PROGETTO PASTORALE 2014/2017

Presentazione
Ogni
comunità parrocchiale si caratterizza per le sue specificità spirituali,
umane, per i doni particolari che la rendono diversa, unica e nello
stesso tempo preziosa, all’interno dell’unica Chiesa diocesana, ed è
chiamata a manifestare la presenza di Gesù Cristo mediante la
testimonianza di vita di tutti battezzati che ne sono parte.
Il
compito del Parroco e di coloro che cooperano con lui, è perciò quello
di cogliere tutti questi doni che vengono dallo Spirito, di valutarli
nella loro bontà e fare opera di discernimento.
Nella
sensibilità umana che la comunità deve esprimere in quel determinato
territorio al primo posto è opportuno mettere i bisogni più immediati
della Chiesa di oggi, che possono variare a secondo dei tempi e delle
situazioni. Nella pastorale, almeno nei modi, non si dovrebbe ripetere
mai nulla di quanto già vissuto precedentemente, altrimenti si può
correre il rischio di sconfinare nel tradizionalismo, nella ritualità o
peggio ancora nella musealità, dove tutto diventa inamovibile e
ripetitivo.
La
coscienza della missione che oggi si deve portare avanti, rende
insostituibile la stesura di un progetto pastorale, che non è la
semplice lettura di una realtà colta negli atteggiamenti salienti ed
estemporanei del nostro tempo, ma una vera ricerca interiore alimentata
dalla preghiera personale e della comunità, orientata alla
valorizzazione progettuale, lineare e sistematica di tutto quando il
Signore pone nel cuore dell’uomo per il bene di tutti.
E’ anche
una occasione propizia per riflettere sul significato della vita della
comunità cristiana in un determinato territorio in quel particolare
periodo storico.
Anche la lettura del progetto pastorale non va intesa come un esercizio
accademico, ma deve essere alimentata dalla volontà di sentirsi parte
della vita di comunità. Una comunità parrocchiale che deve essere
conosciuta e compresa, non solo nella tante attività che porta avanti,
ma soprattutto nelle ansie pastorali, nelle attese spirituali, nelle
fragilità umane di cui ogni comunità è portatrice.
Non
sempre e tutti riescono a rendersi conto di questa complessità
relazionale che ruota all’interno di una comunità parrocchiale, anche a
motivo di una vita sociale che viene vissuta in modo frenetico, spesso
disarticolata nei valori ai quali si dedica il proprio tempo, non sempre
orientata alla costruzione della famiglia cristiana, della società
cristiana.
Da
circa due anni il Vescovo Mons. Leonardo Bonanno, ha affidato a me la
responsabilità di animare la vita di questa comunità, che colgo e
presento ricchissima di esperienze di umanità, complessa nelle relazioni
sociali e familiari, bisognosa di una migliore comprensione della vita
spirituale e della sua vocazione cristiana. Certamente rappresenta una
porzione della Scalea di domani, della quale, a tutt’oggi, non sempre si
riescono a cogliere stabili valori di riferimento dal punto di vista
spirituale e morale.
La
nostra è una città bella sotto molti aspetti, nonostante le molteplici
situazioni di degrado ambientale, sociale e spirituale che si
accompagnano alla sua storia attuale. La parrocchia si è sviluppata in
quella che una volta era la campagna di Scalea, per cui il monumento più
bello che il Signore ci dona di contemplare e che ci chiede di
valorizzare sono i ragazzi e i giovani, permanente novità dell’amore e
della gioia di Dio.
In
questi anni, per il tempo che il Signore ci donerà di condividere,
abbiamo la grave responsabilità di operare perché i nostri figli colgano
la parrocchia come la loro casa, come ambiente ordinario della loro
crescita spirituale e sociale, e come trampolino di speranza per il loro
desiderio di futuro.
E’
la missione che il Signore da sempre affida alla Chiesa in questa terra,
cristianizzata fin dal periodo romano, arricchita dalla spiritualità
orientale con la presenza bizantina, poi incastellata nella fase feudale
e arroccata ai piedi della Madonna del Carmine, sua celeste Patrona.
Oggi è incamminata verso il suo futuro che in gran parte è affidato
anche alla nostra fede, al nostro entusiasmo. Avverte l’esigenza di una
nuova evangelizzazione e noi, totalmente affidati alla Vergine Santa,
abbiamo il dono di contemplarlo luminoso davanti ai nostri occhi e di
poter operare perché sia visibile ad ogni fratello e ad ogni sorella che
cerca pace nell’amore del Signore.
Scalea 8 dicembre 2014
Festa dell’Immacolata Concezione
Il
Parroco
Mons. Cono ARAUGIO
Analisi
d’ambiente
La
nostra è una parrocchia giovane, potremmo dire che è nata da poco, o
meglio, è ancora nel grembo materno in attesa di maturare una propria
identità spirituale e sociale. E’ stata eretta canonicamente nel momento
di massima espansione edilizia della nostra città, questi nuovi
insediamenti sono stati costruiti come una grande periferia,
contrassegnata dall’anonimato urbano che spersonalizza le tante anime
che negli ultimi decenni sono venute ad abitarvi.
Dalla
Bolla di erezione della Parrocchia ci vengono ricordate le motivazioni
che ne determinarono l’istituzione:
Nelle
località Fischia, Cotura, Arenella di Scalea, si è verificato in questi
ultimi anni un considerevole sviluppo edilizio, con conseguente aumento
della popolazione. Essa, per la distanza dalla chiesa parrocchiale di
San Nicola in Platea, ha ricevuto particolare assistenza spirituale … in
un locale terraneo messo a disposizione da un fedele.
La
stessa popolazione grata di quest’opera e sensibile ad un’assistenza
completa, ha reclamato la presenza costante e giuridicamente definita
del sacerdote, anche perché ad essa, nei mesi estivi, si aggiungono
numerosi turisti.
Pertanto, invocato il nome di Dio e della Beata Vergine Maria, col voto
unanime del Capitolo Cattedrale e del Consiglio Presbiterale, col parere
favorevole del Vicario Foraneo e dei due parroci di Scalea, siamo venuti
nella determinazione di istituire, con la Nostra ordinaria autorità, la
nuova parrocchia sotto il titolo di “San Giuseppe Operaio”,
dismembrandola e dividendola dalle altre due parrocchie di “San Nicola
di Platea” e “Santa Maria d’Episcopio”.
La
nuova parrocchia è contenuta nei seguenti confini: a nord Canale Tirello
fino al ponte di Via Lauro, Via Birago, Via fiume Lao fino alla Tenuta
Marghetich, e lungo la Tenuta Margetich in linea retta fino al mare; ad
est Ferrovia dello Stato, dalla stazione fino al Fiume Lao; a sud Fiume
Lao; ad ovest Mar Tirreno.
Così
abbiamo stabilito e così ordiniamo che sia fatto.
Dato
a Cassano Jonio nel giorno dell’apparizione della Madonna di Lourdes
11
febbraio 1974
+
Domenico Vacchiano, Vescovo
Nella responsabilità pastorale e canonica della comunità si sono
succeduti Don Antonio Didona, durante il suo ministero è stata eretta la
Chiesa parrocchiale, Don Michele Oliva che ha provveduto all’acquisto
dei Locali pastorali, all’erezione del Campanile e alla costruzione
della Chiesa della SS. Trinità. Non è possibile parlare dello zelo
pastorale e delle tante iniziative con le quali, durante il loro
ministero hanno intese corrispondere all’anelito per la costruzione
della porzione di Regno di Dio loro affidata.
Oggi, anche a motivo del ritorno improvviso alla Casa del Padre di Don
Michele, è stata affidata a me la grave responsabilità di continuare il
cammino che la comunità ha intrapreso circa quaranta anni fa. Ci è stato
lasciato un esempio prezioso di entusiasmo pastorale soprattutto dal
punto di vista catechistico, che noi non dobbiamo dimenticare e dal
quale abbiamo molto da imparare. La nostra è un parrocchia abitata in
gran parte da coppie giovani, per cui dobbiamo continuare l’impegno di
costruire la speranza per i bambini, ragazzi e i giovani che
rappresentano la vera caratteristica della nostra parrocchia e non
vogliono sentirsi trascurati nelle loro attese.
I luoghi
di culto
La
nostra parrocchia ha vissuto i suoi primi anni, celebrando i momenti
liturgici e sacramentali in un garage situato in via Pepe. Sono stati
anni molto intensi ed emozionanti, durante i quali la comunità, grazie
anche all’impegno di tanti fratelli e di tante sorelle, ha intrapreso il
suo cammino di evangelizzazione nel territorio allora caratterizzato da
una presenza quasi totalmente rurale. Come sempre i primi passi sono i
più importanti e, alimentati dalla vita di preghiera e dallo zelo
pastorale vissuto intensamente con zelo missionario, riuscirono a
suscitare entusiasmi e collaborazioni umanamente inimmaginabili.
Chiesa
San Giuseppe Lavoratore
I
lavori di costruzione della nuova chiesa, iniziarono in data 14 marzo
1977 e furono completati il 30 aprile 1978. Edificio moderno, modello di
edilizia sacra contemporanea, venne progettato in ottemperanza alle
esigenze della nuova liturgia dettata dal Concilio Vaticano II. A forma
esagonale, con ampie vetrate. All’interno, delimitata dalla parete e da
due colonne, una semplice ed elegante abside; al centro una solenne
mensa eucaristica in marmo, e sulla parete l’artistico Tabernacolo …
Di
fronte all’abside è il pronao che poggia sulle due colonne dirimpettaie.
A sinistra del pronao stesso una lapide ricorda la consacrazione
dell’edificio, celebrata da mons. Antonio Cantisani, allora arcivescovo
di Rossano, il 1° maggio 1978.
L’impianto strutturale della Chiesa è rimasto lo stesso, mentre l’area
presbiterale negli anni 1999/2000, durante il ministero di Don Michele
Oliva, ha avuto una rilettura in chiave neocatecumenale. Inoltre le
finestre sono state istoriate con la rappresentazione di alcune scene
bibliche dell’Antico Testamento e con i misteri del Santo Rosario.
L’interno della Chiesa è stato arricchito da dipinti, raffiguranti i
Misteri della Luce.
Negli anni 2013/2014 è stato restituito alla primitiva impostazione
architettonica, si è anche cercato di semplificare l’impianto
ornamentale ligneo che appesantiva l’ambiente liturgico. Sono state
create nicchie per accogliere le statue, è stata riqualificata la
Cappella della Riconciliazione, inoltre il Tabernacolo, l’Ambone e la
Via Crucis sono stati realizzati con i mosaici.
Chiesa
SS.Trinità
La
costruzione diquesto luogo di culto ha avuto inizio nell’anno 1997,
realizzato con i contributi della CEI, è stato inaugurato il 27 marzo
1999. Era pensato per dare stabilità al servizio liturgico/pastorale
della comunità in un’area periferica della parrocchia: Campo Volo,
Pantano, Lintiscita, Impresa, Sant’Angelo. L’immobile molto complesso
strutturalmente, non è stato mai valorizzato pienamente. La successiva
determinazione canonica a Rettoria, ha contribuito a creare l’identità
della doppia appartenenza tra Parrocchia e Rettoria, ed ha generato un
improprio frazionamento nella vita spirituale ed ecclesiale dell’unica
comunità di San Giuseppe Lavoratore.
Non
lasciatevi rubare la speranza
E’
una frase che il Santo padre Papa Francesco ripete spesso soprattutto
rivolgendosi ai giovani, anche per questo la sento particolarmente
rivolta alla nostra comunità che è prevalentemente formata da giovani.
Sono quasi due anni che il Signore ci ha donato di stare insieme per
lavorare in questa porzione del Regno di Dio qui a Scalea, un tempo
prezioso durante il quale, insieme agli altri Parroci e a coloro che
cooperano nell’impegno pastorale, abbiamo cercato di cogliere i segni
della grazia che il Signore ha donato alla nostra città. Scalea si
presenta come una cittadina con circa 12.000 residenti, caratterizzata
ormai da molti anni dall’esplosione residenziale estiva che per molti
aspetti caratterizza e stravolge il modo ordinario di relazionarci
durante l’anno.
