PROGETTO PASTORALE 2014/2017
Presentazione
Ogni comunità parrocchiale si caratterizza per le sue specificità spirituali, umane, per i doni particolari che la rendono diversa, unica e nello stesso tempo preziosa, all’interno dell’unica Chiesa diocesana, ed è chiamata a manifestare la presenza di Gesù Cristo mediante la testimonianza di vita di tutti battezzati che ne sono parte.
Il compito del Parroco e di coloro che cooperano con lui, è perciò quello di cogliere tutti questi doni che vengono dallo Spirito, di valutarli nella loro bontà e fare opera di discernimento.
Nella sensibilità umana che la comunità deve esprimere in quel determinato territorio al primo posto è opportuno mettere i bisogni più immediati della Chiesa di oggi, che possono variare a secondo dei tempi e delle situazioni. Nella pastorale, almeno nei modi, non si dovrebbe ripetere mai nulla di quanto già vissuto precedentemente, altrimenti si può correre il rischio di sconfinare nel tradizionalismo, nella ritualità o peggio ancora nella musealità, dove tutto diventa inamovibile e ripetitivo.
La coscienza della missione che oggi si deve portare avanti, rende insostituibile la stesura di un progetto pastorale, che non è la semplice lettura di una realtà colta negli atteggiamenti salienti ed estemporanei del nostro tempo, ma una vera ricerca interiore alimentata dalla preghiera personale e della comunità, orientata alla valorizzazione progettuale, lineare e sistematica di tutto quando il Signore pone nel cuore dell’uomo per il bene di tutti.
E’ anche una occasione propizia per riflettere sul significato della vita della comunità cristiana in un determinato territorio in quel particolare periodo storico.
Anche la lettura del progetto pastorale non va intesa come un esercizio accademico, ma deve essere alimentata dalla volontà di sentirsi parte della vita di comunità. Una comunità parrocchiale che deve essere conosciuta e compresa, non solo nella tante attività che porta avanti, ma soprattutto nelle ansie pastorali, nelle attese spirituali, nelle fragilità umane di cui ogni comunità è portatrice.
Non sempre e tutti riescono a rendersi conto di questa complessità relazionale che ruota all’interno di una comunità parrocchiale, anche a motivo di una vita sociale che viene vissuta in modo frenetico, spesso disarticolata nei valori ai quali si dedica il proprio tempo, non sempre orientata alla costruzione della famiglia cristiana, della società cristiana.
Da circa due anni il Vescovo Mons. Leonardo Bonanno, ha affidato a me la responsabilità di animare la vita di questa comunità, che colgo e presento ricchissima di esperienze di umanità, complessa nelle relazioni sociali e familiari, bisognosa di una migliore comprensione della vita spirituale e della sua vocazione cristiana. Certamente rappresenta una porzione della Scalea di domani, della quale, a tutt’oggi, non sempre si riescono a cogliere stabili valori di riferimento dal punto di vista spirituale e morale.
La nostra è una città bella sotto molti aspetti, nonostante le molteplici situazioni di degrado ambientale, sociale e spirituale che si accompagnano alla sua storia attuale. La parrocchia si è sviluppata in quella che una volta era la campagna di Scalea, per cui il monumento più bello che il Signore ci dona di contemplare e che ci chiede di valorizzare sono i ragazzi e i giovani, permanente novità dell’amore e della gioia di Dio.
In questi anni, per il tempo che il Signore ci donerà di condividere, abbiamo la grave responsabilità di operare perché i nostri figli colgano la parrocchia come la loro casa, come ambiente ordinario della loro crescita spirituale e sociale, e come trampolino di speranza per il loro desiderio di futuro.
E’ la missione che il Signore da sempre affida alla Chiesa in questa terra, cristianizzata fin dal periodo romano, arricchita dalla spiritualità orientale con la presenza bizantina, poi incastellata nella fase feudale e arroccata ai piedi della Madonna del Carmine, sua celeste Patrona. Oggi è incamminata verso il suo futuro che in gran parte è affidato anche alla nostra fede, al nostro entusiasmo. Avverte l’esigenza di una nuova evangelizzazione e noi, totalmente affidati alla Vergine Santa, abbiamo il dono di contemplarlo luminoso davanti ai nostri occhi e di poter operare perché sia visibile ad ogni fratello e ad ogni sorella che cerca pace nell’amore del Signore.
Scalea 8 dicembre 2014
Festa dell’Immacolata Concezione
Il Parroco
Mons. Cono ARAUGIO
Analisi d’ambiente
La nostra è una parrocchia giovane, potremmo dire che è nata da poco, o meglio, è ancora nel grembo materno in attesa di maturare una propria identità spirituale e sociale. E’ stata eretta canonicamente nel momento di massima espansione edilizia della nostra città, questi nuovi insediamenti sono stati costruiti come una grande periferia, contrassegnata dall’anonimato urbano che spersonalizza le tante anime che negli ultimi decenni sono venute ad abitarvi.
Dalla Bolla di erezione della Parrocchia ci vengono ricordate le motivazioni che ne determinarono l’istituzione:
Nelle località Fischia, Cotura, Arenella di Scalea, si è verificato in questi ultimi anni un considerevole sviluppo edilizio, con conseguente aumento della popolazione. Essa, per la distanza dalla chiesa parrocchiale di San Nicola in Platea, ha ricevuto particolare assistenza spirituale … in un locale terraneo messo a disposizione da un fedele.
La stessa popolazione grata di quest’opera e sensibile ad un’assistenza completa, ha reclamato la presenza costante e giuridicamente definita del sacerdote, anche perché ad essa, nei mesi estivi, si aggiungono numerosi turisti.
Pertanto, invocato il nome di Dio e della Beata Vergine Maria, col voto unanime del Capitolo Cattedrale e del Consiglio Presbiterale, col parere favorevole del Vicario Foraneo e dei due parroci di Scalea, siamo venuti nella determinazione di istituire, con la Nostra ordinaria autorità, la nuova parrocchia sotto il titolo di “San Giuseppe Operaio”, dismembrandola e dividendola dalle altre due parrocchie di “San Nicola di Platea” e “Santa Maria d’Episcopio”.
La nuova parrocchia è contenuta nei seguenti confini: a nord Canale Tirello fino al ponte di Via Lauro, Via Birago, Via fiume Lao fino alla Tenuta Marghetich, e lungo la Tenuta Margetich in linea retta fino al mare; ad est Ferrovia dello Stato, dalla stazione fino al Fiume Lao; a sud Fiume Lao; ad ovest Mar Tirreno.
Così abbiamo stabilito e così ordiniamo che sia fatto.
Dato a Cassano Jonio nel giorno dell’apparizione della Madonna di Lourdes
11 febbraio 1974
+ Domenico Vacchiano, Vescovo
Nella responsabilità pastorale e canonica della comunità si sono succeduti Don Antonio Didona, durante il suo ministero è stata eretta la Chiesa parrocchiale, Don Michele Oliva che ha provveduto all’acquisto dei Locali pastorali, all’erezione del Campanile e alla costruzione della Chiesa della SS. Trinità. Non è possibile parlare dello zelo pastorale e delle tante iniziative con le quali, durante il loro ministero hanno intese corrispondere all’anelito per la costruzione della porzione di Regno di Dio loro affidata.
