta a vivere meglio, noi siamo forti
solo quando sentiamo che quello che viviamo è la volontà di Dio.
Nello scrivere la narrazione della sua vita di Gesù, l'evangelista
Luca avverte l'esigenza di farlo precedere dalle motivazione che ne
hanno determinato la stesura. Da questa introduzione noi impariamo
che quando questo evangelista scrive andavano morendo gli Apostoli,
che i cristiani avevano bisogno di essere rinvigoriti nella fede e
che molti altri avevano già scritto su Gesù. Per cui dobbiamo
pensare che Luca avesse davanti agli occhi molti scritti ai quali
poter attingere e tra i quali scegliere i racconti che intendeva
inserire nel suo Vangelo:
così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni
circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato
... in modo che tu possa renderti conto della solidità degli
insegnamenti che hai ricevuto.
Poi entriamo nel vivo della scena, Gesù è adulto, ha già ricevuto il
battesimo di Giovanni, ha già scelto alcuni discepoli, ha già
operato dei segni che lo hanno reso noto in tutta la Galilea. A
questo punto avverte l'esigenza di ritornare a Nazareth, capita
ancora oggi che quando uno ha conseguito dei risultati avverta
l'esigenza di restituirsi al suo ambiente naturale, anche per far
conoscere al sua nuova condizione di vita:
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di
sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere.
Il testo esprime la naturalezza delle sue azioni, tutto si svolge
per come aveva fatto sempre.
La scena è molto descrittiva per cui possiamo sentirci anche noi
presenti all'interno della sinagoga:
Gli fu dato il
rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era
scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato
con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio
...».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella
sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
E' come la nostra liturgia della Parola, a questo punto tutti
aspettavano che spiegasse ciò che era stato proclamato nel testo del
Profeta.
Ed è a questo punto che accade l'imprevedibile, Gesù dichiara
pubblicamente che è iniziato con Lui l'avvento del Regno di cui
parlava Isaia:
Allora cominciò
a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete
ascoltato».
Anche nella nostra vita ci deve essere questo oggi, così definitivo
che determina un cambiamento fondamentale che ci fa uscire dal
qualunquismo e dalla abitudinarietà. In virtù di questo oggi ogni
momento diventa prezioso anche perché è animato dallo Spirito Santo
e aperto al servizio verso gli altri in nome di Dio.
E' proprio
questa realtà che si realizza con il nostro inserimento in Cristo,
mediante il Battesimo, che ci propone l'Apostolo. Lo fa aiutandoci a
comprendere i nostri rapporti interpersonali nella dinamica del
corpo articolato in tante membra unite a Cristo che è nostro capo.
E' grazie all'inserimento in Lui che anche noi possiamo considerarci
figli di Dio, ed è grazie a Lui che noi partecipiamo dalla Grazia di
Dio:
Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le
membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche
il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo
Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti
siamo stati dissetati da un solo Spirito.
Sappiamo tutti
bene che non sempre comprendiamo questo dono di essere famiglia
cristiana, anche per questo ci sono tante ingiustizie tra le persone
e tra i popoli. Ma non dobbiamo desistere, percorrendo la via della
santità, a cooperare al progetto di Dio che ci vede come un'unica
famiglia visitata e animata dallo Spirito di Cristo:Ora
voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue
membra.
Leggerci in questo modo non può che alimentare in noi l'anelito alla
comunione e alla realizzazione del regno di giustizia e di pace che
Gesù ha iniziato tanti anni fa e che ha affidato a noi tutti.
Il Salmista ci
ricorda l'impegno di non distrarre il nostro sguardo dagli
insegnamenti del Signore, è in questa fedeltà la nostra pace e la
nostra gioia:
La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza
del Signore è stabile, rende saggio il semplice.
I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando
del Signore è limpido, illumina gli occhi.
Avere confidenza nell'aiuto e nella presenza di Dio nella nostra
vita fa di noi persone carichi di speranza e aperte alla gioia del
dono di se.
20
gennaio 2016 - II Domenica Tempo Ordinario
La
ripresentazione del tempo ordinario possiamo caratterizzarla come
una particolare attenzione alla costruzione e all'amore verso a
città dell'uomo che per noi significa semplicemente amore verso Scalea.
E' il profeta Isaia a chiederci di osare di
per amore di Dio nella disponibilità a dare speranza alla città del
cuore, che per lui era Gerusalemme ma che per noi è la nostra
Scalea:
Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi
concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la
sua salvezza non risplenda come lampada.
Non dobbiamo darci pace finché non ci sia pace e amore per la nostra
città e nella nostra città.
