Parrocchia San Giuseppe Lavoratore - Scalea
29 Agosto 1953 Nasce a Sicilì di Morigerati (SA)
20 Settembre 1953 E' Battezzato nella Chiesa Santa Maria Assunta in Sicilì (SA)
28 Marzo 1971 E' Confermato nella Chiesa San Nicola in Plateis a Scalea (CS)
24 Giugno 1981 E' ordinato Diacono nella Chiesa San Nicola in Plateis a Scalea dal Vescovo Mons. Augusto Lauro
06 Giugno 1982 E' ordinato Presbitero nella Basilica Patriarcale di San Pietro Apostolo in Roma, da S.S. Giovanni Paolo II
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2 marzo 2022 - Mercoledì delle Ceneri
Il Signore ci dona di vivere questo tempo in modo sinodale, ci viene chiesto come Chiesa, di camminare insieme. Siamo invitati a vivere la Comunione, la Partecipazione e la Missione dobbiamo perciò: Incontrare, Ascoltare, Discernere, seguendo l’esempio di Gesù che, nel Vangelo, incontra la persona che lo cerca, ascolta le sue domande e lo incoraggia al discernimento.
Durante il tempo di Quaresima, la Parola di Dio ci apre alla conversione, perché sia un tempo vissuto come un evento di grazia, un processo di guarigione interiore guidato e sostenuto dallo Spirito Santo.
Siamo invitati a contemplare Gesù, crocifisso e abbandonato, siamo incoraggiati a svuotarci, a liberarci di ciò che è prettamente materiale, da tutto ciò che appesantisce la nostra vita spirituale. Tutti dobbiamo interrogarci su cosa si attende Dio da noi, verso dove vuole guidarci.
La Via della Croce è un esercizio spirituale che incoraggia a riflettere la missione, la figura umana e sofferente di Cristo. Celebrando il cammino della Croce, Gesù, crocifisso e abbandonato, ci chiede di dare spazio alla preghiera, all’adorazione, all’incontro con Lui nel mistero della Sua donazione per la nostra salvezza. Invita ad ascoltare ciò che lo Spirito vuole trasmettere alla Chiesa, a lasciarci interpellare dalla storia del fratello e della sorella che guarda con fiducia alla nostra vita di fede.
Fare Sinodo è seguire le tracce di Gesù, crocifisso e abbandonato: È un esercizio lento, alcune volte faticoso, per imparare ad ascoltarci a vicenda sulle domande, gli affanni e le speranze di ogni persona. Gesù, nella missione terrena di rendere presente il Regno non andava di fretta, ma si poneva sempre al servizio della persona che incontrava, si rendeva disponibile al dialogo, all’ascolto paziente.
Vogliamo ancora accompagnarci alla Croce di Cristo, seguirlo nel cammino verso il Calvario, mettendo in risalto che attraverso di essa si manifesta pienamente l’amore di Dio verso ciascuno di noi, in particolare verso coloro che si sentono più abbandonati.
Avvertendo viva e vigile accanto a noi la presenza della Vergine Santa, percorriamo insieme la Via della Croce come cammino di discernimento spirituale e pastorale, diamo spazio nel nostro cuore all’adorazione, e alla preghiera. Nella certezza interiore che vivendo la contemplazione di Gesù crocifisso e abbandonato, viene alimentata in noi la speranza nell’amore che non delude, che non abbandona.
13 febbraio 2022 - VI Domenica Tempo Ordinario
Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Questa frase iniziale della liturgia della Parola della Festa, può lasciare l'amaro in bocca, anche perché ciascun di noi ha vissuto esperienze di fiducia in coloro che il Signore ci ha posto accanto come sostegno nel cammino della vita. Come sempre la Parola deve essere contestualizzata per esprimere pienamente il suo messaggio e in questo caso parliamo degli ambienti politico/sociale di corte che avrebbero messo a dura prova la lealtà del Profeta.
Letta in chiave spirituale e universale, questa affermazione del Profeta Geremia vuole incoraggiare a restituire la centralità al Signore, rimuovendo dalla propria vita tante false sicurezze ch spesso vi albeggiano per periodi più o meno lunghi. Perciò conclude affermando: Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. È come un albero piantato lungo un corso d'acqua, verso la corrente stende le radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi, nell'anno della siccità non si dà pena, non smette di produrre frutti. Allora ripartiamo per la celebrazione della festa, con questa affermazione di consolazione che apre alla speranza e sostiene la fiducia.
San Paolo nella lettera ai Corinzi, dopo aver dibattuto a lungo su varie tematiche pastorali e spirituali, oggi chiude ogni discorso invitando a cogliere la Resurrezione di Gesù come il cuore ineludibile della fede cristiana: ma se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E' proprio così tutto nasce dalla fede nella resurrezione, ogni anelito di eternità, ogni gioia ha la sua radice nell'incontro eterno con Dio, avendo come modello e riferimento la resurrezione di Gesù Cristo. E' la luce del risorto che rischiara di luminosità sempre nuova tutte le situazioni, anche quelle più drammatiche, che alcune volte si accompagnano alla nostra vita. Perciò al di là delle tante devozioni che comunque abitano e alimentano la nostra vita di fede, quello che è insostituibile è avere la certezza che la vita non finisce con la morte e si alimenta con le opere di bene che orientano a Dio l'esistenza di ogni uomo.
Il brano del Vangelo di Luca, ritengo sia uno dei più conosciuti a livello universale e interreligioso dei testi del Nuovo Testamento. Nel lessico comune è definito il Vangelo delle beatitudini,più esteso e articolato nel testo di Matteo ma più universale nei destinatari in questo di Luca: C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone. Insomma non è un messaggio per alcuni o per i più devoti, ma per tutti coloro che amano il bene e vogliono vivere operando il bene. Anche in questo caso viene sottolineata l'importanza di staccarsi dai discorsi comuni, dalla massa che spesso sceglie l'appiattimento degli atteggiamenti rigettando tutto quanto concorre costruire il Regno di Dio
Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell'uomo. Queste affermazioni brevi e perentorie, dobbiamo intenderle come un proclama di intenti, da perseguire in ogni tempo e in ogni luogo, con linearità e gioia, per costruire non se stessi ma ciò che dentro di noi è eterno e dona eternità alla storia di ogni persona: il Regno di Dio.
E' l'adesione al messaggio che Gesù ha donato con le parole e con la testimonianza a donare beatitudine indicando con questa affermazione tutto quanto concorre all'armonia interiore e alla speranza che non muore. E' il già e non ancora di Maritain, ciò che si assapora e rilancia al gusto pieno da conseguire, è il cammino della vita mai appagato dalle mete conseguite e sempre alla ricerca di traguardi sempre nuovi.
6 febbraio 2022 - V Domenica Tempo Ordinario
In questa celebrazione della parola, il profeta Isaia ci chiede di immergerci nel mistero della contemplazione di Dio, nella potente manifestazione della Sua gloria nel cielo: Io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria. Immediatamente potrebbe sembrare un turbare il nostro modo di leggerci al Suo cospetto, ma in realtà è un incoraggiamento a vivere quotidianamente la comunione dei santi, poiché in ogni liturgia eucaristica ad un certo punto, nel cuore della celebrazione siamo incoraggiati a leggerci in questo atteggiamento orante e osannante la Gloria e la Potenza di Dio.
Possiamo anche affermare senza doverci flagellare in modo eccessivo che perdura un andare a sentire la Messa e non tanto un partecipare all'Eucaristia. Anche per questo non sempre siamo capaci di coinvolgerci, di emozionarci pienamente, immergendoci nel mistero al quale ci è dato di partecipare. Come sempre dobbiamo crescere sempre di più nella dedizione spirituale, questo permetterà anche a noi, cogliendo l'esigenza di Dio di eleggere un testimone in mezzo al popolo, di concludere l'incontro affidandoci totalmente alla Sua volontà: Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!
L'Apostolo Paolo, ci incoraggia a ripercorrerci nella crescita della fede, rileggendoci nei tanti testimoni noti e ignoti che si sono accompagnati al nostro incontro con Dio, ci hanno sostenuto con le loro preghiere, hanno alimentato con la loro testimonianza in modo passivo o in modo attivo, la nostra vita spirituale e ci hanno affidati al Signore: A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto. E' quell'azione che nella dinamica educativa viene definita il trapasso delle nozioni, intendendo con questa affermazione il trasmettere agli altri tutto quanto si è maturato nella propria vita interiore. In questo caso specifico, l'Apostolo parla della fede in Gesù e il modo nel quale è bene testimoniarla.
Evidentemente non
esiste un modo specifico di vivere l'appartenenza a Cristo, poiché
ognuno la caratterizza con i carismi che gli vengono affidati e che
caratterizzano il proprio modo di vivere il Vangelo: Io
infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere
chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di
Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana.
Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio
che è con me. Nell'affermazione dell'Apostolo notiamo
la coscienza del proprio essere insignificante in rapporto all'opera di
Dio, ma viene anche sottolineata l'indispensabile protagonismo che Lui
ha cercato di vivere nell'impegno di evangelizzatore.
L'evangelista Luca, ci chiede di immergerci nei giorni cruciali della
chiamata dei discepoli del Signore, mettendo in risalto, gli
atteggiamenti tra il contraddittorio e il fidarsi che hanno
caratterizzato quel primo incontro: Gesù, stando presso
il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I
pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di
Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava
alle folle dalla barca. Probabilmente non tutto è
andato per come l'evangelista narra, anche perché negli altri vangeli
abbiamo un modo diverso di aderire al Signore, però è belle comprendere
come l'incontro con Gesù necessariamente è assoggettato a varie
possibili interpretazioni.
Al centro della scena viene posto Gesù, che inizialmente entra quasi in sordina, come colui che ha bisogno di loro e della loro barca, ma poi determina in modo deciso l'azione: Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca. Simone rispose: Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti. Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Che cosa sia accaduto, è difficile da immaginare, di certo qualcosa di impossibile umanamente parlando, al punto che questo determina un totale adesione dei pescatori e di Pietro alla volontà di Gesù, che viene già definito Maestro e Signore.
Anche in questo loro imbarazzo relazionale, i loro nomi diventeranno familiari anche nel cammino della nostra fede, sono Pietro Andrea, Giacomo e Giovanni, altri loro aiutanti non sono nominati, neanche i loro papà, i loro familiari che lasceranno per seguire il Signore. E' Gesù a determinare il come dovrà proseguire la loro relazione: Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini. L'incontro con Gesù, cambia il loro modo di vivere e di intendere i valori ai quali dedicare i loro sforzi. Questo viene chiesto anche a noi, in una società dimentica dei valori fondanti la vita cristiana, siamo chiamati ad essere coraggiosi testimoni di fraternità, di amicizia e di fiducia in Dio: E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
DOMENICA 30 GENNAIO 2022 - IV Domenica Tempo Ordinario
Possiamo affermare che il Signore chiede di vivere con fervore ed entusiasmo questi giorni di pandemia, proponendoci testi della Sacra Scrittura sempre più emozionanti e coinvolgenti. Nella coscienza della fragilità psicologica che si accompagna ai nostri giorni, avverte l'esigenza di generare coraggio e coinvolgimento affettuoso perché la dinamica del Regno di Dio possa prevalere su quella del mondo.
Così percorrendo il
brano del Profeta Geremia, ciascuno di noi si sente coinvolto, dalla
potente azione di Dio, ad essere segno di una speranza nuova che deriva
proprio dalla Sua volontà di accompagnarsi alla nostra vita, ma per
farlo ha bisogno della nostra disponibilità: Tu, dunque,
stringi la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti
ordinerò; non spaventarti di fronte a loro ... Ti faranno guerra, ma non
ti vinceranno,
perché io sono con te per salvarti. E' vero, anche ai
nostri giorni la nostra dedizione, spesso è incerta, fragile, ma è
comunque necessaria, perché Dio generi entusiasmo e gioia nel costruire
il futuro.
L'Apostolo potremmo dire così, rompe ogni indugio e incertezza metodologica, proponendo la via da seguire senza tentennamenti e insicurezze: E allora, vi mostro la via più sublime. SI è reso conto che al di là dei filosofemi e delle varie scelte spirituali, quello che è certamente gradito agli occhi del Signore, è la dedizione del cuore che ci apre all'amore gratuito verso tutti.
Ma la vita di carità, esige una maturità personale che deve caratterizzare la nostra vita. potremmo dire che la prima carità è avere coscienza di essere una presenza che anima il bene, dentro di se stessi e accanto a se stessi. Come sempre andiamo ripetendo non si configura immediatamente in qualcosa da fare ma nelle motivazioni che ci spingono a fare le cose secondo Dio e non secondo il mondo. Da questa coscienza derivano gli atteggiamenti che aprono e costruiscono la speranza: La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine.
Nella comunità dei credenti è importante far maturare una maggiore coscienza di questa preziosità, altrimenti si corre il rischio di aprirsi all'attivismo che pure è necessario ma senza la giusta motivazione e la crescita spirituale corre il rischio di diventare aridità relazionale, strutture di servizio, che pure sono necessarie ma che non aiutano a perfezione la vita come un dono di Dio che incoraggia a comprendere ogni altro parte di se.
L'incontro con Gesù a Nazareth, potremmo ascriverlo come uno degli incontri che caratterizzano anche la nostra vita ordinaria. Incomprensioni, non apertura del cuore, prevenzione nei confronti di chi si ritiene di conoscere bene vietano alcune volte di accedere al bene possibile che nell'incontro può determinarsi: Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato. Il cammino liturgico propone ancora oggi il messaggio salvifico che avevamo già ascoltato la settimana precedente, d'altra parte è la chiave di lettura della missione che Dio Padre ha affidato a Gesù, va anche inteso come un incoraggiamento alla conversione del cuore, a un aprirsi ai tempi nuovi che con Gesù vanno inaugurandosi.
Tutto questo non è automatico ma esige la conversione del cuore, la gioia di mettersi in gioco, la gioia di vivere come discepoli del Regno di Dio che Gesù è venuto a instaurare, Regno di Conversione, di pace, di fraternità, di misericordia. Tutte parole che aprono ad atteggiamenti di affidamento a Dio, sembra che scavalchino la nostra voglia di fare e incoraggino la nostra dedizione a cambiare mentalità ad aprire il cuore. E' vero, è proprio così il Regno di Dio è affidato a noi, ma soprattutto è opera dell'amore del padre che opera in modo libero, orientando la Sua azione al bene verso tutto e verso tutti. E' un po' un superamento del settarismo o del campanilismo che troppo spesso abita ancora ai nostri giorni, anche le nostre assemblee ecclesiali.
Dio vuole conservare la sua autonomia operativa che va sempre oltre i ogni confine istituzionalizzato, sia materiale che spirituale. E' quello che Gesù ieri come oggi si sforza di far comprendere con poco successo ai fedeli: richiamando loro l'azione del Padre che guarda ai bisogni di ogni persona e non solo a coloro che lo invocano. La conclusione che delinea l'evangelista è lapidaria: All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù.
Come anche è descritto in modo immediato, con una immagine che non lascia spazi a dubbi o a incertezza l'atteggiamento di Gesù: Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. Generalmente noi cerchiamo di mediare sempre, ma non sempre questo è possibile. allora come per Gesù, anche per noi può accadere di dover percorre il sentiero della missione in modo solitario, nell'incomprensione. Ciò che conta, è avere coscienza di ciò che il Signore chiede, e continuare serenamente per dove Lui ci indica.
DOMENICA 23 GENNAIO 2022 - III DOMENICA TEMPO ORDINARIO
La Parola di Dio che abbiamo ascoltato e ci è stata donata questa Domenica, è particolarmente indicata per riflettere su cosa si attende il Signore dalla nostra disponibilità a camminare alla Sua sequela, per continuare l'opera che il Padre ha affidato a Lui. E in Lui, in quanto suo corpo mistico mediante il dono dello Spirito Santo, a tutti noi. Non sempre abbiamo coscienza del mistero di cui siamo depositari, ma proprio per questo è importante mettere al centro della nostra ricerca interiore l'ascolto della Parola di Dio, in modo che la fede ricevuta in dono possa sempre rigenerarsi e diventare novità della presenza di Dio, ogni giorno, per la nostra vita.
L'immagine dei deportati di Babilonia che vengono convocati nella spianata del Tempio, per essere educati sulla via da seguire dopo quaranta anni di prigionia, possiamo compararla al tempo della pandemia che ci è chiesto di vivere e che va trasformando il nostro modo di relazionarci, anche se non sempre ne siamo coscienti, però è evidente che non ne usciremo per come eravamo prima. In questa ottica è importante la realizzazione del cammino sinodale per come il Santo Padre incoraggia a viverlo. L'obbiettivo non è quello di fare riunione o tirare bilanci, o ancora definire statistiche, ma semplicemente come ci viene ricordato da Esdra: Perché la gioia del Signore è la vostra forza.
Se vogliamo, pensare che fare la volontà di Dio sia una gioia da far abitare nella nostra vita, è una novità anche perché troppo spesso parliamo dell'adesione alla fede, come un peso da portare. Noi stessi praticanti, spesso manchiamo di colore, viviamo in modo sbiadito. Fare la volontà di Dio per vivere in una gioia infinita, è una certezza che deve trovare spazio nella nostra disponibilità alla testimonianza della fede. Stare in chiesa sorridenti, vivere la festa dell'incontro con gli altri, cantare con entusiasmo, insomma coinvolgersi di più, emozionarsi per il dono della vita di comunità, questo ci permetterà di rendere più attraente l'adesione alla fede, soprattutto aiuterà a donare ai nostri giovani un traguardo stabile da conseguire, cercandosi in valori che non abbandonano, non vengono mai meno.
In questo modo
avremo modo di rendere presenti i valori che hanno già dentro di loro,
la voglia di amare e di sentirsi amati, di stare insieme, di
vivere un protagonismo non sempre compreso ma cercato con impegno, un
protagonismo che nasce dalla certezza di essere tutti parte di un unico
progetto di amore che ciascuno di noi è chiamato a vivificare. Molte
sono le membra, ma nel dono dello Spirito uno solo è il corpo ... Questa
parola che l'apostolo Paolo trasmetteva ai cristiani di Corinto aiuta a
cogliere le difficoltà a comprendersi in comunione, in una società che
da sempre educa alla divisione, al prevalere sugli altri, a non cercarsi
nell'altro, ma piuttosto a chiudersi al dialogo, quasi a dimostrare che
io posso stare bene anche da solo. Insomma come il nostro tempo. Anche
in questo caso la Parola è maestra insostituibile che dona speranza e
incoraggia a costruire la comunione nella comunità, non la divisione.
L'insegnamento e l'incoraggiamento, tratto dal profeta Isaia,
che Gesù dona e chiede di accettare agli abitanti di Nazareth è rivolto
a anche a noi: Oggi si è compiuta questa Scrittura
che voi avete ascoltato. Anche ciascuno di noi oggi
ha ascoltato la parola di salvezza che Gesù ci ha donato, è un dono che
dobbiamo trasmettere a coloro che Lui ci ha posto accanto, nella nostra
famiglia, agli amici con i quali ci intratteniamo, nei tanti
messaggi che ogni giorno trasmettiamo sui social. Insomma il dono per
essere vitalizzato deve essere donato, altrimenti corre il rischio di
inaridirsi e di inaridire anche noi, se cerchiamo di possederlo invece
di trasmetterlo con la nostra gioiosa testimonianza.
Ed è in questo impegno che ritengo si possa inserire l'opera alla quale l'evangelista Luca, avverte l'esigenza di mettere mano: Anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. Il suo impegno deve essere anche il nostro, in questo modo la gioia che deriva dalla fede riesce a fugare le tante paure che abitano il cuore dell'uomo del nostro tempo, il cuore dei nostri figli e alcune volte anche la nostra stessa vita. Dobbiamo educarci ed educare a fare più spazio alla speranza cristiana nei nostri pensieri e nelle nostre azioni, questo ci aiuterà ad essere segno di comunione, anche se questo impegno esige la pazienza dei tempi lunghi e della sopportazione alle contrarietà.
D'altra parte anche Dio, nei nostri confronti, deve esercitare abbondantemente queste virtù. Non dobbiamo fare altro che amare tutti coloro che ci dona di incontrare, questa è la Sua volontà poi sta a noi ubbidirgli o voltargli le spalle scegliendo di percorrere scorciatoie che non sempre fanno arrivare alla meta che Lui ci indica. D'altra parte dobbiamo ammettere che nulla deve essere considerato definitivo, in una società relativistica non è sempre facile vivere con linearità, anche per questo non sempre siamo capaci di gioire per i doni ricevuti e di ringraziare Colui che non ci abbandona mai.
Capita spesso di presentarsi al Signore, scoraggiati, demotivati sempre con l'esigenza di essere sostenuti anche nelle situazioni più immediatamente semplici. E' come se non si avessero le energie necessarie per affrontare le difficoltà della vita. Probabilmente tutto è legato alla mancanza di idealità che spesso accompagna la comunità credente, che non manca di rinchiudersi in se stessa, invece di cercare in Dio la forza che la sostiene da sempre. Il mondo ha bisogno dei cristiani, come anche i cristiani sono resi tali per far crescere nel mondo l'amore di Dio e la gioia di sentirsi amati dia Dio.
E' l'Apostolo Paolo ha illuminarci sulla energia che abita e anima la nostra vita: A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune. E' una frase breve, lapidaria e intensa, che viene immediatamente illustrata con gli atteggiamenti che devono caratterizzarne la presenza nella vita quotidiana: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma se è così, come mai capita di sentirci inutili, incapaci di vivere quello che il Signore ci affida?
L'evangelista Giovanni ci chiede di seguire Gesù, percorrendo con Lui i primi passi della Sua missione terrena. E' stato battezzato da Giovanni, ha già un piccolo gruppo di seguaci, probabilmente è tornato a Nazareth dalla sua famiglia, adesso è con con questo gruppo che vede insieme la mamma, i suoi familiari e i discepoli che partecipa a questa festa di nozze a Cana di Galilea. E' l'unica volta che nel Vangelo di Giovanni, abbiamo questo tipo di comunità attorno a Gesù, li ritroveremo così solo dopo la risurrezione a Gerusalemme.
La scena è molto armonica, gioiosa e vede Gesù come un invitato. Altre volte Gesù viene descritto in questa veste, ma adesso ne diventa, per come i profeti narravano, il protagonista dei tempi messianici che Lui viene a inaugurare. La narrazione è abbastanza note e include il protagonismo ineludibile della mamma che si impone agli atteggiamenti attendisti di Gesù: la madre di Gesù gli disse: Non hanno vino. E Gesù le rispose: Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora. Sua madre disse ai servitori: Qualsiasi cosa vi dica, fatela. E' un atteggiamento forte, imperativo al quale Gesù non riesce a sottrarsi.
E' così che tutto ha inizio, da questa gioia restituita agli sposi, nasce la gioia che Gesù donerà a tutti coloro che hanno la voglia di incontrarlo per le strade della Palestina e per le strade del mondo. Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Domenica 9 gennaio 2022 - Battesimo del Signore
Consolate,
consolate il mio popolo, questo è l'impegno che il
Signore affida al Profeta Isaia e anche a tutti noi, ciascuno deve
sentirsi investito dalla grave responsabilità di trasmettere fiducia
agli altri, donare conforto avendo la certezza che questa è la volontà
di Dio. Questo impegno esige la disponibilità a leggere la vita delle
persone partendo dal cuore, sede delle emozioni affettive.
Questo ci permette di poter leggere la loro vita non solo per come viene
vista esteriormente, ma soprattutto cercando di comprenderne la bellezza
nelle motivazioni interiori che ne guidano gli atteggiamenti. Ma si
tratta soprattutto di emancipare gli atteggiamenti spirituali, renderli
preziosi nelle nostre relazioni interpersonali, tutti valori che sono
fortemente mortificati nell'oggi dalla nostra società.
Una voce grida:
«Nel deserto preparate la via al Signore, anche questa
affermazione incoraggia a fare una scelta di campo impopolare ma spesso
indispensabile. Il deserto come contesto dell'annuncio della speranza.
Trovare gioia nella ricerca del silenzio, questo permette di riflettere
più a lungo e dona anche la capacità di non avere fretta nel trarre
deduzioni alle tante situazioni che vengono proposte alla nostra
riflessione.
Educarsi all'ascolto negli spazi dove domina il silenzio, questo ci
permette di prevenire l'azione e non di subirla, perché ne percepiamo lo
svolgimento nella lontananza del suo germogliare. Il deserto diventa
anche un luogo di pellegrinaggio, il momento della memoria, la gioia di
guardare più lontano con gli occhi del cuore. Diventa un momento e un
ambiente ideale, per vivere e generare l'accoglienza dell'altro. Il
cuore della speranza è la confidenza in Dio, nella certezza sperimentata
del Suo amore per noi. Dio non delude coloro che si affidano a Lui: Ecco
il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio
esercita il dominio. Ecco, egli ha con sé il premio e la sua ricompensa
lo precede.
Questo è il retroterra culturale e spirituale che prepara l'avvento del Messia ed è in questo ambiente che Giovanni vive la sua ricerca interiore, rigetta ogni tentazione sostitutiva, umanamente più appagante e si prepara a indicare in Gesù l'atteso delle genti: Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
L'evangelista Luca ci presenta l'ingresso di Gesù nella storia umana in modo marginale rispetto alla centralità del Battista, velato e in preghiera, la sua volontà è dare più centralità all'azione dello Spirito Santo di Dio, che agisce anche in Gesù e per mezzo di Gesù in tutti noi: Ed ecco ... Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Anche noi dobbiamo
sentirci eletti, in Gesù, dal dono di essere Figli di Dio. Questa
certezza ci deve dare serenità, deve aprire il nostro cuore alla pace,
dobbiamo affrontare con coraggio le tante difficoltà che si accompagnano
alla nostra vita di ogni giorno. Ci guida la certezza che il Signore ci
ama e perciò ci sostiene con la forza del Suo Spirito.
III Domenica di Avvento - Gaudete in Domino
Il Natale del Signore ci chiede di preparare il nostro cuore ad accoglierlo con gioia in un sincero spirito di armonia e di pace. La Parola che questa Domenica, ci è donata da ascoltare e testimoniare, ci incoraggia a riflettere e personalizzare, potremmo dire una proposto poetica di adesione e di riscoperta dell'opera del Signore. Sofonia, un autore che definiamo profeta minore, ci chiede di scoprirci perdonati dal Signore e di affidarci a Lui: Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia.
Lui scriveva a una comunità appena tornata da un lungo esilio, che probabilmente non si sentiva accolta, né perdonata da Dio, una comunità che chiedeva pace per se e per i propri figli, dovendo ricominciare in modo nuovo la propria avventura esistenziale a Gerusalemme e nella terra dei padri. Se vogliamo anche noi oggi viviamo nella stessa condizione, a motivo della pandemia, ci troviamo a vivere in una concettuale e sociale totalmente nuova, e molti per sfatarne la gravità, tendono a fare le stesse cose di prima.
Questo atteggiamento è una illusione infantile orientata a nascondere i problemi, ma non è reso possibile. Semplicemente perché la mente è percorsa da mille situazioni che meritano ed esigono il loro spazio. Per cui necessariamente la preparazione alla festa nella natività del Signore esige da parte nostra un cambiamento di mentalità, che non sempre è facile da realizzare. E' San Paolo ad insistere sull'importanza di vivere la gioia, che non va creata artificialmente con addobbi più o meno appariscenti, con presepi più o meno belli, che sono comunque belli da guardare e alimentano tante emozioni interiori.
Ma siamo incoraggiati a vivere con semplicità, riscoprendoci visitati e amati dal Signore, orientando la nostra vita a trasmetterne la bellezza nella gratuità della dedizione al servizio verso i più abbandonati: siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Anche Giovanni il Battezzatore incoraggia alla conversione delle proprie azioni orintandole all'amore e liberandole dall'egoismo, non ciò che a me piace, ma ciò che attraverso la nostra vita rende presente l'amore di Dio.
La domanda che viene rivolta a lui: Maestro, che cosa dobbiamo fare? Deve accompagnarci in questi giorni che più immediatamente ci preparano con il canto della Novena all'avvento del Natale del Signore. Dobbiamo essere più attenti ai segni della presenza di Dio nella vita di oggi, per cui non solo la disperazione che sembra abitare il nostro tempo, ma anche le tante emozioni che lo abitano e che si caratterizzano negli atteggiamenti di affetto e di accoglienza che abitano la nostra vita e le nostre case.
Tutti sappiamo che il cuore della festa è l'incontro con Gesù, per cui più purifichiamo ciò che ci distrae da Lui, più possiamo renderci conto dell'affetto che abita il cuore dell'uomo del nostro tempo nei confronti di Dio. L'impegno che non dobbiamo trascurare è quello della testimonianza nei confronti dei nostri figli, che devono sentirsi amati e sostenuti.
Sono costretti a vivere in modo innaturale la loro crescita, non possiamo fare altro che amarli, donare loro di stare insieme, farli sentire preziosi per come lo sono davanti a Dio e non sempre nella vita oggi. Sono loro a soffrire di più per tutto ciò che la pandemia ci chiede di vivre per tutelare il bene comune, per quanto è possibile doniamo loro la gioia di esserci.
5 Dicembre 2021 - II Domenica di Avvento
L'esistenza cristiana è vissuta alla luce della Parola di Dio, nella certezza che questi libri sono stati scritti per poter camminare meglio incontro al Signore che viene. La coscienza del proprio protagonismo, nell'impegno della testimonianza della fede, è quanto il Sinodo incoraggia come naturale espressione alla propria dedizione per la crescita della comunione ecclesiale e nella dinamica dell'evangelizzazione.
Il cammino di Avvento, che stiamo percorrendo, ci incoraggia a leggerci come persone nuove alla costante ricerca della novità di Dio nella propria vita. Questa novità della presenza di Dio, liturgicamente, ci è rappresentata nella l'immagine della Vergine Immacolata, che stiamo pregando durante la novena. E' lei la donna nuova, che da origine all'umanità nuova, una umanità che spera in Dio e ha la certezza che grazie al Suo aiuto tutto è orientato al bene.