Oggi, anche a motivo del ritorno improvviso alla Casa del Padre di Don Michele, è stata affidata a me la grave responsabilità di continuare il cammino che la comunità ha intrapreso circa quaranta anni fa. Ci è stato lasciato un esempio prezioso di entusiasmo pastorale soprattutto dal punto di vista catechistico, che noi non dobbiamo dimenticare e dal quale abbiamo molto da imparare. La nostra è un parrocchia abitata in gran parte da coppie giovani, per cui dobbiamo continuare l’impegno di costruire la speranza per i bambini, ragazzi e i giovani che rappresentano la vera caratteristica della nostra parrocchia e non vogliono sentirsi trascurati nelle loro attese.
I luoghi di culto
La nostra parrocchia ha vissuto i suoi primi anni, celebrando i momenti liturgici e sacramentali in un garage situato in via Pepe. Sono stati anni molto intensi ed emozionanti, durante i quali la comunità, grazie anche all’impegno di tanti fratelli e di tante sorelle, ha intrapreso il suo cammino di evangelizzazione nel territorio allora caratterizzato da una presenza quasi totalmente rurale. Come sempre i primi passi sono i più importanti e, alimentati dalla vita di preghiera e dallo zelo pastorale vissuto intensamente con zelo missionario, riuscirono a suscitare entusiasmi e collaborazioni umanamente inimmaginabili.
Chiesa San Giuseppe Lavoratore
I lavori di costruzione della nuova chiesa, iniziarono in data 14 marzo 1977 e furono completati il 30 aprile 1978. Edificio moderno, modello di edilizia sacra contemporanea, venne progettato in ottemperanza alle esigenze della nuova liturgia dettata dal Concilio Vaticano II. A forma esagonale, con ampie vetrate. All’interno, delimitata dalla parete e da due colonne, una semplice ed elegante abside; al centro una solenne mensa eucaristica in marmo, e sulla parete l’artistico Tabernacolo …
Di fronte all’abside è il pronao che poggia sulle due colonne dirimpettaie. A sinistra del pronao stesso una lapide ricorda la consacrazione dell’edificio, celebrata da mons. Antonio Cantisani, allora arcivescovo di Rossano, il 1° maggio 1978.
L’impianto strutturale della Chiesa è rimasto lo stesso, mentre l’area presbiterale negli anni 1999/2000, durante il ministero di Don Michele Oliva, ha avuto una rilettura in chiave neocatecumenale. Inoltre le finestre sono state istoriate con la rappresentazione di alcune scene bibliche dell’Antico Testamento e con i misteri del Santo Rosario. L’interno della Chiesa è stato arricchito da dipinti, raffiguranti i Misteri della Luce.
Negli anni 2013/2014 è stato restituito alla primitiva impostazione architettonica, si è anche cercato di semplificare l’impianto ornamentale ligneo che appesantiva l’ambiente liturgico. Sono state create nicchie per accogliere le statue, è stata riqualificata la Cappella della Riconciliazione, inoltre il Tabernacolo, l’Ambone e la Via Crucis sono stati realizzati con i mosaici.
Chiesa SS.Trinità
La costruzione diquesto luogo di culto ha avuto inizio nell’anno 1997, realizzato con i contributi della CEI, è stato inaugurato il 27 marzo 1999. Era pensato per dare stabilità al servizio liturgico/pastorale della comunità in un’area periferica della parrocchia: Campo Volo, Pantano, Lintiscita, Impresa, Sant’Angelo. L’immobile molto complesso strutturalmente, non è stato mai valorizzato pienamente. La successiva determinazione canonica a Rettoria, ha contribuito a creare l’identità della doppia appartenenza tra Parrocchia e Rettoria, ed ha generato un improprio frazionamento nella vita spirituale ed ecclesiale dell’unica comunità di San Giuseppe Lavoratore.
Non lasciatevi rubare la speranza
E’ una frase che il Santo padre Papa Francesco ripete spesso soprattutto rivolgendosi ai giovani, anche per questo la sento particolarmente rivolta alla nostra comunità che è prevalentemente formata da giovani. Sono quasi due anni che il Signore ci ha donato di stare insieme per lavorare in questa porzione del Regno di Dio qui a Scalea, un tempo prezioso durante il quale, insieme agli altri Parroci e a coloro che cooperano nell’impegno pastorale, abbiamo cercato di cogliere i segni della grazia che il Signore ha donato alla nostra città. Scalea si presenta come una cittadina con circa 12.000 residenti, caratterizzata ormai da molti anni dall’esplosione residenziale estiva che per molti aspetti caratterizza e stravolge il modo ordinario di relazionarci durante l’anno.
Non possiamo tacere la profonda preoccupazione che accompagna oggi il nostro impegno pastorale, anche alla luce di quanto è emerso in modo evidente in ordine alla illegalità diffusa che caratterizza le relazioni quotidiane. La grave crisi politica, istituzionale di questi ultimi mesi, ha reso più evidente ciò che era sommerso ma già visibile, conosciuto, da tanti ovvero l’aggressione della criminalità. L’atteggiamento conseguente della cittadinanza è oggi di paura, di sconcerto ma anche un po’ di omertà! E’ evidente una grave situazione socio-economica ma soprattutto un senso di resa, di impotenza, una mancanza di fiducia che sta invadendo ogni persona in modo trasversale. Persone di qualsiasi età o situazione sociale sembrano ancor di più non avere alcun punto di riferimento. Non si ha fiducia né nello stato, né nella giustizia, ogni riferimento è svanito e ci si sente impotenti ed inutili. A livello amministrativo si vive una fase di transizione ma anche di paralisi non vi sono riferimenti stabili istituzionali, riferimenti per la cittadinanza!(Dal Progetto Educativo del Gruppo Scout Scalea 1° B. DE BONIS).
Come comunità cristiana siamo sollecitati a comprendere, con maggiore attenzione, in che modo il Signore ci chiede di renderlo presente nelle azioni di ogni giorno ordinate alla evangelizzazione, al ringraziamento e alla vita di carità. Che tradotti in atteggiamenti sociali significano lealtà verso lo stato, rispetto delle leggi, impegno nel far crescere la vivibilità e il rispetto nella città.
Il Santo Padre, rivolgendosi a noi, cristiani di Calabria, chiede di essere coraggiosi assertori del bene e del rispetto, di fare frontiera contro la cultura e la civiltà del male che è orientata al malaffare e alla sopraffazione. Chiede anche di vivere con coerenza la testimonianza del bene, rigettando tutto ciò che vi si oppone e tutto quanto da’ spazio all’azione del male nella nostra vita e anche nella nostra città: Quando all’adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del denaro, si apre la strada al peccato, all’interesse personale e alla sopraffazione; si diventa adoratori del male, come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza. La vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere.
Dobbiamo crescere, in una maggiore comprensione della responsabilità personale e del bisogno di un rinnovato protagonismo personale capace di coinvolgere tutti, per la costruzione della vivibilità rispettosa della legalità anche qui a Scalea. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare. Quando pensiamo di essere soli a lottare per il trionfo del bene, quando sembra che tutti ci abbiano abbandonato, dobbiamo aprirci alla speranza che la presenza del Signore alimenta nei nostri cuori. E’ nella vita di preghiera che il cristiano recupera pienamente la pace interiore e il senso della propria vita da spendere nella condivisione della Croce di Cristo, manifestazione dell’amore con il quale Dio ci ama e di come dobbiamo amarci vicendevolmente.