Non possiamo tacere la profonda preoccupazione che accompagna oggi il
nostro impegno pastorale, anche alla luce di quanto è emerso in modo
evidente in ordine alla illegalità diffusa che caratterizza le relazioni
quotidiane.
La grave
crisi
politica, istituzionale
di questi ultimi mesi, ha reso più evidente ciò che era sommerso ma già
visibile, conosciuto, da tanti ovvero l’aggressione della criminalità.
L’atteggiamento conseguente della cittadinanza è oggi di paura, di
sconcerto ma anche un po’ di omertà! E’ evidente una grave situazione
socio-economica ma soprattutto un senso di resa, di impotenza, una
mancanza di fiducia che sta invadendo ogni persona in modo trasversale.
Persone di qualsiasi età o situazione sociale sembrano ancor di più non
avere alcun punto di riferimento. Non si ha fiducia né nello stato, né
nella giustizia, ogni riferimento è svanito e ci si sente impotenti ed
inutili. A livello amministrativo si vive una fase di transizione ma
anche di paralisi non vi sono riferimenti stabili istituzionali,
riferimenti per la cittadinanza!(Dal
Progetto Educativo del Gruppo Scout Scalea 1° B. DE BONIS).
Come comunità cristiana siamo sollecitati a comprendere, con maggiore
attenzione, in che modo il Signore ci chiede di renderlo presente nelle
azioni di ogni giorno ordinate alla evangelizzazione, al ringraziamento
e alla vita di carità. Che tradotti in atteggiamenti sociali significano
lealtà verso lo stato, rispetto delle leggi, impegno nel far crescere la
vivibilità e il rispetto nella città.
Il
Santo Padre, rivolgendosi a noi, cristiani di Calabria, chiede di essere
coraggiosi assertori del bene e del rispetto, di fare frontiera contro
la cultura e la civiltà del male che è orientata al malaffare e alla
sopraffazione. Chiede anche di vivere con coerenza la testimonianza del
bene, rigettando tutto ciò che vi si oppone e tutto quanto da’ spazio
all’azione del male nella nostra vita e anche nella nostra città:
Quando all’adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del
denaro, si apre la strada al peccato, all’interesse personale e alla
sopraffazione; si diventa adoratori del male, come lo sono coloro i
quali vivono di malaffare e di violenza. La vostra terra, tanto bella,
conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. La ’ndrangheta è
questo:
adorazione del male e disprezzo del bene comune.
Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! La
Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di
più spendersi perché il bene possa prevalere.
Dobbiamo
crescere, in una maggiore comprensione della responsabilità personale e
del bisogno di un rinnovato protagonismo personale capace di
coinvolgere tutti, per la costruzione della vivibilità rispettosa della
legalità anche qui a Scalea.
Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare.
Quando pensiamo di essere soli a lottare per il trionfo del bene, quando
sembra che tutti ci abbiano abbandonato, dobbiamo aprirci alla speranza
che la presenza del Signore alimenta nei nostri cuori. E’ nella vita di
preghiera che il cristiano recupera pienamente la pace interiore e il
senso della propria vita da spendere nella condivisione della Croce di
Cristo, manifestazione dell’amore con il quale Dio ci ama e di come
dobbiamo amarci vicendevolmente.
Ma può
accadere, che il male trionfi anche per colpa di una comunità cristiana
omertosa e narcisista, chiusa in se stessa, nelle proprie celebrazioni,
nelle proprie processioni, incapace di denunciare il male sociale.
Questo modello di comunità, corre il rischio di diventare incapace di
interagire con coloro che nel territorio comunque operano perché il
bene trionfi, nella semplicità di una vita spesa onestamente al servizio
della propria famiglia e al servizio della comunità cristiana e sociale.
Mi
permetto di aggiungere che, alcune volte, anche nelle nostre comunità
parrocchiali, corriamo il rischio di far transitare atteggiamenti di
rinnegamento della fede, quando si cerca di primeggiare a tutti i costi
generando e operando ogni male nei confronti dei fratelli, semplicemente
perché non la pensano come noi, che vorrebbero proporre un modo diverso
di essere Chiesa o, peggio, quando si perseguono interessi personali nei
luoghi resi preziosi per la presenza del Signore da rendere visibile
mediante una testimonianza vissuta nella gratuità e nella solidarietà.
Anche le nostre sagrestie, gli ambienti parrocchiali hanno bisogno di
essere purificati da atteggiamenti che non testimoniano l’amore di
Cristo, troppo spesso proprio in coloro che vivono quotidianamente un
più stretto rapporto con Gesù.
La
comunità cristiana in una società che cambia
Scalea continua ad essere profondamente segnata dalla tradizione
religiosa cristiana e in particolare dalla devozione alla Beata Vergine
del Monte Carmelo, la dedizione filiale alla Madre celeste si accompagna
in ogni famiglia di antica tradizione scaleota. Ma Scalea è una
cittadina che negli anni ha subito un flusso migratorio intenso e non
sempre regolarizzato, per cui gran parte di coloro che abitano le
contrade di un tempo, è abitata da non scaleoti.
Questi battezzati che possiamo definire trapiantati, rappresentano una
generazione di mezzo, che con il corpo abita Scalea ma che con il cuore
ha naturale nostalgia delle proprie origini. Ai primi immigrati dai
paesi limitrofi, si è aggiunta una nuova generazione di immigrati molto
numerosi provenienti dall’interland napoletano, salernitano e dal
reggino. In questi ultimi anni il flusso migratorio ha una provenienza
prevalente dall’est Europa, dal Nord Africa e dall’area indiana, né va
trascurata la presenza cinese.
Anche
sul nostro territorio negli ultimi anni la presenza di stranieri
(comunitari e non) è notevolmente aumentata e già nel 2010/2011 si
registravano oltre 700 stranieri residenti. Tra gli stranieri
maggiormente presenti nel comune di Scalea vi sono in prevalenza
cittadini provenienti dalla Romania (306), dalla Polonia (65), dal
Pakistan (54), dalla Cina (37), dall’Ucraina (36), dal Marocco (33), dal
Regno Unito (29), dall’Albania (26), dal Brasile (11), dalla Russia
(10), dalla Tunisia (9), dalla Francia (8), dal Senegal (6), dalla
Repubblica Ceca (5), dagli Stati Uniti d’America (5). (Dal Progetto
Educativo del Gruppo Scout Scalea 1° Beniamino DE BONIS).
Ritengo sia inutile sottolineare che se quelli residenti ufficialmente
sono questi, è opportuno valutare i dati a disposizione per eccesso,
tenendo presente anche il flusso dei non residenti o più semplicemente
di quelli irregolari.
A
questa complessa situazione migratoria corrisponde una diversificazione
anche della presenza religiosa dalla tradizionale appartenenza alla
Chiesa Cattolica, alcuni sono passati alla Chiesa Evangelica
Pentecostale, altri ai Testimoni di Geova. Negli ultimi anni è cresciuta
la presenza di cattolici Ortodossi del patriarcato di Romania e di
quello di Russia. Per quanto riguarda la presenza islamica è molto
ramificata negli immigrati africani e asiatici che per il culto hanno
aperto una moschea.
Una presenza significativa è rappresentata da organizzazioni
anticlericali, che velatamente incoraggiano ad allontanarsi dalla vita
di Chiesa, come atteggiamento necessario per proseguire nella carriera.
Ci sono anche altre presenze spirituali di orientamento buddista, indù e
animista che a tutt’oggi non rappresentano una comunità significativa.
E’ una
nuova immigrazione che da molti anni, stabilmente, va popolando la
nostra città. Scalea ospita una folta colonia di immigrati che ancora
oggi vivono isolati e abbandonati a se stessi, con tutto ciò che questo
significa in ordine all’aumento della microcriminalità e di una
illegalità diffusa, legata alla loro stabile condizione di povertà e
alle loro tante situazioni socialmente irregolari.
C’è un altro ambito sociale che merita tutta l’attenzione della comunità
cristiana ed è fatta di persone sole e anziane che abita i quartieri
fantasma costruiti, quali residenze estive, che sempre più
frequentemente diventano abitazioni stabili per i poveri che abbandonano
le periferie urbane e che cercano nella nostra città un po’ di
accoglienza e maggiori spazi di socializzazione e di vivibilità.
La
parrocchia si presenta perciò particolarmente bisognosa, come tante
altre comunità cristiane della costa, di una
evangelizzazione
capace di restituire ai battezzati, la freschezza della novità che Gesù
Cristo rappresenta per ogni uomo di ieri, di oggi e di sempre in ogni
luogo. Ma ha anche bisogno di una evangelizzazione per i tanti non
battezzati che vanno iniziati alla bellezza della comprensione cristiana
della vita, questo si può conseguire non tanto con le parole e con
atteggiamenti narcisistici di auto incensazione, ma soprattutto
attraverso la testimonianza della vita di carità e della fraternità
all’interno della comunità cristiana.
La
nostra è una parrocchia molto complessa nella sua diversità, formata da
oltre cinquemila abitanti articolati in circa milleottocento nuclei
familiari, evidenzia, anche a uno sguardo superficiale, che ha bisogno
di un lungo lavoro pastorale orientato a ricomporre il collante
spirituale all’interno delle famiglie e tra le varie famiglie che
compongono il tessuto sociale della città.
Non va
neanche trascurato l’estensione territoriale nella quale è articolata la
presenza dei battezzati, sostanzialmente stanziati tra il Canale Tirello
e il Fiume Lao, cosa che certamente concorre a generare la
frammentazione e l’anonimato nelle relazioni della vita di comunità.
Inoltre,
anche in virtù del fenomeno turistico che caratterizza l’economia del
territorio, la componente giovanile che vive molto lontana dall’impegno
della testimonianza cristiana, è totalmente coinvolta, assoggettata al
martellante bombardamento ideologico e disorientante della fluidità
culturale del nostro tempo. Né va trascurato il rinnovato fenomeno della
migrazione giovanile, che impoverisce delle energie culturali e
operative più vive e dinamiche il territorio.
E’
una comunità di Battezzati, per la gran parte non praticanti, che si
presenta carica di tradizioni e abitudinarietà nella pratica della fede
personale. Ritengo perciò, in piena comunione con l’insegnamento del
Santo Padre, di dover incoraggiare con insistenza a vivere una
Chiesa in uscita,
aperta
alla
missione verso
le tante periferie cittadine, periferie esistenziali, morali e sociali
che esigono la presenza di testimoni coraggiosi del Vangelo.
E’
necessario perseguire, ancora una volta con linearità, coerenza ed
entusiasmo, l’impegno di annunciare in ogni ambiente la Buona Notizia
della risurrezione del Signore.
Questa
notizia è la vera novità per la vita dell’uomo di ogni tempo, una novità
che ha sempre alimentato l’anelito alla santità e alla fraternità, e che
ha incoraggiato la comunità cristiana a testimoniare la speranza anche
nelle situazioni più difficili da affrontare.
Ci
si rende conto, che la missione di annunciare con entusiasmo Gesù
Risorto deve essere vissuta in una Europa ancora cristianizzata ma non
più cristiana, nella quale politicamente e praticamente serpeggia in
modo stabile una persecuzione ideologica anticristiana. In altre parti
del mondo questa opposizione alla speranza cristiana viene vissuta in
modo violento e con una intensità spesso drammatico.