Occorre operare
per restituire il protagonismo ai cittadini, cogliendo la
possibilità di aprire all'amore la gioia di sentirsi comunità e
anche la possibilità di aprire alla vita comune tutte le relazioni
che si accompagnano alla possibilità di costruire un modo nuovo di
relazionarci. Dobbiamo riuscire a trasmettere la sensazione di
sentirsi amati, cercati e non abbandonati:
Nessuno ti
chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il
Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi
figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà
per te.
Non sempre è
facile trasmettere queste sensazioni anche perché i credenti non
sempre contraddistinguono la loro disponibilità con la dedizione
amante di cui parla il profeta, però è questo che ci chiede il
Signore, i cristiani devono concorrere con il cuore e con la
testimonianza alla costruzione della fiducia nel futuro e della
vivibilità dell'ambiente nel quale il Signore ci ha posti.
Anche
l'evangelista Giovanni, incoraggia a cogliere il valore dell'amore
nella disponibilità essere più attenti, nei confronti
delle difficoltà che dobbiamo affrontare per restituire la
gioia a coloro che hanno bisogno di essere sostenuti. Tutto nasce da
una situazione sostanzialmente ordinaria, che l'evangelista ci
descrive con la ovvietà della situazione:
In quel tempo, vi fu una festa di
nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle
nozze anche Gesù con i suoi discepoli. E' una normale festa
sponsale per cui tutto scorre in un clima gioioso e spensierato,
come accade in tanti nostri matrimoni, non quello che si vive in
chiesa ma quello che poi si celebra nei ristoranti.
Forse per il
numero degli invitati, magari perché si era bevuto troppo accade
l'impensabile:
Venuto a mancare il vino, la madre
di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che
vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Tutto ciò che
sembrava scorre in modo ordinario assume la connotazione
dell'inquietudine, dettato dall'imprevedibile. Certo potremmo
chiederci ma come mai la madre di Gesù sente il dovere di
coinvolgersi, essendo semplicemente invitata per cui non
immediatamente al centro dell'attenzione, noi non sapremmo cosa
rispondere, però accade questo, la madre di Gesù avverte l'esigenza
di intervenite perché gli sposi abbiano modo di vivere con gioia
questo girono di festa, ed invoca l'aiuto del suo figlio Gesù.
Lei sa che il
figlio non la deluderà, per cui chiede ai servi di essere pienamente
disponibili:
Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».
Il resto lo conosciamo bene, ciò che a noi può insegnare è che
non dobbiamo mai temere di essere abbandona da Dio e quando questo
ci accade non dobbiamo fare altro che invocare l'aiuto del Signore,
mediante l'intercessione della sua madre Maria. Per l'evangelista
Giovanni a Cana inizia l'avvento del Regno di Dio e inizia anche la
sequela dei discepoli che da allora non abbandonano il loro maestro:
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù;
egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Dobbiamo
ammettere che è meno chiaro quello che è accaduto dopo, ma ormai
abbiamo imparato che i discepoli non intendono venire incontro alle
nostre curiosità, per cui lasciano sospesi gli avvenimenti
immediatamente successivi, alla discesa a Cafarnao, che fecero
insieme ai familiari di Gesù, che poi però spariscono dalla scena
nella cittadina sul lago. L'apostolo Paolo ci riporta ai nostri
impegni ordinari
e ci ricorda anche che il protagonista di questi impegni non siamo
noi ma lo Spirito Santo:
Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi
ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma
uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
Insomma nella diversità degli incarichi e delle attività che viviamo
al servizio della Chiesa, non dobbiamo mai dimenticare che ogni cosa
ha la sua origine nello Spirito Santo di Dio.
Qualora questo
non fosse chiaro, evidentemente non lo era come non è neanche ai
nostri giorni, lui sottolinea nuovamente che:
A ciascuno è data una manifestazione particolare
dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello
Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece,
dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello
stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono
delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono
della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un
altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle
lingue.
La centralità è data a qual bene comune così poco di moda anche ai
nostri giorni. Insomma il Signore ci dona della capacità non per
farci esaltare di fronte agli altri ma semplicemente per aprire il
nostro cuore al servizio dei fratelli.
Ed è per questo che ancora una volta il
salmista incoraggia a non fare nei narcisismi spirituali ma a
cogliere nella lode al Signore il senso più autentico del nostro
stare insieme come comunità di fede:
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra. Cantate al Signore,
benedite il suo nome.
Annunciate di giorno in giorno la sua
salvezza. In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i
popoli dite le sue meraviglie.