Ma può accadere, che il male trionfi anche per colpa di una comunità cristiana omertosa e narcisista, chiusa in se stessa, nelle proprie celebrazioni, nelle proprie processioni, incapace di denunciare il male sociale. Questo modello di comunità, corre il rischio di diventare incapace di interagire con coloro che nel territorio comunque operano perché il bene trionfi, nella semplicità di una vita spesa onestamente al servizio della propria famiglia e al servizio della comunità cristiana e sociale.
Mi permetto di aggiungere che, alcune volte, anche nelle nostre comunità parrocchiali, corriamo il rischio di far transitare atteggiamenti di rinnegamento della fede, quando si cerca di primeggiare a tutti i costi generando e operando ogni male nei confronti dei fratelli, semplicemente perché non la pensano come noi, che vorrebbero proporre un modo diverso di essere Chiesa o, peggio, quando si perseguono interessi personali nei luoghi resi preziosi per la presenza del Signore da rendere visibile mediante una testimonianza vissuta nella gratuità e nella solidarietà. Anche le nostre sagrestie, gli ambienti parrocchiali hanno bisogno di essere purificati da atteggiamenti che non testimoniano l’amore di Cristo, troppo spesso proprio in coloro che vivono quotidianamente un più stretto rapporto con Gesù.
La comunità cristiana in una società che cambia
Scalea continua ad essere profondamente segnata dalla tradizione religiosa cristiana e in particolare dalla devozione alla Beata Vergine del Monte Carmelo, la dedizione filiale alla Madre celeste si accompagna in ogni famiglia di antica tradizione scaleota. Ma Scalea è una cittadina che negli anni ha subito un flusso migratorio intenso e non sempre regolarizzato, per cui gran parte di coloro che abitano le contrade di un tempo, è abitata da non scaleoti.
Questi battezzati che possiamo definire trapiantati, rappresentano una generazione di mezzo, che con il corpo abita Scalea ma che con il cuore ha naturale nostalgia delle proprie origini. Ai primi immigrati dai paesi limitrofi, si è aggiunta una nuova generazione di immigrati molto numerosi provenienti dall’interland napoletano, salernitano e dal reggino. In questi ultimi anni il flusso migratorio ha una provenienza prevalente dall’est Europa, dal Nord Africa e dall’area indiana, né va trascurata la presenza cinese. Anche sul nostro territorio negli ultimi anni la presenza di stranieri (comunitari e non) è notevolmente aumentata e già nel 2010/2011 si registravano oltre 700 stranieri residenti. Tra gli stranieri maggiormente presenti nel comune di Scalea vi sono in prevalenza cittadini provenienti dalla Romania (306), dalla Polonia (65), dal Pakistan (54), dalla Cina (37), dall’Ucraina (36), dal Marocco (33), dal Regno Unito (29), dall’Albania (26), dal Brasile (11), dalla Russia (10), dalla Tunisia (9), dalla Francia (8), dal Senegal (6), dalla Repubblica Ceca (5), dagli Stati Uniti d’America (5). (Dal Progetto Educativo del Gruppo Scout Scalea 1° Beniamino DE BONIS). Ritengo sia inutile sottolineare che se quelli residenti ufficialmente sono questi, è opportuno valutare i dati a disposizione per eccesso, tenendo presente anche il flusso dei non residenti o più semplicemente di quelli irregolari.
A questa complessa situazione migratoria corrisponde una diversificazione anche della presenza religiosa dalla tradizionale appartenenza alla Chiesa Cattolica, alcuni sono passati alla Chiesa Evangelica Pentecostale, altri ai Testimoni di Geova. Negli ultimi anni è cresciuta la presenza di cattolici Ortodossi del patriarcato di Romania e di quello di Russia. Per quanto riguarda la presenza islamica è molto ramificata negli immigrati africani e asiatici che per il culto hanno aperto una moschea.
Una presenza significativa è rappresentata da organizzazioni anticlericali, che velatamente incoraggiano ad allontanarsi dalla vita di Chiesa, come atteggiamento necessario per proseguire nella carriera. Ci sono anche altre presenze spirituali di orientamento buddista, indù e animista che a tutt’oggi non rappresentano una comunità significativa.
E’ una nuova immigrazione che da molti anni, stabilmente, va popolando la nostra città. Scalea ospita una folta colonia di immigrati che ancora oggi vivono isolati e abbandonati a se stessi, con tutto ciò che questo significa in ordine all’aumento della microcriminalità e di una illegalità diffusa, legata alla loro stabile condizione di povertà e alle loro tante situazioni socialmente irregolari.
C’è un altro ambito sociale che merita tutta l’attenzione della comunità cristiana ed è fatta di persone sole e anziane che abita i quartieri fantasma costruiti, quali residenze estive, che sempre più frequentemente diventano abitazioni stabili per i poveri che abbandonano le periferie urbane e che cercano nella nostra città un po’ di accoglienza e maggiori spazi di socializzazione e di vivibilità.
La parrocchia si presenta perciò particolarmente bisognosa, come tante altre comunità cristiane della costa, di una evangelizzazione capace di restituire ai battezzati, la freschezza della novità che Gesù Cristo rappresenta per ogni uomo di ieri, di oggi e di sempre in ogni luogo. Ma ha anche bisogno di una evangelizzazione per i tanti non battezzati che vanno iniziati alla bellezza della comprensione cristiana della vita, questo si può conseguire non tanto con le parole e con atteggiamenti narcisistici di auto incensazione, ma soprattutto attraverso la testimonianza della vita di carità e della fraternità all’interno della comunità cristiana.
La nostra è una parrocchia molto complessa nella sua diversità, formata da oltre cinquemila abitanti articolati in circa milleottocento nuclei familiari, evidenzia, anche a uno sguardo superficiale, che ha bisogno di un lungo lavoro pastorale orientato a ricomporre il collante spirituale all’interno delle famiglie e tra le varie famiglie che compongono il tessuto sociale della città.
Non va neanche trascurato l’estensione territoriale nella quale è articolata la presenza dei battezzati, sostanzialmente stanziati tra il Canale Tirello e il Fiume Lao, cosa che certamente concorre a generare la frammentazione e l’anonimato nelle relazioni della vita di comunità.
Inoltre, anche in virtù del fenomeno turistico che caratterizza l’economia del territorio, la componente giovanile che vive molto lontana dall’impegno della testimonianza cristiana, è totalmente coinvolta, assoggettata al martellante bombardamento ideologico e disorientante della fluidità culturale del nostro tempo. Né va trascurato il rinnovato fenomeno della migrazione giovanile, che impoverisce delle energie culturali e operative più vive e dinamiche il territorio.
E’ una comunità di Battezzati, per la gran parte non praticanti, che si presenta carica di tradizioni e abitudinarietà nella pratica della fede personale. Ritengo perciò, in piena comunione con l’insegnamento del Santo Padre, di dover incoraggiare con insistenza a vivere una Chiesa in uscita, aperta alla missione verso le tante periferie cittadine, periferie esistenziali, morali e sociali che esigono la presenza di testimoni coraggiosi del Vangelo.
E’ necessario perseguire, ancora una volta con linearità, coerenza ed entusiasmo, l’impegno di annunciare in ogni ambiente la Buona Notizia della risurrezione del Signore.