Questo convincimento del cuore, ha però bisogno della propria partecipazione e del proprio impegno. Dio, per rendersi presente nella vita quotidiana ha bisogno della nostra testimonianza, della nostra dedizione all'amore. Siamo Sua creature e dobbiamo vivere come presenza del nostro creatore. Tutto questo si realizza nella storia di ogni giorno, nella vita di ogni battezzato, ancora di più, nella vita di ogni persona.
Questo ci viene ricordato oggi dall'evangelista Luca che ci dona uno spaccato della storia del tempo in cui Gesù è venuto in mezzo a noi. Certamente nei Vangeli e in genere nella Bibbia l'analisti storica cede poi il passo al mistero del progetto di Dio che si realizza spesso mettendo in risalto persone storicamente inutili, insomma non sempre sono i protagonisti sociali ad avere la prima pagina, ma persone anonime, il cui cuore è visitato dall'amore di Dio e si rende disponibile alla Sua volontà.
Questa Domenica abbiamo un tale Baruc, poi lo stesso Giovanni il Battezzatore e ancora altri dei quali abbiamo notizia solo nei libri di fede. Insomma c'è una storia degli uomini che si incrocia con quella dell'opera di Dio, che si intersecano mediante la disponibilità di coloro che il Signore chiama e incoraggia alla sequela. Anche il linguaggio mediante il quale tutto questo avviene, è espresso in modi molto diversificati: poetico, altre volte realistico, altre volte misterico.
Gli ambienti nei quali tutto si svolge normalmente, non sono i palazzi del potere guardati e descritti frequentemente con sospetto, ma quelli della vita quotidiana, il deserto inteso nei modi più diversi, la fontana del villaggio, gli ambienti naturali che sono posti al servizio dell'uomo. E ancora il mondo del lavoro, la vita e le difficoltà del pellegrinaggio, la gioia della nascita di un bambino.
Anche attraverso coloro che vivono in modo diverso la fede o non vivono alla luce della fede sono strumento di Dio se il loro cuore desidera dare testimonianza dell'amore che non delude e vivifica nella testimonianza della carità e nella solidarietà, la propria vita e quella degli altri. E' ancora la semplicità disarmante con la quale la Vergine Santa accetta il progetto di Dio ad incoraggiarci a osare di più sulla via della disponibilità e della carità. Buon cammino di Avvento e sempre con maggiore entusiasmo verso la meta: la festa per la nascita di Gesù.
13 giugno 2021 - XI Domenica tempo Ordinario
La celebrazione della Parola di questa Domenica, si inserisce molto bene nel contesto sociale che si sta accompagnando alla nostra vita, avvertiamo tutti una sensazione di insicurezza, non tanto per noi stessi, quanto per le realtà che ci circondano e nelle quali viviamo, che comunque esigono anche il nostro protagonismo sereno e affettuoso. La Parola che Dio ci trasmette in Ezechiele incoraggia ad avere maggiore fiducia in Dio: Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà. In Dio non c’è paura o incertezza, ma solo la gioia di guardare con fiducia al futuro, che è guidato da Lui ed orientato alla crescita dell’armonia del creato. Abbiamo tutti bisogno di comprendere meglio il protagonismo di Dio, avendo la certezza che alla luce della Sua presenza, maturiamo una maggiore capacità di leggerci positivamente e di leggere positivamente gli altri anche nel nostro tempo.
Anche il messaggio di Dio che l’Apostolo paolo trasmette alla comunità di Corinto è intenso nel contenuto e distaccato dalle preoccupazioni del mondo: Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo, camminiamo infatti nella fede e non nella visione, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Dobbiamo purtroppo ammettere che la nostra vita è caratterizzata da una eccessiva attenzione al corpo e un distratto e occasionale riferimento alla realtà di Dio, che esige il suo spazio nella nostra giornata, non tanto per Lui quanto per la nostra serenità spirituale e sociale. Avere Dio come riferimento stabile, dona la capacità di accettare i nostri limiti e anche le difficoltà, le sofferenze come parte integrante del Suo progetto di amore. E’ forse l’impegno maggiore sul quale dobbiamo educare noi stessi e le nuove generazioni, staccarsi da se stessi dalle proprie ambizioni, per vivere con più libertà ed entusiasmo le tante situazioni che la vita ci chiede di affrontare.
Alcune volte abbiamo
l’impressione di lottare contro energie troppo potenti che orientano in
modo diverso la vita del mondo, è vero occorre ammettere che c’è un
accanimento contro i valori spirituali e le organizzazioni religiose, ma
proprio per questo dobbiamo rendere sempre più presente la forza e la
potenza di Dio perché la nostra azione non sia mai solo poggiata sulle
nostre energie. Tutto questo deve essere sostenuto dalla certezza che
l’opera che portiamo avanti è del Signore, noi ci rendiamo disponibili
per come riusciamo, nella coscienza di questo è molto importante la
preghiera, il resto è affidato alla Sua azione che non ci abbandona mai
e non delude.
Nella vita di fede tutto nasce da cose piccole, spesso insignificanti,
estremamente fragili, basti pensare alla nascita stessa di Gesù. Le
Parabole che ci vengono proposta, vanno comprese nella Sua volontà di
realizzare qualcosa che appartiene a Lui e che, conseguentemente,
dipende da Lui: come un uomo che getta il seme sul
terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e
cresce… È come un granello di senape che, quando viene seminato sul
terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno. Nel
seguito della Parabola ci viene anche indicata la missione: ma,
quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante
dell’orto … fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare
il nido alla sua ombra. Ci viene anche ricordato che
non dobbiamo illuderci di poter possedere ciò che non ci appartiene, la
meta vero la quale camminiamo: quando il frutto è
maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura.
Come per ogni catechista l’obbiettivo che Gesù persegue è quello di aiutare a leggere la vita e di orientarla sulla via del bene, all’incontro con Dio. Ritengo sia questo lo sforzo che ciascuno di noi cerca di perseguire avendo chiara la coscienza dei propri limiti e delle proprie fragilità. Non dobbiamo mai stupirci abbastanza che noi stessi, siamo una Parabola con la nostra esistenza ed è anche attraverso di noi che il Signore comunica la speranza a coloro che ci pone accanto. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa. In questa frase conclusiva ci viene ricordato che è importante vivere l’intimità con Gesù, anche a noi vuole spiegare ogni cosa su noi stessi. Coraggio non dobbiamo distrarci dal venire incontro a questo Suo desiderio.
16 maggio 2021 - Ascensione del Signore
La Liturgia della Parola di questa Domenica porta a completamento il tempo di Pasqua e ci incoraggia a guardare alla festa della Pentecoste come il modo nuovo di vivere la fede in Gesù, per come Gesù stesso ci ha insegnato. L'autore degli Atti degli Apostoli apre il proprio racconto legandosi al Vangelo e dando per scontato che chi legge ne conosce i contenuti narrativi e l'obbiettivo per il quale è stato scritto. Il tutto è ad uso e consumo della della catechesi per la terza generazione dei seguaci del Signore.
A chiusura della cappello introduttivo, dedicato secondo l'uso antico ad un personaggio: in questo contesto è Teofilo, vero o ipotetico; viene inserito il mandato missionario che riguarda anche tutti noi: Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra. Al tempo della redazione finale degli Atti, il l'annuncio del Vangelo aveva raggiunto gli estremi confini del mondo conosciuto allora.
Il tempo dei quaranta giorni che sembra caratterizzare il dopo resurrezione: Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Indica un periodo durante il quale i discepoli hanno avuto modo di cogliere più intensamente la presenza del Maestro nella loro vita. Mediante le catechesi dei testimoni, la preghiera corale in compagnia di Maria, le attività caritative a sostegno delle vedove, tutto questo ha determinato in loro la scelta radicale di seguirne gli insegnamenti e lo stile di vita.
L'autore della Lettera agli Efesini, ci introduce ai contenuti saliente della testimonianza della fede in Gesù Cristo. Il comportamento orientato alla testimonianza delle virtù: umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Soprattutto viene raccomandato lo spirito di comunione che deve sussistere tra i componenti della comunità. Il che significa che deve sussistere un profondo rispetto delle diversità, mai lo spirito di comunione è orientato all'appiattimento dei carismi, anzi è importante che ogni diversità sia colta come un arricchimento, nella dinamica della complementarietà.
Al tempo in cui viene redatta in modo definitivo la comunità dei cristiani è già articolata e coordinata nei diversi ministeri cono dello Spirito Santo per il bene comune: Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo. Ogni azione deve essere orientata a costruire la comunione piena tra i vari componenti della comunità dei battezzati, nella coscienza di far parte dell'unico corpo di Cristo che è la Chiesa. Il modello ineludibile di riferimento è sempre e solo Gesù Cristo.
Tutto questo viene suturato nel racconto di sintesi delle apparizioni e delle azioni dei credenti che ci viene narrato nella seconda chiusura che ci è donata nel Vangelo di Marco. Inizialmente il Vangelo chiudeva con le donne che spaventate fuggirono impoverite dopo l'apparizione degli Angeli alla tomba vuota, senza dire nulla a nessuno. Nella redazione finale invece fu aggiunto quanto viene proclamato questa Domenica: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno. Come si può notare rispetto alla sintesi missionaria degli Atti, non abbiamo riferimenti geografici, ma solo l'esplicitazione dei segni che caratterizzeranno le iniziative dei seguaci del Risorto.
Il tutto è completato con la docile disponibilità a mettere in pratica da parte discepoli, quanto il Maestro aveva chiesto loro di fare: Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Questa affermazione ha lo stesso valore che hanno i vari sommari negli Atti degli Apostoli, e anche in tanti documenti dell chiesa dei nostri giorni: questo è quanto deve caratterizzare la presenza dei battezzati nel mondo, con tutti i se e i ma di circostanza, legati alla fragilità, ai fallimenti alle interpretazioni personalistiche.
Chiaramente ancora oggi, tutto è affidato alle persone, ma non si deve mai dimenticare, né soffocare l'opera e la presenza dello Spirito Santo il vero motore e propulsore dell'azione della Chiesa in ogni tempo e in ogni luogo. Solo attingendo all'amore di Dio che ci è donato mediante la Grazia, ogni battezzato ha modo di rigenerare la vitalità dell'opera di Dio, che trasforma e genera l'uomo nuovo in Cristo.
11 aprile 2021 - Domenica della Misericordia
Mentre erano a parte chiuse, Gesù apparve loro, stette in mezzo e disse: Pace a voi. L'evangelista Giovanni con questa frase lapidaria e progettuale rimuove tutto ciò che apparteneva al dramma della passione, ai tormenti irrisolti nei cuori dei discepoli e apre alla nuova prospettiva della vita cristiana, una vita visitata dall'amore gratuito di Dio. Siamo chiamati a vivere una dedizione alla missione come riconoscenza e sequela verso il suo Signore risorto dalla morte che apre il cuore di tutti coloro che confidano nel Suo amore, alla speranza della resurrezione.
La parola Resurrezione e la Parola Misericordia entrano da allora a far parte della speranza cristiana, vere pietre d'angolo del nuovo modo di vivere la fede che viene annunciato dai seguaci di Gesù all'umanità. Sarebbero tante le sottolineature e i distinguo da espletare ma ci porterebbero molto lontano e in un mondo sconosciuto alla gran parte dei credenti. Prima fra tutte che fine hanno fatto le tantissime testimonianze di coloro che hanno incontrato Gesù e hanno fatto esperienza diretta della misericordia del Padre?
Quando gli evangelisti hanno dovuto scrivere tutto ciò che apparteneva alle mille esperienze dei testimoni,hanno fatto selezione del materiale armonizzandolo per come ritenevano più necessario e immediatamente comprensibile per la trasmissione della speranza cristiana. Tutto il resto di questo prezioso materiale testimoniale è andato perduto nelle pieghe della storia, qualcosa ogni tanto ricompare e non sempre viene colto e divulgato nella sua preziosità. Da più parte si teme che la novità destabilizzi ciò che è da sempre, in realtà tutto ciò che arricchisce meriterebbe di essere divulgato e portato a conoscenza dei credenti.
L'annuncio della resurrezione di Gesù di Nazareth, da adesso Cristo e Signore della storia, apre a un modo nuovo di comprendere la vita, non esiste più la morte, per cui ogni vita è aperta all'eternità in Gesù Cristo. Questa è l'affermazione che appartiene al Kerigma (nucleo essenziale e basilare delle verità) della nostra fede, la comprensione che ne deriva appartiene alla capacità di immersione spirituale dei battezzati. Il che significa che il cosa è definito, il come esige la sensibilità e la gioia di leggersi in una dimensione diversa e questo varia da credente a credente, anche la comprensione dei salvati ha subito molte varianti nel corso della storia. Nel nostro tempo, attingendo all'universalismo paolino, generalmente si ha una comprensione universalistica della partecipazione alla salvezza, in virtù della croce redentiva di Gesù Cristo.
La Misericordia che è scaturita dalla Croce di Gesù Cristo, diventa oggi la chiave di lettura di ogni azione della Chiesa, nei secoli non sempre è stato così e anche ai nostri giorni non tutti comprendono in questo modo la missione della Chiesa. Sono quelle tensione di correnti teologiche, culturali e spirituali che apaprtengono all'esercizio della mente e del diritto, cose che raramente inficiano il cuore dei fedeli. Per cui possiamo affermare che anche in virtù del magistero dei Papi di quest'ultimo scorcio di secolo, è prevalsa nella vita delle comunità cristiane, la certezza che il Signore salva, al di là dell'appartenenza confessionale o religiosa ogni uomo che guarda a Lui con fiducia.
Questo modo di leggere l'azione gratuita di Dio, genera una grande fiducia nel cuore dei fedeli e dei credenti in genere, sia nei praticanti che nei non praticanti, al punto che l'atto di fede con il quale ritengo si possa sintetizzare il credo del nostro tempo sia: Gesù, io confido in te.
7 marzo
2021 - III
Domenica di Quaresima
Il cammino della Quaresima ci propone di vivere la condizione degli
ebrei, che dopo circa 400 anni vissuti in Egitto ritornano,
attraversando il deserto, nella Terra che Dio aveva promesso ai
Patriarchi. Le Dieci Parole, incise
sulle pietre in duplice copia, che Dio trasmette a Mosè vogliono essere
prima di tutto un impegno contrattuale tra Dio e il Suo Popolo, e
conseguentemente un aiuto per rieducare una comunità di schiavi e di
tante altre provenienze etniche, per farlo sentire popolo e
incoraggiarlo a rileggersi nella relazione con il Dio di Abramo, di
Isacco e di Giacobbe.
Ci viene presentato il testo più antico, che poi subirà ampliamenti, interpretazioni sociali e norme applicative, legate alle varie fasi storiche che Israele ha cercato sempre di vivere alla presenza di Dio. Semplificando, i principi basilari sono due, il rispetto verso Dio loro liberatore: Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso...
Siamo nel deserto con un popolo che ha vissuto a lungo nella schiavitù, per cui è importante educare al rispetto vicendevole che deve stabilirsi tra i loro componenti, e il non desiderare tutto ciò che è proprietà dell'altro: Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo.
Queste Dieci
Parole nelle loro secolari diverse attuazioni,
diventeranno i cinque libri della Torà, rappresentano ancora oggi, la
radice intramontabile della fede di Israele. A
questi valori, al Dio della salvezza, ai tanti protagonisti della
liberazione hanno cantato i salmisti nella Sinagoga e nel Tempio,
li usiamo ancora oggi anche se non sempre coscienti dei valori ai quali
fanno riferimento: I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli
occhi, i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giusti.
In questo contesto, animato dalla fede, che come sempre ha bisogno di
essere rinnovata e purificata, si inserisce l'azione di Gesù che con
impeto entra in scena dopo il Suo battesimo compiendo una azione
eclatante di purificazione: Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti,
i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti
fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei
cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe. Il
gesto esprime in pienezza la Sua missione: purificare il tempio e creare
un nuovo rapporto con Dio, Lui è il nuovo tempio tra gli uomini, il
rapporto con Dio si vive nella misericordia attraverso l'autenticità del
rapporto con Lui.
Ritengo sia anche importante sottolineare il rapporto di conoscenza interiore che si deve vivere con Gesù, non qualcosa di esteriore legata allo scambio di cose ma la ricerca sincera della Sua presenza nella nostra vita, nel nostro cuore: Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
Gesù conosce anche ciò che è nel nostro cuore, per questo è importante dare spazio a Lui nella nostra vita spirituale, cercando di cogliere nella Sua presenza tutto ciò che può incoraggiare e sostenere la nostra vita interiore. Troppo spesso anche ai nostri giorni, questo accadeva anche ai tempi e negli ambienti dell'Apostolo Paolo, anche in molti ambienti ecclesiali si persegue la dinamica del dare e ricevere, che deve rimossa con insistenza, perché il rapporto con Dio non può mai essere un mercanteggiare la Grazia che Gesù ha conquistato per noi con la Su immolazione sulla Croce: mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani.
Allora cerchiamo anche noi nella vita di ogni giorno, a leggere la nostra vita al servizio dell'uomo della Croce, che ancora oggi invoca per noi misericordia al cospetto di Dio per le nostre infedeltà all'alleanza, ma dona la grazia e la forza dello Spirito Santo per tutto ciò che concorre a renderlo presente in ordine alla vita di preghiera e alla vita di carità. Perciò facciamoci coraggio e proseguiamo con umiltà, seguendo i suoi passi e i suoi insegnamenti.
28 febbraio 2021 - II Domenica di Quaresima
Questa seconda tappa del cammino Quaresimale, ci chiede di riflettere su alcuni temi nodali del nostro rapporto con Dio: la fiducia in Lui, l’amore che Lui vive nei nostri confronti, la disponibilità con la quale ci mettiamo in ascolto di Gesù, per seguirne gli insegnamenti. Come sempre sono pensieri orientati, poiché la Parola di Dio può essere valorizzata in tantissimi altri contenuti personalizzati.
La storia di Abramo, che questa Domenica apre l’ascolto della Parola di Dio, è caratterizzata da molte prove, affidamento, disperazione, fiducia, oggi ci viene proposto un momento drammatico: Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò. Dopo aver vissuto il momento della prova, adesso siamo incoraggiati a vivere l’annullamento totale delle nostre aspirazioni, avendo la certezza che in Dio noi cogliamo il tutto della nostra speranza. Quello che Dio chiede ad Abramo è un atto che fa violenza ad ogni persona, alla sua stessa speranza di futuro.
Ma in Abramo prevale l’affidamento a colui nel quale aveva sempre confidato, e inizia questo pellegrinaggio della disperazione con i mille pensieri tortuosi che si accompagnavano ai loro passi. Durante il cammino Isacco continuava a chiedere spiegazioni su come avrebbero offerto il sacrificio e lui che non rispondeva. Un tormento immenso doveva abitare il suo cuore, ma una fede assoluta aveva sempre guidato la sua vita, e continuò ad avere fiducia in Dio. Per questa su dedizione ancora una volta il Signore intervenne per rimuovere questo dramma e trasformarlo in una situazione di speranza per il futuro della sua tribù: Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare.
L’insegnamento che deriva per ciascuno di noi è quello di non dubitare dell’amore di Dio anche quando sembra che la disperazione abiti la nostra vita, il salmista incoraggia a vivere in questa prospettiva la nostra preghiera: Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.
L’Apostolo Paolo incoraggiando i Romani a riflettere sull’amore di Dio riprende ancora il tema dell’offerta sacrificale del Figlio: Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Questa affermazione incoraggia a guardare con più attenzione all’uomo della croce, modello dell’amore con il quale Dio ci ama e che per molti aspetti deve essere anche per noi un riferimento costante nei momenti di scoraggiamento e di sofferenza.
Ma l’uomo della croce, non vuole che questo segno del Suo amore sia letto come disperazione, annullamento di se, per questo avverte l’esigenza di aiutare i discepoli e quindi anche ciascuno di noi a comprendere meglio il senso dell’appartenenza a Lui: Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. Nei Vangeli abbiamo altri racconti di Teofanie, ma questo della trasfigurazione certamente è quello che rinvia in pienezza al valore resurrezione, cuore della speranza cristiana e del nostro modo di relazionarci con Dio.
E’ una visione che lascia senza fiato i testimoni, che memorizzano in modo complesso quello che sta accadendo davanti a loro occhi, come un tormentone apocalittico, che poi, in qualche modo, racconteranno anche a tutti coloro che non erano lì con loro. Sono desideri velati, tanti balbettii, insufficienze terminologiche, ma soprattutto un grande desiderio che quella visione non abbia mai fine: Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia. Ma la finalità per la quale Gesù aveva donato loro di vivere l’esperienza era quella di continuare con entusiasmo il cammino di sequela anche nei momenti più difficile che si andavano preparando incontro alla Pasqua del Signore. Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo! Con questa rivelazione dall’alto, frase lapidaria e solenne tutto si conclude e la scena restituisce gli astanti alla condizione precedente.
Il cammino continua, la strada che conduce a Gerusalemme presenta ancora tanti pericoli e difficoltà, nei loro pensieri ci sono ancora tante insicurezze, ma la possono e la possiamo percorrere, avendo nel cuore e negli occhi questa potente manifestazione della gloria di Dio che si è rivelata in Gesù.
21 febbraio 2021 - I Domenica di Quaresima
Possiamo presentare questa prima tappa del cammino quaresimale, come una riscoperta dell'alleanza che Dio, da sempre, tenta di stabilire con l'uomo. La tentazione, la volontà di disubbidire a Dio, il pensare che allontanarsi dal Suo progetto sia un bene maggiore, portano l'umanità lontano dall'armonia iniziale dell'azione creatrice, sia in riferimento alla natura, che alla vita della persona. Ma Dio non si arrende, la narrazione dell'epopea di Noè vuole, ancora una volta, mettere in risalto il Suo progetto di salvezza, per ogni uomo: Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni essere vivente che è con voi.
Nel cuore di ciascuno di noi deve essere inciso questa volontà, fatta di amore, di colori, di pace, di festa: Pongo il mio arco sulle nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra. E' vero, probabilmente non sempre il rapporto con Dio viene presentato come un momento di festa, però questa è la certezza che deve abitare la nostra vita, Dio ci ama e non ci abbandona. Ancora di più, Lui fa di tutto per aiutarci a comprendere e a percorrere la via del bene. Dare a questo primo segmento della Quaresima l'impegno di perseguire la ricerca del progetto di Dio, è anche l'impegno sul quale il Salmista ci chiede di leggere la nostra vita.
La vita di preghiera vuole essere un aiuto a comprendere il protagonismo di Dio, deve essere colta come questo impegno di cercare la volontà di Dio, avendo la certezza che la Sua presenza diventa per noi motivo di serenità interiore e di sincera adesione a Lui: Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi ... Siamo incoraggiati a vivere come dei discepoli che si mettono in ascolto del loro maestro. La certezza che ci guida è che Lui è il riferimento ineludibile, e che se qualcosa possiamo sperare questo è possibile solo in virtù dell'amore viscerale che Lui nutre nei nostri confronti: Ricòrdati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre.
L'evangelista Marco ci narra, in modo essenziale, l'importanza di comprendersi nella disponibilità a seguire gli atteggiamenti di Gesù, nei primi passi da compiere per iniziare una fase nuova del nostro impegno spirituale e sociale: In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. L'intenzione del narratore è aiutarci a comprendere che con Gesù tutto viene vissuto in armonia, anche gli opposti elementi della natura di comprendono in relazioni armoniose. Tutto il creato è nuovamente manifestazione del progetto di Dio.
Nella vita di ciascuno di noi ci sono degli appuntamenti che determinano, un cambio di passo, un modo totalmente diverso di proseguire negli impegni esistenziali. Nella vita di Gesù, ci viene narrato che è l'arresto di Giovanni, a determinare l'impegno di Gesù come nuova presenza di Dio per la salvezza dell'uomo: Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo. Inizia così una fase nuova, caratterizzata dalla predicazione, dalla testimonianza, dalla morte e resurrezione di Gesù di Nazareth, che coinvolge ed emoziona anche noi.
La Quaresima è perciò anche un tempo di scelta, una scelta che nasce dalla centralità che riusciamo a dare a Gesù nella nostra vita. Ritengo che non riusciremo mai a comprendere pienamente il grande dono che abbiamo ricevuto in virtù della Sua morte e risurrezione, vivere per l'eternità. L'apostolo Pietro testimone dei fatti narrati ci incoraggia a comprendere questo dono: Carissimi, Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. Gesù ha dato la Sua vita, perché ogni uomo in ogni tempo, potesse essere partecipe dell'amore misericordioso del Padre.
17 Febbraio 2021 - Mercoledì delle Ceneri
Carissimi Fratelli e Sorelle, come meditazione e guida, in questo tempo di preparazione alla Santa Pasqua di Resurrezione, vi proponiamo quanto Papa Francesco ha inteso donarci, perché sia per tutti un impegno di vita: In questo tempo si deve operare per l’unità, sempre… Tutta coloro che hanno responsabilità non devono dire “io” … devono dire “noi” e cercare un’unità di fronte alla crisi... La sfida è farmi vicino all’altro, vicino alla situazione, vicino ai problemi, farmi vicino alle persone. Nemica della vicinanza è invece la cultura dell’indifferenza …
Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza, vi chiedo di vivere questo tempo come un percorso di formazione del cuore: Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, aperto a Dio. In fondo, un cuore povero, che conosce le proprie povertà e si spende per l’altro.
Per questo, cari fratelli e sorelle, desidero pregare con voi Cristo in questa Quaresima: “Rendi il nostro cuore simile al tuo”. Allora avremo un cuore forte e misericordioso, vigile e generoso, che non si lascia chiudere in se stesso e non cade nell’indifferenza.
Questi pensieri esposti in modo estemporaneo dal Santo Padre, meritano di essere articolati con il Messaggio che ci ha donato come pista quaresimale, il Papa avverte la gravità esistenziale di questo tempo e incoraggia a dissetarsi alla sorgente d'acqua viva, a Colui che ha fatto di noi fratelli e sorelle nella misericordia del Padre. Ci chiede di ripercorrere con intensità i pilastri della nostra vita spirituale, che sono la Fede, la Speranza e la Carità.
La fede in Cristo esige l'adesione al modello di vita da Lui incarnato e testimoniato, egli è la via che conduce alla vita. L'atteggiamento privilegiato per avere una migliore coscienza di questo privilegio è vivere il digiuno come uno spogliarsi di se stessi e comprenderci sempre più parte integrante dell'altro che ci chiede di uscire dal nostro io, fino a diventare un noi. La vita della famiglia si apre alla dinamica della comunità cristiana e alimenta l'anelito all'incontro affettuoso tra i fratelli e le sorelle.
Questa dedizione a cogliere in Gesù la via da seguire docilmente apre la nostra vita alla speranza che è riposta nei suoi insegnamenti. Immediatamente molti atteggiamenti di Gesù potrebbero essere colti come un appagamento dei bisogni terreni, la gente ha fame e Lui la sfama, chi è ammalato viene guarito, a chi ha sete dona da bere. In realtà Lui orienta all'eternità i segni materiali, ed è attraverso la sua presenza nel Pane e nel Vino che, ancora oggi, ciascuno di noi fa esperienza di questo nutrimento permanente che apre all'incontro con l'eternità, l'incontro con la misericordia del Padre.
Ci incamminiamo immersi nell'amore di Dio per essere nel mondo presenza di Carità, volendo restituire a questa parola, restituendole il valore che gli è proprio ogni uomo è mio fratello, bisognoso del mio amore e della mia attenzione solidale. Quando riusciamo ad aprire il nostro cuore a tutto questo ci accorgiamo di essere la creatura nuova che trova in cristo il suo modello e nell'impegno semplice e generosi di ogni giorno il modo in cui corrispondere ai valori della nostra crescita.
Non posso che augurare a tutti un buon cammino quaresimale, per nutrirci alla misericordia del Padre, per incontrarci nella gioia della Pasqua di Resurrezione, il Signore ci guida e lo Spirito Santo ci darà forza. Coraggio in cammino.
31 GENNAIO 2021 - IV DOMENICA TEMPO ORDINARIO
Nella Parola che ci viene donata da ascoltare siamo incoraggiati a cogliere nella presenza del Signore, la gioia della continuità e la certezza della realizzazione del suo progetto di salvezza. Certamente nel corso dei secoli Lui si rende manifesto attraverso suoi testimoni i patriarchi, i sacerdoti, i re, i profeti, i sapienziali e ancora altri modi e testimoni, che però in nulla sono sostitutivi della sua Signoria sul tempo e la storia dell’uomo nel suo svolgimento.
Il libro sacro ci presenta Mosè nella sua preoccupazione di come poter continuare l’opera che gli era stata affidata in Egitto, alla sua domanda il signore risponde in modo perentorio che altri lo sostituiranno e continueranno l’opera che lui aveva intrapreso: Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto.
Viene anche riproposta, anche se dagli avvenimenti accaduti alla stesura del testo narrativo sono trascorsi secoli, come rimozione definitiva, una difficoltà che era stata espressa dal popolo degli ebrei, in occasione delle apparizioni sull’Oreb: Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia. Appare evidente a tutti i lettori, che alcuni avvenimenti sono rimasti nella memoria collettiva e vengono di volta in volta ripresentati con motivazioni diverse.
Come era già stato scritto sulle Tavole di Pietra quello che il Signore chiede ai testimoni mandati da Lui, è la fedeltà perenne ai suoi insegnamenti. In questo atteggiamento vivranno e trasmetteranno la salvezza. Tutto questo, viene riproposto dal salmista che incoraggia a guardare con fiducia al Signore: cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia. Gli ebrei devono cercare in Lui la serenità interiore e la capacità di affrontare le difficoltà che si troverà a dover vivere nei secoli.
Non manca un rimprovero benevolo alla fedeltà e alla vigilanza per evitare l’indurimento del cuore che apre alla disubbidienza e al rifiuto dell’amore di Dio: Se ascoltaste oggi la sua voce! Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere. L’atteggiamento del cuore che essere docile, umile e aperto alla correzione.