13 gennaio
2016 - Battesimo del Signore
Il Battesimo del Signore, nel racconto che ne fa l'evangelista Luca,
è totalmente essenzializzato
nel senso che da per scontato che chi legge sappia da altre fonti i
particolari dello svolgimento dei fatti accaduti sulle rive del
Giordano. Lui si limita ad affermare che anche Gesù ha ricevuto il
Battesimo da Giovanni:
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto
anche lui il battesimo ...
in realtà la sua attenzione è orientata a focalizzare quello che
accade dopo:
stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo
Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce
dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio
compiacimento. E' l'elezione a figlio nella sua condizione
mortale, una elezione che coinvolge ciascuno di noi fin dal momento
del nostro Battesimo, perché anche noi abbiamo ricevuto o Spirito
del Signore e così siamo stati inseriti nel Corpo Mistico di Cristo.
Quanto tempo è
rimasto Gesù al Giordano prima di ricevere il Battesimo? i Vangeli
non si attardano in questa descrizione solo l'evangelista Giovanni
ci viene a ricordare che dopo, anche Gesù battezzava, in un luogo a
parte sempre sul Giordano ma è una scena che non ha molta fortuna
nella nostra conoscenza della vita de della missione di Gesù. Tutto
viene contestualizzato nell'ambito delle attese giudaiche del Messia
che ancora una volta chiarisco era molto diversificata, non si
identificava totalmente con il Messia guerriero della discendenza
davidica, ma anche in quello sacerdote capace di purificare le
devianze che venivano vissute all'interno del Tempo di Gerusalemme,
o ancora in quello profetico vigoroso e capace di scuotere da un
modo di vivere la fede apatico e rituale.
E' in questo
contesto che leggiamo il profeta Isaia, il quale è chiamato da Dio
ad incoraggiare i deportati in terra di esilio che fanno ritorno in
Gerusalemme. E' una parola di consolazione che il Signore gli chiede
di annunciare, ma anche una speranza che devono cogliere nel
ripercorrere il deserto per cogliere pienamente il nuovo messaggio
di speranza che Dio intende donare loro:
Nel deserto preparate la via al
Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.
Ogni intervento di Dio deve
essere colto come un dono, ma anche come una richiesta di impegno,
Il signore vuole che i deportati ritornino nella terra dei Padri, ma
chiede loro di purificarsi e di orientare meglio verso di Lui i loro
cuori e le loro azioni.
Poi si
annuncia in modo vigoroso una visione nuova della salvezza, non si
parla più di eserciti che si scontrano ma di una presenza velata di
Dio che si caratterizza nell'immagine del gregge e del pastore:
Alza la voce, non temere: Ecco il vostro Dio! ... Come un pastore egli fa
pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli
agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri.
E' una immagine che ritorna spesso nel messaggio dei profeti, ma
stenta a fare breccia nel cuore dei credenti di allora che erano
ebrei, ma anche di oggi per molti tra noi cristiani è difficile
cogliere la bontà assoluta di Dio quale strumento basilare per la
realizzazione del Regno. Anche per questo molti contestano al Santo
Padre una immagine eccessivamente caritativa, molti vorrebbero una
Chiesa più integralista, più orientata a mostrarsi potente secondo
gli uomini.
Ma questo certamente contraddirebbe
la Parola di Dio che è totalmente orientata a mettere in mostra la
potente azione di Dio nella Sua dedizione alla carità,
gratuitamente interviene per la nostra salvezza. Troppo spesso
l'amore verso Dio viene strumentalizzato per mercatini e interessi
personali, accadeva una volta e continua ad accadere ancora oggi. E'
evidente che chi lo fa non vive secondo Dio, anche se parla e opera
in nome di Dio. L'Apostolo Paolo avverte l'esigenza di trasmettere
al discepolo Tito questi insegnamenti: E' apparsa
la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna
a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo
mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà ... Egli ha dato se
stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un
popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
Sono parole semplici e immediate che aprono alla comprensione
della salvezza quale dono esclusivo di Dio, un dono di cui non
dobbiamo mai stancarci di ringraziarlo.
Avverte
anche l'esigenza di aiutare Tito a comprendere che la Salvezza
esprime l'amore che Dio ha verso di noi, amore al quale dobbiamo
corrispondere senza presunzione di eventuali diritti acquisiti in
merito alle cose che riteniamo di fare per il Signore:
Egli
ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua
misericordia, con un'acqua che rigenera e rinnova nello Spirito
Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù
Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia,
diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.
Non dobbiamo mai perdere di vista l'eternità altrimenti tutto perde
di vigore e anche la comprensione del dono rischia di restare
svilito nella tante cose da fare ogni giorno.
La speranza eterna ci viene donata fin dal momento del nostro
battesimo e dobbiamo vivere cercando di camminare nella via della
santità, con grande umiltà e anche attenzione, perché le tentazioni
sono tante e anche la possibilità di sbagliare è sempre presente
nella nostra vita. Riprendendo il Vangelo ricordo anche a me stesso
che Gesù, dopo il Battesimo, era in preghiera. La preghiera rimane
la vera e sola energia capace di superare ogni difficoltà.