Questa notizia è la vera novità per la vita dell’uomo di ogni tempo, una novità che ha sempre alimentato l’anelito alla santità e alla fraternità, e che ha incoraggiato la comunità cristiana a testimoniare la speranza anche nelle situazioni più difficili da affrontare.
Ci si rende conto, che la missione di annunciare con entusiasmo Gesù Risorto deve essere vissuta in una Europa ancora cristianizzata ma non più cristiana, nella quale politicamente e praticamente serpeggia in modo stabile una persecuzione ideologica anticristiana. In altre parti del mondo questa opposizione alla speranza cristiana viene vissuta in modo violento e con una intensità spesso drammatico.
Come sempre è accaduto nei secoli, ancora oggi la nostra speranza, nasce dall’incontro personale con Gesù Cristo morto e risorto per la nostra salvezza, in Lui crediamo ed è Lui la sorgente della nostra gioia. Lo abbiamo incontrato, conosciuto e lo trasmettiamo come la tradizione costante della Chiesa ci ha insegnato, mediante:
l’Ascolto, l’interiorizzazione e l’Annuncio della Parola che il Signore ci ha affidato;
· la Vita di Comunione che si alimenta attorno alla Mensa del Signore nella festa che caratterizza l’incontro dei fratelli in Cristo;
· la Testimonianza dell’Amore/Carità che dobbiamo vivere aprendo i nostri cuori e le nostre case all’accoglienza e alla fraternità verso tutti.
A questi valori, che sono quelli propri della vita cristiana, occorre aggiungere la capacità di aprirsi al dialogo anche con le altre energie laiche che sono vive e presenti nella nostra città. In questo modo tutti potranno attingere o almeno relazionarsi alla sorgente della speranza e della pace, che è Cristo.
Molti battezzati si sono stabilmente allontanati per i più svariati motivi, dalla vita della Chiesa, non senza la responsabilità di noi praticanti, legati in modo eccessivo e totalizzante a tradizioni che oggi non comunicano più l’essenza della fede. Lo si è fatto e lo si continua a fare totalmente dimentichi delle sollecitazioni dell’impegno di evangelizzazione che la Chiesa nel suo Magistero instancabilmente si sforza di rilanciare.
E’ il Signore che ci chiede di operare per recuperare energie sempre nuove, donando fiducia ai fratelli che ci pone accanto, con i quali dobbiamo imparare a camminare con gioia nell’amore che il Padre nutre soprattutto verso i figli che vogliono ritornare a sentirsi parte viva e attiva nella sua Casa.
Noi parroci, aggregazioni ecclesiali e non, istituzioni civili e militari, fedeli e persone di buona volontà, tutti coloro che amiamo Scalea, oggi abbiamo questa grave responsabilità, restituire alla nostra città la speranza di cui ha urgente bisogno.
Occorre restituire la fiducia nelle istituzioni, il rispetto della legge anche quando ci diventa scomodo, la ricerca dell’autentica solidarietà che orienta ogni pensiero e ogni nostra azione non tanto al proprio interesse personale quanto al bene comune. Solo in questo modo ci ricorda il Santo Padre: Sarete una Chiesa nella quale padri, madri, sacerdoti, religiosi, catechisti, bambini, anziani, giovani camminano l’uno accanto all’altro, si sostengono, si aiutano, si amano come fratelli, specialmente nei momenti di difficoltà.
Una Chiesa in uscita: Evangelizzare
Nella Parola di Dio appare costantemente questo dinamismo di “uscita” che Dio vuole provocare nei credenti. Abramo accettò la chiamata a partire verso una terra nuova (cfr Gen 12,1-3). Mosè ascoltò la chiamata di Dio: «Va’, io ti mando» (Es 3,10) e fece uscire il popolo verso la terra promessa (cfr Es 3,17). A Geremia disse: «Andrai da tutti coloro a cui ti manderò» (Ger 1,7).
Oggi, in questo “andate” di Gesù, sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa, e tutti siamo chiamati a questa nuova “uscita” missionaria.
La nostra Chiesa di San Marco Argentano – Scalea ha fatto proprio l’invito del Santo Padre di intraprendere con entusiasmo la via della missione. Ogni cristiano e ogni famiglia discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede di percorrere, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere le varie periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo.
Negli atteggiamenti che devono caratterizzare il nostro zelo di comunità missionaria, ripropongo semplicemente quanto ci viene donato dal magistero testimoniale del Santo Padre e le attenzioni quotidiane da vivere, che lui raccomanda all’impegno pastorale di ogni comunità ecclesiale. Chi ritiene di poter approfondire meglio il suo ideale pastorale può leggere il testo integralmente in EG 25.
Penso di poter sottolineare che, come Chiesa Cattolica, stiamo vivendo una nuova fase conciliare, la Chiesa sta rileggendo la sua prassi pastorale e in alcuni aspetti anche quella dottrinale. Di questa volontà di riforma, espressa ma ancora itinere, grazie a mezzi di comunicazione sociale, ne è partecipe ciascun battezzato nella realtà sociale in cui vive.
La Chiesa in uscita è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano. Primerear – prendere l’iniziativa. La comunità evangelizzatrice sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore (cfr 1 Gv 4,10), e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi.
Come conseguenza, la Chiesa sa coinvolgersi. Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli. Il Signore si coinvolge e coinvolge i suoi, mettendosi in ginocchio davanti agli altri per lavarli. Ma subito dopo dice ai discepoli: «Sarete beati se farete questo» (Gv 13,17). La comunità evangelizzatrice si mette mediante opere e gesti nella vita quotidiana al servizio degli altri, … Gli evangelizzatori hanno così “odore di pecore” e queste ascoltano la loro voce.
Quindi, la comunità evangelizzatrice si dispone ad accompagnare. Accompagna l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere.
Fedele al dono del Signore, sa anche fruttificare. La comunità evangelizzatrice è sempre attenta ai frutti, perché il Signore la vuole feconda. Si prende cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania … Il discepolo sa offrire la vita intera e giocarla fino al martirio come testimonianza di Gesù Cristo, però il suo sogno è che la Parola venga accolta e manifesti la sua potenza liberatrice e rinnovatrice.
Infine, la comunità evangelizzatrice gioiosa sa sempre festeggiare. Celebra e festeggia ogni passo avanti nell’evangelizzazione. L’evangelizzazione gioiosa si fa bellezza nella Liturgia in mezzo all’esigenza quotidiana di far progredire il bene.
La testimonianza della fede
Il dono della fede, in questa prospettiva, è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati (cfr At 5,31). Per l’apostolo Paolo, questo Amore introduce l’uomo ad una nuova vita: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una nuova vita” (Rm 6,4).
Una pagina molto bella che ci ha lascito Papa Benedetto XVI dobbiamo intenderla come il proseguimento di quanto narrava l’autore della lettera agli Ebrei, e ci ricorda il cammino della Chiesa nella testimonianza della fede: Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credette all’annuncio che sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione. Visitando Elisabetta innalzò il suo canto di lode all’Altissimo per le meraviglie che compiva in quanti si affidano a Lui. Con gioia e trepidazione diede alla luce il suo unico Figlio, mantenendo intatta la verginità. Confidando in Giuseppe suo sposo, portò Gesù in Egitto per salvarlo dalla persecuzione di Erode. Con la stessa fede seguì il Signore nella sua predicazione e rimase con Lui fin sul Golgota. Con fede Maria assaporò i frutti della risurrezione di Gesù e, custodendo ogni ricordo nel suo cuore, lo trasmise ai Dodici riuniti con lei nel Cenacolo per ricevere lo Spirito Santo.