Come sempre è accaduto nei secoli, ancora oggi la nostra speranza, nasce
dall’incontro personale con Gesù Cristo morto e risorto per la nostra
salvezza, in Lui crediamo ed è Lui la sorgente della nostra gioia. Lo
abbiamo incontrato, conosciuto e lo trasmettiamo come la tradizione
costante della Chiesa ci ha insegnato, mediante:
l’Ascolto, l’interiorizzazione e l’Annuncio della Parola che il Signore
ci ha affidato;
·
la Vita
di Comunione che si alimenta attorno alla Mensa del Signore nella festa
che caratterizza l’incontro dei fratelli in Cristo;
·
la
Testimonianza dell’Amore/Carità che dobbiamo vivere aprendo i nostri
cuori e le nostre case all’accoglienza e alla fraternità verso tutti.
A
questi valori, che sono quelli propri della vita cristiana, occorre
aggiungere la capacità di aprirsi al dialogo anche con le altre energie
laiche
che sono vive e presenti nella nostra città. In questo modo tutti
potranno attingere o almeno relazionarsi alla sorgente della speranza e
della pace, che è Cristo.
Molti battezzati si sono stabilmente allontanati per i più svariati
motivi, dalla vita della Chiesa, non senza la responsabilità di noi
praticanti, legati in modo eccessivo e totalizzante a tradizioni che
oggi non comunicano più l’essenza della fede. Lo si è fatto e lo si
continua a fare totalmente dimentichi delle sollecitazioni dell’impegno
di evangelizzazione che la Chiesa nel suo Magistero instancabilmente si
sforza di rilanciare.
E’
il Signore che ci chiede di operare per recuperare energie sempre nuove,
donando fiducia ai fratelli che ci pone accanto, con i quali dobbiamo
imparare a camminare con gioia nell’amore che il Padre nutre soprattutto
verso i figli che vogliono ritornare a sentirsi parte viva e attiva
nella sua Casa.
Noi parroci, aggregazioni ecclesiali e non, istituzioni civili e
militari, fedeli e persone di buona volontà, tutti coloro che amiamo
Scalea, oggi abbiamo questa grave responsabilità, restituire alla nostra
città la speranza di cui ha urgente bisogno.
Occorre restituire la fiducia nelle istituzioni, il rispetto della legge
anche quando ci diventa scomodo, la ricerca dell’autentica solidarietà
che orienta ogni pensiero e ogni nostra azione non tanto al proprio
interesse personale quanto al bene comune. Solo in questo modo ci
ricorda il Santo Padre:
Sarete
una Chiesa nella quale padri, madri, sacerdoti, religiosi, catechisti,
bambini, anziani, giovani camminano l’uno accanto all’altro, si
sostengono, si aiutano, si amano come fratelli, specialmente nei momenti
di difficoltà.
Una
Chiesa in uscita: Evangelizzare
Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di “uscita”
che Dio vuole provocare nei credenti. Abramo accettò la chiamata a
partire verso una terra nuova (cfr Gen 12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata
di Dio: «Va’, io ti mando» (Es 3,10) e fece uscire il popolo verso la
terra promessa (cfr Es 3,17). A Geremia disse: «Andrai da tutti coloro a
cui ti manderò» (Ger 1,7).
Oggi, in
questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre
nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo
chiamati a questa nuova “uscita” missionaria.
La
nostra Chiesa di San Marco Argentano – Scalea ha fatto proprio l’invito
del Santo Padre di intraprendere con entusiasmo la via della missione.
Ogni cristiano e ogni famiglia discernerà quale sia il cammino che il
Signore chiede di percorrere, però tutti siamo invitati ad accettare
questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di
raggiungere le varie periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo.
Negli atteggiamenti che devono caratterizzare il nostro zelo di comunità
missionaria, ripropongo semplicemente quanto ci viene donato dal
magistero testimoniale del Santo Padre e le attenzioni quotidiane da
vivere, che lui raccomanda all’impegno pastorale di ogni comunità
ecclesiale. Chi ritiene di poter approfondire meglio il suo ideale
pastorale può leggere il testo integralmente in EG 25.
Penso di poter sottolineare che, come Chiesa Cattolica, stiamo vivendo
una nuova fase conciliare, la Chiesa sta rileggendo la sua prassi
pastorale e in alcuni aspetti anche quella dottrinale. Di questa volontà
di riforma, espressa ma ancora itinere, grazie a mezzi di comunicazione
sociale, ne è partecipe ciascun battezzato nella realtà sociale in cui
vive.
La
Chiesa
in
uscita
è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si
coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano.
Primerear
– prendere l’iniziativa. La comunità evangelizzatrice sperimenta che il
Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv
4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere
l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare
agli incroci delle strade per invitare gli esclusi.
Come conseguenza, la Chiesa sa
coinvolgersi.
Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli. Il Signore si coinvolge e
coinvolge i suoi, mettendosi in ginocchio davanti agli altri per
lavarli. Ma subito dopo dice ai discepoli: «Sarete beati se farete
questo» (Gv 13,17). La comunità evangelizzatrice si mette mediante opere
e gesti nella vita quotidiana al servizio degli altri, … Gli
evangelizzatori hanno così “odore di pecore” e queste ascoltano la loro
voce.
Quindi, la comunità evangelizzatrice si dispone ad
accompagnare.
Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e
prolungati possano essere.
Fedele al dono del Signore, sa anche
fruttificare.
La comunità evangelizzatrice è sempre attenta ai frutti, perché il
Signore la vuole feconda. Si prende cura del grano e non perde la pace a
causa della zizzania … Il discepolo sa offrire la vita intera e giocarla
fino al martirio come testimonianza di Gesù Cristo, però il suo sogno è
che la Parola venga accolta e manifesti la sua potenza liberatrice e
rinnovatrice.
Infine, la comunità evangelizzatrice gioiosa sa sempre
festeggiare.
Celebra e festeggia ogni passo avanti nell’evangelizzazione.
L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella Liturgia in mezzo
all’esigenza quotidiana di far progredire il bene.
La
testimonianza della fede
Il
dono della
fede,
in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata
conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua
morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e
chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei
peccati (cfr
At
5,31).
Per l’apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad una nuova vita:
“Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte,
perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del
Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita” (Rm
6,4).
Una pagina molto bella che ci ha lascito Papa Benedetto XVI dobbiamo
intenderla come il proseguimento di quanto narrava l’autore della
lettera agli Ebrei, e ci ricorda il cammino della Chiesa nella
testimonianza della fede:
Per fede
Maria accolse la parola dell’Angelo e credette all’annuncio che sarebbe
divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione. Visitando
Elisabetta innalzò il suo canto di lode all’Altissimo per le meraviglie
che compiva in quanti si affidano a Lui. Con gioia e trepidazione diede
alla luce il suo unico Figlio, mantenendo intatta la verginità.
Confidando in Giuseppe suo sposo, portò Gesù in Egitto per salvarlo
dalla persecuzione di Erode. Con la stessa fede seguì il Signore nella
sua predicazione e rimase con Lui fin sul Golgota. Con fede Maria
assaporò i frutti della risurrezione di Gesù e, custodendo ogni ricordo
nel suo cuore, lo trasmise ai Dodici riuniti con lei nel Cenacolo per
ricevere lo Spirito Santo.
Per fede
gli Apostoli lasciarono ogni cosa per seguire il Maestro. Credettero
alle parole con le quali annunciava il Regno di Dio presente e
realizzato nella sua persona …
Per fede
andarono nel mondo intero, seguendo il mandato di portare il Vangelo ad
ogni creatura e, senza alcun timore, annunciarono a tutti la gioia della
risurrezione di cui furono fedeli testimoni.
Per
fede, nel corso dei secoli, uomini e donne di tutte le età, il cui nome
è scritto nel Libro della vita, hanno confessato la bellezza di seguire
il Signore Gesù là dove venivano chiamati a dare testimonianza del loro
essere cristiani: nella famiglia, nella professione, nella vita
pubblica, nell’esercizio dei carismi e ministeri ai quali furono
chiamati.
Per fede viviamo anche noi: per il riconoscimento vivo del Signore Gesù,
presente nella nostra esistenza e nella storia.
“La Parola del Signore corra e sia glorificata” (2Ts
3,1)
quanto cammino ha fatto la Parola nella nostra comunità, come viene
trasmessa ai nostri fratelli, come entra, con la sua forza
trasformatrice, nella vita delle nostre famiglie. La vita dei cristiani
conosce l’esperienza della gioia e quella della sofferenza. Quanti Santi
hanno vissuto la solitudine! Quanti credenti, anche ai nostri giorni,
sono provati dal silenzio di Dio mentre vorrebbero ascoltare la sua voce
consolante! Le prove della vita, mentre consentono di comprendere il
mistero della Croce e di partecipare alle sofferenze di Cristo (cfr
Col
1,24), sono preludio alla gioia e alla speranza cui la fede conduce:
“quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor
12,10).
Possiamo affermare che ai nostri giorni anche la nostra comunità
cristiana di Scalea vive la fragilità di sentirsi messa alla prova,
siamo chiamati a rendere ragione della speranza e molti nostri figli si
allontano sempre più dalla pratica religiosa, non sempre e tutti ce ne
rendiamo conto ma la vita di spirituale della nostra città è ridotta a
un semplice ritualismo o a una sequenza di pratiche tradizionali, in
realtà il più delle volte la gran parte di coloro che abitano questo
territorio non vive neanche questo.
Una
Comunità corresponsabile
Di
fronte alle tante povertà pastorali e sociali del nostro tempo il
Signore è attento e ci sostiene con il suo Spirito, ma spesso nella
comunità si guarda con difficoltà ai doni che provengono dall’alto. Le
novità ministeriali alimentate dallo Spirito non sempre sono accolte
nella pastorale ordinaria, alcune stentano a trovare cittadinanza nel
vissuto della comunità, poiché spesso si preferisce sgomitare in spazi
stretti, tra i soliti noti, mentre il Signore ci sollecita ad aprirci
nella dinamica della missione.
Dobbiamo fare nostra la preoccupazione già presente nelle prime comunità
cristiane, della prudenza e del discernimento pastorale:
“Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni
cosa, tenete ciò che è buono”
(1Ts 5,19-21). Lo Spirito Santo alimenta costantemente la vita della
Chiesa con nuovi
carismi,
ma nonostante le costanti sollecitazioni del magistero non sempre la
ricchezza dei carismi e dei ministeri, viene colta quale
primavera dello spirito
nella sua preziosità.
Siamo pienamente coscienti che gli Organismi di partecipazione laicali e
le Aggregazioni ecclesiali, sono un dono del Signore alla sua Chiesa per
la evangelizzazione delle tante periferie del nostro tempo. Perciò sarà
nostro impegno valorizzare questi doni all’interno e nella dinamica
dell’Unità Pastorale, incoraggiando i laici alla vita di comunione ed a
sposare uno stile missionario, perché giorno dopo giorno possano
contribuire sempre più al coinvolgimento attivo e corresponsabile della
comunità.
Lo
ripetiamo con rinnovato vigore, la comunione deve rifulgere con
trasparenza in tutti gli ambiti della vita ecclesiale:
nei
rapporti interpersonali tra i Parroci, che devono improntare le loro
relazioni nell’ottica dell’Unità Pastorale con la sinergia dei carismi;
facendo ogni sforzo per la realizzazione vera della pastorale integrata,
superando in questo modo ogni divisione e contrapposizione negli sforzi
dell’evangelizzazione della città.
tra le
varie forme di Aggregazioni laicali, che devono gareggiare nella
disponibilità sempre più autentica e testimoniata all’Annuncio e non
tanto nel fare i primi della classe in virtù di presunte perfezioni
raggiunte e forse non sempre visibili e testimoniate nella vita di ogni
giorno.
La
comunione è il segno luminoso che fa la differenza tra come si vive e si
edifica la Chiesa e il modo di relazionarsi nella società civile. E’
tristissimo constatare che, spesso, anche persone che si ritengono
impegnate nel costruire la vita della comunità stentano a cogliere il
valore ineludibile della comunione.