L’incontro con Gesù nella sinagoga a Cafarnao, già presentato come un maestro di sapienza affermato, apre alla potente azione di Dio che diventa uomo per liberare l’uomo da tutto ciò che si oppone alla Sua volontà. In questo caso, viene presentato come miracolo di guarigione, la liberazione dal male che affliggeva un fedele. La frase potente con la quale Lui esprime l’energia spirituale di cui è depositario: Taci! Esci da lui! Apre a un modo nuovo di esistere, a una speranza nuova: E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Sono i primi racconti del Vangelo di Marco, che trattano dello scontro instaurato tra il bene e il male, cuore della missione che Gesù è venuto a realizzare per la nostra salvezza.
Sono trascorsi circa venti anni dalla resurrezione di Gesù, con l’Apostolo Paolo abbandoniamo la Terra dei Padri e ci ambientiamo nella città portuale di Corinto, famosa tra le altre cose, per le sue sregolatezze morali. La volontà dell’apostolo è quella di creare un nucleo di credenti evangelizzatori da formare per la missione: Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni. Non bisogna trascurare il fatto dell’attesa imminente del ritorno del Signore, per attendere senza distrazioni questo memento, chiede di staccarsi dagli affetti terreni e di orientare con vigore a Dio tutto se stessi.
DOMENICA 27 GENNAIO 2021 – III TEMPO ORDINARIO
La Parola che ci è donata di ascoltare, è caratterizzata dalla presenza di Dio che chiama alla Sua sequela. Il Signore della storia ha bisogno della nostra disponibilità, perché la sua volontà di salvezza possa coinvolgere ogni uomo, in ogni luogo e in ogni tempo. Nella fase introduttiva del proprio approfondimento biblico, non è male leggere il testo sacro in modo meno spirituale e più incarnato nei fatti di cui tratta.
Per cui oggi siamo incoraggiati a percorrere le strade di Ninive nella Mesopotania con Giona, del lago di Tiberiade in Galilea con Gesù e nella città portuale di Corinto con Paolo. Quello di accompagnare i nostri passi a quelli dei protagonisti delle storie che ascoltiamo, non deve sembrare un esercizio noioso, è necessario per poter vivere con loro la stessa intensità di emozioni e di pace interiore.
Allora, prima di tutto ci viene ricordato dagli studiosi, che quando prendiamo in mano il libro di Giona non dobbiamo leggerlo come un avvenimento storico, ma didattico. Vuol dire che i fatti narrati non sono accaduti ma vogliono insegnarci qualcosa. In questo caso, certamente vogliono incoraggiare a fare dell’obbedienza a Dio il senso della propria vita, nella certezza che camminare alla Sua presenza dona vita, allontanarsi da Lui genera distruzione e spesso anche la morte.
Questo insegnamento trova nel racconto di una disubbidienza iniziale l’esempio da evitare, che comunque non proibisce a Dio di intervenire per realizzare il Suo piano di salvezza. Insegna anche che non sempre coloro che gli collaborano, alcune volte scalciando, sono contenti della Sua volontà di salvezza per tutti gli uomini, anche per i non credenti, che si convertono e gli ubbidiscono.
Anche il salmista incoraggia a fare la volontà di Dio, a vivere nella disponibilità all’ascolto dei suoi insegnamenti. Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi. Questa disponibilità, dona serenità interiore, apre il cuore e la mente a una maggiore attenzione all’opera del Signore e a come Lui ci chiede di vivere.
L’Apostolo Paolo incoraggia a comprendere la fragilità del tempo presente e chiede di non affezionarsi troppo alle cose dl mondo. Questo esige una grande maturità relazionale, ma permette anche di stare insieme senza affezionarsi, di avere senza possedersi, insomma di mantenersi liberi e pronti all’incontro con Dio. Passa la scena di questo mondo, per cui tutto è da vivere con gioia, avendo la certezza che la meta della nostra vita è l’eternità.
La presenza di Gesù nella storia e il Suo agire in mezzo a noi, fa comprendere che comunque ciascuno di noi, ha un cammino da percorrere nel tempo che c’è dato da vivere, questo tempo deve essere valorizzato pienamente, con gli entusiasmi e i fallimenti che questo comporta. La scena ha inizio con un avvenimento drammatico, Giovanni che per un certo periodo è stato il suo formatore, viene arrestato dal potere politico del tempo.
Gesù comprende che è giunta la Sua ora di uscire dal nascondimento, si allontana dal Giordano per tornare in Galilea, non a Nazareth ma presso le rive del lago di Tiberiade a Cafarnao. L’evangelista Marco introduce in modo immediato, senza troppi preamboli Gesù nella storia del tempo. Lì comincia l’annuncio del Regno: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo. Come Giovanni anche Gesù fa una predicazione di penitenza che incoraggia a cambiare vita.
All’annuncio corrisponde non un atteggiamento devozionistico, ma la disponibilità alla sequela, il che significa che alcuni gruppi di persone decidono di stare con Lui e di seguirlo, abbandonando la vita e il lavoro che conducevano prima. Vide Simone e Andrea, fratello di Simone … vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello … Gesù disse loro: Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini. Certo non è sempre facile, magari non è neanche così immediato, però Gesù chiede di seguirlo e di cambiare la nostra vita per corrispondere pienamente al progetto di salvezza che il Padre gli ha affidato.
Alcune volte non basta la vita intera per convertirsi pienamente, ma è importante comunque fare i passi per vivere la compagnia di Gesù, per camminare con Lui, per permettere a Lui di dimorare in noi. Non è stato facile inizialmente neanche per i discepoli, che spesso si rileggono in questa scelta. Ma se noi siamo qui è perché alla fine, sui loro desideri e i loro progetti di vita, ha prevalso la dedizione al Signore. La domanda semplice, che sorge spontanea è questa: Noi, a che punto siamo della nostra conversione?
17 gennaio 2021 - II Domenica Tempo Ordinario
Questa Domenica, propone diverse tematiche sulle quali riflettere. Tra le tante il dialogo tra i Cristiani e gli Ebrei, l'inizio della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, quindi l'attenzione agli animali nella ricorrenza di Sant'Antonio Abate, e il tema che orienta tutti gli altri che è quello della Vocazione, sul quale più immediatamente al Parola di Dio incoraggia a riflettere alcune esperienze tipologiche. La vita di fede è sempre da vivere con queste attenzioni, l'esperienza di coloro che ci hanno preceduto, la nostra stessa esperienza, come trasmettere al fede a coloro che vengono dopo di noi e guardano a noi come i testimoni e i modelli da imitare.
Il tema della vocazione ci viene presentato nell'esperienza di Samuele e in quella dei discepoli del Signore. Come dire facciamo un salto storico dal periodo dei Giudici all'Impero Romano, copre l'arco di circa mille anni di storia di Israele, il protagonista centrale è sempre Dio nella comprensione di assolutezza velata dalla Tenda del Convegno, che caratterizza l'epoca di Samuele al Santuario di SIlo, sulle alture di Samaria; nell'esperienza incarnata in Gesù di Nazareth nel racconto della vocazione dei discepoli lungo il mare di Galilea. Certamente, nei fedeli che partecipano alla liturgia domenicale, tutto questo scivola addosso senza trovare crepe capaci di assorbirne la bellezza, ma in chi ha dimestichezza con la Parola di Dio sa bene che nulla accade senza un fondato motivo e, come abbiamo riflettuto Domenica scorsa in Isaia, ogni cosa che viene dall'alto, lascia il suo segno indelebile, perché nulla ci è donato se non ciò che concorre alla nostra crescita nella vita di fede.
Samuele, fin dalla sua nascita prodigiosa, ci è presentato come un dono di Dio da donare a Dio, perché il popolo di Israele viva la sua fedeltà al suo Dio. Siamo nell'area collinare della Samaria, in uno dei Santuari tribali nei quali la Tenda del'esperienza di liberazione del deserto, e sotto la Tenda era custodita l'Arca dell'Alleanza con il Bastone di Mosè e la Manna, sostava periodicamente, custodita da un profeta. In questo caso i custodi erano Eli con i suoi familiari. E' un periodo storico molto tormentato, caratterizzato dalla difficoltà delle relazioni tra le tribù e dalla volontà di allearsi per poter esprimere nell'unità, meglio la potenza di Israele. In questo contesto si inserisce la storia di questo fanciullo, direbbe il Salmista, o anche i profeti maggiori, prima che io nascessi tu già mi conoscevi. Anche questo è vero, però comunque per avere confidenza con Dio, è importante conoscerne la voce e imparare ad ubbidirgli.
Il contesto di vita è ancestrale, per cui dobbiamo leggerlo nel grande silenzio che caratterizzava questi ambienti per la gran parte dell'anno, la notte era caratterizzata dalla luce del fuoco o da quella flebile delle lanterne, tutto era contrassegnato dalla povertà e dall'assolutezza della presenza di Dio. Eppure, anche in questo contesto era necessaria la direzione spirituale, il bisogno di discernimento. Ieri come oggi Dio parla, ma è importante essere guidati da altri, alla comprensione della Sua volontà, altrimenti il rischio è vivere la sequela dei tanti falsi messianismi, dei tanti santoni che ancora oggi albergano all'interno della Chiesa di Cristo. E' uno dei problemi con i quali spesso è importante fare chiarezza, al centro è Dio e non altri, pure importanti e preziosi ma non sostitutivi, questo è il ruolo di Eli per Samuele, ed è, dal punto di vista dell'esperienza umana, quello di Gesù per i discepoli. Per estensione è quello dei sacerdoti per le comunità, orientare sempre e tutti a fare la volontà di Dio.
Per narrarci i primi passi di quella che poi diventerà la comunità degli apostoli, viene scelto, straordinariamente, il racconto che ne fa l'evangelista Giovanni, siamo lungo le rive del Giordano, a ridosso del deserto, dove Gesù era venuto da Nazareth, per ascoltare e vivere il discepolato di Giovanna il battezzatore, per essere anche lui battezzato. Ad un tratto, non sappiamo quanto tempo è passato, Giovanni il battezzatore incoraggia alcuni suoi discepoli a cogliere in Gesù il segno della misericordia del Padre: Ecco l'agnello di Dio! Sappiamo tutti bene che nella tradizione biblica l'agnello è l'elemento sacrificale da offrire a Dio, per espiare ordinariamente i propri peccati. Inizia qui, nel deserto, secondo la tradizione giovannea, l'esperienza del discepolato. Dagli altri racconti ci viene detto che tutto inizia in Galilea. Contraddizioni redazionali? Probabilmente no, semplici proposte e sottolineature di momenti diversi della propria adesione a Cristo.
Anche nella nostra vita ci sono vari cambiamenti, andirivieni e variegate decisioni, che avvengono in ambienti e situazioni totalmente diversi, finché non arriva il momento di decidere in modo definitivo. Ma anche in questo caso non mancano umori alti e bassi, entusiasmi e fallimenti. Insomma tutto è affidato alla misericordia di Dio nella quale ci lasciamo trasportare e alla quale in qualche modo cerchiamo di corrispondere. In tutto questo si inserisce la volontà di coinvolgere anche altri nella missione di cercare Gesù, avendo la certezza che comunque in sua compagnia si vive meglio. Dimorare in Gesù certamente comporta navigare a vista avendo la luce della sua parola sempre davanti a noi e perseguendo nelle variegate situazioni l'obbiettivo comune che è l'incontro con la misericordia eterna del Padre.
10 Gennaio 2021 - Battesimo del Signore
Dopo aver vissuto, per come ci è stato possibile le celebrazioni del Santo Natale, lasciamo questa Domenica, il tempo dell’infanzia e dell’adolescenza di Gesù e ci immettiamo nel tempo della missione pubblica. Come sempre nella Bibbia ogni cosa per essere compresa pienamente, deve essere letta in chiave globale. Dio ha un unico progetto di salvezza, che viene descritto in tutto il Vecchio Testamento e si realizza nel Nuovo Testamento. D’altra parte è sempre Gesù, la Parola di Dio, che ci spiega, descrive e incarna la volontà del Padre. Come è accaduto spesso in questa parte dell’anno liturgico, è ancora Isaia, per essere precisi il Secondo Isaia a introdurci a una comprensione più intensa della missione di Gesù.
C’è una attesa antica, di maggiore giustizia in Israele, una vera è propria sete di verità: Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete. Io stabilirò per voi un'alleanza eterna, i favori assicurati a Davide... Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie.. così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata. E’ davanti agli occhi di tutti una parola carica di speranza, una Parola intensa che chiede di essere ascoltata con attenzione, che incoraggia ad attendere un dono dall’alto, Dio stesso promette senza merito di alcuno, di intervenire nella storia di Israele per restituirgli speranza, che sembrava perduta per sempre.
Queste profezie sono sostenute dalla preghiera dell’orante che si incoraggia e incoraggia a cogliere nel Signore le energie necessarie per corrispondere più pienamente alla Sua volontà: Io avrò fiducia, non avrò timore, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza. Sembrerebbe una fiducia incrollabile. Ma in realtà capita spesso, nella preghiera dei salmi, che Dio debba intervenire per sostenere gli scoraggiati, i timorosi, Capita ancora oggi, che si preghi perché si stenta a cogliere la forza di continuare a lottare quando, il dolore e la solitudine sembrano troppo pensati da sopportare.
L’evangelista Marco, siamo all’inizio della sua narrazione su Gesù, ci dona uno spaccato sintetico del momento del lancio della missione del Messia da parte di Giovanni Il Battezzatore: Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo. Naturalmente questa affermazione, vela la polemica che probabilmente accompagnava le prime comunità, sull’importanza del precursore. Tutto è narrato senza la ricerca di elaborazioni sofisticate: Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. Chissà quanti pensieri, quante emozioni, quanto tempo è intercorso tra gli avvenimenti narrati, ma l’evangelista preferisce trasmettere tutto in estrema semplicità, dando al lettore la possibilità del suo elaborare in libertà e maturità spirituale. Infine l’affermazione dal cielo sulla missione di Gesù, che non ammette repliche e che riempie il cuore di certezza: Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento.
Tutto quanto noi viviamo con fede, ha inizio lungo il tortuoso corso del fiume Giordano. Sappiamo abbastanza bene gli avvenimenti che seguirono e che videro Gesù ucciso sulla croce e risuscitato dalla morte. Tutto il Messaggio di Gesù, viene immediatamente riassunto nel comandamento dell’amore, come manifestazione della fedeltà a Dio: In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo, infatti, consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. E’ un insegnamento che caratterizzerà i suoi discepoli in ogni comunità, con tutte le difficoltà, incertezze e conseguenze, che questo impegno comporta ancora ai nostri giorni.
Passarono ancora degli anni è il messaggio di salvezza si diffuse tra i popoli di allora, nella diversità delle tradizioni e delle variegate esperienze di Chiesa: Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che danno testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono concordi. Giovanni l’evangelista o chi per lui, ci presenta una elaborazione molto complessa degli stessi avvenimenti narrati da Marco.
La vita terrena di Gesù, ha già assunto nella vita dei cristiani, una ieraticità e ritualità che esige la presenza di una comunità orante, che invoca il Suo Signore, nel dono dello Spirito Santo il testimone fedele. E’ la comunità dei Battezzati di ogni tempo segnati con l’Acqua; che in ogni luogo celebra nell’Eucaristia domenicale, il Sangue, il sacrificio del suo Signore; animata e sostenuta dall’azione potente dello Spirito Santo.
20 dicembre 2020 - IV Domenica di Avvento
Lentamente, forse in modo anomalo rispetto alle nostre abitudini, comunque il tempo liturgico ha seguito il suo corso e così ci prepariamo a completare il cammino di Avvento. La liturgia incoraggia a leggerci nel piano di Dio, in qualche modo è come se prendessimo coscienza piena che il protagonismo assoluto nella nostra vita è di Dio, e per quanto ci è possibile cerchiamo di parteciparvi, magari balbettando, zoppicando, proseguendo in modo incerto, ma comunque ne siamo parte integrante.
Come sempre ci viene chiesto di avere uno sguardo ampio dell'azione di Dio, in ogni momento della storia di amore con la sua creatura. Questo ci fa immergere stabilmente nella storia della salvezza nella sua complessità e bellezza, ma anche nelle sue sfaccettature che non sempre abitano la nostra mente e il nostro cuore. Questa Domenica ci incontriamo con la dedizione di Davide, che ha conquistato Gerusalemme, è diventato Re di Israele e di Giuda, ha portato l'Arca dell'Alleanza nella Città Santa. A questo punto, sentendosi appagato nei traguardi più immediati conseguiti come capita spesso anche a noi, si guarda attorno per capire verso dove orientare il proprio impegno.
Ritiene di dover sopperire a un vuoto progettuale da perseguire in tempi immediati: Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda. Come ogni scelta importante anche questa alimenta sentimenti contrastanti, sia nel cuore del Re che nel Profeta Natan al quale aveva confidato le sue intenzioni. Ed è per questo che passiamo dall'entusiasmo iniziale alle perplessità successive, fino ad arrivare al convincimento che questa volontà non corrisponde a quanto Dio si attende dal Re. Forse questo è anche per mortificare la presunzione di ergersi a protagonista assoluto di quanto realizzato finora.
Ed è per questo che il Re viene incoraggiato a vivere con più umiltà, ripercorrendo la sua vita visitata dall'azione di Dio: Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa.
E' un incoraggiamento a rileggersi nei traguardi conseguiti, mettendo però al centro l'azione di Dio. Che continuerà a benedire e a proteggere il suo consacrato. Che canterà con il Salmista la coscienza dell'azione potente di Dio e la disponibilità a camminare fedelmente nelle Sue vie. Dio realizza sempre le Sue promesse, Dio è fedele al Suo popolo, Dio è la roccia di salvezza, che non viene mai meno.
Infine siamo incoraggiati a vivere un pellegrinaggio spirituale, accompagnati dall'esperienza di fedeltà della Fanciulla di Nazareth, scelta da Dio per realizzare le promesse fatte a Davide. Abbandoniamo la Città Santa, e percorriamo con prudenza le viuzze tortuose che si aprono nelle colline della Galilea, abitata già da tempo da popolazioni di diversa provenienza. Viene definita la Galilea delle Genti, al tempo di Gesù. E' proprio lì nel silenzio del nascondimento da ogni palcoscenico che Dio coglie la preziosa collaborazione di colei che ha scelto quale partner ineludibile del Suo progetto di salvezza: In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
Ritengo che la scena successiva sia nota a tutti, poiché la preghiamo quotidianamente con l'Ave Maria. L'incertezza, i dubbi iniziali vengono superati con la determinazione che deriva dalla fede e dalla volontà di essere partecipi fino in fondo alla speranza di salvezza di Israele, che in virtù di questa disponibilità apre alla salvezza tutti coloro che accolgono Gesù come Messia e Signore della propria vita. Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola, questa affermazione, questo atteggiamento e la disponibilità finale, devono sempre abitare anche la nostra vita, nonostante tutte le incertezze e le fragilità che comunque ci accompagnano. Maria ci ha così resi pronti ad accogliere Gesù in mezzo a noi.
Quando l'Apostolo Paolo scrive ai Romani, parte del Vangelo era ricordato e trasmesso a memoria, quale poesia per lodare e ringraziare Dio per il dono della Sua benevolenza, non aveva abbandonato il Suo popolo nella schiavitù del peccato, ma lo aveva coinvolto nella storia della salvezza eterna. Ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede. Quando il Vangelo di Gesù viene narrato e trasmesso come una poesia, è solo perché merita di essere raccontato e vissuto come consolazione per la speranza e la salvezza di ogni uomo: A Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen.
13 dicembre 2020 - III Domenica di Avvento
Trovare la gioia nel fare la volontà di Dio, questa Domenica siamo incoraggiati a perseguire con coerenza e costanza questa verità basilare, quale vera radice della nostra gioia. Possiamo immediatamente affermare che quando non perseguiamo questo obbiettivo, ci apriamo e facciamo esperienza di situazioni di delusione, che possono anche determinare crolli interiori, nelle certezze che ci siamo costruiti attorno e sulle quali ritenevamo di orientare la nostra attenzione, insomma i castelli sulla sabbia che spesso abitano i nostri cuori e le nostre menti.
Detto questo non possiamo che incoraggiarci a riscoprire la nostra vocazione per come ci chiede il Profeta Elia: Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore. Il testo per come ci viene proposto ha già una connotazione poetica, quasi a essere colto come un sogno, o più semplicemente come un ideale da perseguire con impegno. Non ha come obbiettivo solo l'edificazione della nostra persona, ma anche la costruzione del mondo per come Dio ce lo ha affidato.
Dalla coscienza dell'opera, che Dio compie nella nostra vita, derivano il sentimento del ringraziamento e delle lode al Signore. Oggi la liturgia ci propone alcune manifestazioni di gioia derivanti dalla coscienza di sentirsi opera del Signore, questo deve valere per il Profeta, per la Vergine Santa ma anche per ciascuno di noi: Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio ... L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva... Grazie Signore per il dono della fede e della vita. Insomma ciascuno di noi ha ricevuto un dono, anche se non sempre ne abbiamo coscienza.
Ma il cammino di fede, l'anno liturgico serve anche a questo, alimentare in noi la vita di fede e orientare a Dio le nostre azioni e i nostri pensieri. La vita di ogni giorno, con i suoi problemi, i suoi impegni spesso ci porta lontano da Dio, la liturgia ci riconduce all'incontro con Lui e alla comprensione del valore di questo vivere alla Sua presenza. Per questo è opportuno non trascurare la ricerca de Signore e le possibilità di poterlo incontrare, di poter camminare accanto Lui, di sentirlo parte della nostra vita.
L'Apostolo Paolo chiede alla comunità dei credenti in Tessalonica, di essere sempre lieti ed esplicita la realizzazione di questo sentimento negli atteggiamenti che dobbiamo vivere, perché tutto questo possa realizzarsi: Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Nel proporci questo modello di vita, ci indica anche con fermezza che ogni cosa trova il Suo vero protagonista nel Signore, per cui non dobbiamo mai trascurare di leggere la nostra esistenza in Lui: egli farà tutto questo! Nella nostra vita si deve compiere l'opera di Dio, questa certezza progettuale non deve essere dimenticata, né trascurata.
L'Evangelista Giovanni ci fa leggere il protagonismo di Dio nella disponibilità dell'uomo che cerca, che si rende disponibile al Suo progetto di salvezza. Alcune volte questa verità, potrebbe trovarci incapaci di comprendere, come mai Dio ha bisogno dell'uomo. Lui ci ha creati, non potrebbe realizzare qualcosa di totalmente prodigioso, trasformare la realtà per come Lui la desidera? Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Nella vita di ciascuno di noi può essere capitato l'incontro con una persona anonima, anche lui alla ricerca di se stesso, che ha trasformato la nostra esistenza, orientandola in modo determinante, ci ha incoraggiato alla speranza, alla gioia di vivere, di guardare con fiducia al futuro.
Ancora di più, di avere fiducia in noi stessi. E' proprio così la nostra esistenza è un continuo susseguirsi di sostegni esterni che ci hanno permesso di essere ciò che oggi siamo. Il che spesso significa che anche noi ci prepariamo ad essere per gli altri un aiuto a cogliere la presenza del Signore nella loro vita. Questa è la gioia alla quale questa Domenica siamo incoraggiati a volgere la nostra attenzione e che deve caratterizzare questa settimana nella quale daremo inizio al cammino semplice e gioioso dell'accoglienza di Gesù in mezzo a noi, con la Novena del Divin Bambinello. Che sia una Domenica di fraternità e di gioia familiare, per come il Signore chiede e per come il Signore dona.
6 dicembre 2020 - II Domenica di Avvento
Continua il nostro cammino in preparazione al natale del Signore, e nell'ascolto del profeta ci viene chiesto di vivere con coraggio la gioia di renderlo presente nel suo atteggiamento di affetto, di attenzione verso le situazioni di fragilità che spesso abitano la nostra stessa vita: Consolate, consolate il mio popolo. Non sempre riusciamo a trasmettere questa parola di conforto, l'affetto che il Signore nutre nei nostri confronti, la Sua volontà di farci sentire parte di se, di restituirci la gioia di guardare avanti con serenità, avendo la certezza che Lui ci ha perdonato, ci dona pace.
L'icona con la quale il profeta Isaia ritiene di poter mostrare tutto questo è molto tenera, rasserenante: Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri. Questa è la certezza che deve alimentare la nostra vita di fede e l'impegno di testimoniare al fede, il Signore ama tutti, non abbandona nessuno, ma soprattutto è attento verso i più deboli e abbandonati. Questo è l'annuncio che il Signore ci chiede di trasmettere con forza, senza alcuna paura di essere derisi, di essere accusati di idealismo, è questa la nostra fede, non possiamo tacerla, altrimenti diamo spazio al vuoto, alla disperazione.
Capita che tutto questo lo si debba testimoniare, sperimentare nel deserto. Questo ambiente può essere descritto e caratterizzato in modi molto diversificati, di certo è presentato nella Parola di Dio, sia nella Nuova che nell'Antica Alleanza, come l'ambiente privilegiato dal Signore per rendere presente la Sua forza, il Suo affetto, la Sua gioia di accompagnare il cammino del Suo Popolo. Anche per questo tutti siamo chiamati a vivere questa esperienza di ricerca con entusiasmo, anche nelle difficoltà l'esperienza del deserto, necessariamente comporta. Capita spesso, che la novità del progetto di Dio, la si possa cogliere solo vivendo il deserto.
Anche il Salmista incoraggia a fare esperienza della fiducia in Dio: Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza... Amore e verità s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno... i suoi passi tracceranno il cammino. Poche frasi che chiedo di mettersi alla sequela del Signore, seguire i suoi passi, cercarci in Lui, avendo la certezza che senza la sua presenza tutto diventa surreale, difficile da vivere. Certo anche in qeusto caso ritengo sia molto importante crescere nella vita spirituale, cercare la Sua presenza nel nostro cuore, dare più spazio alla preghiera.
Viene incontro alla nostra sete di verità e di comprensione della verità, l'Apostolo Pietro, che ci ricorda come l'agire del Signore è totalmente diverso dal nostro: Egli invece è magnanimo con voi, perché non vuole che alcuno si perda, ma che tutti abbiano modo di pentirsi. Anche la comprensione del tempo, della vita che passa è diversa agli occhi del Signore. Perciò è importante darsi il tempo della pazienza e della perseveranza, il Signore verrà e ci accoglierà nelle opere buone che Lui stesso ci ha donato di vivere: fate di tutto perché Dio vi trovi in pace, senza colpa e senza macchia.
Con l'evangelista Marco siamo introdotti nel tempo del Messia, l'immagine è molto nota, ancora una volta l'ambiente è quello del deserto. E' nel deserto che va svelandosi e compiendosi la novità della salvezza, resa presenta da un protagonismo profetico, che ha bisogno di essere colto nella sua pregnanza e nella sua esclusività: vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Ma il cuore del messaggio che egli testimoniava con la sua presenza e annunciava con le parole era l'impegno di cercare oltre di lui, la realizzazione del progetto di Dio: Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo. Occorre percorrere i passi di Dio, con serenità e cuore aperto all'amore, in questo modo si accompagnerà alla nostra vita la sete di verità che, rischiarata dal dono dello Spirito Santo permetterà a ciascuno di noi di sentirci protagonisti nel piano di salvezza in questo tempo nel quale tutti corrono il rischio di vivere disorientati, incapaci di speranza. Perciò coraggio il cammino di avvento è tempo propizio per rendere presente l'opera di Dio nella nostra vita da vivere al servizio degli altri.
29 novembre 2020 - I Domenica di Avvento
Buon Anno a tutti, questa Domenica segna il nostro capodanno liturgico, anche se non sono molti coloro che se ne rendono conto. Abbiamo ancora la possibilità di ripercorrere insieme, di ricominciare in modo nuovo la storia dell'incontro con Gesù: la storia della nostra salvezza. Come sempre, vestiamo gli atteggiamenti dei discepoli, che umilmente si mettono in ascolto del Maestro, per rimuovere ciò che è di ostacolo alla comunione, ed emancipare tutto ciò che apre alla speranza.
Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore, è il profeta Isaia che dà la tonalità ai passi da percorrere, tutto nasce dalla piena fiducia in Dio, che guarda a noi come a dei figli. Deve essere Lui il riferimento ineludibile dal nostro cammino, la forza che ci sostiene a vivere sempre con entusiasmo, anche le situazioni difficili che la vita spesso ci chiede di affrontare.
Può anche accadere che si attraversino motivi di demotivazione spirituale, momenti nei quali si avverte la voglia di allontanarsi da Dio. Però appunto, sono momenti, nel nostro cuore resta sempre viva la certezza che tutto è affidato a Lui, è Lui che deve orientare le nostre scelte: Noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani.
Ciò che il Signore si attende da noi, è che maturiamo un sincero spirito di ringraziamento verso di Lui e verso i fratelli. Tutto quanto nasce dal Signore è orientato alla comprensione della nostra vita come un dono che viene dall'alto e che deve essere speso nel servizio gioioso e sereno: a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. Insomma l'Apostolo paolo vuole aiutare anche noi a comprendere che abbiamo tutto, ciò che ci è necessario per affrontare la vita con coraggio.
Certo il nostro è il tempo della pandemia, ma anche questo tempo avverte l'esigenza di essere evangelizzato, oserei dire ancora di più, questo tempo ha bisogno di un supplemento di evangelizzazione rispetto all'impegno ordinario. Direbbe il profeta: è tempo di svegliarvi dal sonno, di riprendere con l'entusiasmo che ci deriva dai doni dello Spirito la coscienza della responsabilità di costruire la vita di comunione, questo è quello che Gesù si attende da noi, questo è quello che la comunità attende dai discepoli di Gesù. Rispettiamoci nella prudenza, ma non trascuriamo l'impegno di trasmettere la speranza.
L'Avvento è il tempo della vigilanza: Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate! Il testo del Vangelo di Marco lo chiede in prospettiva escatologica, ma abbiamo imparato tutti che c'è una escatologia incarnata, del quotidiano; mediante la quale costruiamo l'attesa e la presenza del Regno, giorno dopo giorno, è la dinamica del già e del non ancora, che non dobbiamo mai trascurare di vivere e di testimoniare, semplicemente perché ha bisogno della nostra dedizione affettuosa alla missione. Educare all'attesa del Signore che viene, meglio dire educarci all'attesa del Signore che viene, è un impegno che l'avvento ci chiede di incarnare sull'esempio dei modelli che ci vengono proposti: la Vergine Immacolata, Giovanni il Battista, Giuseppe il padre putativo di Gesù.