Per fede gli Apostoli lasciarono ogni cosa per seguire il Maestro. Credettero alle parole con le quali annunciava il Regno di Dio presente e realizzato nella sua persona …
Per fede andarono nel mondo intero, seguendo il mandato di portare il Vangelo ad ogni creatura e, senza alcun timore, annunciarono a tutti la gioia della risurrezione di cui furono fedeli testimoni.
Per fede, nel corso dei secoli, uomini e donne di tutte le età, il cui nome è scritto nel Libro della vita, hanno confessato la bellezza di seguire il Signore Gesù là dove venivano chiamati a dare testimonianza del loro essere cristiani: nella famiglia, nella professione, nella vita pubblica, nell’esercizio dei carismi e ministeri ai quali furono chiamati.
Per fede viviamo anche noi: per il riconoscimento vivo del Signore Gesù, presente nella nostra esistenza e nella storia.
“La Parola del Signore corra e sia glorificata” (2Ts 3,1) quanto cammino ha fatto la Parola nella nostra comunità, come viene trasmessa ai nostri fratelli, come entra, con la sua forza trasformatrice, nella vita delle nostre famiglie. La vita dei cristiani conosce l’esperienza della gioia e quella della sofferenza. Quanti Santi hanno vissuto la solitudine! Quanti credenti, anche ai nostri giorni, sono provati dal silenzio di Dio mentre vorrebbero ascoltare la sua voce consolante! Le prove della vita, mentre consentono di comprendere il mistero della Croce e di partecipare alle sofferenze di Cristo (cfr Col 1,24), sono preludio alla gioia e alla speranza cui la fede conduce: “quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10).
Possiamo affermare che ai nostri giorni anche la nostra comunità cristiana di Scalea vive la fragilità di sentirsi messa alla prova, siamo chiamati a rendere ragione della speranza e molti nostri figli si allontano sempre più dalla pratica religiosa, non sempre e tutti ce ne rendiamo conto ma la vita di spirituale della nostra città è ridotta a un semplice ritualismo o a una sequenza di pratiche tradizionali, in realtà il più delle volte la gran parte di coloro che abitano questo territorio non vive neanche questo.
Una Comunità corresponsabile
Di fronte alle tante povertà pastorali e sociali del nostro tempo il Signore è attento e ci sostiene con il suo Spirito, ma spesso nella comunità si guarda con difficoltà ai doni che provengono dall’alto. Le novità ministeriali alimentate dallo Spirito non sempre sono accolte nella pastorale ordinaria, alcune stentano a trovare cittadinanza nel vissuto della comunità, poiché spesso si preferisce sgomitare in spazi stretti, tra i soliti noti, mentre il Signore ci sollecita ad aprirci nella dinamica della missione.
Dobbiamo fare nostra la preoccupazione già presente nelle prime comunità cristiane, della prudenza e del discernimento pastorale: “Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono” (1Ts 5,19-21). Lo Spirito Santo alimenta costantemente la vita della Chiesa con nuovi carismi, ma nonostante le costanti sollecitazioni del magistero non sempre la ricchezza dei carismi e dei ministeri, viene colta quale primavera dello spirito nella sua preziosità.
Siamo pienamente coscienti che gli Organismi di partecipazione laicali e le Aggregazioni ecclesiali, sono un dono del Signore alla sua Chiesa per la evangelizzazione delle tante periferie del nostro tempo. Perciò sarà nostro impegno valorizzare questi doni all’interno e nella dinamica dell’Unità Pastorale, incoraggiando i laici alla vita di comunione ed a sposare uno stile missionario, perché giorno dopo giorno possano contribuire sempre più al coinvolgimento attivo e corresponsabile della comunità.
Lo ripetiamo con rinnovato vigore, la comunione deve rifulgere con trasparenza in tutti gli ambiti della vita ecclesiale:
nei rapporti interpersonali tra i Parroci, che devono improntare le loro relazioni nell’ottica dell’Unità Pastorale con la sinergia dei carismi; facendo ogni sforzo per la realizzazione vera della pastorale integrata, superando in questo modo ogni divisione e contrapposizione negli sforzi dell’evangelizzazione della città.
tra le varie forme di Aggregazioni laicali, che devono gareggiare nella disponibilità sempre più autentica e testimoniata all’Annuncio e non tanto nel fare i primi della classe in virtù di presunte perfezioni raggiunte e forse non sempre visibili e testimoniate nella vita di ogni giorno.
La comunione è il segno luminoso che fa la differenza tra come si vive e si edifica la Chiesa e il modo di relazionarsi nella società civile. E’ tristissimo constatare che, spesso, anche persone che si ritengono impegnate nel costruire la vita della comunità stentano a cogliere il valore ineludibile della comunione.
Dobbiamo imparare sempre più ad amare, questo ci aiuterà a comprendere la preziosità di coloro che Gesù ci mette accanto e che devono sentirsi amati, inoltre concorrerà a orientare l’impegno pastorale verso una valorizzazione vera e non strumentale degli Organismi di partecipazione ecclesiali (Consiglio Pastorale Parrocchiale e Consiglio per Affari Economici).
La vita di comunione deve essere condivisa tra tutti coloro che in Cristo colgono il grande dono della vita comune e della partecipazione al mistero dell’appartenenza al suo Corpo mistico. Il discepolo che Gesù amava ricorda con insistenza nel suo Vangelo e nelle Lettere che ciò Gesù si attende da noi è l’amarci con la stessa intensità con la quale lui ci ha amato. “Da questo sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).
La missione della parrocchia oggi
Nella parabola del pastore e della pecora perduta e ritrovata, Gesù si preoccupa di mostrare che, per il pastore, anche una sola pecora è tanto importante da indurlo a lasciare tutte le altre nel deserto, per andare a cercare l’unica che si è smarrita; e quando la ritrova, prova una grande gioia e vuole che la sua gioia sia condivisa (cfr Lc 15,4-7). Il pastore Gesù è la trasparenza dell’amore di Dio, che non abbandona nessuno, ma cerca tutti e ciascuno con passione. Tutte le scelte pastorali hanno la loro radice in quest’immagine evangelica di ardente missionarietà.
Essa appartiene in modo tutto particolare alla parrocchia. Nata come forma della comunità cristiana in grado di comunicare e far crescere la fede nella storia e di realizzare il carattere comunitario della Chiesa, la parrocchia ha cercato di dare forma al Vangelo nel cuore dell’esistenza umana. Il Papa Francesco ci ricorda che: i Pastori devono puzzare delle pecore, volendo intendere che devono stare in mezzo alla gente non al di sopra delle loro teste o della loro vita. La comunità parrocchiale è la figura più conosciuta della Chiesa, per il suo carattere di vicinanza a tutti, di apertura verso tutti, di accoglienza per tutti.