Dobbiamo imparare sempre più ad amare, questo ci aiuterà a comprendere
la preziosità di coloro che Gesù ci mette accanto e che devono sentirsi
amati, inoltre concorrerà a orientare l’impegno pastorale verso una
valorizzazione vera e non strumentale degli Organismi di partecipazione
ecclesiali (Consiglio Pastorale Parrocchiale e Consiglio per Affari
Economici).
La
vita di comunione deve essere condivisa tra tutti coloro che in Cristo
colgono il grande dono della vita comune e della partecipazione al
mistero dell’appartenenza al suo Corpo mistico. Il discepolo che Gesù
amava ricorda con insistenza nel suo Vangelo e nelle Lettere che ciò
Gesù si attende da noi è l’amarci con la stessa intensità con la quale
lui ci ha amato.
“Da
questo sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per
gli altri”
(Gv
13,35).
La
missione della parrocchia oggi
Nella parabola del pastore e della pecora perduta e ritrovata, Gesù si
preoccupa di mostrare che, per il pastore, anche una sola pecora è tanto
importante da indurlo a lasciare tutte le altre nel deserto, per andare
a cercare l’unica che si è smarrita; e quando la ritrova, prova una
grande gioia e vuole che la sua gioia sia condivisa (cfr
Lc
15,4-7).
Il
pastore Gesù
è la
trasparenza dell’amore di Dio, che non abbandona nessuno, ma
cerca
tutti e ciascuno
con
passione. Tutte le scelte pastorali hanno la loro radice in
quest’immagine evangelica di ardente missionarietà.
Essa appartiene in modo tutto particolare alla parrocchia. Nata come
forma della comunità cristiana in grado di comunicare e far crescere la
fede nella storia e di realizzare il carattere comunitario della Chiesa,
la parrocchia ha cercato di
dare
forma al Vangelo nel cuore dell’esistenza umana.
Il Papa Francesco ci ricorda che:
i
Pastori devono puzzare delle pecore,
volendo intendere che devono stare in mezzo alla gente non al di sopra
delle loro teste o della loro vita. La comunità parrocchiale è la figura
più conosciuta della Chiesa, per il suo carattere di vicinanza a tutti,
di apertura verso tutti, di accoglienza per tutti.
Anche a Scalea, nonostante un diffuso senso di non appartenenza, le
parrocchie continuano ad educare alla “vita buona” secondo il Vangelo di
Gesù e alimentano il senso di appartenenza alla Chiesa. A livello di
parrocchia si coglie la verità di quanto afferma il Concilio Vaticano II,
e cioè che:
la
Chiesa cammina insieme con l’umanità tutta e sperimenta assieme al mondo
la medesima sorte terrena.
Oggi però, ci ricorda ancora Papa Francesco, questa figura di parrocchia
si trova minacciata da
due
possibili derive:
da una parte la spinta a fare della parrocchia una
comunità
“autoreferenziale”,
in cui ci si accontenta di trovarsi bene insieme,coltivando rapporti
ravvicinati e rassicuranti; dall’altra la percezione della parrocchia
come
“centro
di servizi”
per
l’amministrazione dei sacramenti, che dà per scontata la fede in quanti
li richiedono. La consapevolezza del rischio non ci fa pessimisti: la
parrocchia nel passato ha saputo affrontare i cambiamenti mantenendo
intatta l’istanza centrale di comunicare la fede al popolo. Ciò tuttavia
non è sufficiente ad assicurarci che anche nel futuro essa sarà in grado
di essere concretamente missionaria.
Perché
ciò accada, dobbiamo affrontare alcuni snodi essenziali. Il primo
riguarda il carattere della parrocchia come
figura
di Chiesa radicata in un luogo:
come intercettare “a partire dalla parrocchia” i nuovi “luoghi”
dell’esperienza umana, così diffusi e dispersi? Altrettanto ci interroga
la connotazione della parrocchia come
figura
di Chiesa vicina alla vita della gente:
come accogliere e accompagnare le persone, tessendo trame di solidarietà
in nome di un Vangelo di verità e di carità, in un contesto di
complessità sociale crescente? E ancora, la parrocchia è
figura
di Chiesa semplice e umile,
porta di accesso al Vangelo per tutti: in una società pluralista, come
far sì che la sua “debolezza” aggregativa non determini una fragilità
della proposta? E, infine, la parrocchia è
figura
di Chiesa di popolo,
avamposto della Chiesa verso ogni situazione umana, strumento di
integrazione, punto di partenza per percorsi più esigenti: ma come
sfuggire al pericolo di ridursi a gestire il folklore religioso o il
bisogno di sacro? Su questi interrogativi dobbiamo misurarci per
riposizionare la parrocchia in un orizzonte più spiccatamente
missionario.
Le
molte possibili risposte partono da un’unica prospettiva: restituire
alla parrocchia quella
figura
di Chiesa eucaristica
che ne
svela la natura di mistero di comunione e di missione. Il Papa ricorda
che ogni Domenica il Cristo risorto ci ridà come un appuntamento nel
Cenacolo, dove la sera del “primo giorno dopo il sabato” (Gv
20,19)
si presentò ai suoi per “alitare” su di loro il dono vivificante dello
Spirito e iniziarli alla grande avventura dell’evangelizzazione».
Nell’Eucaristia, dono di sé che Cristo offre per tutti, riconosciamo la
sorgente prima, il cuore pulsante, l’espressione più alta della Chiesa
che si fa missionaria partendo dal luogo della sua presenza tra le case
degli uomini, dall’altare delle nostre chiese parrocchiali.
La
parola Parrocchia perciò ci ricorda che siamo una comunità di
pellegrini, che viaggiano insieme verso la vera patria, il Cielo, e si
aiutano a raggiungerla sostenendosi l’un l’altro. Un po’ come il Popolo
ebreo in cammino verso la Terra Promessa.
La
Christifideles laici delinea la parrocchia:
Essa è
l’ultima localizzazione della Chiesa, è in un certo senso la Chiesa
stessa che vive in mezzo alla case dei suoi figli e delle sue figlie.
È la Chiesa che vive sul posto.
La
parrocchia - continua lo stesso documento - non è principalmente una
struttura, un territorio, un edificio, è piuttosto «la famiglia di Dio,
come una fraternità animata dallo spirito d’unità» è una casa di
famiglia, fraterna ed accogliente;
é la casa aperta a tutti e al servizio di tutti, o, come amava dire il
Beato Giovanni XXIII:
la
fontana del villaggio alla quale tutti ricorrono per la loro sete.
Questa definizione ci dona una immagine dinamica della parrocchia come
comunità in cammino che alimenta spiritualmente e disseta le varie
generazioni.
Parrocchia oratoriale
La
parola
Oratorio
non è usuale nei nostri ambienti pastorali per cui spesso le si dà dei
contenuti che non le appartengono. Di per se significa luogo di
preghiera, di ricerca spirituale, ci si rende conto perciò che non
coincide con il significato ordinario che lo descrive come ambiente di
svago, di divertimento, del tempo libero da vivere giocando. Nel corso
dei secoli la pastorale della Chiesa lo ha riqualificato in diversi modi
di vivere la fede e la comunità, per cui abbiamo gli oratori del
triveneto, quelli salesiani che si ispirano all’opera di San Giovanni
Bosco, quelli lombardi che si richiamano all’opera pastorale San Carlo
Borromeo, quelli romani che assumono la pedagogia gioiosa di san Filippo
Neri.
Dico tutto questo solo per aiutare a capire che quando operiamo nella
pastorale parrocchiale, non siamo degli apprendisti stregoni che pensano
di inventarsi delle cose per attirare i ragazzi e i giovani, ma
semplicemente sposiamo dei metodi di vita spirituale già ampiamente
sperimentati dalla Chiesa. Noi dobbiamo, per come il Signore ci dona,
rendere presente nella nostra realtà parrocchiale, quella più adeguata e
pedagogicamente spendibile, tenendo in debito conto delle possibilità,
delle esigenze, degli ambienti a disposizione e delle finalità che ci
prefiggiamo.
Per la nostra parrocchia la parola oratorio non ha ancora un significato
specifico, anche perché attualmente mancano educatori maturi nella fede,
disponibili a spendere per amore dei ragazzi, il proprio tempo libero
al servizio della comunità, purtroppo siamo cresciuti tutti in
parrocchie che hanno proposto prevalentemente celebrazioni e riunioni.
Anche
l’esperienza che è definita Oratorio, rappresenta solo un desiderio sul
quale intendiamo spendere le energie educative a nostra disposizione. Ma
l’Oratorio non è certamente un gruppo tra gli altri gruppi appannaggio
di questo o di quell’educatore. E’ importante capire che tutta la
Parrocchia è Oratorio,
volendo dare a questo concetto quello che i Vescovi ci dicono quando
affermano che la
parrocchia è casa e scuola di comunione.
Per cui
non ci sono educatori che fanno Oratorio e altri che fanno altro,
l’Oratorio ha come valore centrale il coinvolgimento di tutti, e ogni
attività educativa, formativa e di animazione deve concorrere in modo
attivo, dinamico alla vita gioiosa della comunità parrocchiale. Tutti
devono cooperare perché la parrocchia non sia solo il luogo delle
Celebrazioni e degli incontri di Catechesi, ma sia il cuore amante della
città.
La
parrocchia deve essere pensata e vissuta così, senza barriere, senza
esclusioni, sempre accogliente e festosa. Anche e soprattutto nei
momenti di dolore, di difficoltà deve essere il luogo della speranza,
della serenità e della pace.
Nell’impegno pastorale che il Vescovo mi ha affidato a Scalea trovo
molti di quegli elementi che non ho mai avuto a disposizione nelle altre
parrocchie, non ultimi per importanza, gli ambienti pastorali. Di tutto
questo non dobbiamo stancarci di ringraziare chi mi ha preceduto, per il
lavoro svolto e per i sacrifici vissuti perché la parrocchia potesse
avere gli spazi per accogliere.
A noi è
affidato l’impegno di vivere il prezioso lavoro educativo della
conversione pastorale della mente, che non sempre è facile, ma avendo a
disposizione una parrocchia giovane, e anche educatori abbastanza
giovani non è un’impresa impossibile.
Il
nostro modello oratoriale è quello della
Parrocchia Oratoriale,
anche per questo è opportuno identificarlo con il nome stesso della
parrocchia, non è altro rispetto a ciò che siamo. Per cui tutti coloro
che danno la loro disponibilità al servizio educativo della comunità
sanno che la formazione esige una disponibilità alla gioia, al clima di
festa che sempre caratterizzare ogni iniziativa. Soprattutto è richiesta
la voglia di stare bene con tutti gli educatori senza selezionare amici
e non, indispensabile è la voglia di educare giocando con i ragazzi, il
gioco deve sempre essere presente in ogni iniziativa, il metodo scout ci
ricorda
che si
fa tutto con il gioco e niente per gioco.
Siamo
ancora molto lontani da questo traguardo? Questo non ci deve
preoccupare, il Signore ci guarda con benevolenza in questa opera e,
sostenuti dall’intercessione di San Filippo Neri, San Giovanni Bosco,
San Carlo Borromeo e dall’esempio di quanti ancora oggi sono felici di
accogliere i ragazzi e i giovani, intraprendiamo con l’ordinaria
passione questa avventura dello Spirito.
Ci
viene chiesto di amare, rispettare, accogliere i nostri figli e fare di
tutto perché in parrocchia si sentano a casa loro. Non dobbiamo
trascurare di pregare, perché questa opera del Signore, colga vocazioni
sufficienti per essere portata avanti con entusiasmo ogni giorno.
I
giovani sono il cuore pulsante della nostra comunità, con la loro
presenza gioiosa tutto diventa più bello e significativo.
La vita
della Comunità Cristiana
Formazione Biblica
- Tutte le iniziative formative e liturgiche animate dalla parrocchia
saranno orientate alla formazione biblica, per venire incontro alla sete
della Parola di Dio che è presente in molti cuori. L’approccio ordinario
e quotidiano alla sorgente della nostra fede che è la Bibbia rimane un
anelito ancora inespresso per la gran parte dei battezzati. L’obbiettivo
immediato che ci prefiggiamo è quello di una maggiore dimestichezza
nell’uso ordinario della Parola per la propria crescita spirituale,
attraverso la valorizzazione della Lectio divina e dei Centri di
Ascolto.