6
gennaio 2016 - Epifania del Signore
La
celebrazione dell'Epifania chiude questo lungo periodo
caratterizzato dalla centralità del mistero di Dio che si
rende presente in mezzo a noi nel bambino di Betlemme. E' un mistero
di amore mai esplorato totalmente anche perché contrassegnato da
molte iniziative che distraggono dal messaggio di salvezza che il
Natale vuole rappresentare per tutti coloro che cercano la speranza
e, in qualche modo, ritengono di poterla vivere incontrando Gesù.
E' sempre bene
ripeterci che abbiamo troppo istituzionalizzato questa gratuità,
d'altra parte è anche un modo per appropriarcene e trasformare così
un dono, in una proprietà privata. Per cui se uno vuole incontrarsi
con Gesù deve farlo per come noi riteniamo. Forse non era questo il
progetto di Dio, anche perché è vero che per realizzarlo ha avuto
bisogno di una disponibilità credente piena e matura, ma è anche
vero che questa disponibilità ha esigito una rilettura costante
proprio in virtù del fatto che la scena davanti ai protagonisti si
dilatava a vista d'occhio e anche oltre, in modo inimmaginabile.
L'annuncio a
Maria della divina maternità nel segreto di Nazareth, poi la
tormentata accoglienza da parte di Giuseppe quale corresponsabile
della vita di Gesù, quindi la conferma da parte di Elisabetta con la
nascita di Giovanni, il cammino verso Betlemme per il censimento,
poi la nascita nella notte santa nel disagio di una grotta, la
sorpresa dell'arrivo dei pastori che avevano ricevuto un messaggio
di speranza, la presentazione di Gesù a Dio con la profezia di
Simeone e la gioia di Anna e infine l'arrivo dei Magi. E' stato un
cammino lungo che spingeva a cercare sempre più intensamente il
senso della disponibilità iniziale.
Se vogliamo la
storia di ogni vocazione è proprio così, si inizia da una
disponibilità alcune volte neanche compresa pienamente, poi Dio ti
dona di vivere esperienze ma pensate possibili. Ciò che conta è
guardare all'azione di Dio con fiducia. L'azione di Dio è semplice
nelle sue intenzioni: ogni uomo deve poter conseguire la salvezza.
Alcune volte diventa più difficile nella realizzazione, proprio in
virtù di quello che dicevo inizialmente. Il problema vivo e sempre
attuale è quello di liberare l'azione di Dio dalle interpolazioni e
ritualizzazioni umane.
In questo caso
la Festa dell'Epifania viene restituita alla bellezza iniziale. Per
cui ci viene detto che attraverso il cosmo l'uomo può vivere la
Grazia di cercare e di incontrare Dio. Che incontrare Dio nella
disponibilità dell'adorazione non significa vivere una qualche
sequela istituzionalizzata, ma semplicemente trarne gioia per se
stessi e per coloro che ci viene donato di incontrare. E' una gioia
di cui noi non siamo proprietari ma verso la quale viviamo una
disponibilità, un servizio. In seguito sembrerà che questo non fosse
sufficiente e furono aggiunti altri Vangeli (apocrifi) orientati a
trasformare i magi in credenti convinti.
Sono stati
giorni molto intensi di spiritualità e di preghiera, anche se come
ormai va accadendo le nostre chiese non si riempiono di fedeli. Solo
il giorno di Natale ha corrisposto all'attesa della comunità che
prega e ringrazia per il dono ricevuto. Anche in altre celebrazioni
la chiesa ha donato la gioia di accogliere tanti fedeli, ma so che
non sono della nostra comunità, non questo era meno bella la
celebrazione ma con la comunità i bambini, i ragazzi e i giovani è
un'altra cosa. Sarebbe ingiusto elevare il lamento invece dell'inno
di gioia, anche perché il Signore ci ha donato di vivere realmente
dei momenti di festa.
E' il Natale
del Signore, il che vuol dire un momento di pace, di vita familiare,
di condivisione nella fraternità, di attenzione agli ammalati, di
accoglienza verso i non credenti, di sostegno nei confronti delle
povertà, scambio di doni, ma soprattutto occhi che si incontrano
nella gioia di stare insieme con semplicità. Nel Natale tutto deve
essere semplice, altrimenti non si riesce a cogliere pienamente la
bellezza del dono che Gesù rappresenta per tutti. Ma anche la
bellezza e l'importanza di essere noi un dono per tutti. Il Santo
Padre ci aiutato a capire che il Natale è ciascuno di noi.
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