Anche a Scalea, nonostante un diffuso senso di non appartenenza, le parrocchie continuano ad educare alla “vita buona” secondo il Vangelo di Gesù e alimentano il senso di appartenenza alla Chiesa. A livello di parrocchia si coglie la verità di quanto afferma il Concilio Vaticano II, e cioè che: la Chiesa cammina insieme con l’umanità tutta e sperimenta assieme al mondo la medesima sorte terrena.
Oggi però, ci ricorda ancora Papa Francesco, questa figura di parrocchia si trova minacciata da due possibili derive: da una parte la spinta a fare della parrocchia una comunità “autoreferenziale”, in cui ci si accontenta di trovarsi bene insieme,coltivando rapporti ravvicinati e rassicuranti; dall’altra la percezione della parrocchia come “centro di servizi” per l’amministrazione dei sacramenti, che dà per scontata la fede in quanti li richiedono. La consapevolezza del rischio non ci fa pessimisti: la parrocchia nel passato ha saputo affrontare i cambiamenti mantenendo intatta l’istanza centrale di comunicare la fede al popolo. Ciò tuttavia non è sufficiente ad assicurarci che anche nel futuro essa sarà in grado di essere concretamente missionaria.
Perché ciò accada, dobbiamo affrontare alcuni snodi essenziali. Il primo riguarda il carattere della parrocchia come figura di Chiesa radicata in un luogo: come intercettare “a partire dalla parrocchia” i nuovi “luoghi” dell’esperienza umana, così diffusi e dispersi? Altrettanto ci interroga la connotazione della parrocchia come figura di Chiesa vicina alla vita della gente: come accogliere e accompagnare le persone, tessendo trame di solidarietà in nome di un Vangelo di verità e di carità, in un contesto di complessità sociale crescente? E ancora, la parrocchia è figura di Chiesa semplice e umile, porta di accesso al Vangelo per tutti: in una società pluralista, come far sì che la sua “debolezza” aggregativa non determini una fragilità della proposta? E, infine, la parrocchia è figura di Chiesa di popolo, avamposto della Chiesa verso ogni situazione umana, strumento di integrazione, punto di partenza per percorsi più esigenti: ma come sfuggire al pericolo di ridursi a gestire il folklore religioso o il bisogno di sacro? Su questi interrogativi dobbiamo misurarci per riposizionare la parrocchia in un orizzonte più spiccatamente missionario.
Le molte possibili risposte partono da un’unica prospettiva: restituire alla parrocchia quella figura di Chiesa eucaristica che ne svela la natura di mistero di comunione e di missione. Il Papa ricorda che ogni Domenica il Cristo risorto ci ridà come un appuntamento nel Cenacolo, dove la sera del “primo giorno dopo il sabato” (Gv 20,19) si presentò ai suoi per “alitare” su di loro il dono vivificante dello Spirito e iniziarli alla grande avventura dell’evangelizzazione».
Nell’Eucaristia, dono di sé che Cristo offre per tutti, riconosciamo la sorgente prima, il cuore pulsante, l’espressione più alta della Chiesa che si fa missionaria partendo dal luogo della sua presenza tra le case degli uomini, dall’altare delle nostre chiese parrocchiali.
La parola Parrocchia perciò ci ricorda che siamo una comunità di pellegrini, che viaggiano insieme verso la vera patria, il Cielo, e si aiutano a raggiungerla sostenendosi l’un l’altro. Un po’ come il Popolo ebreo in cammino verso la Terra Promessa.
La Christifideles laici delinea la parrocchia: Essa è l’ultima localizzazione della Chiesa, è in un certo senso la Chiesa stessa che vive in mezzo alla case dei suoi figli e delle sue figlie. È la Chiesa che vive sul posto. La parrocchia - continua lo stesso documento - non è principalmente una struttura, un territorio, un edificio, è piuttosto «la famiglia di Dio, come una fraternità animata dallo spirito d’unità» è una casa di famiglia, fraterna ed accogliente; é la casa aperta a tutti e al servizio di tutti, o, come amava dire il Beato Giovanni XXIII: la fontana del villaggio alla quale tutti ricorrono per la loro sete. Questa definizione ci dona una immagine dinamica della parrocchia come comunità in cammino che alimenta spiritualmente e disseta le varie generazioni.
Parrocchia oratoriale
La parola Oratorio non è usuale nei nostri ambienti pastorali per cui spesso le si dà dei contenuti che non le appartengono. Di per se significa luogo di preghiera, di ricerca spirituale, ci si rende conto perciò che non coincide con il significato ordinario che lo descrive come ambiente di svago, di divertimento, del tempo libero da vivere giocando. Nel corso dei secoli la pastorale della Chiesa lo ha riqualificato in diversi modi di vivere la fede e la comunità, per cui abbiamo gli oratori del triveneto, quelli salesiani che si ispirano all’opera di San Giovanni Bosco, quelli lombardi che si richiamano all’opera pastorale San Carlo Borromeo, quelli romani che assumono la pedagogia gioiosa di san Filippo Neri.
Dico tutto questo solo per aiutare a capire che quando operiamo nella pastorale parrocchiale, non siamo degli apprendisti stregoni che pensano di inventarsi delle cose per attirare i ragazzi e i giovani, ma semplicemente sposiamo dei metodi di vita spirituale già ampiamente sperimentati dalla Chiesa. Noi dobbiamo, per come il Signore ci dona, rendere presente nella nostra realtà parrocchiale, quella più adeguata e pedagogicamente spendibile, tenendo in debito conto delle possibilità, delle esigenze, degli ambienti a disposizione e delle finalità che ci prefiggiamo.
Per la nostra parrocchia la parola oratorio non ha ancora un significato specifico, anche perché attualmente mancano educatori maturi nella fede, disponibili a spendere per amore dei ragazzi, il proprio tempo libero al servizio della comunità, purtroppo siamo cresciuti tutti in parrocchie che hanno proposto prevalentemente celebrazioni e riunioni.
Anche l’esperienza che è definita Oratorio, rappresenta solo un desiderio sul quale intendiamo spendere le energie educative a nostra disposizione. Ma l’Oratorio non è certamente un gruppo tra gli altri gruppi appannaggio di questo o di quell’educatore. E’ importante capire che tutta la Parrocchia è Oratorio, volendo dare a questo concetto quello che i Vescovi ci dicono quando affermano che la parrocchia è casa e scuola di comunione.
Per cui non ci sono educatori che fanno Oratorio e altri che fanno altro, l’Oratorio ha come valore centrale il coinvolgimento di tutti, e ogni attività educativa, formativa e di animazione deve concorrere in modo attivo, dinamico alla vita gioiosa della comunità parrocchiale. Tutti devono cooperare perché la parrocchia non sia solo il luogo delle Celebrazioni e degli incontri di Catechesi, ma sia il cuore amante della città.
La parrocchia deve essere pensata e vissuta così, senza barriere, senza esclusioni, sempre accogliente e festosa. Anche e soprattutto nei momenti di dolore, di difficoltà deve essere il luogo della speranza, della serenità e della pace.
Nell’impegno pastorale che il Vescovo mi ha affidato a Scalea trovo molti di quegli elementi che non ho mai avuto a disposizione nelle altre parrocchie, non ultimi per importanza, gli ambienti pastorali. Di tutto questo non dobbiamo stancarci di ringraziare chi mi ha preceduto, per il lavoro svolto e per i sacrifici vissuti perché la parrocchia potesse avere gli spazi per accogliere.