Gli itinerari formativi, impostati sull’approfondimento biblico, sono
orientati a far crescere nei battezzati l’amore verso la Parola di Dio.
Si spera che con la comprensione della missione universale della Chiesa,
cresca la disponibilità ad animarne l’annuncio nei quartieri e nelle
case della Comunità durante i tempi forti dell’anno liturgico mediante
l’attività di crescita spirituale nelle famiglie della comunità mediante
i
Centri
di Ascolto della Parola.
Iniziazione Cristiana
- Seguendo quanto la Chiesa ci chiede di attualizzare, gli itinerari di
formazione cristiana orientati alla Iniziazione Cristiana dei fanciulli,
dei ragazzi e dei giovani sono impostati in chiave Catecumenale.
Questo
significa che la Parola di Dio, la Liturgia della Chiesa, l’impegno
nella Carità, il coinvolgimento attivo dei genitori sono parte
integrante del cammino formativo.
Pur cogliendo qualche resistenza da parte delle famiglie che, in buona
parte distratte dai tanti interessi del nostro tempo, continuano a
vivere una prassi catechistica orientata ai sacramenti, l’azione
educativa viene impostata per far crescere l’amore verso la vita
cristiana e l’impegno della partecipazione attiva e gioiosa alla vita di
Comunità.
Rispetto allo schema educativo proposto dalla nostra diocesi, abbiamo
operato una leggera modifica per dare più continuità alla fase
sacramentale. Per cui ai Ragazzi che scelgono di frequentare il cammino
di formazione cristiana proponiamo due anni di Accoglienza, quale
esperienza gioiosa di fraternità cristiana. Tre anni per vivere
pienamente l’Eucaristia da intendere quale catechesi vera e propria.
Infine due anni per la Confermazione, impostata come esperienza di
testimonianza della fede e di avvio alla missione e all’impegno
ecclesiale.
Formazione per le Coppie
– La
nostra comunità parrocchiale è formata da circa 1800 nuclei familiari.
Per sostenere la crescita del protagonismo della vita cristiana nelle
famiglie, e anche per rimuovere il forte arroccamento che molte famiglie
vivono, si è avviato, anche in preparazione al prossimo Sinodo sulla
famiglia della Chiesa Cattolica, un cammino formativo orientato alla
comprensione ecclesiale del valore della vita familiare. Ma le coppie
devono essere educate anche a una maggiore accoglienza verso quelle
situazioni matrimoniali che stentano a vivere la vita familiare secondo
quanto la Chiesa alla luce del Vangelo insegna. Questo itinerario ha
come riferimento il Direttorio Pastorale dei Vescovi italiani sulla
famiglia cristiana oggi, dove viene ricordato che la Parrocchia è
la
famiglia delle famiglie.
Si spera così di poter creare, all’interno della parrocchia, un gruppo
di famiglie impegnate nella propria crescita spirituale e capaci di
diventare nel tempo, punto di riferimento per il coinvolgimento delle
altre famiglie della comunità.
Famiglie
che a loro volta si rendano disponibili, con la loro testimonianza
attiva, preparata e formata con incontri mensili di formazione, ad
accompagnarsi e a sostenere il lavoro dei catechisti, per concorrere
insieme alla crescita dei figli nella fede.
La
celebrazione della festa
– La Domenica è il giorno della comunità, del ringraziamento e della
lode. La Comunità cristiana sin dai primi tempi della chiesa ha vissuto
questo giorno come esperienza di liberazione e di fraternità. E’ un
fatto evidente a tutti la poca comprensione del significato
dell’appuntamento festivo. La mancanza di una coscienza del
ringraziamento verso il Signore viene evidenziata con una partecipazione
frammentata e occasionale.
Un’altro
dei motivi di impoverimento, per la vita di comunità, è il fatto
ineludibile delle troppe messe festive che spezzettano di fatto la vita
liturgica della parrocchia. Anche per questo almeno in alcune occasioni
festive, eviteremo di organizzare tante celebrazioni. Questo ci
permetterà di poter godere, in alcune occasioni durante l’anno
liturgico, della festa di essere un’unica comunità, che celebra una sola
celebrazione, attorno all’unica mensa del Signore.
Il
Gruppo
di Animazione liturgica
è formato da fedeli impegnati ad operare per un coinvolgimento attivo
dell’assemblea liturgica festiva, personalizzando la celebrazione e
valorizzando i doni dello Spirito con i quali il Signore ci chiede di
vivere il Ringraziamento. Questo si potrà ottenere mediante la
valorizzazione degli operatori ed educatori, che offrono il proprio
servizio in parrocchia.
Il primo
obbiettivo che si prefigge è quello di coinvolgere tutto il Popolo di
Dio nella comprensione della celebrazione e nell’animazione liturgica.
Si spera
che questo servizio alla liturgia possa concorrere a cogliere meglio
l’azione che Dio compie ogni giorno per il bene della comunità dei
battezzati, alimentando così il senso della riconoscenza, del
ringraziamento e della disponibilità all’amore con il quale il Signore
ci ama.
Gruppo dei Lettori
– La proclamazione Liturgica della Parola di Dio esige una preparazione
e anche un coordinamento delle disponibilità per evitare confusione,
pressapochismo e per non vanificare, attraverso una proclamazione non
preparata, la ricchezza che promana dall’annuncio nella liturgia. Il
problema centrale non è saper leggere, ma sapere che cosa si va a
leggere, o per meglio dire proclamare.
Una cura
particolare sarà dedicata alle persone che chiedono di annunciare la
Parola, chiaramente parliamo della celebrazione Pro Populo Dei, perché,
la loro crescita spirituale sia permeata dal servizio che offrono alla
comunità e perché loro stessi crescano sempre più nella comprensione del
particolare privilegio che il Signore dona di esercitare per il bene
della comunità.
Coro Parrocchiale
– L’azione liturgica viene celebrata e vissuta meglio se è animata e
vitalizzata dai cantori. Per cui il servizio che il coro offre, è
prezioso e insostituibile. Nel ricordare, come ci insegnano i
Praenotanda, che il Coro è parte integrante dell’assemblea liturgica, ci
si sforzerà mediante il cammino di formazione di far comprendere sempre
meglio quanto la chiesa chiede di vivere per servire la liturgia.
E’
opportuno, con un lavoro coerente e metodico, cogliere l’importanza di
coinvolgere tutta l’Assemblea, per le parti che le competono, nel canto
liturgico. Per quanto è possibile è opportuno eliminare ogni forma di
protagonismo individuale, questo permetterà a tutti i fedeli di sentirsi
protagonisti dell’azione liturgica, grazie alla quale tutta la comunità
cristiana diventa un unico inno di lode al Signore.
L’Adorazione Eucaristica
– Questo appuntamento settimanale è il dono prezioso che Gesù fa alla
nostra comunità, stare insieme per nutrirci dell’amore contemplato nel
mistero della presenza mistica di Gesù nell’Eucaristia.
E’ un
momento da vivere nell’intimità con il Signore, e in questa intimità
riuscire a superare, proprio in virtù della sua presenza, le tante
fragilità dettate dal rispetto umano, che si accompagnano all’impegno
della testimonianza nella vita di ogni giorno.
Per
tradizione pastorale il Primo Venerdì del mese è un giorno prezioso per
vivere una maggiore attenzione nei confronti degli ammalati e delle
persone sole. In questa giornata i Ministri Straordinari della Comunione
vivono la visita agli ammalati e i Sacerdoti si rendono più disponibili
per le confessioni e la direzione spirituale.
Comunità
Maria –
Questa
esperienza ecclesiale, presente da molti anni nella nostra parrocchia,
si caratterizza per la preghiera vissuta nel particolare affidamento
allo Spirito Santo, la preghiera coinvolge e alimenta la gioia. Questo
apre a un atteggiamento estatico che coinvolge tutto il corpo nella lode
al Signore. La vita del gruppo è caratterizzata dai momenti di preghiera
settimanali e dall’itinerario di formazione cristiana proposto dal
Centro nazionale. Si spera in un maggiore coinvolgimento pastorale per
poter animare centri di preghiera e di evangelizzazione in tutti i
quartieri della parrocchia.
Gruppo di Preghiera Maria Rifugio delle Anime
– La comunità per crescere ha bisogno di pregare e di essere sostenuta
con la preghiera, mettendo sempre al centro della propria attenzione
coloro che sono nella sofferenza. Questo cammino spirituale designato da
Natuzza, è caratterizzato dall’appuntamento mensile per la recita di
tutto il Santo Rosario meditato, La preghiera è l’anima di ogni
iniziativa, è l’essenziale che deve sempre precedere e accompagnare la
vita della comunità.
Una
Chiesa povera per i poveri
E’
ancora una volta la Parola che il Santo Padre ci ha donato a
incoraggiare a leggere il senso più autentico del nostro essere
praticanti il dono della fede:
… Sono
qui per confermarvi … anche nella carità, per accompagnarvi e
incoraggiarvi nel vostro cammino con Gesù Carità … nel favorire stili di
vita e iniziative che pongano al centro le necessità dei poveri e degli
ultimi. E lo estendo anche alle Autorità civili che cercano di vivere
l’impegno politico e amministrativo per quello che è, un servizio al
bene comune.
Che cosa ci viene chiesto? Semplicemente quello che lui, come successore
di Pietro, sta testimoniando con la sua vita spesa instancabilmente al
servizio della Chiesa Cattolica, rifiuto di ogni lusso, scelta
esistenziale dei poveri e della povertà, abbandono di ogni cosa
superflua o orientata all’apparire più importanti degli altri. D’altra
parte se uno è cosciente della propria vocazione, della missione che gli
viene affidata non ha bisogno che gli altri lo applaudano, chi cerca
queste cose spesso lo fa in modo ingannevole e non corrispondendo
all’amore e alla centralità che Dio deve avere negli ambienti ecclesiali
e nella nostra vita.
…
Incoraggio tutti voi a testimoniare la solidarietà concreta con i
fratelli, specialmente quelli che hanno più bisogno di giustizia, di
speranza, di tenerezza.
Anche a
Scalea dobbiamo fare in modo che le aggregazioni ecclesiali, ai vari
livelli di partecipazione, abbiano nei loro progetti e nelle attività
che ne conseguono maggiore attenzione verso i più poveri e i più
abbandonati, quelli veri e sono tanti troppo spesso nascosti nella loro
dignità, non quelli che, anche in questo caso, contano sull’amico di
turno che comunque gli porta il pacco. Non aggregazioni per fare parate
in particolari circostanze, neanche gruppi di accademie pseudo culturali
che passano il loro tempo a fare dell’intrattenimento sacro e che non si
sporcano mai le mani per aiutare i poveri. Ma persone che
instancabilmente dedicano il loro tempo alle persone sole, agli
ammalati, ai bisognosi, agli extracomunitari.
Amatevi
gli uni gli altri
E’
il Signore che incoraggia a vivere nella complessità della nostra
esistenza,
una
spiritualità di comunione.
Per comprendere meglio il significato di questo concetto fondamentale,
per la crescita della comunità nella serenità e nella pace, ripropongo
con semplicità quanto San Giovanni Paolo II ci indicava nella
Novo
millennio ineunte
anche
perché è, nello stesso tempo, disarmante nella sua semplicità e
immediato nel contenuto:
“Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una
spiritualità della comunione, facendola emergere come principio
educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano, dove
si educano i ministri dell’altare, i consacrati, gli operatori
pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità.
Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore
portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va
colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità
della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di
fede nell’unità profonda del corpo mistico, dunque “come uno che mi
appartiene” per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per
intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli
una vera e profonda amicizia. Spiritualità della comunione è pure
capacità di vedere ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e
valorizzarlo come dono di Dio “un dono per me” oltre che per il fratello
che lo ha ricevuto. Spiritualità della comunione è saper “fare spazio”
al fratello, portando “i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2) e
respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e
generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie … senza questo
cammino spirituale a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della
comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione più
che sue vie di espressione e di crescita”.
(NMI 43)
La vita
spirituale è la prima carità
Ci
è stato più volte ricordato che questa è l’ora di una nuova fantasia
della carità, questa fantasia ha la sua sede nel mistero comunionale
dell’amore Trinitario; in Dio, comunione di Persone, che
instancabilmente viene incontro alla nostra debolezza, spesso
determinata dalla volontà di solitudine e alimenta modi sempre nuovi di
guidare la Chiesa nel tempo.
Sappiamo tutti che la Carità si esprime non tanto e non solo
nell’efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini
e solidali con chi soffre così che il gesto di aiuto sia sentito come
fraterna condivisione. Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si
sentano, in ogni comunità cristiana, come
“a casa
loro”.
Senza
questa testimonianza dettata dall’amore verso gli ultimi, l’annuncio del
Vangelo, che è sempre la prima carità, rischia di essere incompreso.
Vogliamo ancora ricordare che la carità delle
opere
assicura una forza inequivocabile alla carità delle
parole
(cfr NMI 49).
La
prima povertà è quella spirituale, una persona è veramente povera quando
vive senza fede. Per questo con insistenza pedante incoraggiamo
all’Adorazione Eucaristica ogni Giovedì sera quando la preghiera è
orientata alla santificazione dei Sacerdoti e per le vocazioni, ci
mettiamo in preghiera per gli ammalati e per le tante disperazioni della
vita di comunità. Incoraggiamo inoltre a vivere stabilmente il
Sacramento della Confessione o Riconciliazione, senza mai trascurare la
Direzione Spirituale.
L’attenzione ai poveri e alle povertà
Questa missione, di fronte alle grandi povertà del nostro tempo, può
suscitare abbattimento, è la stessa situazione che vissero i discepoli
in occasione della benedizione e frazione del pane. Gesù chiese loro di
mettere a disposizione quanto potevano, e la gioia fu grande, esplosiva
per tutti, fino all’inverosimile, nel constatare quanto il Signore
riuscì a realizzare con la povertà condivisa. Tutti abbiamo imparato che
la sorgente dell’amore è Gesù presente nel mistero Eucaristico in ogni
Tabernacolo, anche nelle chiese più isolate, anche in quelle poco
frequentate. E’ una presenza che si accompagna con discrezione
alla nostra vita, una presenza sempre attenta alla nostra povertà
spirituale, una presenza che incoraggia ad osare sempre più sulla strada
dell’amore, una presenza che invita a guardare con speranza al futuro.
Caritas Parrocchiale Una Mano Amica
– Sono
ormai molti anni che la Chiesa sollecita a operare perché ogni
parrocchia potesse diventare la casa della carità.
Con costanza e instancabilmente, anche il Santo Padre Papa Francesco, ci
chiede che la Chiesa sia povera e attenta ai poveri. Nella nostra città,
anche a motivo del disorientamento politico e sociale che caratterizza
questa fase storica, la parrocchia è diventata il naturale punto di
ferimento per tutte le marginalità spirituali e sociali. La
disoccupazione, la droga, le marginalità, gli immigrati, le povertà, la
sofferenza, gli ammalati, l’impegno politico, la crescita sociale, la
costruzione di una società più giusta esigono da parte dei cristiani una
maggiore attenzione perché tutto questo diventi parte integrante della
missione che il Signore ci ha affidato. Questa preoccupazione pastorale
viene affidata a tutte le persone di buona volontà, che dedicano del
tempo ai gravi problemi che si accompagnano alla vita di ogni giorno
nelle comunità. E’ perciò opportuno sostenere questa attività pastorale,
coordinata nella formazione a livello di unità Pastorale, che è
orientata a far maturare, nella comunità cristiana, persone capaci e
disponibili ad animare in un sincero spirito di fraternità e di gratuità
una particolare sensibilità verso le tante povertà del nostro tempo.
Unità
Pastorale di Scalea
La
parrocchia di San Giuseppe Lavoratore è inserita pastoralmente nella
Forania di Scalea. Inoltre poiché dal 2005 la diocesi di San Marco
Argentano - Scalea ha avviato l’esperienza pastorale delle Unità
Pastorali, come Unità Pastorale, Scalea è formata stabilmente dalle
Parrocchie Santa Maria d’Episcopio, San Nicola di Platea e San Giuseppe
Lavoratore, per alcune attività formative e servizi pastorali vi
gravitano anche Santa Domenica Talao, San Nicola Arcella e Papasidero.
L’unità Pastorale non è una struttura giuridicamente definita, è un modo
di lavorare insieme di più sacerdoti in un territorio omogeneo e
determinato. Comprende più parrocchie e gli altri enti ecclesiali
presenti nel territorio e soggetti alla giurisdizione del Vescovo.
“L’Unità
Pastorale è guidata collegialmente dai parroci che vivono e operano in
quel territorio; i quali si rapportano tra loro nel modo seguente: uno
di essi è il Parroco Coordinatore, con il compito di dirigere l’attività
pastorale concordata insieme con gli altri parroci. Perciò i singoli
parroci conservano per la parrocchia di cui sono titolari, la facoltà di
assistere ai matrimoni e di dispensare i sacramenti, rimangono parimenti
titolari della rappresentanza giuridica della propria parrocchia;
concordano invece con il parroco coordinatore, l’intera attività
pastorale, compresi gli orari e le modalità delle celebrazioni”.
Anche le esperienze formative, fondamentali per la crescita dei
battezzati che vi aderiscono e per l’evangelizzazione della città,
vengono coordinate nella dinamica della pastorale integrata, in
comunione di intenti con i parroci che operano nella Unità Pastorale.
Per valorizzare al meglio le energie di volontariato e le risorse
destinate alla carità, si è scelto di operare anche nelle attività
caritative come Unità Pastorale.
Le
tre realtà parrocchiali, non solo dal punto di vista strettamente
religioso e catechetico, ma anche per quanto riguarda l’aspetto
aggregativo - educativo sono un importante punto di riferimento per la
città. In questo momento di difficoltà economica e di disorientamento
sociale sono diventate più necessarie e immediatamente visibile per le
varie marginalità e necessità che vanno emergendo.
Sono
numerosi gli interventi delle Caritas e tante famiglie trovano
attraverso le parrocchie, aiuto e sostegno spirituale e materiale. Le
persone impegnate nelle parrocchie nelle svariate attività formative e
caritative, sono una ricchezza per il territorio, vi svolgono un
volontariato spesso silenzioso, ma attento alla realtà e alla lettura
dei nuovi bisogni.
Da
oltre cinquanta anni sono presenti a Scalea le
Suore di
Carità di Santa Maria.
Inizialmente il loro servizio si è caratterizzata come sostegno alle
tante povertà sociali dell’infanzia. In diversi modi si sono sempre rese
presenti sul piano educativo e formativo dei ragazzi e in alcune fasi
anche dei giovani della nostra città. In questi anni, per come è loro
consentito dalle attività della Scuola Materna ed Elementare, unica
presenza Parificata della nostra Diocesi, si rendono disponibili per le
attività catechistiche, per le iniziative caritative e l’assistenza agli
ammalati. Né va trascurato il lavoro silenzioso di sostegno morale dato
alle famiglie, sia con la preghiera che con il conforto formativo e
spirituale.
L’esperienza dell’Azione
Cattolica
presente
nella nostra città da tempi remoti vive il suo servizio nell’ambito
della formazione per la crescita e il consolidamento della fede nei
battezzati. L’associazione alla quale oggi si aderisce è totalmente
orientata alla formazione degli associati e all’impegno di
evangelizzazione delle comunità. Continua ad essere un importante punto
di riferimento e a proporre la formazione nell’Unità Pastorale con la
dedizione che ne ha sempre caratterizzato la presenza. Si sforza di
vivere il suo servizio educativo per la crescita della fede con gli
adulti, i giovani e i ragazzi.
Da
circa trentacinque anni, con diversa intensità e in diversi modi, tanti
fratelli e sorelle delle diverse parrocchie nelle quali è articolata la
vita di fede della nostra città, vivono la comprensione dell’azione di
Dio in loro e la disponibilità alla conversione, frequentando il
Cammino Neocatecumenale.
Questo gruppo di fratelli, non sempre riesce a corrispondere al suo
carisma di presenza evangelizzatrice, ci si augura che questa esperienza
di perfezione cristiana, orientata a una più autentica comprensione
dell’appartenenza a Cristo, possa suscitare, in tutti i battezzati,
sinceri aneliti di comunione e di rinnovata disponibilità alla vita del
Vangelo.
L’attività educativa dell’AGESCI
presente nella nostra città da oltre trenta anni,merita la nostra
attenzione per il lavoro educativo che svolge orientato a
responsabilizzare nella loro crescita i ragazzi e i giovani della nostra
città alla vita di fede e all’impegno sociale. L’amore per la natura,
l’impegno per la costruzione di un mondo più giusto che anela alla pace,
sono doni troppo preziosi, che il Signore ci ha affidati, e meritano di
essere valorizzati da tutti.
Quest’anno ha visto la luce un’altra esperienza pastorale, orientata
alla valorizzazione della pietà mariana e alla comprensione della
devozione alla Madonna del Carmine, celeste patrona della nostra città,
viene curata mediante la
Confraternita Madonna del Carmine.
Questa
esperienza che si caratterizza peruna rilettura nell’oggi della storia
delle antiche tradizioni spirituali di Scalea, merita tutto il nostro
sostegno e la nostra preghiera.
La
Mensa Solidale Don Orazio Guaragna
è un
servizio di mensa gratuito, per persone in situazione di bisogno (anche
momentaneo) e di marginalità, il cui scopo è quello di rispondere alle
esigenze primarie dell’alimentazione. Il servizio è funzionante dal
lunedì al sabato. La Mensa di Solidarietà è situata in via Lauro. Sono
destinatari del servizio i cittadini italiani e stranieri in situazione
di disagio socio-economico. Per essere accolto per la prima volta basta
esserci per le ore 12.00 per segnalare la propria presenza ai volontari.
Per essere accolto per le seconda o più volte o in modo stabile è
necessario chiedere e ritirare il pass presso le parrocchie o presso i
Servizi Sociali del Comune di Scalea. Le richieste e i bisogni delle
persone vengono affrontate spesso dagli stessi parroci a cui i singoli e
le famiglie si rivolgono, oppure attraverso le Caritas parrocchiali.
Vengono aiutate mensilmente, attraverso beni alimentari, le offerte dei
fedeli oltre 200 nuclei familiari, ai quali occorre aggiungere la gente
che arriva occasionalmente e i Rom. Altre iniziative estemporanee sono:
le famiglie aiutate nel pagamento delle bollette e degli affitti, donne
sole in difficoltà sostenute nelle loro necessità e urgenze, la
distribuzione del “Pane del giorno dopo” a circa 20 famiglie ogni
mattina. A questo si devono aggiungere la distribuzione degli aiuti in
capo di vestiario attraverso il
Mercatino dell’Usato:
prevalentemente visitato da extracomunitari (abiti usati dismessi nei
cambi stagione) e il Mercatino estivo per i turisti finalizzato al
sostegno delle opere di carità.
Tra gli ambiti personali più delicati che le parrocchie vivono c’è
l’impegno orientato a superare i tanti drammi familiari legati alle
separazioni, a rimuovere le sofferenze, ad animare la speranza nei
figli. Inoltre grazie al coinvolgimento dei vari ministeri laicali
visitano almeno una volta al mese oltre cento tra
ammalati, persone sole e anziani.