In questo cammino ci inseriamo anche noi, si inseriscono le nostre famiglie, con le tante fragilità umane e spirituali, ma sempre affidati al Signore, Lui ci deve sostenere con il dono dello Spirito. Ci deve incoraggiare quando camminiamo in modo insicuro, deve donarci di gioire quando sembra che tutto proceda in modo complesso e poco gestibile. Ma soprattutto deve donarci la capacità di avvertire la preziosità di stare insieme nel Suo nome, attorno al Suo Altare per vivere insieme il Ringraziamento e la Comunione.
22 novembre 2020 - Solennità di Gesù Cristo Re dell'Universo
Quando Ezechiele scrive, siamo al tempo della deportazione in Babilonia, lui stesso era stato deportato con la prima ondata. Dopo il momento iniziale di scoraggiamento e di disorientamento, durante il quale anche la moglie muore, sente di essere chiamato dal Signore a dare speranza alla comunità ebraica in esilio e lo fa con grande energie spirituale, intellettuale, sociale.
Insomma si spende per incoraggiare a preparare la gioia del ritorno a Gerusalemme. Come sempre incoraggia a comprendere che l'opera è del Signore, Così dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Il suo messaggio cerca di penetrare in profondità nel cuore dei deportati, chiede loro di non scoraggiarsi, di non abbattersi di fronte alle difficoltà e ai tempi lunghi della sua realizzazione. ... le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse ... Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare...
Questa stessa immagine può essere stata surrogata dal salmista che si affida totalmente all'azione protettrice di Dio: Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Le immagini che caratterizzano questo salmo, sono quelle della benevolenza e della protezione. Dio non abbandona coloro che confidano in Lui, soprattutto quando vivono situazioni di precarietà è il Signore a vegliare su di loro e a proteggerli.
San Paolo chiede ai Corinzi di rileggere la propria vita, di guardare oltre i traguardi terreni: Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti... così in Cristo tutti riceveranno la vita. Insomma mentre Ezechiele incoraggiava a guardare alla rientro nella Gerusalemme terrena, noi cristiani siamo educati a guardare con fiducia all'incontro eterno con Dio.
Dobbiamo vivere in Cristo che è la nostra vita e al quale apparteniamo mediante il Battesimo. Lui ha sconfitto la morte e in Lui anche noi trionferemo sulla morte. Molto delle catechesi di Paolo, sono intrise dell'escatologia del tempo, per cui va compresa tenendo conto il modo di leggere il cielo, nel mito delle categorie angeliche che apparteneva alla cultura greca di quel periodo storico.
L'evangelista Matteo ci presenta Gesù come il giudice escatologico, la rappresentazione è stata rappresentata iconograficamente in molti modi, in quello che noi abbiamo imparato a chiamare il Giudizio universale: Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre... Il giudizio in questo caso viene fatto su come ci si è comportati durante la vita in ordine alla carità, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi...
In altre parabole il metro di misura per il giudizio è espresso sui valori spirituali, sulla disponibilità alla vita comunitaria, nella fedeltà al mandato ricevuto. Questo è il mondo delle parabole, molto belle proprio perché esprimono la novità di Dio per l'uomo di ogni tempo. Anche a noi oggi il Signore chiede di essere accolto, e tante volte lo facciamo con naturalezza, come accadde per i protagonisti della parabola, senza rendercene conto: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?
In questa immagine possiamo leggere anche la volontà espressa dal Papa in: Fratelli tutti, Dobbiamo spendere la nostra vita cogliendo in ogni altro la presenza del Signore che si accompagna al nostro cammino, anche a noi chiede di essere accolto spesso tutto questo viene fatto senza grandi gesti eclatanti e la santità della vita quotidiana, i santi della porta accanto che vivono con grande naturalezza quello che potrebbe sembrare difficile da realizzare: E il re risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.
Se viviamo alla presenza del Signore tutto è pace, gioia di vita comune, disponibilità ad amare sempre e tutti ovunque il Signore ci chiede di testimoniare la nostra vocazione.
15 novembre 2020 - Domenica XXXIII Tempo Ordinario
Questa Domenica la Parola ci fa interrogare sui doni che il Signore ci ha donato e su come li valorizziamo. Ancora una volta è il Vangelo di Matteo che orienta la nostra riflessione e incoraggia alla comprensione della volontà di Dio. Questo inciso iniziale non va trascurato, semplicemente perché in ogni azione che compiamo dobbiamo cercare di vivere per come il Signore ci chiede. Anche il brano di questa Domenica inizia con questo affidamento di beni: Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
A questo punto il Regno, che Gesù ha impiantato nel mondo, è stato affidato a noi per orientarlo secondo i suoi insegnamenti, ma nell'affidamento non dobbiamo contare solo sulle nostre capacità, ma anche e soprattutto sui talenti che Lui ci ha affidato. Nessuno può affermare io non so fare nulla, ma ciascuno per la sua parte deve operare facendo fruttificare quanto ci è stato affidato. Di tutto questo dovremo anche rendere conto al Signore e questo è bene non trascurarlo: Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Tutto quello che facciamo durante la vita esige poi una verifica sui frutti che ha portato. Questo significa che io non sono responsabile di quello che fa l'altro ma di quello che faccio io.
Insomma come accade tutto questo? Difficile da comprendere, Gesù non parlava per i pruriti dei curiosi, ma per sostenere coloro che cercano nella fede ciò che doveva caratterizzare la loro vita di discepoli e di credenti. Nell'analisi del testo, ci si rende conto che, come accade ordinariamente, è proprio chi ha vissuto nella pigrizia a voler giustificare la sua negligenza nel valorizzare i talenti ricevuti: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo. E' vero, è proprio così, quando non ci guida l'amore, prevale il timore e alcune volte sconfina nella paura delle conseguenze negative possibili.
Anche in questo tempo contrassegnato da forti limitazioni prudenziale a
motivo del contagio da Covid 19, ritengo sia una esperienza che
molti di noi stiamo vivendo, alcuni continuano con la necessaria
prudenza che la pandemia impone gli impegni ordinari da portare avanti,
perfino con gioia. Altri si sono asserragliati in casa in attesa
dell'arrivo del nemico, che normalmente viene colto in chi abita nella
porta accanto o magari più semplicemente nella stanza accanto.
Prendi parte
alla gioia del tuo padrone, questo è il premio promesso
e donato in uguale misura per coloro che camminano per come il Signore
chiede. Il resto lo sperimenteremo quanto accadrà, è
vero ci sono tanti veggenti che trattano delle visioni avute sull'al di
là, ma a mio parere lasciano il tempo che trovano, fermo restando che
sono di sostegno nelle incertezze della fede lungo il cammino della
vita. Quando saremo davanti al Signore avremo modo
di stupirci di tante cose e di tante situazioni che nella formazione
alla fede riceviamo didatticamente in modo eccessivamente
antropomorfico.
La chiusura della parabola potrebbe anche avere un altro finale se
applicata non al progetto ideale ama alla condizione reale delle
persone: E il servo inutile gettatelo fuori nelle
tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Gli
insegnamenti evangelici proprio perché orientati a stimolare la coerenza
nella sequela, spesso sono dati senza tenere conto della forza
redentrice della passione redentrice del Cristo e, soprattutto, della
Grazia che si è sprigionata dalla Sua resurrezione. Perciò sentiamo
incoraggiati dal Signore a valorizzare, con umiltà, tutto quanto ci
viene chiesto e per quanto concerne il giudizio finale affidiamoci
fiduciosi alla Sua misericordia.
8 novembre 2020 - XXXII Domenica Tempo Ordinario
Quando apriamo il Sapienziale, sembra di entrare in una mente sempre aperta alla novità della vita, questo modo di leggere la realtà che non appartiene alle cose che vediamo o che facciamo, ma a tutto ciò che riusciamo a cogliere con il pensiero, con il cuore.
Necessariamente non
sono cose da possedere: La sapienza è splendida e non
sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano
e si lascia trovare da quelli che la cercano. Tutto ciò
che appartiene alla mente esige rispetto relazionale, solo questo
atteggiamento ci permette di valorizzarle pienamente, ma soprattutto ci
vieta di immaginarle nostre. Il desiderio di possedere, spesso determina
la morte della bellezza e della coscienza del dono.
Questo autore ci
presente la realtà come presenza di Dio, da scoprire e da comprendere
mediante l'analisi dell'intelligenza, la ricerca è vicendevole
semplicemente perché Dio vuole che lo incontriamo nella vita e negli
ambienti di ogni giorno: Chi
si alza di buon mattino per cercarla, non si affaticherà,
la troverà seduta alla sua porta.
La nostra è una realtà che non sempre esprime pienamente il gusto per la scoperta e la novità dei doni spirituali, che pur abitando il cuore di fratelli e delle sorelle non sempre riesce ad essere dominante nel dialogo quotidiano, il Signore incoraggia ad osare più sulla bontà della riflessione e del protagonismo personale.
Tutto questo viene
espresso pienamente, nella sua semplicità spirituale, dal salmista che
apre la mente e il cuore all'invocazione dell'amore del Signore:
O Dio, tu
sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua.
L'anelito a leggere la vita guardando all'incontro con Dio ci viene presentato dall'Evangelista Matteo con la parabola delle ragazze vigilanti che si preparano alla festa. Le immagini sono molto belle e ci fanno entrare nel contesto del matrimonio giudaico, caratterizzato dalla centralità dell'arrivo dello sposo da accogliere con tutti gli onori: presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo.
La scena si
sviluppa in modo armonioso e possiamo leggerci nel chiacchiericcio anche
ozioso che spesso si accompagna questi appuntamenti, è una attesa che si
prolunga a motivo del ritardo dello sposo, che purtroppo non è senza
conseguenze: si
assopirono tutte e si addormentarono. Gli studiosi,
sono concordi nel leggere questa parabola, al ritardo del ritorno
del Figlio dell'Uomo, d'altra parte anche noi facciamo esperienza di una
forma di assopimento spirituale per il dilatarsi dell'incontro eterno
con Gesù.
Ad un tratto
arriva, ed è annunciato da un forte grido, altre volte nei Vangeli ci
viene ricordato che arriverà nel silenzio: Ecco lo
sposo! Andategli incontro! E'
un incoraggiamento a mantenersi pronti, con le lampade sempre accese, è
la nostra fede che non deve affievolirsi, dobbiamo vivere aspettandolo e
dobbiamo entrare come un corteo sponsale al seguito dello sposo.
In questo modo la nostra vita acquista un significato infinito, non legato a questo o a quell'avvenimento, spesso transeunte altre volte poco significativo. Non sempre siamo capaci di spenderci nell'entusiasmo di vivere la fede, alcune volte ci impigriamo e ci attardiamo inseguendo le cose del mondo: Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora. Il senso vero che non viene mai meno è quello di vivere per come il Signore dona e di camminare incontro al Signore che ha dato la Sua vita per noi.
1 novembre 2020 - Solennità di Tutti i Santi
Io, Giovanni, vidi... in questo modo l'Apocalisse ci incoraggia a guardare in modo diverso alla realtà, sia a quella della terra, sia a quella del cielo. La mancanza di speranza, che spesso si accompagna alla nostra vita, è determinata dal fatto che stentiamo a guardare con fiducia oltre le cose che sperimentiamo, per cui la lettura di questo libro della Bibbia, è un aiuto a comprendere meglio la nostra esistenza leggendola sempre nella dinamica eterna dell'incontro con Dio. Maturando anche la coscienza, da comprendere in modo sempre più intenso, che Dio visita e orienta verso di Lui anche le realtà del mondo
Dio ci chiama a condividere con Lui la gloria eterna, e in questo progetto sono invitati tutti gli uomini: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Nessuno deve sentirsi escluso dalla volontà salvifica di Dio. La visione incoraggia a leggere anche il combattimento necessario per appartenere al popolo dei Santi, che implica il riconoscere Gesù Cristo come il centro e il modello dell'azione salvifica: La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello
Tutto procede come in una celebrazione, in un continuo intercalare delle tante situazioni che viviamo e l'esigenza di innalzare un canto di lode al Signore: Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen. Potrebbe sembrare strano, ma la nostra vita si svolge in questo modo, tantissime situazioni da affrontare con coraggio ogni giorno, intercalate dall'esigenza di ringraziare e di lodare il Signore per tutto ciò che ci dona. Tutto nasce da Dio e conduce a Dio.
Il Vangelo ci presenta il discorso della montagna, molti lo definiscono la magna carta del cristianesimo, altri lo colgono come una sequenza di intenzioni pure, difficili da vivere quotidianamente, certo ogni cosa è legata alla maturità con la quale viviamo la testimonianza della fede. Di certo Gesù ha inteso aiutare i suoi seguaci ad avere una lettura particolare della realtà che orienta a mettere al centro la persona e tra le persone quelle che vivono in modo più marginale, con più disagi.
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. E' una Parola da leggere interiorizzandola, nella certezza che dopo nulla sarà compreso come prima, è una parola che incoraggia alla conversione a donare un significato diverso alla propria vita, restituendo maggiore centralità alla vita degli altri.
Tutto questo viene vissuto non per conseguire traguardi terreni, nei quali realizzare se stessi, le proprie ambizioni, anzi Gesù ci rivela che tutto questo comporterà persecuzioni e ingiustizie nei nostri confronti: Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Nulla ci deve spaventare, Lui stesso ci ha preceduto in questo cammino e ci incoraggia seguirne l'esempio, fino in fondo, in questo modo la pace abiterà la nostra vita sempre, anche nei momenti di disagio e di persecuzione. Per cui coraggio, proviamo a metterci in cammino.
18 ottobre 2020 - XXIX DOMENICA TEMPO ORDINARIO
Nella vita di comunità la comunione è l'energia coagulante le relazioni, ma la presenza del peccato genera spesso l'esigenza dell'intervento dell'autorità come presenza rigenerante la dinamica del regno che altrimenti resterebbe velata.
Per far comprendere meglio è necessario che intervenga il responsabile della comunità di Cristo, che nel Vangelo è presentata in Pietro e nei suoi successori per la Chiesa universale, quindi per estensione nei Vescovi per la Chiesa diocesana, nei Parroci per le Comunità parrocchiali e nei Genitori per le proprie Famiglie, per operare in ordine al ripristino della comunione qualora questa sia elusa o mortificata.
Nella Comunità cristiana l'autorità non è mai contemplata in ordine alla realizzazione di se stessi, ma sempre e solo per essere segno dell'amore di Dio per il Suo popolo. Certo anche tutto questo è affidato alla fragilità della persona, per cui può accadere d assistere ad abusi, prevaricazioni, alcune volte perfino malignità. Cose che certamente non provengono dal Signore, ma dalla fragilità di chi viene preposto in autorità, per tutelare la vita di comunione.
Gesù nei suoi discorsi sulla sequela mette sempre al centro degli atteggiamenti da vivere la disponibilità al sacrificio e alla croce, ma poi deve prendere coscienza che perché la comunità dei discepoli posso proseguire sulla via della fraternità, ha bisogno di un riferimento visibile, che nel corso dei secoli possa guidarla nella costruzione del Regno.
La missione che viene affidata ai curatori di anime è quella di fare discernimento, aiutare a vivere il discernimento personale e proporre la volontà di Dio per come deve essere incarnata in relazione al Regno e al mondo.
Vivere questo senza generare tensioni, opposizioni non sempre è facile,soprattutto quando entrano in gioco situazioni di potere o di interessi economici personali. Anche in questo caso chi ha la potestà del discernimento deve operare incoraggiando gli altri a riflettere senza mai trascurare la responsabilità di orientare il discernimento attraverso un insegnamento chiaro, fedele agli insegnamenti di Gesù.
Quindi è importante che ci sia equilibrio spirituale, per evitare di monopolizzare la coscienza del fratello e per incoraggiare la correzione personale in un sincero spirito di conversione al Signore. I farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. E' importante non dimenticare mai di dover fare i conti con la malizia del cuore e con gli interessi di parte: Ipocriti, perché volete mettermi alla prova?
In queste situazioni occorre mettere al centro le tante potenzialità che il Signore ci ha donato e che ci rendono preziosi anche all'interno della comunità degli uomini: tenendo continuamente presenti l'operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo. Nessuno deve sentirsi debole nella prova o nella impossibilità di corrispondere alla volontà del Signore o ancora alla possibilità di aiutare il fratello nella crescita spirituale.
Il Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione. Abbiamo un dono, non nostro che ci è stato affidato che dobbiamo condividere per come il Signore ci chiede e ci dona di vivere.
Quando operiamo in questo modo non dobbiamo temere il giudizio di Dio, di fronte agli uomini tutto può accadere a secondo di quanto gli altri intendono mettere Dio al centro della propria vita.
11 ottobre 2020 - XXVIII DOMENICA TEMPO ORDINARIO
Gesù, riprese a parlare con parabole, il discorso in parabole non sempre viene compreso nella sua complessa preziosità, anche perché nei Vangeli viene distribuito a secondo delle tematiche di cui trattano, probabilmente in realtà erano raccolte in un unico manoscritto a uso degli evangelizzatori. Ancora oggi, nelle attività catechistiche, capita spesso che vengano presentate ai ragazzi come delle favole.
In realtà dobbiamo comprenderle come il discorso più articolato che Gesù abbia fatto, in riferimento alla missione che il Padre gli ha affidato: la realtà del Regno di Dio che Lui ha portato sulla terra. Quella che ci viene fatta ascoltare questa Domenica è rivolta in particolare ai praticanti di ogni tempo e a coloro che ritengono di mettersi al servizio dell'evangelizzazione della società.
L'incontro con Dio, nella realtà del Regno di Dio, viene presentato come un momento di festa al quale tutti devono partecipare con grande entusiasmo e gioia: Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Ma ieri come oggi gli impegni, veri o presunti che siano, assorbono il poco tempo che abbiamo e sono tanti, per cui dobbiamo dedurre che capitava già allora che a disertare gli incontri comunitari, fossero la gran parte.
Chi organizza la vita comunitaria non si arrende e manda:Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Che tradotto significa i catechisti, gli evangelizzatori, gli animatori dei quartieri a invitare per la partecipazione al banchetto, ma la risposta dei praticanti diventa sempre più negativa e alcune volte perfino violenta. Ancora oggi, capita che per partito preso o per immaturità, molti non partecipino ordinariamente alla vita comunitaria.
A questo punto la parabola apre a uno scenario nuovo, che ritengo non appartenga ancora alla vita della comunità cristiana, invitare i poveri, gli ammalati chiaramente aiutandoli a venire, gli scoraggiati, insomma tutti quelli che chiamiamo emarginati, Papa Francesco direbbe gli scarti della nostra società: La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
In questo modo, invitando tutti, la sala della comunità si riempi di commensali, che però devono essere incoraggiati a orientare la propria vita ai valori che il Signore ci ha affidati onde evitare di restare comunque esclusi dalla Grazia del Regno. La dinamica educativa deve essere: cercare, accogliere, evangelizzare, convertire, incoraggiare, donare, amare. Tutte le nostre celebrazioni devono avere questa caratterizzazione per corrispondere pienamente a ciò che il Signore si attende da noi.
17 maggio 2020 - DOMENICA VI DI PASQUA
La Parola di Dio questa Domenica ci introduce alla vita nello Spirito Santo, cogliendo in questo dono del risorto, tutto ciò che alcune volta manca nella nostra vita, sia in ordine alla testimonianza cristiana sia all'energie per renderla presente in ogni circostanza. Siamo chiamati a fare nostra la missione della Chiesa che ci vede totalmente partecipi dell'azione messianica di Gesù e ci incoraggia a una sequela coerente.
Nel racconto che ascoltiamo dagli Atti degli Apostoli, sono passati degli anni dalla morte e risurrezione del Signore, nel frattempo abbiamo avuto l'istituzione dei Diaconi, il martirio di di uno di essi, Stefano. Abbiamo anche avuto la prima persecuzione dei giudei ellenisti che, almeno una parte di loro, vengono espulsi da Gerusalemme. E' proprio uno dei diaconi Filippo che in virtù di questa espulsione si trova ad annunciare la salvezza in Gesù in quel di Samaria suscitando la conversione in molti abitanti del luogo e battezzandoli. Come vedete, essere Diaconi non è più un servire le vedove elleniste a Gerusalemme, ma essere araldi del Vangelo dove il Signore dona di vivere.
Al Battesimo da parte di Filippo, segue la Confermazione da parte degli Apostoli Pietro e Giovanni, che scesero da Gerusalemme e invocarono su di loro lo Spirito mediante l'imposizione delle mani e la preghiera. E' l'azione sacramentale che la Chiesa compie ancora oggi, certamente con ritmi e modalità di diverse, mediante gli itinerari di iniziazione cristiana. Viene trasmessa a tutti i credenti la Grazia di Dio.
Molto intenso è l'insegnamento che ci dona l'Apostolo Pietro esortando alla coerenza cristiana: Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. La Chiesa ha già subito persecuzioni, sia da parte degli ebrei che da parte dei romani, in varie parti dell'impero ma i credenti in cristo devono corrispondere a tutto questo con amore, con dedizione sincera alla vita di carità.
Ancora oggi questi insegnamenti hanno bisogno di essere vissuti con intensità, non sempre si riesce a riscontrare coerenza tra ciò che crediamo e come lo viviamo: è meglio soffrire operando il bene che facendo il male. Sono frasi semplici, immediate. Il cristianesimo non ha bisogno di grandi trattati teologici nella sua prassi ha bisogno soltanto di essere incarnato, guardando con semplicità a Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza.
Il Vangelo ci immerge ancora una volta nel mistero della lunga catechesi che Giovanni inserisce n quella che noi definiamo l'ultima Cena del Signore. Siamo incoraggiati a percorrere con Gesù il significato autentico della Sua missione che esula dalle grandi azioni che pure ha compiuto, date ormai per scontate e acquisite, e ci chiede di riflettere sul valore della Sua persona nel mistero del piano di Dio: io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Nella coscienza di quanto doveva accadere Gesù avverte l'esigenza di rinvigorire la fiducia dei discepoli in Lui, più volte i discepoli dovranno affermare che non capivano quello che Lui diceva. Ma a Gesù interessa soprattutto dare la certezza che non li lascerà mai soli, in questo caso dona la garanzia della presenza del Paraclito, lo Spirito di Verità, colui che difende. E' il Padre misericordioso che lo dona perché possano rendere pienamente testimonianza a Gesù.
Ancora una volta, tutto si conclude con l'invito alla sequela, dalla gioia della fedeltà nasce la gioia della lode e la volontà di restare uniti nel Suo nome.
10 maggio 2020 - DOMENICA V DI PASQUA
Nel
racconto degli Atti degli Apostoli, il cammino terreno della Chiesa, per
rendere presente la presenza del Signore si caratterizza, questa
Domenica, con il discernimento delle vocazioni e il primato della Parola
di Dio. Intanto è importante sottolineare che la Comunità cristiana, non
è più nomadica, come si caratterizzava finché era presente Gesù in mezzo
ai discepoli, ma diventa sedentaria con tutto ciò che, in tema di
organizzazione, questo cambiamento comporta: aumentando
il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro
quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano
trascurate le loro vedove. Emerge il problema dei
poveri da sostenere, questo esige una scelta di campo e la conseguente
elezione di persone capaci di dedicarsi a questa componente di
marginalità sociale. Nasce così il Diaconato, diventato presto altro,
però è orientato al servizio dei poveri.
E' l'apostolo Pietro
che ci introduce a una migliore comprensione della nostra vocazione e
della nostra missione: Carissimi, avvicinandovi al
Signore, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa
davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio
spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali
graditi a Dio, mediante Gesù Cristo. Siamo incoraggiati
a non perdere mai di vista Gesù, è Lui che dona sicurezza, è Lui la
nostra Pace, è Lui la pietra d'anglo sulla quale poggia la nostra vita e
la vita della Chiesa.
Ed è sempre in Lui
che con il Salmista inneggiamo e lodiamo al Signore il canto di lode e
di ringraziamento: Esultate, o giusti, nel Signore; per
gli uomini retti è bella la lode.
Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
Siamo ancora
incoraggiati a fare discernimento per evitare che Gesù diventi anche per
noi credenti una pietra di inciampo e non più la pietra d'angolo: Onore
dunque a voi che credete; ma per quelli che non credono la pietra che i
costruttori hanno scartato è diventata pietra d’angolo e sasso
d’inciampo, pietra di scandalo. Capita ancora oggi
anella chiesa, che molti vivano la fede generando nei fratelli e nelle
sorelle dubbi e insicurezze, spesso anche cercando di demolire il
deposito della fede.
Avere fede in Gesù, è una verità sulla quale non dobbiamo dubitare, sulla quale impostare ogni nostra azione ogni nostro convincimento. La missione del Signore non si completa in questa vita, sulla terra ma apre alla prospettiva eterna dell'incontro con il Padre misericordioso: Vado a prepararvi un posto” Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. Ai dubbi, alle insicurezze che alcune volte accompagnano anche la nostra vita, Gesù chiede, come fece per i discepoli, di rimuoverle conoscendo e facendo esperienza della vita in Lui.
Ci incamminiamo verso la Solennità dell'Ascensione e la Liturgia ci incoraggia a cercare consolazione nell'incontro con Dio e non tanto e solo nell'esperienza terrena, anche questo è uno stile che non dovremmo trascurare. Tutto quello che facciamo e viviamo trova comprensione piena solo nella gioiosa relazione con l'eternità che ci apre all'amore del padre per il quale Gesù ha dato la Sua vita sulla croce per noi.
3 maggio 2020 - IV DOMENICA DI PASQUA
Questa è una Domenica contrassegnata dall'esigenza di confortare, di dare fiducia, di incoraggiare, di alimentare la confidenza nell'aiuto del Signore. Non possiamo che introdurre con il Salmista: Il Signore è il mio pastore non manco di nulla. Questa riflessione viene attribuita a Davide che essendo circondato dai nemici sente di poter confidare pienamente nell'amicizia con il Signore. Il Signore protegge, il Signore dona pace interiore anche nelle difficoltà, il Signore non abbandona nel pericolo.
L'apostolo Pietro, avverte l'esigenza di restare accanto alla comunità dei perseguitati a motivo della fede in Gesù. Chiede loro di vivere la sofferenza esercitando la virtù della pazienza. Alcune volte gli avvenimenti vanno oltre le previsioni ed esigono un supplemento di attesa, quello che conta è non scoraggiarsi, dobbiamo incarnare gli stessi atteggiamenti di Gesù: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca; insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia.
A tutto questo dobbiamo aggiungere l'importanza della esemplarità, da tutto questo nasce l'esigenza della vita di comunità, altre volte dirà un solo gregge e un solo pastore, oggi ricorda a tutti: Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime. Tutto questo ha esigito il sacrifico della Sua vita per la nostra salvezza, perché noi imparassimo a vivere insieme, portando i pesi gli uni dagli altri.
Il Vangelo ci apre alla comprensione della complessità che la vita di comunità esige, intanto ci viene ricordato di fare discernimento sugli atteggiamenti della nostra vita cristiana. Può accadere che pur volendo vivere la comunità lo si faccia in modo distorno: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. in cosa possiamo essere assimilati a queste categorie i partecipanti al gregge, Gesù non lo esplicita per cui ritengo che ciascuno, deve cercare in se stesso, quali sono le situazioni che distruggono se stessi, la comunità, invece di costruire.
E' in questa azione che si rende preziosa l'opera del guardiano del recinto delle pecore che deve imparare a conoscere chi vuole entrare e per alcuni aspetti deve vivere anche l'azione impopolare di limitare i danni, correggendo le azioni distorte. E' una situazione che non tutti amano esercitare, anche per questo la vita di comunità spesso è percorsa da situazioni di tormento spirituale invece di essere edificata dai carismi. Gli stessi carismi hanno bisogno di discernimento, non tutto e tutti possono essere vissuti negli stessi ambienti.
Il pastore guida il gregge a lui affidato, anche in questo caso gli atteggiamenti possono essere diversi: cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Altre volte il pastore cammina dietro al gregge per orientare il cammino di chi rallenta o devia, altre volte ancora si ha bisogno dei cani per orientare il cammino del gregge. Alcune volte il pastore deve portare il bastone per difendere il gregge dagli animali selvatici, altri volte per correggere il gregge stesso. Insomma ogni gregge esige una diversa pedagogia e accortezza. Il pastore deve essere una persona attenta non istintiva, deve guardare al bene degli altri non tanto alla realizzazione delle propria idee o progetti.
In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Nelle difficoltà di comprensione il Signore esplicita in modo chiaro il Suo insegnamento indicando l'importanza di passare attraverso di Lui per vivere la gioia della salvezza che il Padre gli ha affidato. Se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo ... io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Questo è un insegnamento chiaro, che non lascia dubbi interpretativi, che esige una dedizione totale alla sequela.
Ma, anche in questo caso, abbiamo le varianti del modo di vivere la sequela, come sta accadendo per tutti noi in questo periodo. Quello che è importante è che Gesù è venuto per la salvezza di ogni persona, con quel che ne consegue negli atteggiamenti di attenzione che non possono mai essere omologabili, robottizzanti, ripetitivi, dozzinali.
19 aprile 2020 - Domenica di Pasqua
Il cammino della Pasqua continua con l'esigenza del Risorto, di aiutare i suoi discepoli, quindi anche noi, a comprendere ciò che è accaduto. Opera non facile, lo si comprende dall'insistenza con la quale il Risorto deve accompagnare la difficoltà ad accettare una verità assolutamente innovativa nella vita dell'umanità: non esiste più la morte, e questo è accaduto grazie alla disponibilità a fare la volontà del Padre di Gesù di Nazareth, che tutti sapevano rifiutato, condannato, morto sulla croce e che adesso dovevano comprendere nella Sua nuova realtà di Risorto.