A noi è affidato l’impegno di vivere il prezioso lavoro educativo della conversione pastorale della mente, che non sempre è facile, ma avendo a disposizione una parrocchia giovane, e anche educatori abbastanza giovani non è un’impresa impossibile.
Il nostro modello oratoriale è quello della Parrocchia Oratoriale, anche per questo è opportuno identificarlo con il nome stesso della parrocchia, non è altro rispetto a ciò che siamo. Per cui tutti coloro che danno la loro disponibilità al servizio educativo della comunità sanno che la formazione esige una disponibilità alla gioia, al clima di festa che sempre caratterizzare ogni iniziativa. Soprattutto è richiesta la voglia di stare bene con tutti gli educatori senza selezionare amici e non, indispensabile è la voglia di educare giocando con i ragazzi, il gioco deve sempre essere presente in ogni iniziativa, il metodo scout ci ricorda che si fa tutto con il gioco e niente per gioco.
Siamo ancora molto lontani da questo traguardo? Questo non ci deve preoccupare, il Signore ci guarda con benevolenza in questa opera e, sostenuti dall’intercessione di San Filippo Neri, San Giovanni Bosco, San Carlo Borromeo e dall’esempio di quanti ancora oggi sono felici di accogliere i ragazzi e i giovani, intraprendiamo con l’ordinaria passione questa avventura dello Spirito.
Ci viene chiesto di amare, rispettare, accogliere i nostri figli e fare di tutto perché in parrocchia si sentano a casa loro. Non dobbiamo trascurare di pregare, perché questa opera del Signore, colga vocazioni sufficienti per essere portata avanti con entusiasmo ogni giorno. I giovani sono il cuore pulsante della nostra comunità, con la loro presenza gioiosa tutto diventa più bello e significativo.
La vita della Comunità Cristiana
Formazione Biblica - Tutte le iniziative formative e liturgiche animate dalla parrocchia saranno orientate alla formazione biblica, per venire incontro alla sete della Parola di Dio che è presente in molti cuori. L’approccio ordinario e quotidiano alla sorgente della nostra fede che è la Bibbia rimane un anelito ancora inespresso per la gran parte dei battezzati. L’obbiettivo immediato che ci prefiggiamo è quello di una maggiore dimestichezza nell’uso ordinario della Parola per la propria crescita spirituale, attraverso la valorizzazione della Lectio divina e dei Centri di Ascolto.
Gli itinerari formativi, impostati sull’approfondimento biblico, sono orientati a far crescere nei battezzati l’amore verso la Parola di Dio. Si spera che con la comprensione della missione universale della Chiesa, cresca la disponibilità ad animarne l’annuncio nei quartieri e nelle case della Comunità durante i tempi forti dell’anno liturgico mediante l’attività di crescita spirituale nelle famiglie della comunità mediante i Centri di Ascolto della Parola.
Iniziazione Cristiana - Seguendo quanto la Chiesa ci chiede di attualizzare, gli itinerari di formazione cristiana orientati alla Iniziazione Cristiana dei fanciulli, dei ragazzi e dei giovani sono impostati in chiave Catecumenale.
Questo significa che la Parola di Dio, la Liturgia della Chiesa, l’impegno nella Carità, il coinvolgimento attivo dei genitori sono parte integrante del cammino formativo.
Pur cogliendo qualche resistenza da parte delle famiglie che, in buona parte distratte dai tanti interessi del nostro tempo, continuano a vivere una prassi catechistica orientata ai sacramenti, l’azione educativa viene impostata per far crescere l’amore verso la vita cristiana e l’impegno della partecipazione attiva e gioiosa alla vita di Comunità.
Rispetto allo schema educativo proposto dalla nostra diocesi, abbiamo operato una leggera modifica per dare più continuità alla fase sacramentale. Per cui ai Ragazzi che scelgono di frequentare il cammino di formazione cristiana proponiamo due anni di Accoglienza, quale esperienza gioiosa di fraternità cristiana. Tre anni per vivere pienamente l’Eucaristia da intendere quale catechesi vera e propria. Infine due anni per la Confermazione, impostata come esperienza di testimonianza della fede e di avvio alla missione e all’impegno ecclesiale.
Formazione per le Coppie – La nostra comunità parrocchiale è formata da circa 1800 nuclei familiari. Per sostenere la crescita del protagonismo della vita cristiana nelle famiglie, e anche per rimuovere il forte arroccamento che molte famiglie vivono, si è avviato, anche in preparazione al prossimo Sinodo sulla famiglia della Chiesa Cattolica, un cammino formativo orientato alla comprensione ecclesiale del valore della vita familiare. Ma le coppie devono essere educate anche a una maggiore accoglienza verso quelle situazioni matrimoniali che stentano a vivere la vita familiare secondo quanto la Chiesa alla luce del Vangelo insegna. Questo itinerario ha come riferimento il Direttorio Pastorale dei Vescovi italiani sulla famiglia cristiana oggi, dove viene ricordato che la Parrocchia è la famiglia delle famiglie. Si spera così di poter creare, all’interno della parrocchia, un gruppo di famiglie impegnate nella propria crescita spirituale e capaci di diventare nel tempo, punto di riferimento per il coinvolgimento delle altre famiglie della comunità.
Famiglie che a loro volta si rendano disponibili, con la loro testimonianza attiva, preparata e formata con incontri mensili di formazione, ad accompagnarsi e a sostenere il lavoro dei catechisti, per concorrere insieme alla crescita dei figli nella fede.
La celebrazione della festa – La Domenica è il giorno della comunità, del ringraziamento e della lode. La Comunità cristiana sin dai primi tempi della chiesa ha vissuto questo giorno come esperienza di liberazione e di fraternità. E’ un fatto evidente a tutti la poca comprensione del significato dell’appuntamento festivo. La mancanza di una coscienza del ringraziamento verso il Signore viene evidenziata con una partecipazione frammentata e occasionale.
Un’altro dei motivi di impoverimento, per la vita di comunità, è il fatto ineludibile delle troppe messe festive che spezzettano di fatto la vita liturgica della parrocchia. Anche per questo almeno in alcune occasioni festive, eviteremo di organizzare tante celebrazioni. Questo ci permetterà di poter godere, in alcune occasioni durante l’anno liturgico, della festa di essere un’unica comunità, che celebra una sola celebrazione, attorno all’unica mensa del Signore.
Il Gruppo di Animazione liturgica è formato da fedeli impegnati ad operare per un coinvolgimento attivo dell’assemblea liturgica festiva, personalizzando la celebrazione e valorizzando i doni dello Spirito con i quali il Signore ci chiede di vivere il Ringraziamento. Questo si potrà ottenere mediante la valorizzazione degli operatori ed educatori, che offrono il proprio servizio in parrocchia.
Il primo obbiettivo che si prefigge è quello di coinvolgere tutto il Popolo di Dio nella comprensione della celebrazione e nell’animazione liturgica.
Si spera che questo servizio alla liturgia possa concorrere a cogliere meglio l’azione che Dio compie ogni giorno per il bene della comunità dei battezzati, alimentando così il senso della riconoscenza, del ringraziamento e della disponibilità all’amore con il quale il Signore ci ama.