Questi fratelli e queste sorelle chiedono solo di non essere dimenticati
e di trovare una disponibilità all’ascolto. Con i
Ministri
Straordinari della Comunione,
i
Diaconi
e tanti volontari, ci sforziamo di non trascurarli in queste loro
attese, senza dimenticare di portare loro l’Eucaristia, nella certezza
che solo la presenza di Gesù riesce a donare la gioia di vivere
nonostante la sofferenza e il conforto spirituale.
Dal 2013 opera attivamente a Scalea il
Centro di Ascolto foraniale,
non sempre compreso nella sua finalità principale che è quella di
alimentare la speranza e di aiutare a rimuovere la disperazione. E’una
struttura di servizio che la Caritas diocesana mette a disposizione
della Forania di Scalea per cui sono coinvolti e serviti anche i paesi
vicini. Offre anche un contributo prezioso per le tante disperazioni del
nostro tempo: pagamento di bollette o altre utenze, necessità delle
famiglie presentate come bisognose dalle parrocchie di appartenenza.
Questo è reso possibile dalla distribuzione territoriale di parte dell’8
per mille
che la CEI assegna annualmente alla diocesi, al fine di andare incontro
alle famiglie in difficoltà sociale ed economica.
La
Vergine Maria incoraggia il cammino
La
Beata Vergine Maria del Monte Carmelo da secoli vigila sulla salvezza
delle anime dei nostri battezzati, successivamente la devozione mariana
si è arricchita con quella alla Madonna del Lauro soprattutto per gli
operatori del mare. Infine ha avuto grande diffusione la Madonna del
Santo Rosario di Pompei anche a motivo del grande flusso di turisti
dell’area napoletana. Ai nostri giorni nelle aree rurali è incoraggiata
la devozione all’Immacolata. Questo ricorrere stabilmente alla presenza
di Maria aiuta a leggere il camminare con Maria come la via privilegiata
per entrare ancora oggi nel cuore dei fedeli. Il Signore ci ha posti in
questa terra e ci ha affidato questa terra, la cui storia è segnata da
una profonda fede in Dio e nella Vergine Santa ma anche, da tante
sofferenze e drammi umani. Ebbene la nostra gente ci insegna che non
dobbiamo mai perderci d’animo, il cristiano alla luce dell’esempio che
la Vergine ci ha donato non deve cedere alla tentazione della
disperazione e dello scetticismo, il cristiano vive affidandosi nella
preghiera alla comprensione del progetto di Dio. La gioia che si
accompagna alla missione, non deriva dall’incoscienza, dall’illusione o
dall’incapacità di leggere i drammi del nostro popolo ma dall’aver
compreso che la gioia è un dono di Dio, che è un frutto dello Spirito.
La
gioia, di cui noi parliamo e che abita la nostra vita nel servire il
Signore, deriva ed è conseguenza del nostro dimorare in Dio, deriva dal
vivere costantemente nella preghiera e dalla disponibilità sempre nuova
a celebrare il suo amore per noi. Di questo facciamo esperienza se siamo
coscienti della nostra appartenenza a Cristo. Non possiamo concludere
che meditando quanto il Santo Padre emerito Benedetto XVI ci ha affidato
da contemplare e da riflettere a chiusura del Sinodo sulla Parola di
Dio:
La
figura di Maria ci orienta nel cammino.
Questo cammino, potrà apparirci un itinerario nel deserto;
sappiamo di doverlo percorrere portando con noi l’essenziale: la
compagnia di Gesù, la verità della sua parola,
il
pane eucaristico che ci nutre, la fraternità della comunione ecclesiale,
lo slancio della carità.
È
l’acqua del pozzo che fa fiorire il deserto.
E,
come nella notte del deserto le stelle si fanno più luminose,
così
nel cielo del nostro cammino risplende con vigore la luce di Maria,
Stella della nuova evangelizzazione, a cui fiduciosi ci affidiamo.
Amen
Vita
Sacramentale
Battesimo
I
genitori devono richiedere la possibilità di battezzare i figli con
ampio anticipo per poter organizzare i momenti di formazione. Per
educare a sentirsi parte della comunità parrocchiale e per comprendere
che i Sacramenti sono un dono da vivere nella comunità, e non qualcosa
di privato, i Battesimi saranno celebrati per quanto è possibile alla
presenza della comunità parrocchiale. Per cui nella nostra parrocchia i
Battesimi si celebrano ordinariamente durante la Messa
Pro
Populo Dei
oppure
durante la Celebrazione Festiva della vigilia.
Cresima
o Confermazione
Per ricevere il Sacramento della Confermazione, occorre essere già
Battezzati, aver fatto la Prima Comunione e partecipare alla vita della
comunità parrocchiale. Inoltre occorre frequentare il cammino di
formazione Cristiana per due anni nel gruppo della Confermazione. La
Cresima o Confermazione, secondo quanto prescrive il cammino di
formazione cristiana della nostra diocesi, si riceve nel periodo di
Pasqua del
secondo
anno
formativo.
Gli
adulti che devono ricevere questo Sacramento sono invitati a partecipare
all’itinerario di formazione biblica che inizia con l’Avvento e termina
con la Quaresima.
Eucaristia
Per poter partecipare pienamente alla Liturgia Eucaristica con la Prima
Comunione, occorre aver ricevuto il Sacramento del Battesimo. Inoltre
occorre aver frequentato il cammino di Formazione Cristiana nel gruppo
dell’Accoglienza, che educa a sentirsi parte della comunità cristiana,
per due anni; e in quello dell’Eucaristia, che educa al ringraziamento
per tutto quello che il Signore ci ha dato, per tre anni. Per poter
vivere in modo completo la formazione è indispensabile il pieno
coinvolgimento delle famiglie dei ragazzi nelle varie fasi
dell’itinerario. Questo sacramento si riceve ordinariamente in
quinta elementare.
Riconciliazione
o Penitenza (Confessione)
Il
Sacramento, nel cammino di preparazione dell’Iniziazione Cristiana, si
riceve durante una giornata penitenziale, nella Quaresima che precede la
Prima partecipazione alla Comunione Eucaristica. Per vivere
ordinariamente il dono della Misericordia di Dio, per evitare di vivere
questo mistero d’amore in modo frettoloso si chiede di venire per tempo
in chiesa, non all’ultimo momento per una benedizione; i sacerdoti sono
presenti e disponibili, almeno mezz’ora prima che inizi la Liturgia
Eucaristica. La parrocchia organizza la liturgia comunitaria della
Penitenza in Avvento per prepararsi al Natale del Signore, in Quaresima
per celebrare degnamente la Pasqua di Resurrezione.
Per
quanto concerne gli adulti si ricorda che occorre confessare i propri
peccati e non quelli degli altri, che bisogna vivere con piena
disponibilità la conversione della propria vita, e operare per rimuovere
il peccato dal proprio modo di parlare e di agire.
Padrini
Per poter fare da Padrini/Madrine ai Sacramenti di Iniziazione Cristiana
(Battesimo e Cresima) è necessario: Aver ricevuto i Sacramenti di
Iniziazione Cristiana. Aver compiuto 16 anni. Frequentare possibilmente
la vita della Comunità. Non avere impedimenti morali, non vivere in
situazioni canoniche e sociali irregolari.
Unzione
dei Malati
Il
Signore nella sua vita terrena è spesso intervenuto per alleviare le
sofferenze e guarire dalle malattie, la comunità cristiana fin dal suo
sorgere ha ritenuto di dover continuare l’opera del Signore donando
nell’azione pastorale una particolare attenzione ai sofferenti. Nella
parrocchia la visita agli ammalati e agli anziani impossibilitati a
muoversi si fa ogni mese, con la collaborazione dei Ministri
Straordinari della Comunione in occasione del primo venerdì. Inoltre gli
operatori della Caritas sono impegnati a visitare periodicamente gli
ammalati per il conforto della preghiera e per far loro sperimentare
l’affetto e l’attenzione della comunità.
Per quanto concerne il Sacramento dell’Unzione si ritiene sia opportuno
che il malato lo riceva mentre è cosciente del suo stato di sofferente,
senza attendere gli ultimi momenti di vita, quando ormai non ha
coscienza del dono che riceve nella Grazia di Dio, mediante l’azione
sacramentale della Chiesa.
Matrimonio
E’
il Sacramento della partecipazione all’azione creatrice di Dio e
dell’amore sponsale, è perciò importante maturare una coscienza
vocazionale del legame matrimoniale. Per la celebrazione del matrimonio
occorre aver ricevuto i Sacramenti dell’iniziazione Cristiana:
Battesimo, Eucaristia, Confermazione.Inoltre è indispensabile, per una
migliore comprensione del Sacramento e degli impegni canonici e civili
che ne derivano, aver frequentato il cammino di formazione al Matrimonio
cristiano nell’Unità Pastorale ove si ha il domicilio o la residenza.
Per
le pubblicazioni occorre portare:
I
certificati cumulativi di Cittadinanza, Residenza e Stato Libero dei
fidanzati. Se domiciliati (non necessariamente residenti) in altra
parrocchia si devono portare i certificati di Battesimo e di Cresima. Se
domiciliati in altra Diocesi anche il certificato di Stato Libero
Esequie
Secondo
quanto prevede il Diritto Canonico le esequie possono essere celebrate
dove lo ritengono gli interessati, senza alcun vincolo legato
all’appartenenza territoriale. L’azione liturgica è uguale per tutti i
defunti, onde evitare disparità tra i ricchi e i poveri. Per quanto è
possibile, la vigilia delle esequie, è celebrata una veglia di preghiera
nella casa del defunto. Per quanto concerne la celebrazione delle
Esequie, il corteo si snoda dalla casa del defunto alla Chiesa
parrocchiale. L’azione liturgica esequiale termina per tutti nella
Chiesa parrocchiale.
Condividono
la responsabilità della vita pastorale
Per il bene delle anime della Comunità parrocchiale nella dinamica della
corresponsabilità laicale fortemente voluta dagli orientamenti
conciliari, molti battezzati cooperano, con il Parroco ed il Vicario
parrocchiale, per la crescita nella comunione e per la evangelizzazione
della comunità parrocchiale.
Possiamo contare su un centinaio di persone che rendono più viva e
attiva la vitalità degli ambienti pastorali. Sono laici sinceramente
affezionati al servizio pastorale e lo vivono con una generosa e
gratuita dedizione. La loro formazione è stata curata dallo zelo
pastorale che ha caratterizzato il lungo ministero di Don Michele.
Alcuni si sono formati presto l’istituto di Scienze Religiose a
Belvedere, altri presso la Scuola di formazione Teologica a Scalea.
Tutti, e altri ancora, alla scuola quotidiana e immediata della
preghiera e delle partecipazione parrocchiale. In questi ultimi anni, il
nucleo delle diponibilità va arricchendosi con una significativa
presenza di giovani, che generano entusiasmo e vitalizzano in modo
innovativo la partecipazione agli incontri formativi e alle celebrazioni
catechistiche e liturgiche.
Occorre
lamentare la latitanza degli uomini, il rapporto con la partecipazione
attiva delle donne è eccessivamente sproporzionato. E come se avessero
sempre cose più importanti da fare, partecipano abbastanza numerosi alla
vita liturgica, ma, a tutt’oggi, non si riesce a coinvolgerli numerosi
nel prezioso impegno della testimonianza cristiana di servire la
comunità.
Come
ha già ampiamente operato il mio predecessore, continua l’impegno della
corresponsabilità attraverso gli organismi di partecipazione ecclesiale:
Consiglio Pastorale e Consiglio per gli Affari Economici. Negli incontri
periodici di questi organismi, il coinvolgimento dei laici si esprime
nell’analisi, nell’impostazione, nella programmazione, nell’attuazione e
nella verifica del lavoro pastorale.