Non è stato facile neanche per gli evangelisti, mettere ordine nelle tante narrazioni di apparizioni del Risorto, certamente dovevano essere state molte di più le testimonianze delle persone che attestavano di averlo visto Risorto, come sempre accade è necessario scegliere, selezionare le più credibili, comporle in modo organico, armonizzare le incongruenze. No, non è stato proprio facile, infatti leggendo ancora oggi, tutti questi racconti facciamo fatica a coglierne un tutto organico.
Per cui dobbiamo semplicemente comprendere quello che loro hanno inteso trasmetterci di quanto hanno ritenuto importanti e in tutto questo entra in campo la nostra fede e la nostra volontà di comprenderla come il tutto di quanto il Signore intende donarci per comprendere meglio, per come Lui stesso ci dona, l'importnza di Gesù nella nostra vita oggi. Dobbiamo sempre ripeterci che la fede non è uno studio su ciò che è accaduto in passato ma ciò che, alla luce della fede, accade in me ogni giorno.
Alcuni punti di non ritorno, necessari per ricominciare in modo nuovo ogni giorno. E' Gesù che cerca l'incontro con noi, per cui non dobbiamo fare altro che aprire i nostri cuori all'incontro con Lui. Gesù ci cerca perché troviamo pace in Lui, non viene per accusarci, per criticarci anche perché semplicemente conosce i nostri pensieri che sono molto più importanti delle nostre azioni. Se Gesù avesse deciso di giudicare i discepoli per le azioni che avevano commesso, non avrebbe dovuto perdonarli mai.
Ma Lui sapeva che non avrebbero voluto, poi subentra la paura, la fragilità umana, e ancora tante sensazioni per come accade spesso anche a noi. Capita così di affermare di amare Gesù, mentre poi viviamo come se Lui non esistesse o più semplicemente rinnegando il Suo insegnamento. Ma Gesù non si scompone più di tanto, leggiamo domani nel Vangelo che cogliendo la resistenza di Tommaso non fa fatica a ritornare per convincerlo ad essere più disponibile alla verità di fede, anche senza avere una comprensione piena della fede, nella quale gli viene chiesto di credere.
L'atteggiamento di Tommaso: Mio Signore e mio Dio, riceve da Gesù un incoraggiamento a credere che vale per tutti noi: Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto! Gesù ha dato la vita per noi, non può che aiutarci a comprenderlo, Lui ci ama di un amore che non prevede rinnegamenti o abbandoni, e se a noi capita, non è uno che se lo lega al dito, ma ci incoraggia sempre a ricominciare contando sempre sul Suo amore che non viene mai meno.
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Anche questa affermazione merita di essere colta nella sua intensità, i Vangeli non vogliono essere una raccolta di avvenimenti esaustivi sulla vita di Gesù, ma si propongono solo come una sequenza di catechesi orientate a incoraggiare la fede del lettore, o forse è meglio dire del credente che viene così introdotto a una migliore comprensione della fede in Gesù nella quale già crede.
Ci è stato trasmesso da più parti che accanto ai testi canonici abbiamo altre raccolte di avvenimenti e di interpretazioni delle azioni di Gesù che non son state riconosciute canoniche dalla Chiesa, ma non per questo sono state mai rigettate del tutto. Da alcune di queste scritture abbiamo tradizioni sulla vita di Gesù che ci chiedono di allargare la conoscenza sulla Sua vita domestica, sui familiari e parenti che comunque incontriamo anche se in modo anonimo negli ultimi avvenimenti della Sua esperienza terrena.
Forse in questi giorni, nei quali abbiamo del tempo in più da spendere nella lettura, potremmo sforzarci di conoscere meglio l'ambiente di vita di Gesù, è un po' come entrare tra i componenti della Sua casa. Se dobbiamo accogliere Maria come nostra madre nelle nostre case, per come ci chiede Gesù, occorre anche sapere come a lei piace essere accolta.
12 aprile 2020 - Domenica di Pasqua
Carissimi Fratelli e
Sorelle in Cristo,
siamo ormai vicini alle celebrazioni della Pasqua del Signore, per cui
avverto viva l’esigenza di salutarvi e di porgervi gli auguri, anche
perché faremo fatica a incontrarci per poterlo fare personalmente nel
corso delle celebrazioni, per come eravamo abituati.
Quest’anno il Signore ci chiede di vivere la Pasqua rileggendoci nel
Ministero battesimale del sacerdozio comune, è un ministero che non
sempre esercitiamo anche perché ci siamo noi presbiteri, ma in questa
occasione ogni cosa riferita alla grazia sacramentale dei segni pasquali
è affidata a voi.
Vi incoraggio a viverla nelle vostre famiglie e a preparare bene ogni cosa, perché ogni famiglia, nella diversità delle sue componenti, possa emozionarsi nell’avvertire la presenza viva del Signore accanto a se.
Abbiamo celebrato San Francesco di Paola, patrono della Calabria e delle genti di mare, ma anche grande Santo eremita e penitente. Affidiamo a lui, tutto ciò che appesantisce il nostro cuore e rende insicura la speranza nella nostra vita. Tutti abbiamo bisogno di essere incoraggiati nel guardare con fiducia al futuro, ai nostri figli, nella certezza che Tutto andrà bene.
Sappiamo bene che questo vale per noi, tanti nostri fratelli e sorelle sono nel dolore, nella sofferenza, nella malattia, insomma hanno bisogno di essere sostenuti in questa grave prova, che si è accompagnata alla vita dei propri cari, trasformando radicalmente la loro esistenza, il loro modo di vivere. Dobbiamo pregare perché tutti abbiano pace nel cuore, che il Signore abiti la loro vita, che la Vergine Addolorata li sostenga con la sua intercessione.
Anche nella nostra comunità, che pure è stata risparmiata dagli effetti più disastrosi del virus, non possiamo che prepararci a sostenere quanti sono rimasti per molto tempo senza lavoro, e si trovano a vivere questo tempo in gravi difficoltà esistenziali. Perciò vi incoraggio nuovamente alla generosità per come potete e se potete, abbiamo bisogno del sostegno di tutti, per aiutare tutti coloro che chiedono di essere sostenuti.
Da parte mia, non
posso che levare il ringraziamento al Signore per aver risparmiato la
comunità dai drammi legati a questo morbo, alla morte e a tutto ciò che
si accompagna a queste sensazioni di dolore che hanno la radice
nell’amore verso le persone care.
Il Signore ci ha protetti dalle sofferenze più gravi, ci ha benedetti e
noi dobbiamo ringraziarlo. Ho vissuto questi giorni con la sofferenza
nel cuore, non vi avevo accanto materialmente, ma con la gioia del
ministero ho celebrato e ho pregato con voi e per voi.
Voglio dare un
saluto particolare ai ragazzi e ai giovani che avrebbero dovuto vivere
la gioia dei momenti sacramentali della Prima Comunione e della
Confermazione, anche per me sono appuntamenti di particolare gioiosità
caratterizzata dalla loro voglia di vivere l’incontro con Gesù e il dono
dello Spirito Santo.
Diciamolo pure, è tutta la famiglia cristiana che fa festa accanto ai
nostri figli, per adesso è tutto rinviato alla ripresa delle attività
catechistiche. Magari qualcuno non riuscirà più a stare dentro gli abiti
che aveva preparato, è la crescita fisica che caratterizza questo
periodo della loro vita.
La Comunità parrocchiale vive giorni di riflessione di fraternità familiare e guarda con fiducia al giorno nel quale insieme torneremo attorno allo stesso altare per cantare e ringraziare il Signore, per scambiarci i sorrisi, o più semplicemente gli sguardi, per chi ama basta poco e tutto diventa vita nuova e voglia di fare festa.
Per la prima volta, da quando sono a Scalea, non potrò neanche fare visita alle vostre famiglie nel mio pellegrinaggio personale per portare la benedizione e gli auguri del Risorto nelle Vostre case. Una Pasqua speciale, da vivere con grande intensità nella contemplazione del mistero di Cristo abbandonato, cogliendo in tutto questo tutto ciò che genera amore e donazione di se per il bene della vita di comunità. Ancora grazie, per tutto quanto riuscite a trasmettermi con il vostro esempio e la vostra dedizione alla vita familiare e alla comunità.
Adesso mi preparo a
vivere questi giorni santi leggendovi accanto a me, vi vedo nella vostra
dinamicità affettiva e nella gioia di sentirvi parte di questo mistero
di salvezza. Pregheremo con intensità perché tutto prosegua per il bene
nostro e dei nostri figli, il Signore ci deve dare pace.
Se camminiamo insieme, riusciremo a dare speranza anche a coloro la
vivono con più difficoltà, oggi hanno bisogno di noi per recuperare
fiducia.
Ancora auguri a
tutti di una Santa Pasqua, nella speranza di rivederci al più presto,
quando e per come il Signore vorrà donarci.
5 aprile 2020 - Domenica delle Palme
Ci incamminiamo con Gesù verso Gerusalemme, scendendo le pendici della collina degli Ulivi, situata proprio di fronte alla Porta d’Oro della spianata del Tempio, la porta dalla quale sarebbe entrato il Re Messia annunciato dai profeti. Erano partiti da Betania, il luogo dove aveva resuscitato Lazzaro, c’era tanta folla che guardava a Gesù con ammirazione.
Ancora oggi, il pellegrino che percorrere quella strada lo fa con grande emozione, i luoghi sono gli stessi ed è come se si vivesse l’emozione che accompagnava i discepoli guardando e sentendosi osservati dalla spianata del Tempio. Gesù era lì sul d’orso d’asino per come avevano previsto i profeti, era giunto il momento tanto atteso, a Gerusalemme certamente il Signore avrebbe manifestato la Sua gloria messianica.
Era tutto così evidente agli occhi di tutti, anche Gesù operava in questo senso, la cacciata dei mercanti dalla spianata del Tempio e la volontà programmatica di purificare il Tempio da tutto ciò che non era orientato alla gloria del Padre, poi nei giorni a seguire gli incontri con i farisei, gli scribi, il popolo che lo cercava e lo ascoltava. Effettivamente mancava solo il momento della proclamazione di Gesù quale Messia di Israele, da parte delle autorità giudaiche.
E’ vero mancava solo questo, ma questo tardava a realizzarsi. I Sadducei, gli Erodiani, anche alcuni tra gli Scribi e i Farisei guardavano a Gesù con sospetto e molti perfino in modo ostile. Gli Zeloti non sopportavano quella Sua volontà di annunciare un regno di pace con tutti, perfino con gli odiati romani. Insomma i giorni passavano e tutto restava sospeso, da definire. I discepoli continuavano a vivere l’ebrezza del momento e intanto si avvicinava il giorno della Pasqua.
Gesù quella Pasqua aveva deciso di viverla a Gerusalemme, anche se, sentendosi osservato e in pericolo, si spostava spesso e non era facile rintracciarlo soprattutto di sera, solo i discepoli conoscevano i suoi movimenti. Avevano preparato tutto molto bene, d’altra parte per come aveva chiesto Lui, leggermente lontani dal Tempio, sul Sion, insomma un luogo appartato e poi tutti insieme, quanti eravamo? Farei fatica a definirlo, tanti molti anche occasionali tra quelli venuti dalla Galilea, tanti familiari, insomma tanti. Un vero clima di festa, si vive la notte della liberazione dalla schiavitù d’Egitto.
Si mangia, si canta, si danza devo ammettere che Gesù in alcuni momenti della cena, soprattutto verso la fine, era come estraniato, ha anche compiuto dei gesti inusuali, ma non ci facevamo molto caso. Questo però mi è rimasto impresso, ad un certo punto Giuda è uscito dalla sala e non è più rientrato, forse è andato a comperare qualcosa, lui aveva un rapporto privilegiato con il Maestro, non sempre facile da capire.
Ma alla fine, come ogni sera, Gesù ci ha fatto allontanare da Gerusalemme, come se temesse qualcosa e siamo andati tutti con Lui, lo abbiamo visto troppo inquieto, agitato. Però eravamo troppo stanchi e anche se Lui ci sollecitava a restare svegli noi ci siamo addormentati. Ad un tratto abbiamo sentito dei rumori e delle grida, Gesù aveva salutato Giuda, il quale aveva con sé dei soldati del Tempio, a questo punto non abbiamo capito più nulla, ci è sembrato che Gesù volesse che noi andassimo via, per non essere coinvolti nella Sua avventura e devo dire che siamo scappati tutti. La stanchezza? La paura? Non lo so, semplicemente siamo scappati tutti.
Il resto lo vivremo come sempre nelle celebrazioni di questa settimana, che non per caso viene definita la Settimana Santa. E’ Santa perché vivremo insieme la memoria degli ultimi giorni della vita terrena del Signore, è Santa perché i sacerdoti si incontrano con il proprio Vescovi e ricevono i doni sacramentali, Santa perché riusciamo a trovare più tempo per il Signore, è Santa perché ci si incontra più spesso, è Santa perché siamo incoraggiati a riflettere i misteri della salvezza che Gesù ci ha donato. E’ Santa perché ci siete voi, la comunità dei Santi per Grazia del Signore.
E’ vero quest’anno salteremo alcuni passaggi per me veramente preziosi, ma cercherò di viverla come la più Santa che il Signore mi ha donato di vivere fino ad oggi, sentendovi tutti presenti nel mio cuore, nella speranza che anche per me si riesca a trovare un po’ di spazio nel vostro cuore. La via della Croce è la via dell’amore con il quale Dio ama ciascuno di voi, perciò vi auguro di vivere in questo amore, momenti belli e di festa con le vostre famiglie, in attesa di poterci incontrare prima o poi come unica famiglia nell’assemblea parrocchiale.
29 Marzo 2020 - V Domenica di Quaresima
C'è una speranza sottesa, spesso molto velata in tutto il messaggio biblico, il ritorno all'armonia paradisiaca con Dio mediante la rimozione del peccato e l'eliminazione della morte per sempre. Nelle tante testimonianze legate all'amore di Dio c'è sempre questo messaggio di qualcosa che rimane oltre noi stessi, la discendenza, una speranza che deve verificarsi, un progetto che non vedremo ma che il Signore realizzerà. Non è sempre la non morte, ma comunque la certezza che non si muore in modo assoluto.
Il profeta Ezechièle apre la comunità dei deportati in Babilonia a questo anelito di rinascita, che deriva dalla fedeltà del Signore alla Sua promessa di speranza, ma anche alla disponibilità di Israele a camminare nelle Sue leggi: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d'Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Il Salmista sostiene questo messaggio mettendo in risalto la dedizione misericordiosa del Signore che si commuove, cogliendo la miseria dei giusti e venendo così incontro alla loro fede in Lui: Io spero, Signore. Spera l'anima mia, attendo la sua parola. L'anima mia è rivolta al Signore più che le sentinelle all'aurora.
Siamo ormai prossimi ala Settimana Santa e il Vangelo ci pone nella situazione di chi guarda con fiducia alla risurrezione non solo del Signore ma anche alla nostra nel Signore. La scena di Lazzaro è una delle più belle catechesi del Vangelo di Giovanni, si sforza di coinvolgere in questo avvenimento tutti coloro che in qualche modo hanno fatto esperienza del messianismo di Gesù, ma anche tanti altri che non hanno avuto di incontrarlo direttamente, ma ne hanno solo sento parlare.
Come accade in molti serial contemporanei Giovanni ci fa un riassunto delle puntate precedenti: In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Accade ancora oggi che nelle situazioni di bisogno si cercano degli amici che possano aiutarci e per loro l'amico d'eccezione era Gesù, lo mandano a chiamare, Gesù non era nelle vicinanze non solo materialmente ma anche spiritualmente, tant'è che non avverte l'esigenza di corrispondere alla premure degli amici. Oltretutto si trattava di tornare nelle vicinanze di Gerusalemme, Betania è a pochi chilometri dalla città, e Gesù era ricercato da più parti, per giustificare alcuni suoi atteggiamenti e insegnamenti. Anche molti dei discepoli lo sconsigliavano di andare.
Ormai avvenuta la
morte dell'amico, Gesù decise di andare, dobbiamo cogliere in questo
atteggiamento anche la matura coscienza della Sua disponibilità alla
passione, morte e resurrezione. I discepoli gli restano accanto, ma
con mille incertezze nei cuori: Allora Tommaso, chiamato
Dìdimo, disse agli altri discepoli: Andiamo anche noi a morire con lui! Come
accadeva spesso con l'arrivo di Gesù si genera fermento, ci si apre alle
domande esistenziali, ci si apre anche alla speranza della novità, Gesù
deve accettare anche dei rimproveri da parte delle sorelle Marta e
Maria. Siamo ancora fuori dal villaggio, a
questo punto Gesù, blocca la scena e interpella Marta, mentre
Maria non era uscita incontro a Gesù era rimasta in disparte, sulla
stabilità della fede in Lui: Io
sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;
chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli
rispose: Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio,
colui che viene nel mondo.
Questo momento centrale si apre con la commozione di Gesù
che esprime in modo totalmente umano il dolore per la morte del Suo
amico Lazzaro: Gesù allora, quando la vide piangere, e
piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse
profondamente... Gesù scoppiò in pianto. E' il
sentimento più definitivo, mediante il quale, umanamente trasmettiamo la
nostra partecipazione al dolore lacerante dell'altro, non è un atto di
debolezza, ma un atto di amore, è anche un atto che esprime la propria
fragilità di fronte al dramma.
A questo punto, dal
profondo del Suo dolore per quanto gli era dato di vivere, Gesù avverte
l'esigenza di invocare la potenza del Padre sulla missione di speranza
che gli ha affidato, grida la Sua volontà risanatrice: Lazzaro,
vieni fuori! E' una scena epocale che
esprime il vero significato della missione di Gesù, il dramma del
peccato è rimosso, la morte è sconfitta, trionfa la vita. A tutto
questo, si corrisponde non con l'applauso, ma con l'adesione alla
salvezza che Gesù è venuto a donarci: Molti
dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva
compiuto, credettero in lui.
San Paolo incoraggia i cristiani di Roma a leggere il
senso ultimo della loro fede, che deve essere cercato non nelle
soddisfazioni umane, anche esse importanti, quanto nell'appartenenza al
progetto di Dio realizzato in Cristo e del quale tutti siamo parte
integrante mediante il Battesimo: se lo Spirito di Dio,
che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha
risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali
per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
21 Marzo 2020 - IV Domenica di Quaresima - Laetare
L'invito che oggi la Liturgia incoraggia a vivere è quello di Rallegrarci, cogliendo in ciò che accade, nella vita di ogni giorno e quindi anche ai nostri giorni, l'azione potente di Dio. Il Signore chiede, il Signore manda, il Signore elegge. Questo è quanto la scena di Samuele che unge Davide vuole trasmettere.
E' la scena di un
cambiamento politicamente epocale, che ha dei protagonisti terreni in
Samuele, Saul, Davide, Iesse il Betlemmita, i suoi figli; ma
l'autore sacro vuole aiutare a comprendere che l'unico vero protagonista
è il Signore che indica la meta, incoraggia nel dubbio e agisce
nell'incertezza di coloro che manda. Il resto è affidato all'azione
dello Spirito di Dio che accompagna e sostiene, non eliminando azioni di
fallimento personale, dell'Unto del Signore.
Il Signore
è il mio pastore: non manco di nulla, mai come in
questi giorni dobbiamo avere la capacità di velare gli occhi e fare
nostra questa invocazione attribuita a Davide. Inseguito e perseguitato
da Saul e dai Filistei, avvertiva la propria debolezza nella presenza di
troppi nemici attorno a se, cercava e trovava forza, serenità in colui
che lo aveva scelto per essere in Israele il segno della Sua potente
presenza.
La preghiera, diventa perciò l'affidarsi all'azione di Dio avendo la certezza che nessuno può prevalere nella propria vita, se il Signore è con noi. Non dobbiamo fare grandi ragionamenti, come anche non dobbiamo chiudere mai gli occhi alla realtà, però dobbiamo affidarci, confidare nell'azione di Dio avendo la certezza che Lui ci libera, Lui ci salva da ogni pericolo.
Noi non sappiamo
come, non è necessario sapere tutto, dobbiamo solo confidare che Lui non
ci abbandona, Lui ci dona pace per vivere la gioia della comunità,
in questo giorni contrassegnata dall'armonia da cercare e trovare, quasi
in modo esclusivo, nella vita della propria chiesa domestica. Il nemico
è tutto attorno a noi, ma non potrà colpirci perché il Signore ci
protegge da ogni male.
L'Apostolo
incoraggia a leggerci alla luce della fede in Cristo Risorto, non
ripiegati sulle angosce che l'esperienza di ogni giorno propone e che
dobbiamo affrontare con coraggio, ma cercando le potenzialità che
ci sono donate dalla fede e che ciascuno ha dentro di se. Dobbiamo
imparare a rimuovere tutto ciò che angoscia, anche le azioni che
generano paura, solitudine, ansia: privilegiando tutto ciò che apre alla
speranza, alla gioia, alla pace. Insomma, dobbiamo dare spazio alla
gioia di vivere nel Signore.
E' ancora l'evangelista Giovanni, che ci presenta nel racconto della guarigione di un cieco alla Piscina di SIloe, con una catechesi molto complessa ed elaborata, la novità del vivere alla luce della fede, ma anche le difficoltà che comporta nelle nuove relazioni da generare con le persone che ci sono accanto da sempre e che stentano a cogliere la possibilità di una novità in noi. Perché è così, il cristiano è una novità permeante nella vita della comunità e quando non lo è, è solo perché non vive la testimonianza della propria fede in Cristo con coerenza.
Come potete notare
il protagonismo è sempre del Signore, in questo caso
è Gesù stesso a incoraggiare a cogliere il vero significato della Sua
presenza in mezzo a noi: Finché io sono nel mondo, sono la luce del
mondo. Certo essere guariti, sanati, cambiati dal
Signore apre a un atteggiamento sospettoso in coloro che avevano già
caratterizzato la nostra presenza con le proprie categorie
interpretative, questo è così, questo è colà. Sono i pregiudizi
inamovibili con i quali spesso ci relazioniamo, e che ci rendono
incapaci di cogliere nel fratello, ma anche nella vita della comunità la
perenne novità della vita in Dio.
Troppo spesso
le comunità cristiane stabilizzano un proprio modus vivendi che stenta a
cogliere la novità della presenza di Dio perfino nella propria persona.
Ritengo che questo tempo che ci è dato possa concorrere a leggere in
modo diverso anche coloro che il Signore ci ha posto accanto, tenendo
presente i tempi più lunghi che potremo e dovremo trascorrere insieme,
come anche genererà una lettura più vera delle relazioni tra le persone
se riusciamo a guardarci alla luce della fede.
Certamente la vita di comunità subirà dei cambiamenti, la presenza di Gesù non autorizza scelte neutrali, indolori, è necessario prepararci ad un modo nuovo di stare insieme avendo come punto stabile di riferimento Gesù, il Signore verso il quale orientiamo la nostra attenzione e che dobbiamo cogliere sempre più prezioso nella vita di ogni giorno.
La speranza è riesca a rimuovere anche tutte le tante tradizioni legate alla fede di stampo più o meno magico, che albergano in molti cuori di credenti aprendoci alla vera novità di Gesù quale unico salvatore dell'uomo. Il dialogo tra Gesù e il cieco: Tu, credi nel Figlio dell'uomo?. Egli rispose: E chi è, Signore, perché io creda in lui? interpella ciascuno di noi, a questa domanda di Gesù potremmo trovarci anche noi impreparati nella riportata avendo nella nostra vita di fede sostituito Gesù con tante altre manifestazioni che raramente lo pongo al centro e quale polo inamovibile della vita spirituale e vita caritativa.
Il rischio che corriamo è quello della presunzione dei farisei che ritenevano di vedere e dal punto di vista di Gesù erano dei ciechi. Beh, ritengo di poter affermare che questa situazione ancora oggi è moto presente anche all'interno della chiesa post conciliare. Se riusciamo a leggerci in modo nuovo, grazie alla gioia che Gesù ci dona nel vivere l'incontro con Lui, questo è motivo sufficiente per: Rallegrarci nel Signore sempre.
14 marzo 2020 - III Domenica di Quaresima
Abbiamo intrapreso il nostro cammino quaresimale con l'esperienza di Gesù, che viene condotto dallo Spirito Santo nel Deserto per essere umanamente tentato dal diavolo. Gesù supera le prove richiamandosi alla fedeltà della Parola di Dio. Tutto è orientato alla dignità della persona che riscopre la bellezza del dialogo con Dio. Questo rigenera familiarità con il creato e la gioia di vivere in armonia con il creato. Tutto concorre al bene se la persona ascolta e vive come Dio insegna.
Nella seconda tappa siamo stati invitati a contemplare la scena della Trasfigurazione, è Gesù che incoraggia i discepoli a seguirlo, per far vivere loro una migliore comprensione della Sua presenza in mezzo a noi. Gesù è il realizzatore delle Profezie simboleggiate da Elia, Gesù è il completamento della legge mosaica. E' una presenza totalmente nuova di Dio in mezzo al Suo popolo. Gesù è il Figlio, l'amato. Che dobbiamo ascoltare.
Questo terzo momento del cammino verso la Pasqua, che il Signore ci dona di vivere ciascuno nella propria casa, ci presenta Gesù che si riposa, fermo, accanto al pozzo di Giacobbe in Samaria. Il pozzo era un luogo prezioso, ordinariamente era posizionato leggermente fuori dal centro abitato, era la sorgente della vita, l'acqua andava presa con i recipienti per l'uso domestico, era una delle attività ordinarie e quotidiane delle donne. Spesso il luogo aveva anche un valore spirituale, legato alla memoria di avvenimenti importanti per la vita di comunità.
La scena del dialogo con la samaritana, rientra nello stile catechistico, con il quale Giovanni incoraggia a comprendere Gesù attraverso un dialogo che apre gradualmente a una comprensione più profonda di Lui. In questo caso si parte da un Gesù assetato che chiede da bere, per arrivare arrivare a un Gesù che si propone come sorgente di acqua viva, alla quale tutti sono invitati a dissetarsi. Non manca una nota della polemica che esisteva, in riferimento al culto, tra i Giudei e i Samaritani.
Infine la scena dell'annuncio, dell'evangelizzazione agli abitanti di Samaria che la donna vive, in virtù dell'esperienza e della comprensione che ha maturato di Gesù. Anche in questo caso è importante notare che non ci troviamo di fronte a una espressione culturale o teologale della comprensione di Gesù, ma semplicemente un annuncio legato all'esperienza di appagamento che la samaritana aveva sperimentato nel dialogo con Lui.
Qualora ce ne fosse bisogno, aiuta a capire che ciò che conta nella vita di fede è fare esperienza di Gesù, tutto il resto ha senz'altro un suo valore, ma è fondamentale l'esperienza personale con Gesù. Ed è quello che sperimenteranno anche gli abitanti di Samaria nella parte finale del racconto, quello che la donna aveva comunicato apre la loro vita alla fede, quello che vivono nell'incontro personale con Gesù la consolida e li coinvolge.
Non è marginale l'atteggiamento dei discepoli, che erano andati a Samaria per fare la spesa. Certamente erano arrivati dopo un percorso fatto a piedi e quindi erano certamente stanchi, stando con Gesù erano abituati a spostarsi sempre da un posto all'altro. Viene messo in risalto lo stupore per il fatto che Gesù rivolgesse la parola a una donna, stupore al quale Gesù non da alcuna importanza, diremmo noi, si mantiene sulle sue. Insomma esige disponibilità alla ricerca del senso di quello che afferma.
Anche in riferimento all'offerta del cibo, Gesù risponde in modo enigmatico per chi ascolta, Lui sapeva bene cosa voleva comunicare. Insomma per parlare con Gesù e per comprenderlo occorre andare oltre ciò che immediatamente riteniamo importante, il Suo modo di leggere l'esistenza è diverso dal nostro.
23 giugno 2019 - Solennità del SS. Corpo e Sangue del Signore
Il Pane viene spezzato, il Calice del Vino condiviso è il gesto che ogni giorno ogni sacerdote vive nelle comunità a lui affidate e per la vita spirituale delle comunità. Sono gesti semplici codificati nei primi anni della comunità cristiana per come San Paolo oggi ci ricorda nella sua lettera ai Corinzi, poiché in quelle comunità erano in atto anche delle devianze sociali, lui avverte l'esigenza di comunicare come si doveva vivere il memoriale della Cena del Signore, quella che noi chiamiamo celebrazione Eucaristica.
Nessun abbellimento rituale solo e semplicemente i Gesti e le Parole fatte e dette dal Signore in occasione dell'ultima Cena a Gerusalemme: Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Come si può vedere la cornice è quella drammatica del tradimento, la realtà è quella dell'amore condiviso, lo sguardo è proteso in avanti nell'attesa del risorto. E' importante vivere il tutto con grande attenzione e raccoglimento, il silenzio interiore ed esteriore è indispensabile.
La comunità dei cristiani, vivendo in modo coinvolgente questa realtà. avverte da sempre la presenza di Gesù Cristo risorto e vivo, non il ricordo di ciò che non è più ma l'esserci sempre e ogni giorno per condividere con Gesù i gesti del suo amore e l'impegno di camminare accanto a Lui nel tempo. Anche nei racconti delle apparizioni del Risorto, i discepoli di Emmaus e le apparizioni sul lago, sono questi Gesti e queste parole a farlo sentire il protagonista vivo della comunità. Ancora oggi nella crescita spirituale, tutto dipende dal come si vive la celebrazione dell'Eucaristia. E' attorno all'Eucaristia che si cresce nel legame affettivo, che si avverte l'importanza di essere parte di un tutto.
E' grazie al cibo eucaristico che ci apriamo alla speranza eterna, ancora è sempre grazie al nutrimento eucaristico che avvertiamo dentro di noi la presenza di Gesù che salva che apre a una speranza infinità. Poi il tempo passa e spesso si è passati, quando la Chiesa mostrava i muscoli e non tanto il cuore, anche ad un uso strumentale di questo gesto di amore. Non mi soffermo su quanto nei secoli è accaduto, in persecuzioni e guerre tra le religioni e le confessioni cristiane, ma di certo ancora oggi, anche grazie al processo di purificazione rituale fortemente voluto dal Concilio Vaticano II noi abbiamo la possibilità di attingere con intensità alla fonte rigenerante della nostra vita di comunità la comunione con il Signore.
Nella vita spirituale tutto è da perfezionale e da scoprire in modo sempre nuovo, quello che conta e guardare sempre più in profondità nella vita di fede e sempre più con attenzione avere lo sguardo fisso su Gesù, questo ci permette di sentirci rinnovati interiormente dalla Sua presenza e fortificati nella testimonianza della carità e della misericordia dai suoi atteggiamenti, che non lasciano spazi a dubbi e a incertezze: occorre amare tutti, occorre amare donandosi, nel donare amore sentirsi amati sempre dalla sorgente dell'amore che è il Signore.
Ecco perché questa solennità del SS. Corpo e Sangue del Signore è insostituibile ed è impagabile per l'amore che riesce a trasmettere e a generare nei cuori delle persone e della vita di comunità. Come ho già detto altre volte nulla è magico nella vita di fede, tutto esige un coinvolgimento maturo ed emotivo perché possa conseguire gli obbiettivi che il Signore pone davanti ai nostri occhi. Allora non possiamo che incamminarci in questo cammino processionale che il Signore stesso guida per le strade della nostra Città, Lui apre la strada e noi lo seguiamo con docilità nella preghiera e nella disponibilità allo stupore per tutto ciò che riesce ad alimentare nei cuori dei fedeli.
Come gli Apostoli anche noi osservando gli sguardi e gli atteggiamenti di coloro che si accompagnano a questa manifestazione di fede, non possiamo che stupirci del dono della Sua presenza e come loro anche noi, di fronte a tutto ciò che ancora oggi riesce ad operare, constatiamo e affermiamo: è il Signore.
9 giugno 2019 - Pentecoste dello Spirito
Pentecoste, il cinquantesimo giorno dalla Pasqua, è il tempo del raccolto del grano e quest'anno corrisponde molto bene a questa vocazione, il clima è quello giusto del raccolto del grano, caldo secco, sole alto e rovente, oggi si pensa al mare, una volta semplicemente si andava a mietere il grano. In realtà non si riesce ancora a trovare il tempo per il mare, la Pentecoste incoraggia a leggere i doni del Signore e soprattutto come poterli valorizzare.
E' una grave responsabilità non disperdere quello che il Signore ha raccolto, ritengo che sia difficile per tutti, leggere i cuori non è facile per nessuno e poi, è risaputo, che il Signore accoglie tutti. Lui non fa differenza d'altra parte ha dato la vita per tutti, per cui come farebbe a lasciare indietro qualcuno? Noi generalmente siamo più funzionali, cosa sa fare, come lo fa, riesce a stare con gli altri e via a seguire, le domande sono molte. E' importante che ci siamo i bambini, loro aprono a una comprensione più vera della vita, impostata su relazioni di immediatezza e autenticità relazionale, anche se. mi viene detto che non sempre e con tutti è così.
Concorrere a costruire la vita di comunità, pone una domanda di fondo: di chi è la comunità? Risposta facile è di Gesù. Da chi è composta? Da tutti coloro che lo cercano. Come potete constatare tutto è molto semplice e lineare. Il valore entro cui questa realtà così complessa e dinamica si muove è l'amore. Una parola molto ampia che esprime un valore semplice, la propria appartenenza agli altri, quale dono del Signore.
Siamo chiamati per questo, siamo mandati per questo, rendere presente il Suo amore per tutti coloro che lo cercano, i motivi possono essere i più variegati, non sempre siamo capaci di vivere questa dedizione, anche per questo all'interno della comunità si creano le aggregazioni, non dovrebbero mai essere staccate le une dalle altre, semplicemente perché dovrebbero concorrere al bene comune, in realtà questo viene vissuto con distrazione, generalmente ognuno persegue dei programmi propri, al punto che per molti la vita di comunità diventa marginale.
Niente di particolarmente anomalo, la nostra è una società fortemente contrassegnata dalla esigenza di individualità, al punto da farlo diventare valore assoluto e interpretativo di ogni relazione. Può anche essere che la vita di comunione non debba essere intesa per come la si comprende in modo rigoroso in ambito cattolico, forse Gesù la leggeva più connaturale nella dinamica delle relazioni occasionali, anche molto diversificate. Insomma i carismi da intendere non come arricchimento collettivo ma come caratterizzazione di piccole esperienza di comunità.
Può anche starci, però l'obbiettivo deve sempre essere quello di costruire il bene comune, fin dalle origine è emersa questa tendenza a valorizzare la diversità e aumentando il numero dei fedeli necessariamente si stabilizzava in relazioni più assolutizzanti. In questo atteggiamento la sottolineatura della Chiesa nei secoli, è stata molto diversificata, al punto da orientare in modo molto diversificato da comunità a comunità. Certamente la speranza è che tutto sia composto in unità, valore centrale per il quale il Signore ha dato la vita. Ma che cos'è l'unità, dando per scontato che non può essere intesa come uniformità.
Nella comprensione del valore che ne danno gli scritti del nuovo testamento è un modo di relazionarsi molto più elastico, rispetto a come viene inteso nel linguaggio ecclesiale attuale, diciamo così il Vaticano II aveva imboccato la strada della comunione sia dal punto di vista liturgico che da quello canonico, ma un po' per paura, un po' per pigrizia si tende sempre ad accentuare un atteggiamento più rigoroso con le categorie della lettera e dello spirito conciliare.
Proprio adesso il Santo Padre ha comunicato che: la libertà delle proprie idee o degli atteggiamenti personalizzati non può mai essere arma contro altri che la pensano o vivono diversamente. Ma nell'era della comunicazione totale come gestire tutto questo? Anche all'interno della Chiesa, nonostante la tradizionale solidità del magistero, molte volte si fa fatica ad armonizzare le diversità sul piano della comunione, per cui spesso diventano contrapposizione.
Certo l'avvento dello Spirito Santo nella Pentecoste, per come viene narrata dagli scritti neotestamentari, apre a molteplici modi di intendere la partecipazione all'unica salvezza operata da Gesù Cristo. La prudenza incoraggia a percorrere vie più lineari, contrassegnate dalla volontà dei consensi e dell'equilibrio, ma in se si dovrebbe riuscire a cogliere l'amore del Signore come unica categoria interpretativa della vita di comunità.
Più facile a dirsi che a farsi, è vero però nel fare non è opportuno dimenticare del tutto il dire, altrimenti se corre il rischio di percorrere vie proprie e non tanto quello che il Signore ci chiede di vivere. Diciamo così è importante personalizza, caratterizzare con il proprio l'impegno pastorale ma non è opportuno farlo diventare categoria interpretativa del modo di proporre la fede a tutti.
21 aprile 2019 - Paqua di Resurrezione
Sta per concludersi questo giorno di Pasqua e non posso che ringraziare il Signore per quanto ci ha donato di vivere in questo secondo appuntamento del cammino liturgico, la Santa Visita, adesso la Settimana Santa e da domani la Novena per la Festa patronale a San Giuseppe Lavoratore. Le attività vanno sempre guardate nella loro complessità e bellezza, per come il Signore ci dona di viverle e di animarle. Ho detto altre volte che il fare non è fine a se stesso, ma è orientato a rendere presente l'azione di Dio che in queste settimane ci ha portato a vivere la gioia di sentirci Chiesa diocesana attorno al nostro Vescovo, con i responsabili della società civile del territorio, abbiamo goduto la gioia di metterci in ascolto dei nostri giovani con la GMG, e adesso il Signore si è accompagnato alla vita della comunità prendendoci per mano e aiutandoci a seguirlo nelle tappe salienti della sua esistenza terrena.
Ritengo sia inutile ribadire che sono state esperienza memorabili e, per alcuni aspetti, indimenticabili, d'altra parte l'opera di Dio è sempre orientata a stupire coloro che si lasciano coinvolgere nella Sua chiamata. Ma questa Settimana Santa ritengo di poterla descrivere come un momento magico di celebrazione liturgica, poiché mai come quest'anno ho avuto modo di coinvolgermi in quasi totale assenza, l'affermazione non deve essere vista come una contraddizione, poiché per vivere pienamente la liturgia occorre che sia essa stessa a guidare i movimenti e i pensieri di chi vi partecipa. Per cui si deve preparare tutto con cura, in modo puntuale e fare in modo che tutto scorra con linearità, senza intoppi o sbavature formali.
Dio opera secondo un progetto e senza bisogno di fronzoli. Insomma la liturgia della Chiesa ha un suo linguaggio, per cui quando lo si lascia esprimere comunica in se la bellezza di essere coinvolti dal Signore nel Suo progetto di amore, orientato alla fraternità e a generare la pace nel cuore dell'uomo. Questo significa che nulla deve essere trascurato nella preparazione, ancora di più esige che chi deve coinvolgere gli altri non si distragga in nulla dal come si ritiene si debba procedere. E' inutile dire che di tutta questa preparazione quasi nulla viene colto dalla gente che partecipa occasionalmente alle liturgie, dico di più meno se ne rende conto e più è positivo il lavoro fatto per la preparazione della liturgia.
I movimenti da fare sull'altare, i canti da eseguire, la gioia con cui si vive tutto questo, la cure del luogo liturgico, la preparazione della suppellettile sacra, i segni da usare lungo lo svolgimento della celebrazione, tutto esige tempo, esige disponibilità. Però perché la liturgia consegua pienamente il suo obbiettivo esige una flessibilità della mente orientata a incarnare pienamente il momento per come viene proposto, forse è questo l'aspetto più difficile da incarnare, anche perché oggi come oggi siamo troppo presi dalle nostre emozioni, dai nostri sentimenti per cui non è sempre facile dare spazio a quanto il Signore sollecita di ascoltare, riflettere e testimoniare.
Significa, per essere più esplicito, che devo vivere l'incontro con il Signore nella disponibilità a cogliere la preziosità della Sua presenza e l'importanza dell'annullamento di quanto appartiene alla nostra vita personale. Per cui cerchiamo l'incontro con Dio ma facciamo fatica a spogliarci delle nostre emozioni, dei nostri problemi, dei nostri pensieri, in questo caso il rischio che si corre è quello di non fare sinergia di intendi per cui si esce per come si è entrati in Chiesa.
Poi ci si apre alla magia, che è l'azione di Dio nel cuore dei fedeli, inizia così il pellegrinaggio dell'anima. Tutti si mettono in cammino per lodare e ringraziare il Signore, forse perché abituati, magari per guardare come è cambiato il luogo di culto, altri perché lo hanno sempre fatto sin da bambini, altri ancora per affidare al Signore i loro cari, le loro sofferenze, magari per vivere un momento di gioia, per alimentare la speranza nelle difficoltà che la vita non fa mancare a nessuno.
Altri soprattutto i giovani ma non solo, vivono forme diverse di pellegrinaggio, intanto tornano alle loro famiglie con tanta nostalgia dai luoghi di lavoro o di studio. Non pochi avvertono anche l'esigenza di restituirsi ad incontri sporadici con la memoria della loro fede, altri ancora più semplicemente cercano la gioia dell'incontro. Prevale spesso la gioia, la voglia di fare festa. Anche per questo non disdegnano del tutto la Chiesa come luogo dell'incontro, luogo dove fare festa. Anche loro non sempre trovano il tempo dei saluti, ma sono giorni frenetici e il tempo è realmente poco, comunque è sempre un piacere anche solo intravederli.
In tutto questo il Parroco? Difficile da esprimere, troppe emozioni da vivere e da animare, per cui molto riflessivo e metodico nella proposta. Certamente gioioso per ciò che il Signore gli dona di vivere, magari molto teso a motivo della volontà di fare sempre meglio e di non vederlo possibile. Accontentarsi? Che parola è. Ritengo che adesso può iniziare la fase di rasserenamento anche se gli impegni sono sempre pressanti. Evito di memorizzarli, così arrivo agli appuntamenti in modo più sereno e spensierato. Intanto questa sera abbiamo posizionato la statua d San Giuseppe che ci accompagnerà con la celebrazione della novena in questi giorni.
Per cui non posso che affidare a Lui il prosieguo del nostro impegno pastorale nella certezza che tutto sarà vissuto per come a Lui piace nella semplicità e nella gioia della vita di fraternità. Avremo anche modo di pregare e fare festa con l'Azione Cattolica accogliendo la Madonna pellegrina martedì pomeriggio ultima tappa della Su permanenza i n diocesi. E poi a seguire per come viene, primo fra tutti quest'anno l'impegno di visitare le famiglie che spero di fa con maggiore continuità rispetto agli altri anni. Insomma da queste parti non c'è il rischio di annoiarsi.
Ritengo giusto completare questi pensieri del giorno di Pasqua con il ringraziamento che ho inviato ai vari gruppi della comunità, ma che può essere esteso a tutti, soprattutto ai bambini che sono il dono più grande che il Signore fa alla nostra parrocchia: Nel tramonto di questo giorno così bello e significativo per la nostra vita di cristiani, non posso che ringraziare tutti coloro che hanno espresso con umiltà e dedizione il loro impegno per aprire i cuori all’incontro con il Signore Risorto. Tutte le celebrazioni hanno visto una partecipazione significativa della comunità e sono state animate e vissute con affetto e gioia. Come ogni cosa umana non sono mancate le difficoltà, ma il Signore deve dare pace a tutti. Grazie per il vostro impegno e la vostra preghiera, il Signore è la nostra forza. Buona Pasqua a tutti voi e alle vostre famiglie.
17 marzo 2019 - II Domenica del Tempo di Quaresima
Il testo della Genesi, in questa seconda Domenica di Quaresima, ci riporta ai riti ancestrali delle alleanze tribali, l'epopea dei Patriarchi è contrassegnata dalla novità dell'alleanza con Dio e dalle reminiscenze dei riti sacrificali che caratterizzano questa parte delle tradizioni bibliche. Non è facile abbandonare le tradizioni dei padri anche in un contesto di una vocazione religiose totalmente innovativa, da vivere oltretutto lontano dalla propria terra di origine. La storia di Abramo è narrata con questa mescolanza della novità rappresentata dalla chiamata da parte di Dio, del quale ancora non si conosce il nome/presenza che fu rivelato a Mosè, infatti Ab Ram lo chiama per come le culture che attraversava da nomade lo identificano con la caratterizzazione dell'assolutezza di questa presenza.
Come amicarsi questa presenza? con il perpetuare i sacrifici di alleanza che i padri mesopotamici vivevano sulle alture o sulle terrazze delle zicurrat, i loro templi maestosi. A ogni promessa di Dio, Ab Ram chiede una conferma e si impegna a sua volta come uno dei contraenti dell'alleanza, l'altro contraente è Dio: Signore Dio, come potrò sapere che ne avrò il possesso? Sono promesse da sogno, la discendenza numerosa, una proprietà delle terre immensa, insomma tutto era presagio di grandezza e di speranza nel futuro.
Però di fronte a Dio mai nulla è totalmente gratuito, per cui viene chiesto di vigilare e di preservare ciò che è offerto a Dio: Gli uccelli rapaci calarono su quei cadaveri, ma Ab Ram li scacciò. Mentre il sole stava per tramontare, un torpore cadde su Ab Ram, ed ecco terrore e grande oscurità lo assalirono. Nella lotta quando non si conosce il termine, spesso prevale la stanchezza, la paura, ma il Signore non abbandona e quando l'uomo non riesce più a lottare passa il Signore che rischiara le tenebre e incoraggia a proseguire il cammino: Quando, tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un braciere fumante e una fiaccola ardente passare in mezzo agli animali divisi. Anche le immagini con le quali Dio si rende presente sono totalmente innovative, sono preziose perché nei secoli seguenti saranno spiritualizzate.
L'evangelista Luca ci narra uno degli avvenimenti più eclatanti accaduti durante la vita di Gesù, al punto che molti ritengono che sia una memoria delle apparizioni del Risorto. Ordinariamente viene denominato il Vangelo della Trasfigurazione, anche perché racchiude nonostante la sua brevità il contenuto complessivo della missione di Gesù: In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Siamo di fronte a una crisi della comunità dei discepoli, ci sono stati dei fallimenti, delle incomprensioni e molti cominciarono ad abbandonare Gesù. Oltretutto morto Giovanni il Battista era entrato nel mirino dei perseguitati di Erode Antipa.
Gesù ritenne necessario a questo punto di allontanarsi dalla Galilea e per qualche mese ritirarsi in Fenicia. Insomma esce di scena, anche per capire l'umore che serpeggiava tra i suoi discepoli più fedeli. E' in questo contesto che si inserisce il racconto della Trasfigurazione che va contestualizzato su un alto monte come è accaduto per Mosè ed Elia, il Sinai, l'Oreb. Sono proprio questi due protagonisti della Prima Alleanza che dialogano con Lui: Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Con questa breve frase l'evangelizza sintetizza tutta la missione di Gesù, far uscire Israele dal deserto verso una nuova meta, il sacrificio della croce in Gerusalemme. Il profetismo in Elia e la legge in Mosè si confrontano e si completano con la Nuova Alleanza che Dio sta realizzando nella morte e resurrezione di Gesù.
E i discepoli? Pietro
e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono,
videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è
bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè
e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva. Sono
affermazioni lapidarie che i discepoli avranno narrano alle loro
comunità nella evangelizzazione, non senza dolore e apprensione. Sono
sinceri, esprimono con immediatezza la difficoltà di stare in modo
attivo accanto a Gesù, accadrà anche in seguito nel momento drammatico
del Getsemani, sono stanchi salire il Monte non era agevole, nella
visione di ciò che accadeva non sanno che cosa dire. Però nel loro
balbettare la fede e i desideri che ne derivano esprimono la
situazione del deserto nel quale si trovano. Le capanne sono la
caratterizzazione dell'esperienza assoluta dell'amicizia con Dio che,
nella prova, non abbandona il suo popolo.
Tutto è avvolto dalla nube che ancora una volta suscita in loro incertezza, ma è illuminato dalla voce che scende dal cielo: Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo! E' una voce che abbiamo già sentito in occasione del Battesimo e che Giovanni, nel suo vangelo, ci riproporrà nello svelamento della salvezza ai Greci. Il Padre avverte l'esigenza di confermare quello che i discepoli vedono con i loro occhi, è la nostra fede ed è l'impegno della evangelizzazione che nasce dall'ascolto di Gesù.
Tutto termina probabilmente non è durato molto, non ci viene detto. Adesso prevale il silenzio, non c'è più nulla da guardare se non Gesù che appare loro per come era prima, probabilmente stentano a fare delle domande, loro stesso ancora in stato di confusione non saprebbero cosa comunicare agli altri per cui: Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto. E' l'atteggiamento che accompagna anche noi, quando dopo aver ascoltato il Signore durante una celebrazione, torniamo alle nostre case, ai nostri impegni quotidiani, troppo spesso prevale il silenzio, il non annunciare quanto il Signore ci ha donato di vivere alla Sua presenza.
10 marzo 2019 - I Domenica del Tempo di Quaresima
Lentamente i giorni passano e la Quaresima entra nel ritmo delle Via Crucis, ci si incammina per i quartieri per incoraggiare i residenti che non sempre si lasciano coinvolgere in parrocchia a ricordare il tempo penitenziale che stiamo vivendo e pregare insieme. Insomma è un incoraggiamento a vivere la fede, devo ammettere che la partecipazione è certamente positiva anche perché si coinvolgono anche coloro che lavorano e che farebbero fatica il pomeriggio a partecipare. Certamente non è facile capire quale valore le persone danno alla croce che percorre le vie dei quartieri, anche perché non si può leggere nel cuore delle persone, ma se considero quello che viene riflettuto nelle meditazioni di chi organizza vi posso garantire che è un passaggio che non lascia indifferenti, potrebbero essere proclamate in ambienti ecclesiali con la certezza di essere ascoltati con grande attenzione. La sofferenza, la solitudine, le difficoltà della vita si intrecciano con i temi della speranza e della gioia della resurrezione, i problemi legati al lavoro, allo sfruttamento, alla condizione giovanile, alle coppie si coniugano con la certezza di poter costruire un futuro migliore grazie all'aiuto di Gesù e alla preghiera.
Ma in che cosa il Signore può intervenire nella nostra vita per donarci pace, per aiutarci nelle difficoltà? Il Signore certamente incoraggia l'armonia del cuore e la gioia della vita comune. Dona nella preghiera la serenità nell'affrontare anche le situazioni più difficili o, più semplicemente, apre a un modo diverso di leggersi nelle relazioni di comunità. Come dire è un aiuto spirituale, ma anche psicologico che apre a una relazionalità contrassegnata dall'affetto, dal rispetto dell'altro e dalla gioia di sentirsi parte di una comunità. Anche questo aspetto non deve essere trascurato, non è la comunità degli amici, delle persone che mi sono simpatiche ma di coloro che Gesù mi pone accanto e con le quali devo costruire relazioni di comunione che iniziano in Lui e conducono a Lui. Come dire è come se ricevessimo un dono comune, da condividere quasi senza tenere nulla per noi, anche perché ciò che doniamo ci viene ridonato per eccesso, insomma non corriamo mai il rischio di perdere qualcosa o di smarrirci.
Il cammino della Croce diventa una via luminosa che rischiara ogni situazione della vita, una via che è bello percorre prestando attenzione a Colui che la guida, ma anche a tutti coloro lo seguono, per imparare ad amare e a comprendere che nell'amore tutto viene visto e vissuto in modo diverso. Ritengo sia inutile ritenere che tutto possa essere vissuto in modo semplice e automatico, ogni cosa ha bisogno del proprio impegno personale e della dedizione alla crescita spirituale. Ogni cosa ha bisogno di essere sostenuta con la preghiera, con la gioia di cercarsi nell'altro e di cogliere l'altro parte dello stesso progetto di vita. Ogni altro è stato redento dalla Croce del Signore, Gesù lo ha amato come ha amato noi, per cui non dobbiamo fare altro che rendere presente questo amore nella dedizione vicendevole, senza particolarismi, senza affezioni particolari ma con la gioia interiore di rendere presente il Signore nonostante i nostri tanti limiti.
E' il mistero della redenzione e della comunione che Gesù ha operato con il dono di se stesso, generando un modo diverso di leggersi nella comunione con Lui e tra di noi. E' la bellezza di sentirsi Chiesa, ma anche la responsabilità di rigenerare la vita della Chiesa. E' l'impegno dei tanti battezzati che nella gratuità più assoluta dedicano la propria vita agli altri per amore del Signore, il volontariato è l'anima della comunità cristiana, la gioia di spendersi per gli altri per come Gesù ci ha insegnato, per come Gesù ci dona di vivere nei doni dello Spirito, come possiamo vedere tutto è sempre deve essere coniugato dall'amore che abita il nostro cuore e che noi dobbiamo testimoniare con semplicità e dedizione per rendere presente la sorgente dell'amore che è il Signore. Come dire è uno svelare ed è un velare, per fare in modo che non ci si sovrapponga mai agli altri e soprattutto che non si diventi ostacolo all'incontro della persona con Gesù.
La Quaresima è questo tempo di Grazia che il Signore ci affida e al quale siamo affidati nello Spirito, nessuna illusione e nessuna delusione, tutto deve manifestare semplicemente la Grazia con l quale Dio abita la nostra vita orientandolo a un sincero cambiamento spirituale. Il cristiano non può mai restare deluso anche perché semplicemente non ha traguardi da perseguire, che in quale modo possa sentire proprie. SI lascia trasportare dall'azione amante di Dio e in questa azione deve esprimere il proprio protagonismo, non tutto ci appartiene ma quello che il Signore ci affida è totalmente affidato alla nostra responsabilità, perché possa manifestare in pienezza la Sua volontà di essere presente nella nostra vita, ai nostri giorni, nelle nostre casa. Insomma non è una responsabilità da poco, ma ci guida la certezza che comunque Lui si accompagna alla nostra azione e, se non tutto sembra andare per come riterremmo nel fare la Sua volontà, ci dona pace.
27 gennaio 2019 - III Domenica Tempo Ordinario
Fin dall'antichità, in ogni luoghi, nei modi più diversi Dio ha cercato di dialogare con l'uomo,. In questa Domenica siamo incoraggiati a cogliere la Sua presenza in mezzo ai deportati di Babilonia rientrati a Gerusalemme, nella Sua volontà di dare loro stabilità e di rincuorarli nelle loro fragilità, come sempre l'azione di Dio si esprime attraverso coloro che in quel determinato periodo avvertivano l'esigenza di renderlo presente: In quei giorni, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere.
La lettura della Torah, non è solo un atto di devozione ma soprattutto
un assimilare i principi basilare dell'appartenenza al Popolo di Dio,
per cui è un esercizio che si prolunga nel tempo ed ha bisogno di essere
interiorizzato. Esige anche grande disponibilità al silenzio e
all'ascolto, in questo caso è una vera proclamazione assembleare, il
popolo ascoltava e accoglieva: Esdra aprì il libro in
presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come
ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse
il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: «Amen, amen», alzando
le mani; si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra
dinanzi al Signore.
Anche nelle pagine più severe la volontà d Dio è quella di dare pace e
serenità, trasmettere loro la gioia del ritorno e la determinazione di
mantenersi fedeli alla Sua volontà. Per questo incoraggia a vivere il
tutto in un clima di gioia e di festa: Neemìa disse
loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate
porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è
consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del
Signore è la vostra forza». La
frase con la quale la liturgia conceda questo testo incoraggia a leggere
la nostra vita alla presenza del Signore, cogliendo in questa
disponibilità la vera forza che sostiene il nostro cammino e incoraggia
a guardare avanti con fiducia.
In Gesù tutto questo diventa una prassi esistenziale,Lui presenta la propria vita come manifestazione di quanto Dio ha promesso per la gioia del Suo popolo, per cui l'adesione a Lui deve essere colta come un camminare incontro al Signore nella diversità degli atteggiamenti che da sempre aveva proposto di incarnare come disponibilità alla Sua volontà di dare al Suo popolo la pace e la giustizia alla quale ha sempre anelato: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
Gesù
nei suoi atteggiamenti spesso lascia senza parole, questo deve essere
accaduto anche agli abitanti di Nazareth che lo conoscevano da bambino,
e adesso il bambino di una volta si presenta come il Messia mandato da
Dio e atteso da sempre come il liberatore di Israele: Allora
cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete
ascoltato». Certo non è facile da accettare, ma
l'affermazione di Gesù è senza possibilità di interpretazioni diverse,
nella Sua persona si rende presenta il Messia atteso da sempre. Con la
Sua presenza inizia una storia nuova per l'umanità che andrà scoprendosi
gradualmente, come Lui riuscire a far comprendere a coloro, apostoli e
discepoli, con i familiari e con i tanti che hanno vissuto con Lui
incontri occasionali, che ne condivideranno l'esperienza terrena fino
alla fine.
In questo modo nuovo di intendere la propria vita, si inserisce il
monologo di San Paolo su Cristo capo del corpo mistico che è la
Chiesa, quindi ciascuno di noi. Fin dal momento del nostro battesimo non
dobbiamo sentirci staccati gli uni dagli altri ma tutti siamo parte di
un unico organismo vivente che interagisce in modo complementare,
sostenendosi vicendevolmente nella diversità dei modi, a secondo del
ministero o dei carismi o più semplicemente di quanto il Signore chiede
a ciascuno di operare per il bene comune: Infatti noi
tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo,
Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un
solo Spirito. Nel Corpo di cristo non deve esistere
gelosia, ma solo spirito di emulazione nella disponibilità alla carità
che è animata dallo spirito Santo per manifestare pienamente l'amore con
cui Dio sostiene e si accompagna alla vita del Suo popolo, nelle
difficoltà che deve sostenere quotidianamente nella vita. E nelle
tante fragilità, determinate dal peccato, che ne caratterizzano la
disponibilità orientata a testimoniare l'amore.
20 gennaio 2019 - II Domenica Tempo Ordinario
Ancora una volta siamo incoraggiati a riflettere l'amore
di Dio per il Suo popolo per come il profeta Isaia incoraggia a
riflettere. E' una trasmissione passionale dell'attenzione verso le
fragilità di Israele che Dio non intende abbandonare. La volontà di Dio
è quella di sostenerlo, di donargli pace, ancora di più è quella di
fargli vivere la gioia sponsale: Sì,
come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te.
Ma in che modo noi dobbiamo corrispondere a questo amore infinito ci viene comunicato dal salmista che ci chiede di Cantare la gloria di Dio, di Annunciare agli altri la salvezza, di Dare a Lui lo spazio che gli compete nella nostra vita, di Prostrarci di fronte a Lui cogliendo nella sua presenza il tutto della nostra vita.
Questa stessa sottolineatura ci viene proposta nel racconto giovanneo delle nozze di Cana. Siamo incoraggiati a entrare nella vita terrena di Gesù, nei momenti di gioia e di esaltazione che hanno caratterizzato parte della Sua presenza in mezza a noi. Tutto ha inizio con la narrazione di un avvenimento ordinario, la partecipazione a una festa di nozze: vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Dobbiamo immaginare una scena caratterizzata da grande euforia, di gioia, di spensieratezza, di musica, di danze, di profumi.
Ma tutto questo corre il rischio di essere offuscato da un problema abbastanza grava, stava finendo il vino. Se ne rende conto la Madre di Gesù, non ci è dato sapere come se ne sia accorta, forse si andava creando un clima di agitazione tra gli inservienti, oppure i familiari dello sposo ne parlavano dietro le quinte. Lei avverte l'esigenza di venire incontro in modo deciso a questo disagio, anche di fronte alla titubanza di Gesù: la madre di Gesù gli disse: Non hanno vino. E Gesù le rispose: Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora. Sua madre disse ai servitori: Qualsiasi cosa vi dica, fatela. E in questa insistenza ciò che era una situazione di vita normale, diventa straordinario intervento della potenza di Dio in Gesù, che trasformando l'acqua in vino, restituisce la gioia agli sposi e apre alla fede in Lui i suoi discepoli.
San Paolo incoraggia a valorizzare i carismi, che con libertà nello Spirito abbiamo ricevuto in dono: A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune. Il dono che viene dall'alto: il linguaggio di sapienza, il linguaggio di conoscenza, la fede, il dono delle guarigioni, il potere dei miracoli, il dono della profezia, discernere gli spiriti, la varietà delle lingue, l’interpretazione delle lingue, non è per se stessi ma per gli altri, è da condividere; nessuno deve farne un vanto, ma semplicemente una responsabilità di servizio che viene loro donata perché la si viva al servizio degli altri.