Abbiamo già sottolineato che i fratelli e le sorelle dedicano con
passione e gioia il loro tempo disponibile alla crescita della comunità
e della vita cristiana a Scalea. Stiamo lavorando perché cresca in loro
la voglia di protagonismo. Il che vuol dire, vivere nella piena
comunione con il parroco, valorizzare più autonomamente i carismi che lo
Spirito ha loro affidato per il bene della comunità. Si avverte il
bisogno di liberarsi dalla esigenza della tutela dall’alto, di
derivazione clericale, per restituirsi con più libertà alle grandi
potenzialità spirituali ed educative di cui ciascun battezzato è
depositario.
Il
senso di responsabilità formativa che accompagna l’impegno laicale, e la
serietà con la quale viene incarnato, permette a noi sacerdoti di
guardare in modo più ampio e sereno alle tante situazioni difficili, le
cosiddette
periferie esistenziali,
che più immediatamente sollecitano la nostra attenzione di pastori. La
crescita della fede sollecita sempre la vita e l’affidamento della
comunità al Signore, perché corrisponda pienamente al progetto di Chiesa
che il nostro Vescovo propone e sia sempre attenta a quanto la Chiesa
universale vive e trasmette attraverso il Magistero Petrino del Santo
Padre.
L’opera del Signore non manca di alimentare sempre nuove vocazioni, a
generare stupore per tutto il bene che si accompagna alla vita della
comunità, nonostante i nostri tanti limiti personali e così completare
per sua grazia tutto ciò che può concorrere più pienamente al bene delle
anime a noi affidate.
Consiglio Parrocchiale Affari Economici
Statuto
Art.
1
Il
Consiglio Parrocchiale per gli affari economici della Parrocchia di
San Giuseppe Lavoratore (qui di seguito più brevemente denominato (C.P.A.E.)
costituito dal Parroco in attuazione del can. 537 del Codice di Diritto
Canonico, è l’organo di collaborazione dei fedeli con il Parroco nella
gestione amministrava della Parrocchia.
Art.
2
Il CPAE
ha i seguenti scopi:
-
coadiuvare il parroco nel predisporre il bilancio preventivo della
parrocchia, elencando le voci di spesa prevedibili per i vari
settori di attività e individuando i relativi mezzi di copertura;
-
approvare alla fine di ciascun esercizio, previo esame dei libri
contabili e della relativa documentazione, il rendiconto consuntivo;
-
esprimere il parere sugli atti di straordinaria amministrazione;
-
curare l’aggiornamento annuale dello stato patrimoniale della
Parrocchia, il deposito dei relativi atti e documenti presso la
Curia diocesana (can. 1284, § 2, n. 9) e l’ordinata archiviazione
delle copie negli uffici parrocchiali.
Regolamento
Art.
1
Il
C.P.A.E. è composto dal parroco, che di diritto ne è il Presidente, dai
Vicari parrocchiali e da almeno tre fedeli nominati dal Parroco, sentito
il parere del Consiglio Pastorale o, in sua mancanza, di persone mature
e prudenti; i consiglieri devono essere eminenti per integrità morale,
attivamente inseriti nella vita parrocchiale, capaci di valutare le
scelte economiche con spirito ecclesiale e possibilmente esperti in
diritto o in economia.
I loro
nominativi devono essere comunicati alla Curia Diocesana almeno quindici
giorni prima del loro insediamento.
I membri
del C.P.A.E. durano in carica tre anni e il loro mandato può essere
rinnovato.
Per la
durata del loro mandato i consiglieri non possono essere revocati se non
per gravi e documentati motivi.
Art.
2
Non possono essere nominati membri del C.P.A.E. i congiunti del Parroco
fino al quarto grado di consanguineità o di affini e quanti hanno in
essere rapporti economici con la parrocchia.
Art.
3
Spetta al Presidente:
-
la
convocazione e la presidenza del C.P.A.E.
-
la
fissazione dell’ordine del giorno di ciascuna riunione;
-
la
presidenza delle riunioni.
Art.
4
Il
C.P.A.E. ha funzione consultiva non deliberativa. In esso tuttavia si
esprime la collaborazione responsabile dei fedeli nella gestione
amministrativa della Parrocchia in conformità al can. 212, § 3. Il
Parroco ne ricercherà e ne ascolterà attentamente il parere, non se ne
discosterà se non per gravi motivi e ne userà ordinariamente come valido
strumento per l’amministrazione della Parrocchia.
Ferma
resta, in ogni caso, la legale rappresentanza della Parrocchia che in
tutti negozi giuridici spetta al parroco, il quale è amministratore di
tutti beni parrocchiali a norma del can. 532.
Art.
5
Il
C.P.A.E. si riunisce almeno una volta al trimestre (oppure una volta al
quadrimestre), nonché ogni volta che il Parroco lo ritenga opportuno, o
che ne sia fatta a quest’ultimo richiesta da almeno due membri del
Consiglio.
Alle
riunioni del C.P.A.E. potranno partecipare, ove necessario, su invito
del Presidente, anche altre persone in qualità di esperti.
Ogni
consigliere ha facoltà di far mettere a verbale tutte le osservazioni
che ritiene opportuno fare.
Art.
6
Nei casi di morte, di dimissioni, di revoca o di permanente invalidità
di uno o più membri del C.P.A.E., il Parroco provvede, entro quindici
giorni, a nominarne i sostituti. I consiglieri cosi nominati rimangono
in carica fino alla scadenza del mandato del Consiglio stesso e possono
essere confermati dalla successiva scadenza.
Art.
7
L’esercizio finanziario della Parrocchia va dal 1°gennaio al 31 dicembre
di ogni anno. Alla fine di ciascun esercizio, e comunque entro il 31
marzo successivo, il bilancio consuntivo, debitamente firmato dai membri
del Consiglio, sarà sottoposto dal Parroco al Vescovo diocesano.
Art.
8
Il
C.P.A.E. presenta al Consiglio Pastorale Parrocchiale il bilancio
consuntivo annuale e porta a conoscenza della comunità parrocchiale le
componenti essenziali delle entrate e delle uscite verificatesi nel
corso dell’esercizio nonché il rendiconto analitico dell’utilizzazione
delle offerte fatte dai fedeli, indicando anche le opportune iniziative
per l’incremento delle risorse necessarie per la realizzazione delle
attività pastorali e per il sostentamento del clero parrocchiale.
Art.
9
Per la validità delle riunioni del Consiglio è necessaria la presenza
della maggioranza dei consiglieri. I verbali del Consiglio, redatti su
apposito registro devono portare la sottoscrizione del Parroco e del
Segretario del Consiglio stesso e debbono essere approvati nella seduta
successiva.
Art.
10
Per tutto quanto non contemplato nel presente regolamento si
applicheranno le norme del Diritto Canonico.
Consiglio Pastorale Parrocchiale
Statuto
Il
Consiglio Pastorale Parrocchiale è l’organismo di comunione e di
partecipazione alla missione salvifica della Chiesa nella parrocchia
San Giuseppe Lavoratore in Scalea, diocesi di San Marco Argentano –
Scalea. Esso si propone di curare anzitutto la vita spirituale dei suoi
membri e dell’intera parrocchia, con senso di grande carità, che è il
segno distintivo dei discepoli di Cristo.
Art.
1
A
norma del can. 536 de Codice di Diritto Canonico e sentito il giudizio
di opportunità del Vescovo diocesano, in data 1 gennaio 2015 si
costituisce nella parrocchia San Giuseppe Lavoratore in Scalea il
C.P.P.
Art.
2
Il
C.P.P. è organismo di comunione e di partecipazione responsabile alla
vita della comunità. E’ organo consultivo, non ha compiti esecutivi, ed
è retto dalle norme stabilite dal Vescovo diocesano.
Art.
3
Il
C.P.P. studia, valuta e propone indicazioni operative su tutto ciò che
riguarda l’azione pastorale della parrocchia, elaborando un piano
organico di evangelizzazione che tenga conto del contesto sociale e
delle molteplici esigenze spirituali e temporali dell’intera comunità.
Art.
4
Il
C.P.P. nel redigere il piano pastorale, dà indicazioni operative:
-
Per
diffondere la Parola di Dio in tutti gli ambienti e sviluppare la
coscienza religiosa dell’intero popolo di Dio;
-
Per fare
in modo che le celebrazioni eucaristiche, siano fonte e culmine della
vita della comunità ecclesiale;
-
Per
realizzare la carità fraterna: tra i suoi membri; nel rapporto con tutta
la comunità parrocchiale, creando occasioni di incontro e comunione con
tutti, specie con i non praticanti al di là di ogni discriminazione
sociale, culturale o credo religioso; nell’aiuto fraterno verso i
poveri, gli emarginati, gli ammalati, e verso ogni forma di marginalità
e bisogno.
Regolamento
Art.
1
Il
C.P.P. è formato:
-
da
membri di diritto: parroco
-
da
cinque membri eletti dalla comunità;
-
da
membri designati, delegati di ogni associazione, movimenti o gruppi
operanti nella parrocchia: Catechisti, Gruppo Liturgico, Caritas,
Comunità Maria, Responsabile Formazione Biblica, Coro parrocchiale,
Gruppo di Preghiera di Maria Rifugio delle Anime.
-
Dai
rappresentanti i quartieri della parrocchia: Fischia, Calvario, Viale
Stazione, Via Mulino, Madonnina, Via Necco, Impresa, Campo Volo,
Lintiscita, Sant’Angelo.
I
delegati rappresentanti le Aggregazioni decadono allo scadere dei loro
mandati associativi.
Art.
2
Il
C.P.P. dura in carica tre anni, a conclusione del mandato i componenti
possono essere rieletti per un secondo triennio. Solo eccezionalmente
per un terzo mandato esecutivo.
Art.
3
Sono organi del C.P.P.:
-
la
Presidenza, formata da: parroco, vice-presidente laico e segretario
organizzativo;
-
l’Assemblea, che è composta da tutti i membri del C.P.P. che elegge un
vice-presidente laico e un segretario.
Art.
4
Il
C.P.P. si riunisce quattro volte all’anno su convocazione del presidente
e ogniqualvolta il presidente o la maggioranza dei membri ne faccia
richiesta. Per la validità della riunione è necessaria la presenza del
presidente e la maggioranza dei membri.
Art.
5
Sono elettori e possono essere eletti, tutti i cresimati che hanno
compiuto il sedicesimo anno di età e che si distinguono per
testimonianza di fede, buoni costumi e prudenza cristiana.
Art.
6
Il
presidente indice le elezioni per la scelta dei membri del C.P.P., un
mese prima, fissandone i tempi e le modalità.
Art.
7
Le
elezioni si svolgono nei luoghi convenuti dal presidente e comunicati
alla data dell’indizione delle elezioni.
Art.
8
I
membri da eleggere sono cinque; sono votati in una lista unica, formata
da tutti coloro che si rendono disponibili a far parte del C.P.P. Le
preferenze da esprimere sono due. Al candidato eletto che rinuncia,
subentra il primo dei non eletti.
Art.
9
L’assemblea del C.P.P. è convocata con invito scritto, spedito o
recapitato a mano a cura del segretario, che inoltre provvederà a
compilare i verbali delle sedute, e curerà il registro dei medesimi che
sarà custodito nell’archivio della parrocchia.
Art.
10
L’avviso della convocazione conterrà l’ordine del giorno, la data e il
luogo della seduta, con l’orario e i contenuti fissati dalla presidenza.
Art.
11
Le
persone che fanno parte del C.P.P. accettano lo statuto e il regolamento
e, si impegnano, a rispettarli e a farli rispettare.
Art.
12
Il
C.P.P. decade con la sede parrocchiale vacante.
Art.
13
Per tutto quanto non è contenuto nel presente statuto e regolamento, si
applicano le norme del Codice di Diritto Canonico.
Componenti il Consiglio
Il
Parroco si avvarrà della collaborazione attiva dei Responsabili dei
Gruppi ecclesiali e degli Ambiti pastorali, in attesa di poter
definire con il nuovo anno pastorale e con la componente eletta
dall’assemblea il Consiglio Pastorale
ad
triennium.
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