13 gennaio 2019 - Battesimo del Signore
E' un atteggiamento che si accompagna spesso alla storia dell'uomo, aspettare che qualcosa accada e guardare ad altri perché la realizzino: In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo. In questo caso specifico l'attenzione era su Giovanni il Battezzatore, ma lui si schernisce spostando l'attenzione su un altro che sarebbe venuto dopo di lui.
Potremmo dire che Luca esprime in modo frettoloso la sequenza degli avvenimenti successivi, come se fosse un argomento spinoso sul quale riteneva di non dover aggiungere altro, l'evangelista Giovanni è molto più articolato: Mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Era dai tempi di Malachia che i cieli erano chiusi su Israele, con Gesù dopo alcuni secoli cieli si aprono nuovamente su Israele e Dio torna a parlare con il Suo popolo, o per essere ancora più puntuali, con il Figlio amato in mezzo al Suo popolo. Tutto accade mentre Gesù era in preghiera, dobbiamo ritenere in disparte, come gli era solito fare nei momenti delle scelte importanti della Sua vita terrena, questo è il momento di scendere in campo e cominciare la missione del Regno.
Il tema dell'Avvento del Regno di Dio torna con insistenza nella tradizione profetica di Israele, in particolare quando si vivono momenti socialmente fragili, c'è un guardare al cielo con più insistenza e attenzione.
Nella celebrazione di questa Domenica viene proposto il Deutero Isaia, con il tema della consolazione, dell'avvenuta espiazione del peccato e con l'impegno di ristabilire la signoria di Dio: Consolate, consolate il mio popolo dice il vostro Dio. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati. La consolazione nasce dall'amore di Dio che avverte l'esigenza di emozionare il Popolo incoraggiandolo a percorrere i luoghi del primo amore.
E' il deserto che deve
essere attraversato, un deserto abitato dell'amore di Dio, che aiuta
armonizzando le asprezze che lo caratterizzano ma che comunque
esige la disponibilità a mettersi in cammino, a scomodarsi a leggere al
propria vita realizzarsi non nelle sicurezze del mondo, ma
nell'affidamento al Signore. Non è un itinerario allettante per questo
occorre incoraggiare a mettersi in cammino: «Ecco
il vostro Dio! Egli ha con sé il premio e la sua ricompensa lo precede. Come
un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri». E'
una immagine dolce che mette in risalto l'affetto di Dio, egli non
trascura nessuno e incoraggia con la sua presenza materna
6 gennaio 2019 - Epifania del Signore
Questa Domenica l'Epifania del Signore è caratterizzata da alcune immagini, per come sono state narrate dall'evangelista Matteo, che appartengono alla nostra memoria catechistica, sono legate alla Venuta dei Magi a Betlemme.
Sono delle note storiche definite quelle che ci vengono proposte, Gesù nasce al tempo del re Erode a Betlemme di Giudea, questo esige anche una correzione in avanti del calendario cristiano, Gesù è nato tra il 4 e il 6 dopo Cristo. Intanto sono passati alcuni anni dalla sua nascita quando arrivano, alcuni Magi astrologi o astronomi, all'epoca personaggi importanti ma, probabilmente si ritiene seguaci dello Zoroastrismo, una religione astrale, non re. Per oriente dovremmo intendere oltre i confini dell'impero romano, quindi un viaggio lungo e impervio li porta a Gerusalemme, il motivo lo dicono loro stessi: Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo.
Non è una prerogativa esclusiva di Gesù leggerne l'importanza della presenza guardando i segni astrali, ne troviamo presenza anche per altre divinità. Essere importanti, come accade spesso, comporta anche preoccupazione in chi ne teme la presenza, alcune volte comporta il desiderio di morte. Erode, era un re violento, non era di quelli che tolleravano la presenza di altri personaggi importanti nel suo regno. Per cui vuole sapere, si organizza, si informa; la profezia di Michea non è una definizione puntuale, per cui ricevendo solo informazioni vaghe, cerca di patteggiare i tempi della ricerca e del probabile intervento.
I Magi continuano il loro cammino di ricerca aiutati dalla Stella, arrivano a Betlemme, trovano la Sacra Famiglia nella casa di Giuseppe e si prostrano in adorazione, l'evangelista sintetizza così il loro atteggiamento: Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.
Raggiunta la meta del loro viaggio, avvertono l'esigenza di ritornare alle loro terre senza passare a riferire ad Erode dell'avvenuto incontro con il bambino, avevano avvertito nel suo interesse un atteggiamento malvagio. Questo atteggiamento scatenerà la rabbia di Erode che ordinerà l'uccisione dei bambini di Betlemme dai due anni in giù. Gioia e dolore, potenza e miseria si accompagnano alla vita di Gesù fin da bambino, sappiamo tutti che loro stessi, per prudenza andarono via da Betlemme e si portarono in Egitto per alcuni anni.
5 marzo 2017 - I Domenica di Quaresima
E' una Domenica contrassegnata dalla riflessione sul peccato e sulle conseguenze del peccato. Tutto parte dall'azione creatrice di Dio, di certo non ci aveva pensati lontani da Lui, ma poi le cose sono andate diversamente. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male. Il racconto mitico, termine da intendersi quale descrizione di un avvenimento inesplicabile altrimenti,dell'autore della Genesi ci ricorda che l'uomo si è lasciato coinvolgere dalla volontà di contrapporsi al volere di Dio in ordine al discernimento sul peccato e sulla scelte esistenziali legate alla vita. Tutti problemi nei quali ai nostri giorni siamo chiamati a leggere l'azione redentrice di Gesù, ma anche a volontà di staccarsi dall'azione salvifica della Chiesa.
Si rende presente nella storia della salvezza un altro protagonista, definito con termini molto diversificati a secondo della cultura nella quale l'avvenimento narrato affonda le sue radici: Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna. Ormai sappiamo che questa narrazione ha la sua origine nella narrazione delle tradizioni babilonesi sulla creazione e sulla morte, la comunità ebraica ne venne a conoscenza in occasione della sua deportazione in Babilonia, lo fece proprio al suo rientro nella terra dei padri e lo reinterpretò secondo la tradizione dell'azione creatrice dell'unico Dio.
Nasce dalla coscienza di una nuova relazione con Dio purtroppo non conforme a quanto Lui aveva pensato nella sua relazione con l'uomo. Il nuovo rapporto è contrassegnato dalla dinamica del peccato che introduce la morte e la sofferenza quali componenti ineludibili della vita della persona. Come sempre nella tradizione biblica e in particolare nella salmodia, Dio non abbandona coloro che riconoscono il proprio peccato e dona loro la misericordia e la riconciliazione con Lui: Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi. Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto.
E' importante riconoscere i propri errori, solo in questa dichiarazione di disponibilità alla riconciliazione Dio ci restituirà all'amicizia con lui: Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. L'apostolo nella Lettera ai Romani si intrattiene in modo articolato sulle conseguenze del peccato e della Grazia incoraggiando la sua comunità a cogliere la benevolenza di Dio che, nonostante il peccato dell'uomo, non lo ha abbandonato ma ci ha donato Gesù quale segno del suo amore e della sua grazia a sostegno della nostra debolezza: Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte ... Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. E' proprio così, Dio non può rinnegare se stesso e la sua azione creatrice, per cui in Gesù ci restituisce quanto l'uomo aveva rinnegato con il proprio peccato, l'amicizia con Lui e il dono della vita eterna.
Il Vangelo ci chiede di rileggere la nostra vita alla luce degli atteggiamenti e degli insegnamenti di Gesù. Vivere il deserto non è una prerogativa del Maestro ma di tutti coloro che avvertono l'esigenza di perfezionare la propria adesione alla volontà di Dio. Le tentazioni non sono solo per il Signore ma appartengono alla vita di tutti noi. Ogni qualvolta qualcuno cerca di perfezionare la propria esistenza in ordine alla santità, il male si accanisce e cerca di stornare la propria attenzione dalla volontà di Dio: In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Proprio quando sembra che la prova sia superata il tentatore si rende presente.
Gesù ci insegna che, nel combattimento contro il male, la via da seguire è vivere l'ascolto della Parola di Dio, è in questo atteggiamento che noi troviamo le energie necessarie per combattere il male: Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". Quello che conta, è aver chiaro, di voler rigettare fino in fondo la volontà di assecondare le tentazioni. Al resto pensa il Signore che sostiene la nostra vita e ci libera da ogni incertezza o tentazione legate alla nostra debolezza: Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano. Tutto viene restituito alla immagine di beatitudine del paradiso terrestre, dove tutto è pace ed è armonia del creato.
26 febbraio 2017 - VIII Domenica Tempo Ordinario
La Parola che ci viene donata da ascoltare questa Domenica, che ci introduce alla Grande Quaresima, possiamo leggerla come la Parola dell’affidamento fiduciale al Signore. Il Profeta Isaia incoraggia a volgere lo sguardo verso il Signore, che si accompagna alla nostra vita in modo affettuoso, materno: Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. La Parola è orientata a incoraggiare un popolo tentato di guardare ad altre sicurezze più tangibili, ad altre divinità che apparivano più potenti, mentre il progetto di Dio orientava ad un ritorno dall’esilio nella Terra dei padri, avvolto nell’incertezza.
Da questa insicurezza che spesso accompagna anche la nostra vita ci può liberare solo l’affidamento al Signore: Solo in Dio riposa l’anima mia: da lui la mia salvezza. Lui solo è mia roccia e mia salvezza, mia difesa: mai potrò vacillare. E’ la voce del salmista che ci incoraggia ad elevare lo sguardo verso il cielo, nella certezza che non si smarrirà nel vuoto, ma troverà riscontro in colui che ci cerca da sempre e al quale è bello guardare, per cercare la pace per noi stessi e per le comunità nelle quali siamo inseriti: Il mio riparo sicuro, il mio rifugio è in Dio.
Confida in lui, o popolo, in ogni tempo; davanti a lui aprite il vostro cuore.
Anche Gesù, nel suo parlare ai discepoli, tende a liberarci dalle tante preoccupazioni terrene: Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. In realtà sappiamo bene che anche noi credenti mettiamo al centro delle nostre preoccupazioni le cose del mondo.
Probabilmente anche la comunità dei discepoli era angustiata dai problemi esistenziali, che meritano certamente la nostra attenzione, ma sempre con spirito libero e pieno di speranza nel futuro: Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? Il parlare di Gesù non vuole svilire le difficoltà che comunque dobbiamo affrontare con grande energia, vuole incoraggiare a essere liberi nelle preoccupazioni del mondo avendo la certezza che il Signore non abbandona, non lascia soli nelle difficoltà di ogni giorno. Certo Lui vede una società che vive di essenzialità non certamente di lusso, di arricchimento ad ogni costo.
Insomma Gesù ci chiede di riflettere su un modo diverso di realizzare la nostra esistenza, che non vuole trascurare i beni materiali, ma che non deve neanche assolutizzarli. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena. Il Signore vuole dare maggiore importanza alla vita di ogni giorno, capita di trascorrere le proprie giornate senza neanche rendersene conto, oppure dedicandoli più alle cose da fare che al motivo per cui si vivono. Nella vita cristiana al centro deve sempre esserci la persona, il fare è orientato al rendersi presente nella storia non ad annullarsi.
In questa disponibilità a camminare secondo gli insegnamenti del Signore non dobbiamo mai preoccuparci di cosa possano pensare gli altri. L’Apostolo Paolo ci ricorda che chi è convinto delle proprie scelte non dà importanza agli umori, ai giudizi degli ambienti che ci circondano, certo è importante anche essere pronti a pagarne le conseguenze: Ciò che si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele. A me però importa assai poco di venire giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi, io non giudico neppure me stesso, perché, anche se non sono consapevole di alcuna colpa, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! La Quaresima serve anche a questo ascoltare con più impegno la Parola del Signore, per apprezzare meglio la presenza di tutti come un dono che Signore, anche se non sempre immediatamente ne cogliamo il valore.
19 febbraio 2017 - VII Domenica Tempo Ordinario
Siate santi, perchè io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Questa Parola che il Signore dona a Israele chiede anche a noi di mettere la Sua presenza al centro della nostra vita e ci incoraggia di imitarla nella via della santità. Come vivere la santità ci viene detto dopo, rimuovendo dalla nostra vita tutto ciò che è ostacolo alla fraternità e alla manifestazione della misericordia di Dio. E' il comandamento dell'amore che poi Gesù metterà al centro nell'annuncio del Regno di Dio che Lui è venuto a portare in mezzo a noi. Questa Parola ci ricorda che la nostra vocazione è quella di partecipare della santità di Dio, avendo la certezza che ci è stato donato da Lui tutto ciò che ci permette di seguirlo con fedeltà.
Questo anelito alla santità, diventa una condizione connaturale a noi cristiani, in virtù del fatto che in Cristo siamo diventati tempio dello Spirito fin dal momento battesimale: Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. L'apostolo paolo ci ricorda che ciascun battezzato ha in sè, sempre come dono di Dio, la potenza stessa di Dio, che ci permette di camminare dietro a Lui con serenità, in un sincero spirito di pace.
Purtroppo in noi opera anche la presenza del peccato, questa tensione tra il bene e il male di cui ciascuno fa esperienza, non ci aiuta ad essere sempre attenti alla vita di santità, anzi spesso facciamo esperienza di un allontanamento evidente da Dio. Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio. Concludendo la sua esortazione alla comunità di Corinto l'apostolo avverte l'esigenza di metterci in guardia dalle separazioni di cui purtroppo facciamo esperienza nella vita ordinaria della comunità cristiana, sono la manifestazione evidente del peccato che si accompagna alla nostra vita anche perché Dio è amore è comunione e non separazione, contrapposizione.
Ancora una volta l'evangelista Matteo ci presenta Gesù nell'azione di correggere l'esasperazione di quanto Dio ha affidato alla comunità israelitica, la comunità dei santi. E' un incoraggiamento ad essere più attenti alla persona, alla sua dignità e anche alla sua fragilità: Ma io vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? Il modello di riferimento deve sempre essere l'atteggiamento di Dio, questo ci è stato ripetuto costantemente durante l'anno della misericordia, nel suo slogan Misericordiosi come il Padre e nei tanti atteggiamenti che siamo stati incoraggiati a vivere.
Dobbiamo guardare sempre a Dio e non come si comportano glia altri: Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Non possiamo che lodare e inneggiare al Signore con il salmista, cogliendo nella presenza e benevolenza di Dio, quanto alcune volte manca al nostro entusiasmino nella testimonianza della fede: Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici ... Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore ... Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.
12 febbraio 2017 - VI Domenica Tempo Ordinario
La parola del Signore ci chiede di percorrere i sentieri del suo popolo, nella diversità dei luoghi che ha abitato, nei suoi tanti esili o semplicemente fasi di emigrazioni che ha vissuto. Con il Siracide siamo invitati a spostarci in Egitto, dove abitava da secoli una folta colonia ebraica verso la quale orientò i suoi passi anche la Sacra Famiglia nel momento del pericolo al tempo di Erode il Grande.
Questo testo appartiene alla letteratura sapienziale dell'Antico Testamento e incoraggia a vivere la fiducia in Dio, nella piena libertà di cui ciascuno è dotato: Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia in lui, anche tu vivrai. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male... Nessuno può far risalire a Dio il male che compie nella sua libertà, così come sceglie da se l'appartenenza a Dio o l'allontanamento da Dio.
Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti e la custodirò sino alla fine. Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge e la osservi con tutto il cuore. Questa affermazione del salmista incoraggia a leggere la preghiera come una via di perfezione che conduce alla santità. La propria appartenenza al Signore apre il cuore all'ascolto dei suoi insegnamenti e dona la possibilità di camminare alla Sua presenza senza deviare: Beato chi è integro nella sua via e cammina nella legge del Signore. Beato chi custodisce i suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore.
Cercare il Signore, camminare alla luce dei suoi insegnamenti esige la nostra familiarità con la Parola di Dio, non tanto e solo la lettera della Parola, quanto la Parola che parla al cuore. Nel discorso della Montagna Gesù si sforza di purificare la Legge di Mosè dalle tradizioni che gli uomini vi hanno aggiunto soffocandola nella sua bellezza e autenticità. Lui si propone come il completamento che era stato insegnato ai padri: Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Poiché [io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Questo testo esprime bene l'appartenenza di Gesù al Popolo Ebraico e l'amore che Lui aveva verso la Legge di Mosè, nulla di quanto Mosè aveva insegnato doveva essere trascurato o dimenticato. E' il testo più ebreo che viene conservato nei Vangeli, è anche il testo che rende Gesù figlio del popolo della sinagoga e non in contrasto con essa. Sappiamo tutti che nella fase della stesura dei Vangeli si era innestata una polemica molto vivace tra la sinagoga e la chiesa nascente, per cui altri testi sono stati orientati al superamento della tradizione ebraica, ma questo ha conservato la continuità che sussiste tra la Torah e il Vangelo.
Certo l'annuncio del Vangelo non si limita a sancire ciò che è scritto nella Torah ma esige un perfezionamento, la disponibilità del cuore che non si limita ad osservare ciò che viene scritto nella lettera ma esige atteggiamenti di perfezione orientati alla santità della vita: Avete inteso che fu detto ... ma io vi dico ... Non ci si deve mai fermare all'osservanza esteriore degli insegnamenti ma occorre amarli, farli propri e testimoniarli con la propria vita, con il cuore ci vengono donati dal Signore e dobbiamo viverli per come il Signore chiede non per come piace a noi. Il linguaggio degli esempi che Gesù propone è quello del paradosso, per cui colto nel contenuto e non nelle immagini, ma gli effetti che ne conseguono sono autentici.
Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria. L'apostolo Paolo ci conferma in queste convinzioni, tutto viene donato da Dio e noi godiamo di poter vivere in ascolto di questo dono. Viene raccomandato anche di non vivere questo privilegio secondo il mondo, inseguendo traguardi terreni, mediante atteggiamenti mondani, ma secondo lo Spirito: lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.
7 luglio 2016 - XVIII Domenica Tempo Ordinario
Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio. La chiusura del testo del Vangelo di San Luca possiamo cogliere come la chiave di lettura della Parola di Dio che questa Domenica ci viene proposta. Alcune volte mi accompagna l'interrogativo sul valore che i battezzati riescono a dare alla parola del Signore come guida della propria vita. E' evidente che la risposta non mi appartiene anche perché io non riesco a leggere i cuori. Però è importante che ciascun battezzato ne rifletta il valore con la maturità della propria fede, altrimenti il rischio che si corre è non cambiare in nulla i propri progetti e atteggiamenti, anche se il Signore chiede di rivisitare la nostra vita proprio in virtù della sua presenza.
Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è
vanità. Certo acquista un significato diverso se viene
integrato con la frase di Gesù, per cui il significato diventa chi vive
senza Dio corre il rischio di svilire ogni cosa che fa. Ed è ciò di cui
facciamo esperienza nella vita di ogni giorno. Si corre e ci si affanna
ma senza avere chiara la meta da conseguire. O meglio, sono tante le
mete, al punto da diventare illusioni effimere sulle quali investire
soldi, scommettere punteggi, dedicare del tempo salvo poi rendersi conto
che non ne valeva assolutamente la pena. E' il nostro tempo
contrassegnato da luminosità apparente che il più delle volte si
trasforma velocemente in tenebra.
E' il salmista a incoraggiare un modo diverso di leggere la propria
vita, una vita da spendere nell'attenzione verso se stessi e verso gli
altri ma anche nella comprensione della fragilità umana e della
precarietà dell'esistenza: Mille
anni, ai tuoi occhi, sono come il giorno di ieri che è passato, come un
turno di veglia nella notte ... sono come un sogno al mattino, come
l'erba che germoglia;
al mattino fiorisce e germoglia, alla sera è falciata e secca.
Potrebbe anche generare amarezza, ma avere coscienza dei propri limiti apre a una migliore comprensione dei traguardi da conseguire e del valore che è importante dare all'esistenza: Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio. Leggere la vita in modo sapiente, nasce dalla coscienza della propria finitezza ma anche della missione che ci viene affidata. Ogni giorno ha la sua preziosità e non è possibile spenderlo nella speranza di poterne recuperare i valori in seguito.
E' l'illusioni di tanti che orientano al rinviare le cose da fare, come se ciò che mi viene chiesto di fare oggi possa comodamente rinviarlo a tempo da destinarsi. A questo atteggiamento Gesù incoraggia a riflettere in modo perentorio: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà? L'attenzione è sul valorizzare le cose e le persone nel tempo presente, perché il futuro non ci appartiene.
Ma è anche un incoraggiamento a non pensare di poter sempre esprimere una forma di superiorità nei confronti degli altri, soprattutto in riferimento alle cose del mondo:O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi? Tutti sappiamo bene che i mondo ha un modo di leggersi molto diverso dalla vita spirituale, per cui anche se viviamo nel mondo, non è sempre possibile coniugare gli interessi del mondo con la volontà di Dio: Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede. Certo lo sguardo di Gesù è alla vita eterna, ma ai nostri giorni chi rivolge attenzione a ciò che non passa?
E' proprio questa la scommessa dell'evangelizzazione, aprire la mente e il cuore dell'uomo all'incontro con Dio: Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. L'Apostolo Paolo alla comunità di Colosse chiede di guardare con più attenzione alla fede personale e comunitaria in Cristo, di leggerci concrocifissi e conrisorti, di guardare con fiducia alle cose che durano in eterno. Rimuovendo tutto ciò che è di ostacolo all'incontro con Dio: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria. Per la seconda volta viene riproposta questo termina la cupidigia, l'attaccamento al mondo che diventa una vera e propria religione e il nostro tempo ne è una esperienza evidente. Quasi tutto nella vita e in ogni giornata si fa per affermarsi sugli altri e per possedere più cose.
E' ancora l'Apostolo a rilanciare l'idea di una fraternità universale in Cristo, è una immagine che alcune volte emerge vigorosa, altre volte viene sottaciuta o dimenticate ma è la novità del Regno che Gesù ci ha affidato e che siamo chiamati a testimoniare: Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.
10 luglio 2016 - XIV Domenica Tempo Ordinario
Siamo invitati a
percorre con i deportati di Babilonia la via del ritorno a Gerusalemme
la via del ritorno, rinvigoriti per affrontare le asprezze del cammino
dalla parola che il Signore affida al Profeta Isaia: Rallegratevi
con Gerusalemme, esultate per essa tutti voi che l’amate. Sfavillate con
essa di gioia tutti voi che per essa eravate in lutto. Così sarete
allattati e vi sazierete al seno delle sue consolazioni;
succhierete e vi delizierete al petto della sua gloria. E'
una Parola che apre alla speranza che incoraggia la gioia e alimenta la
speranza. Il cammino può essere molto difficile ma è il Signore a
volerlo e a sostenerlo.
Nella parola che i profeti ci trasmettono, ci sono degli incisi nei quali il profeta stesso si assenta totalmente, è una parla che non gli appartiene lui deve solo trasmetterla, è Dio stesso che trasmette il Suo affetto e la Sua benevolenza al Suo popolo: Perché così dice il Signore: Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò; a Gerusalemme sarete consolati. Non siamo educati a cogliere il Dio dei Padri con queste immagini sostanzialmente materne, però è così, spesso i profeti si sforzano di aiutarci a vivere un affidamento filiale nella disponibilità a comprendersi coccolati da Dio nelle nostre fragilità.
Le immagini del
Dio burbero che è tutto preso nelle sue azioni troppo importanti per
pensare alla miseria dell'uomo che caratterizzano tanta parte
dell'iconografia latina, non corrispondono in nulla al messaggio che Dio
stesso ci trasmette di se stesso attraverso il linguaggio biblico. Non è
sempre facile riqualificare il messaggio catechistico però è opportuno
che su questo tema il lavoro sia portato avanti con coerenza nel pieno
rispetto della Parola. Così potremo anche noi elevare insieme al
Salmista la nostra invocazione fiduciale a colui che viene sempre
incontro alla nostra debolezza e ascolta le preghiere: Venite,
ascoltate, voi tutti che temete Dio, e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha
negato la sua misericordia.
Il messaggio della
gioia che ci viene trasmesso quale nuova alleanza di Dio con l'uomo
attraverso Gesù Cristo incentra tutto sulla missione che ci viene
affidata e che dobbiamo vivere contemplando la Croce. E' l'Apostolo che
di fronte alla titubanza dei Galati e alla loro difficoltà di aderire
pienamente alla fede in Cristo, taglia corto e va al nocciolo della
verità sulla quale incentrare la sequela: Fratelli,
quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro
Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso,
come io per il mondo. Tutto si comprende meglio guardando alla croce
che il Signore mi dona da abbracciare ogni giorno per vivere dietro di
Lui.
L'evangelista Luca incoraggia a spogliarsi delle sicurezze umane, la via della missione esige un procedere snello non appesantito dalle cose del mondo: non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. L'annunciatore della Pace del Signore non lo fa attraverso una sapienza umana ma mediante la testimonianza della propria vita. Chi vive la pace trasmette la pace. Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi, beh, forse è un ripetere ma molti cristiani somigliamo più ai lupi che agli agnelli. Ma anche in questo caso non dobbiamo scoraggiarci, il Signore ha bisogno di noi, della nostra disponibilità, ci chiede di operare per il Regno nonostante la nostra debolezza e insicurezza. Anche perché: La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!
L'altra raccomandazione che ci fa è di non guardare troppo ai risultati che si ritiene di aver conseguito mediante le proprie capacità, ma di contemplarci alla presenza di Dio, questa dedizione alle cose eterne determina la nostra armonia interiore e anche la capacità di non scoraggiarci di fronte alle incomprensioni e alle difficoltà che la missione ci pone necessariamente davanti: Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.
3 luglio 2016 - XIII Domenica Tempo Ordinario
Questa Domenica il tema che sollecita la nostra attenzione è come corrispondere alla vocazione. Alcune volte mi viene chiesto di narrare qualcosa sulla mia vocazione, generalmente divento evasivo anche perché, a mio parere, non è importante la mia vocazione, ma cosa vuol dire corrispondere a una vocazione. La Parola di Dio è una sequenza di disponibilità vocazionali, per cui, se uno vuole comprendere il senso della chiamata non deve fare altro che aprire il testo sacro.
La vocazione di Eliseo da parte di Dio mediante Elia, ci propone un tema classico, perché si concretizzi una chiamata occorre l'apporto di un mediatore. Dio non ama intervenire sempre in prima persona normalmente lo fa valorizzando le persone che mostrano avere nei suoi confronti una disponibilità sincera anche se alcune volte fallimentare. In questo caso il protagonista è Elia, già da tempo al servizio del Signore e in virtù di questa disponibilità sincera ha avuto modo di sperimentare molte persecuzioni.
In quei giorni, il Signore disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto». Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat ... Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elìa disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te». E' un brano carico di tensioni emotive anche perché trasmette al radicalità della scelta e anche gli atteggiamenti definitivi che esigono un abbandono definitivo della vita precedente, questo ai nostri giorni non sempre accade e a anche per questo no sempre riusciamo ad essere credibili. Eliseo comprende che deve cambiare vita staccandosi dagli affetti più cari, ma anche dall'attività lavorativa che faceva precedentemente.
L'Apostolo Paolo, come è nel suo stile radicalizza l'adesione a Cristo nella dedizione all'Amore, ma poi legge nell'autenticità delle situazioni la difficoltà di testimoniare questa dedizione incoraggiando al rispetto vicendevole e alla crescita relazionale della fraternità: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri! Cristo incoraggia a una vita di libertà, ma è una libertà che non incoraggia il qualunquismo ma la maturità nella dedizione verso il Signore. Insomma che almeno ci sia il rispetto vicendevole.
Quando ci vengono proposti questi testi di Luca, sembra che l'evangelista perda di vista il senso della misericordia che caratterizza questo vangelo. Invece ritengo, voglia incoraggiare a radicalizzare in alcuni momenti della nostra dedizione al Signore, il senso dell'appartenenza a Lui e il distacco da ogni altro affetto. Le risposte definitive di Gesù agli interlocutori occasionali sembrano orientati a scoraggiare una dedizione superficiale: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo ... Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio ... Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio.
Ammettiamolo è proprio questa radicalità che ci attenderemmo dai ministri del sacro e invece dobbiamo relazionarci con una melina e un equilibrismo infinito, forse è determinato dalla falsa coscienza di dover mantenere lo status quo quasi incapaci di percorrere in modo più definitivo la storia, alcune volte la presenza di Gesù invece di orientare le nostre scelte, sembra dover fare i conti con gli umori del potente di turno. Tra questi potenti dobbiamo inserire anche tanti ministri del culto che non sempre colgono la preziosità di essere profeti. Insomma si preferisce l'acquitrino invece dell'acqua limpida che scorre libera e guizzante.
Il motivo ritengo sia da cercare nell'incapacità di trovare una meta definitiva alla propria vita, anche in questo caso Gesù deve essere il modello:Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme ... Se la meta non è evidente diventa tutto più difficile da definire, diventano confusi anche gli strumenti da usare:Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?
Come fratelli e sorelle che con tutti i limiti comunque vogliamo vivere al servizio del Signore, non dobbiamo fare altro che affiancarci al salmista che invoca la misericordia e l'affidamento la Signore:Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu». Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Il Signore è la nostra pace e Lui deve donarci conforto.
4 giugno 2016 - X Domenica Tempo Ordinario
La celebrazione festiva ci chiede di rileggere la nostra fede in Gesù Cristo e nella potente azione di Dio che è attento alla sofferenza dell'uomo ed è il Signore della vita. Contemporaneamente ci chiede di fare una analisi della storia del nostro rapporto con Dio, e quale fede abbiamo nella Sua volontà di intervenire nella nostra vita, di darci speranza di restituirci pace. La vedova in Sareptà di Sidone stava perdendo la fiducia nel futuro con la morte del figlio, il corteo funebre di Nain era orientata a generare disperazione in una donna.
Ma la Parola di Dio spesso ci ricorda che: Nulla è impossibile a Dio. La manifestazione della potenza di Dio non è orientata solo a risollevarci dalla condizione di peccato, ma anche a liberarci dai drammi che alcune volte si accompagnano alla nostra via e non sempre ci vedono capaci di elevare lo sguardo verso Dio. Abbiamo bisogno di una fede più forte nella presenza del Signore, questo fa di noi un bene prezioso per ogni uomo, credente e non credente, anche perché Dio nel manifestare la sua misericordia, non fa distinzione di persone.
Se vogliamo maturare una migliore coscienza della nostra vocazione di cristiani, nella nostra dedizione a Dio dobbiamo solo fare spazio a Gesù per permettergli di operare con la libertà che ne contraddistingue da sempre l'azione. Gesù entra nella situazione, si guarda attorno con attenzione, cerca la miseria dell'uomo e la trasforma con gesti di affettuosità e di sincero amore verso l'altro.
Non ha bisogno di essere sollecitato, d'altra porte Lui ci stesso ci ha ricordato che non è necessario fare lunghe preghiere per essere esauditi. Non vuole neanche essere ringraziato, vuole solo trovare spazio nei nostri cuori e vuole che il cuore si apra alla gioia dell'incontro con la misericordia del padre. Lo sguardo di Gesù cerca sempre lo sguardo della persona, anche se ci sono le folle per Lui non ci sono altro che persone da incontrare.
Il cammino della vita per ciascuno di noi presenta molte situazioni di incontro con Dio: celebrazioni, preghiera personale, pellegrinaggi, incontri di formazione. Al centro di ogni celebrazione è sempre l'azione di Gesù. Ma non sempre riusciamo a farne memoria, anche per questo molti legano la loro storia di fede a questa o a quell'esperienza ecclesiale, dimenticando che tutto ha inizio con il proprio Battesimo, ricevuto come un dono prezioso dai nostri genitori fin dalla più tenera età.
E' l'apostolo Paolo in uno scritto molto polemico a ricordarci che tutto si innesta nella fede ricevuta dai padri, è in questa fede coltivata fin dal grembo materno che si inserisce l'azione di Dio orientata a trasformare e a perfezionare la comprensione della propria missione. Nella disponibilità all'azione dello Spirito Santo tutto diventa particolarmente significativo ed esclusivo, ciascuno di noi è depositario di una particolare rivelazione di Dio
Questo ci rende unici e insostituibili davanti a Dio e nella Chiesa. E' una rivelazione che comprendiamo meglio vivendo come Chiesa, è questo il significato che l'Apostolo vive nel confronto con Cefa e Giacomo a Gerusalemme. Ma la propria specificità rimane sempre anche per questo le Chiesa paoline sono diverse da quelle petrine e da quella di Giacomo, diverse ma non contrapposte. E' la bellezza della manifestazione dell'unico spirito nella diversità delle situazioni e delle comunità ecclesiali.
Certo tutto deve essere contrassegnato dall'unità e dalla comunione che nella comunità è rappresentata dal Vescovo. Non tutti e sempre comprendiamo questa verità ed è per questo che alcune volta la comunità ecclesiale vive ed ha vissuto nella sua storia divisioni e lacerazioni. La diversità è diventata contrapposizione, assolutezza di verità legate a questo o a quel riformatore. O più semplicemente a questo o a quel sacerdote. La preghiera costante della Chiesa come quella del Signore è sempre che la comunione venga resa manifesta e sia testimoniata ogni giorno in ogni cuore.
26 marzo 2016 - Veglia di Resurrezione
Ci prepariamo alla Veglia della Notte Santa, la Madre di tutte le veglie celebrate in onore del Signore, è come pervenire ad un traguardo che si è sperato conseguire da molto tempo e, adesso che è a portata di mano, sembra rinviare a nuovi orizzonti totalmente inesplorati. Effettivamente la festa della Pasqua da sempre comporta una disponibilità innovativa, esige il coraggio di tentare una impresa, ma anche la soddisfazione di percepire i frutti di un lungo lavoro.
A cominciare dalla pasqua degli agricoltori, anche se è improprio chiamarla così, sappiamo bene che questo termine lo riceviamo dall'azione dell'angelo sterminatore che comportò la decisione da parte del Faraone di liberare gli schiavi delle tribù di Israele. Però il periodo è sempre lo stesso, la natura riapre il suo ciclo produttivo e la terra dona le primizie del grano, il mondo rurale si riappropria dell'impegno di valorizzare questo dono del Signore che poi diventerà il nutrimento e la speranza di un futuro.
Gli antichi ritenevano che in questo periodo Dio avesse creato l'Universo, anche per questo la festa dell'incarnazione è stata posta in questa fase dell'anno liturgico, la nuova creazione, nel giorno della creazione originaria. Anche la vita della campagna è un'avventura che esige sempre grande coraggio, dedizione, speranza e infine la gioia di raccogliere il prodotto che il Signore fa crescere. Anche per questo motivo, fin dai tempi più antichi, si porta al Signore la primizia del grano nuovo.
L'esperienza dell'Esodo non è meno rischiosa del seminare il grano, un lungo cammino iniziato con l'esaltazione delle grandi opere del Signore ma, man mano che procedeva si avvertiva sempre più la fatica di dover affrontare ogni giorno la costruzione del nuovo cammino, e spesso emergeva come un rifiuto dell'opera stessa di Dio, sopratutto quando questo esigeva la partecipazione attiva del popolo di Dio.
Come sempre, Dio è esaltato quando le cose vanno bene, se ne evita l'ascolto e la disponibilità quando esige i nostri sacrifici. E' una storia che tutto sommato si ripete anche ai nostri giorni, ma sappiamo bene e lo apprendiamo proprio dalla Parola di Dio che il cammino non termina mai, per cui ogni traguardo non è altro che il rilancio di una nuova meta.
Per gli ebrei si è trattato della Terra promessa, della monarchia, del profetismo, della deportazione e ancora tante esperienze che sarebbe impossibile elencare e descrivere nella loro bellezza e anche nella loro drammaticità. Ma è la novità permanente dell'azione di Dio che instancabilmente accompagna e guida la storia dell'uomo verso nuovi traguardi sempre più ambiziosi, sempre più contrassegnati dal Suo amore.
Anche quando sembra che l'uomo faccia di tutto per allontanarsi da Lui, non mancano presenze amiche che ne riaccendono l'ardore e la voglia di compagnia. E' in questa dinamica di costante ricerca dell'amicizia con Dio che si inserisce la novità della nascita di Gesù di Nazareth, che proprio negli avvenimenti che questa notte celebriamo, esprime pienamente la potenza gloriosa di Dio che si accompagna stravolgendolo al fallimento e alla volontà di morte dell'uomo.
E' ancora una volta un messaggio innovativo, che genera interesse sempre nuovo per la vita della persone e per l'eternità verso la quale ogni persona orienta il proprio cammino. In Gesù Cristo ogni uomo scopre una vocazione nuova che non si esaurisce nella dinamica delle relazioni terrene, ma ha il suo principio e il suo fine nella potenza e nella contemplazione di Dio.
Purtroppo spesso anche nella vita di comunità si da più importanza alle cose che facciamo noi che non a porre attenzione all'opera che Dio compie a prescindere dalle nostre azioni. E' accaduto anche nella prima comunità, troppa attenzione all'opera dell'uomo che aveva sancito la morte del Figlio di Dio, e poca disponibilità a cercare pienamente il significato di quello che andava accadendo, Dio ha risuscitato il Suo figlio unigenito dalla morte.
E' un incoraggiamento ad aprirci alla potenza dello Spirito Santo, solo nello Spirito noi riusciamo a cogliere pienamente ciò che Dio vuole trasmetterci l che non vuol dire che vi aderiamo pienamente, ma almeno sappiamo verso dove orientare il cammino. D'altra parte l'opera è di Dio e noi dobbiamo avere fiducia che lui ci condurrà nella nostra breve esistenza a comprensioni sempre nuove della Sua volontà amante, che ha bisogno della nostra collaborazione perché possa manifestarsi pienamente e portare speranza soprattutto agli sfiduciati.
Buona pasqua a tutti, il che vuol dire buon cammino sempre nuovo nel fare la volontà di Dio. Da parte mia non posso che incoraggiarvi alla preghiera per tute le esigenza dei cuori smarriti e per i tanti drammi esistenziali che esigono la nostra solidarietà e la nostra affettuosa attenzione.
23 marzo 2016 - Mercoledì Santo
Siamo entrati pienamente nella preparazione della Pasqua del Signore, il Mercoledì Santo è uno dei grandi momenti liturgici che cominciano a delineare in modo definitivo la sorte di Gesù. L'ascolto della Parola di Dio ci propone il dramma del tradimento di Giuda. Non deve essere stato facile per questo discepolo del Signore, uno dei più fidati visto che gli era stata affidata la cassa della comunità, fare questa scelta orientata probabilmente a esaltare in modo definitivo la sequela e la missione del Maestro.
Certo la relazione dei fatti per come la descrivono i Vangeli canonici non lascia spazio a interpretazioni benevoli, Giuda si è mosso per amore del denaro, Anche in altri brani dei Vangeli non mancano di rimarcare questo suo atteggiamento negativo, Ma le parole di Gesù lasciano spazio a una comprensione più ampia e articolata di questi momenti e del ruolo di Giuda.
Non si tratta di essere buonisti ma semplicemente di cogliere, anche negli atteggiamenti negativi delle persone le motivazioni che non necessariamente sono determinate da volontà omicide, ma troppo spesso sono frutto di messianismi deviati o di traguardi che orientano altrove le proprie potenzialità interiori.
Ritengo che anche i gravissimi fatti che stanno accompagnando la nostra storia recenti si connotano con la stessa matrice, una profonda idealità, la volontà di conseguire dei risultati orientati all'affermazione di se stessi, lottare con accanimento quando sembra che si operi in modo deviato, o comunque distraendosi dai traguardi sperati.
Certo anche in Giuda non deve essere stato facile orientare alla possibilità della morte per il Maestro la sua esigenza di vederlo affermato di fronte alle autorità giudaiche e a quelle romane. Gesù non ne voleva sapere aveva nel cuore un altro modello di potere , quello dell'amore verso tutti e probabilmente questo non coincideva con le motivazioni che lo avevano spinto a seguirlo.
Insomma il cuore dell'uomo è assoggettato a tante passioni e in questo caso sono emerse quelle più definitive. O la va o la spacca, si sarà detto. E quindi si è lasciato trascinare dalla sue passioni e non dal progetto del Maestro, è quello che noi chiamiamo il tradimento ma Gesù non lo rinnega e lo cerca fino all'ultimo istante.
L'amore non diventa mai odio per cui cerca sempre coloro che ne sono destinatari, quindi tutti gli uomini del mondo, compreso Giuda. Questo atteggiamento alcune volte apre alla conversione, altre volte non ci si concede il tempo di cogliere il valore dell'azione di Dio che è così diversa da quella dell'uomo, in questi casi emerge la disperazione.
Dobbiamo affermare che in questi drammi determinati dai kamikaze si esprime tutta la disperazione dell'uomo di oggi, al quale è stato tolto il dono dell'amore di Dio attraverso una campagna sistematica e ormai secolare di ateismo pratico che caratterizza anche molti credenti, ci si afferma credenti ma si vive in modo materialistico.
Anche questi giovani che si fanno esplodere non appartengono alle fede islamica ma al materialismo credente europeo, che radicalizza le proprie convinzioni fino a desiderare la distruzione degli altri che non le condividono. Ne abbiamo già fatto esperienza con le tante mafie che infestano i nostri territori, con le ideologie fasciste, naziste, comuniste, ma per amore di verità dovremmo dire anche imperialiste, colonialiste.
Troppo spesso per presunzione di civiltà ci siamo arrogati il diritto di sterminare intere comunità semplicemente perché appartenenti ad altre culture, ad altre fedi, o per bramosia di denaro e di potere. Non dobbiamo stupirci che ancora oggi, anche se con motivazioni diverse e ideologia usate in modo strumentale, si cerca di conseguire le stesse finalità come ha cercava di fare Giuda, e sopratutto con gli stessi strumenti.
27 gennaio 2016 - III Domenica Tempo Ordinario
Ogni Domenica il Signore ci chiede di metterci in ascolto della Parola che Lui ci ha donato come lampada che guida i nostri passi. Ma questa Domenica siamo chiamati a comprendere anche l'ascolto della parola come una bellissima azione liturgica che ci rende presente Gesù in ogni suo momento. Siamo anche incoraggiati a modificare un atteggiamento che ha trasformato le nostre aule liturgiche in centri di lettura, mentre dovremmo educarci ad ascoltare la Parola: Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo spuntare della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini, delle donne e di quelli che erano capaci d’intendere; tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della legge. Noi cristiani sappiamo che la Parola è Gesù, per cui dobbiamo educarci ad ascoltarlo: I levìti leggevano il libro della legge di Dio a brani distinti e spiegavano il senso, e così facevano comprendere la lettura.
L'autore ci chiede di sentirci parte di questa azione liturgica che i deportati di Babilonia vissero al loro ritorno a Gerusalemme, la situazione era difficile anche perché dovevano riprendere a vivere in una città semidistrutta. Anche per questo si rese necessario accentuare la solennità e il rispetto dell'assemblea liturgica. Ma come accade quando il dolore sembra essere particolarmente vivo nel cuore dell'uomo, neanche gli incoraggiamenti e la la presenza viva di Dio riuscivano a trasmettere gioia:Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge.
Ma la vita deve continuare e anche per questo il tutto viene concluso con un banchetto rituale che noi potremmo comparare con la nostra eucaristia, da condividere con tutti anche con coloro che non potevano essere presenti all'azione sacra: Neemìa disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza». E' una frase molto bella che ci aiuta a vivere meglio, noi siamo forti solo quando sentiamo che quello che viviamo è la volontà di Dio.
Nello scrivere la narrazione della sua vita di Gesù, l'evangelista Luca avverte l'esigenza di farlo precedere dalle motivazione che ne hanno determinato la stesura. Da questa introduzione noi impariamo che quando questo evangelista scrive andavano morendo gli Apostoli, che i cristiani avevano bisogno di essere rinvigoriti nella fede e che molti altri avevano già scritto su Gesù. Per cui dobbiamo pensare che Luca avesse davanti agli occhi molti scritti ai quali poter attingere e tra i quali scegliere i racconti che intendeva inserire nel suo Vangelo: così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato ... in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
Poi entriamo nel vivo della scena, Gesù è adulto, ha già ricevuto il battesimo di Giovanni, ha già scelto alcuni discepoli, ha già operato dei segni che lo hanno reso noto in tutta la Galilea. A questo punto avverte l'esigenza di ritornare a Nazareth, capita ancora oggi che quando uno ha conseguito dei risultati avverta l'esigenza di restituirsi al suo ambiente naturale, anche per far conoscere al sua nuova condizione di vita: Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Il testo esprime la naturalezza delle sue azioni, tutto si svolge per come aveva fatto sempre.
La scena è molto descrittiva per cui possiamo sentirci anche noi presenti all'interno della sinagoga: Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio ...». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. E' come la nostra liturgia della Parola, a questo punto tutti aspettavano che spiegasse ciò che era stato proclamato nel testo del Profeta.
Ed è a questo punto che accade l'imprevedibile, Gesù dichiara pubblicamente che è iniziato con Lui l'avvento del Regno di cui parlava Isaia: Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Anche nella nostra vita ci deve essere questo oggi, così definitivo che determina un cambiamento fondamentale che ci fa uscire dal qualunquismo e dalla abitudinarietà. In virtù di questo oggi ogni momento diventa prezioso anche perché è animato dallo Spirito Santo e aperto al servizio verso gli altri in nome di Dio.
E' proprio questa realtà che si realizza con il nostro inserimento in Cristo, mediante il Battesimo, che ci propone l'Apostolo. Lo fa aiutandoci a comprendere i nostri rapporti interpersonali nella dinamica del corpo articolato in tante membra unite a Cristo che è nostro capo. E' grazie all'inserimento in Lui che anche noi possiamo considerarci figli di Dio, ed è grazie a Lui che noi partecipiamo dalla Grazia di Dio: Fratelli, come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
Sappiamo tutti bene che non sempre comprendiamo questo dono di essere famiglia cristiana, anche per questo ci sono tante ingiustizie tra le persone e tra i popoli. Ma non dobbiamo desistere, percorrendo la via della santità, a cooperare al progetto di Dio che ci vede come un'unica famiglia visitata e animata dallo Spirito di Cristo:Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. Leggerci in questo modo non può che alimentare in noi l'anelito alla comunione e alla realizzazione del regno di giustizia e di pace che Gesù ha iniziato tanti anni fa e che ha affidato a noi tutti.
Il Salmista ci ricorda l'impegno di non distrarre il nostro sguardo dagli insegnamenti del Signore, è in questa fedeltà la nostra pace e la nostra gioia: La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice. I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi. Avere confidenza nell'aiuto e nella presenza di Dio nella nostra vita fa di noi persone carichi di speranza e aperte alla gioia del dono di se.
20 gennaio 2016 - II Domenica Tempo Ordinario
La ripresentazione del tempo ordinario possiamo caratterizzarla come una particolare attenzione alla costruzione e all'amore verso a città dell'uomo che per noi significa semplicemente amore verso Scalea. E' il profeta Isaia a chiederci di osare di per amore di Dio nella disponibilità a dare speranza alla città del cuore, che per lui era Gerusalemme ma che per noi è la nostra Scalea: Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Non dobbiamo darci pace finché non ci sia pace e amore per la nostra città e nella nostra città.
Occorre operare per restituire il protagonismo ai cittadini, cogliendo la possibilità di aprire all'amore la gioia di sentirsi comunità e anche la possibilità di aprire alla vita comune tutte le relazioni che si accompagnano alla possibilità di costruire un modo nuovo di relazionarci. Dobbiamo riuscire a trasmettere la sensazione di sentirsi amati, cercati e non abbandonati: Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo.
Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te. Non sempre è facile trasmettere queste sensazioni anche perché i credenti non sempre contraddistinguono la loro disponibilità con la dedizione amante di cui parla il profeta, però è questo che ci chiede il Signore, i cristiani devono concorrere con il cuore e con la testimonianza alla costruzione della fiducia nel futuro e della vivibilità dell'ambiente nel quale il Signore ci ha posti.
Anche l'evangelista Giovanni, incoraggia a cogliere il valore dell'amore nella disponibilità essere più attenti, nei confronti delle difficoltà che dobbiamo affrontare per restituire la gioia a coloro che hanno bisogno di essere sostenuti. Tutto nasce da una situazione sostanzialmente ordinaria, che l'evangelista ci descrive con la ovvietà della situazione: In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. E' una normale festa sponsale per cui tutto scorre in un clima gioioso e spensierato, come accade in tanti nostri matrimoni, non quello che si vive in chiesa ma quello che poi si celebra nei ristoranti.
Forse per il numero degli invitati, magari perché si era bevuto troppo accade l'impensabile: Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Tutto ciò che sembrava scorre in modo ordinario assume la connotazione dell'inquietudine, dettato dall'imprevedibile. Certo potremmo chiederci ma come mai la madre di Gesù sente il dovere di coinvolgersi, essendo semplicemente invitata per cui non immediatamente al centro dell'attenzione, noi non sapremmo cosa rispondere, però accade questo, la madre di Gesù avverte l'esigenza di intervenite perché gli sposi abbiano modo di vivere con gioia questo girono di festa, ed invoca l'aiuto del suo figlio Gesù.
Lei sa che il figlio non la deluderà, per cui chiede ai servi di essere pienamente disponibili: Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Il resto lo conosciamo bene, ciò che a noi può insegnare è che non dobbiamo mai temere di essere abbandona da Dio e quando questo ci accade non dobbiamo fare altro che invocare l'aiuto del Signore, mediante l'intercessione della sua madre Maria. Per l'evangelista Giovanni a Cana inizia l'avvento del Regno di Dio e inizia anche la sequela dei discepoli che da allora non abbandonano il loro maestro: Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Dobbiamo ammettere che è meno chiaro quello che è accaduto dopo, ma ormai abbiamo imparato che i discepoli non intendono venire incontro alle nostre curiosità, per cui lasciano sospesi gli avvenimenti immediatamente successivi, alla discesa a Cafarnao, che fecero insieme ai familiari di Gesù, che poi però spariscono dalla scena nella cittadina sul lago. L'apostolo Paolo ci riporta ai nostri impegni ordinari e ci ricorda anche che il protagonista di questi impegni non siamo noi ma lo Spirito Santo: Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. Insomma nella diversità degli incarichi e delle attività che viviamo al servizio della Chiesa, non dobbiamo mai dimenticare che ogni cosa ha la sua origine nello Spirito Santo di Dio.
Qualora questo non fosse chiaro, evidentemente non lo era come non è neanche ai nostri giorni, lui sottolinea nuovamente che: A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. La centralità è data a qual bene comune così poco di moda anche ai nostri giorni. Insomma il Signore ci dona della capacità non per farci esaltare di fronte agli altri ma semplicemente per aprire il nostro cuore al servizio dei fratelli.
Ed è per questo che ancora una volta il salmista incoraggia a non fare nei narcisismi spirituali ma a cogliere nella lode al Signore il senso più autentico del nostro stare insieme come comunità di fede: Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore, uomini di tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome. Annunciate di giorno in giorno la sua salvezza. In mezzo alle genti narrate la sua gloria, a tutti i popoli dite le sue meraviglie.
13 gennaio 2016 - Battesimo del Signore
Il Battesimo del Signore, nel racconto che ne fa l'evangelista Luca, è totalmente essenzializzato nel senso che da per scontato che chi legge sappia da altre fonti i particolari dello svolgimento dei fatti accaduti sulle rive del Giordano. Lui si limita ad affermare che anche Gesù ha ricevuto il Battesimo da Giovanni: Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo ... in realtà la sua attenzione è orientata a focalizzare quello che accade dopo: stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento. E' l'elezione a figlio nella sua condizione mortale, una elezione che coinvolge ciascuno di noi fin dal momento del nostro Battesimo, perché anche noi abbiamo ricevuto o Spirito del Signore e così siamo stati inseriti nel Corpo Mistico di Cristo.
Quanto tempo è rimasto Gesù al Giordano prima di ricevere il Battesimo? i Vangeli non si attardano in questa descrizione solo l'evangelista Giovanni ci viene a ricordare che dopo, anche Gesù battezzava, in un luogo a parte sempre sul Giordano ma è una scena che non ha molta fortuna nella nostra conoscenza della vita de della missione di Gesù. Tutto viene contestualizzato nell'ambito delle attese giudaiche del Messia che ancora una volta chiarisco era molto diversificata, non si identificava totalmente con il Messia guerriero della discendenza davidica, ma anche in quello sacerdote capace di purificare le devianze che venivano vissute all'interno del Tempo di Gerusalemme, o ancora in quello profetico vigoroso e capace di scuotere da un modo di vivere la fede apatico e rituale.
E' in questo contesto che leggiamo il profeta Isaia, il quale è chiamato da Dio ad incoraggiare i deportati in terra di esilio che fanno ritorno in Gerusalemme. E' una parola di consolazione che il Signore gli chiede di annunciare, ma anche una speranza che devono cogliere nel ripercorrere il deserto per cogliere pienamente il nuovo messaggio di speranza che Dio intende donare loro: Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni intervento di Dio deve essere colto come un dono, ma anche come una richiesta di impegno, Il signore vuole che i deportati ritornino nella terra dei Padri, ma chiede loro di purificarsi e di orientare meglio verso di Lui i loro cuori e le loro azioni.
Poi si annuncia in modo vigoroso una visione nuova della salvezza, non si parla più di eserciti che si scontrano ma di una presenza velata di Dio che si caratterizza nell'immagine del gregge e del pastore: Alza la voce, non temere: Ecco il vostro Dio! ... Come un pastore egli fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri. E' una immagine che ritorna spesso nel messaggio dei profeti, ma stenta a fare breccia nel cuore dei credenti di allora che erano ebrei, ma anche di oggi per molti tra noi cristiani è difficile cogliere la bontà assoluta di Dio quale strumento basilare per la realizzazione del Regno. Anche per questo molti contestano al Santo Padre una immagine eccessivamente caritativa, molti vorrebbero una Chiesa più integralista, più orientata a mostrarsi potente secondo gli uomini.
Ma questo certamente contraddirebbe la Parola di Dio che è totalmente orientata a mettere in mostra la potente azione di Dio nella Sua dedizione alla carità, gratuitamente interviene per la nostra salvezza. Troppo spesso l'amore verso Dio viene strumentalizzato per mercatini e interessi personali, accadeva una volta e continua ad accadere ancora oggi. E' evidente che chi lo fa non vive secondo Dio, anche se parla e opera in nome di Dio. L'Apostolo Paolo avverte l'esigenza di trasmettere al discepolo Tito questi insegnamenti: E' apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà ... Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone. Sono parole semplici e immediate che aprono alla comprensione della salvezza quale dono esclusivo di Dio, un dono di cui non dobbiamo mai stancarci di ringraziarlo.
Avverte anche l'esigenza di aiutare Tito a comprendere che la Salvezza esprime l'amore che Dio ha verso di noi, amore al quale dobbiamo corrispondere senza presunzione di eventuali diritti acquisiti in merito alle cose che riteniamo di fare per il Signore: Egli ci ha salvati, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un'acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna. Non dobbiamo mai perdere di vista l'eternità altrimenti tutto perde di vigore e anche la comprensione del dono rischia di restare svilito nella tante cose da fare ogni giorno.
La speranza eterna ci viene donata fin dal momento del nostro battesimo e dobbiamo vivere cercando di camminare nella via della santità, con grande umiltà e anche attenzione, perché le tentazioni sono tante e anche la possibilità di sbagliare è sempre presente nella nostra vita. Riprendendo il Vangelo ricordo anche a me stesso che Gesù, dopo il Battesimo, era in preghiera. La preghiera rimane la vera e sola energia capace di superare ogni difficoltà.
6 gennaio 2016 - Epifania del Signore
La celebrazione dell'Epifania chiude questo lungo periodo caratterizzato dalla centralità del mistero di Dio che si rende presente in mezzo a noi nel bambino di Betlemme. E' un mistero di amore mai esplorato totalmente anche perché contrassegnato da molte iniziative che distraggono dal messaggio di salvezza che il Natale vuole rappresentare per tutti coloro che cercano la speranza e, in qualche modo, ritengono di poterla vivere incontrando Gesù.
E' sempre bene ripeterci che abbiamo troppo istituzionalizzato questa gratuità, d'altra parte è anche un modo per appropriarcene e trasformare così un dono, in una proprietà privata. Per cui se uno vuole incontrarsi con Gesù deve farlo per come noi riteniamo. Forse non era questo il progetto di Dio, anche perché è vero che per realizzarlo ha avuto bisogno di una disponibilità credente piena e matura, ma è anche vero che questa disponibilità ha esigito una rilettura costante proprio in virtù del fatto che la scena davanti ai protagonisti si dilatava a vista d'occhio e anche oltre, in modo inimmaginabile.
L'annuncio a Maria della divina maternità nel segreto di Nazareth, poi la tormentata accoglienza da parte di Giuseppe quale corresponsabile della vita di Gesù, quindi la conferma da parte di Elisabetta con la nascita di Giovanni, il cammino verso Betlemme per il censimento, poi la nascita nella notte santa nel disagio di una grotta, la sorpresa dell'arrivo dei pastori che avevano ricevuto un messaggio di speranza, la presentazione di Gesù a Dio con la profezia di Simeone e la gioia di Anna e infine l'arrivo dei Magi. E' stato un cammino lungo che spingeva a cercare sempre più intensamente il senso della disponibilità iniziale.
Se vogliamo la storia di ogni vocazione è proprio così, si inizia da una disponibilità alcune volte neanche compresa pienamente, poi Dio ti dona di vivere esperienze ma pensate possibili. Ciò che conta è guardare all'azione di Dio con fiducia. L'azione di Dio è semplice nelle sue intenzioni: ogni uomo deve poter conseguire la salvezza. Alcune volte diventa più difficile nella realizzazione, proprio in virtù di quello che dicevo inizialmente. Il problema vivo e sempre attuale è quello di liberare l'azione di Dio dalle interpolazioni e ritualizzazioni umane.
In questo caso la Festa dell'Epifania viene restituita alla bellezza iniziale. Per cui ci viene detto che attraverso il cosmo l'uomo può vivere la Grazia di cercare e di incontrare Dio. Che incontrare Dio nella disponibilità dell'adorazione non significa vivere una qualche sequela istituzionalizzata, ma semplicemente trarne gioia per se stessi e per coloro che ci viene donato di incontrare. E' una gioia di cui noi non siamo proprietari ma verso la quale viviamo una disponibilità, un servizio. In seguito sembrerà che questo non fosse sufficiente e furono aggiunti altri Vangeli (apocrifi) orientati a trasformare i magi in credenti convinti.
Sono stati giorni molto intensi di spiritualità e di preghiera, anche se come ormai va accadendo le nostre chiese non si riempiono di fedeli. Solo il giorno di Natale ha corrisposto all'attesa della comunità che prega e ringrazia per il dono ricevuto. Anche in altre celebrazioni la chiesa ha donato la gioia di accogliere tanti fedeli, ma so che non sono della nostra comunità, non questo era meno bella la celebrazione ma con la comunità i bambini, i ragazzi e i giovani è un'altra cosa. Sarebbe ingiusto elevare il lamento invece dell'inno di gioia, anche perché il Signore ci ha donato di vivere realmente dei momenti di festa.
E' il Natale del Signore, il che vuol dire un momento di pace, di vita familiare, di condivisione nella fraternità, di attenzione agli ammalati, di accoglienza verso i non credenti, di sostegno nei confronti delle povertà, scambio di doni, ma soprattutto occhi che si incontrano nella gioia di stare insieme con semplicità. Nel Natale tutto deve essere semplice, altrimenti non si riesce a cogliere pienamente la bellezza del dono che Gesù rappresenta per tutti. Ma anche la bellezza e l'importanza di essere noi un dono per tutti. Il Santo Padre ci aiutato a capire che il Natale è ciascuno di noi.