Gruppo dei Lettori – La proclamazione Liturgica della Parola di Dio esige una preparazione e anche un coordinamento delle disponibilità per evitare confusione, pressapochismo e per non vanificare, attraverso una proclamazione non preparata, la ricchezza che promana dall’annuncio nella liturgia. Il problema centrale non è saper leggere, ma sapere che cosa si va a leggere, o per meglio dire proclamare.
Una cura particolare sarà dedicata alle persone che chiedono di annunciare la Parola, chiaramente parliamo della celebrazione Pro Populo Dei, perché, la loro crescita spirituale sia permeata dal servizio che offrono alla comunità e perché loro stessi crescano sempre più nella comprensione del particolare privilegio che il Signore dona di esercitare per il bene della comunità.
Coro Parrocchiale – L’azione liturgica viene celebrata e vissuta meglio se è animata e vitalizzata dai cantori. Per cui il servizio che il coro offre, è prezioso e insostituibile. Nel ricordare, come ci insegnano i Praenotanda, che il Coro è parte integrante dell’assemblea liturgica, ci si sforzerà mediante il cammino di formazione di far comprendere sempre meglio quanto la chiesa chiede di vivere per servire la liturgia.
E’ opportuno, con un lavoro coerente e metodico, cogliere l’importanza di coinvolgere tutta l’Assemblea, per le parti che le competono, nel canto liturgico. Per quanto è possibile è opportuno eliminare ogni forma di protagonismo individuale, questo permetterà a tutti i fedeli di sentirsi protagonisti dell’azione liturgica, grazie alla quale tutta la comunità cristiana diventa un unico inno di lode al Signore.
L’Adorazione Eucaristica – Questo appuntamento settimanale è il dono prezioso che Gesù fa alla nostra comunità, stare insieme per nutrirci dell’amore contemplato nel mistero della presenza mistica di Gesù nell’Eucaristia.
E’ un momento da vivere nell’intimità con il Signore, e in questa intimità riuscire a superare, proprio in virtù della sua presenza, le tante fragilità dettate dal rispetto umano, che si accompagnano all’impegno della testimonianza nella vita di ogni giorno.
Per tradizione pastorale il Primo Venerdì del mese è un giorno prezioso per vivere una maggiore attenzione nei confronti degli ammalati e delle persone sole. In questa giornata i Ministri Straordinari della Comunione vivono la visita agli ammalati e i Sacerdoti si rendono più disponibili per le confessioni e la direzione spirituale.
Comunità Maria – Questa esperienza ecclesiale, presente da molti anni nella nostra parrocchia, si caratterizza per la preghiera vissuta nel particolare affidamento allo Spirito Santo, la preghiera coinvolge e alimenta la gioia. Questo apre a un atteggiamento estatico che coinvolge tutto il corpo nella lode al Signore. La vita del gruppo è caratterizzata dai momenti di preghiera settimanali e dall’itinerario di formazione cristiana proposto dal Centro nazionale. Si spera in un maggiore coinvolgimento pastorale per poter animare centri di preghiera e di evangelizzazione in tutti i quartieri della parrocchia.
Gruppo di Preghiera Maria Rifugio delle Anime – La comunità per crescere ha bisogno di pregare e di essere sostenuta con la preghiera, mettendo sempre al centro della propria attenzione coloro che sono nella sofferenza. Questo cammino spirituale designato da Natuzza, è caratterizzato dall’appuntamento mensile per la recita di tutto il Santo Rosario meditato, La preghiera è l’anima di ogni iniziativa, è l’essenziale che deve sempre precedere e accompagnare la vita della comunità.
Una Chiesa povera per i poveri
E’ ancora una volta la Parola che il Santo Padre ci ha donato a incoraggiare a leggere il senso più autentico del nostro essere praticanti il dono della fede: … Sono qui per confermarvi … anche nella carità, per accompagnarvi e incoraggiarvi nel vostro cammino con Gesù Carità … nel favorire stili di vita e iniziative che pongano al centro le necessità dei poveri e degli ultimi. E lo estendo anche alle Autorità civili che cercano di vivere l’impegno politico e amministrativo per quello che è, un servizio al bene comune. Che cosa ci viene chiesto? Semplicemente quello che lui, come successore di Pietro, sta testimoniando con la sua vita spesa instancabilmente al servizio della Chiesa Cattolica, rifiuto di ogni lusso, scelta esistenziale dei poveri e della povertà, abbandono di ogni cosa superflua o orientata all’apparire più importanti degli altri. D’altra parte se uno è cosciente della propria vocazione, della missione che gli viene affidata non ha bisogno che gli altri lo applaudano, chi cerca queste cose spesso lo fa in modo ingannevole e non corrispondendo all’amore e alla centralità che Dio deve avere negli ambienti ecclesiali e nella nostra vita.
… Incoraggio tutti voi a testimoniare la solidarietà concreta con i fratelli, specialmente quelli che hanno più bisogno di giustizia, di speranza, di tenerezza. Anche a Scalea dobbiamo fare in modo che le aggregazioni ecclesiali, ai vari livelli di partecipazione, abbiano nei loro progetti e nelle attività che ne conseguono maggiore attenzione verso i più poveri e i più abbandonati, quelli veri e sono tanti troppo spesso nascosti nella loro dignità, non quelli che, anche in questo caso, contano sull’amico di turno che comunque gli porta il pacco. Non aggregazioni per fare parate in particolari circostanze, neanche gruppi di accademie pseudo culturali che passano il loro tempo a fare dell’intrattenimento sacro e che non si sporcano mai le mani per aiutare i poveri. Ma persone che instancabilmente dedicano il loro tempo alle persone sole, agli ammalati, ai bisognosi, agli extracomunitari.
Amatevi gli uni gli altri
E’ il Signore che incoraggia a vivere nella complessità della nostra esistenza, una spiritualità di comunione. Per comprendere meglio il significato di questo concetto fondamentale, per la crescita della comunità nella serenità e nella pace, ripropongo con semplicità quanto San Giovanni Paolo II ci indicava nella Novo millennio ineunte anche perché è, nello stesso tempo, disarmante nella sua semplicità e immediato nel contenuto: “Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell’altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità.
Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del corpo mistico, dunque “come uno che mi appartiene” per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia. Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio “un dono per me” oltre che per il fratello che lo ha ricevuto. Spiritualità della comunione è saper “fare spazio” al fratello, portando “i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie … senza questo cammino spirituale a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita”. (NMI 43)
La vita spirituale è la prima carità
Ci è stato più volte ricordato che questa è l’ora di una nuova fantasia della carità, questa fantasia ha la sua sede nel mistero comunionale dell’amore Trinitario; in Dio, comunione di Persone, che instancabilmente viene incontro alla nostra debolezza, spesso determinata dalla volontà di solitudine e alimenta modi sempre nuovi di guidare la Chiesa nel tempo.
Sappiamo tutti che la Carità si esprime non tanto e non solo nell’efficacia dei soccorsi prestati, ma nella capacità di farsi vicini e solidali con chi soffre così che il gesto di aiuto sia sentito come fraterna condivisione. Dobbiamo per questo fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come “a casa loro”.
Senza questa testimonianza dettata dall’amore verso gli ultimi, l’annuncio del Vangelo, che è sempre la prima carità, rischia di essere incompreso. Vogliamo ancora ricordare che la carità delle opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole (cfr NMI 49).
La prima povertà è quella spirituale, una persona è veramente povera quando vive senza fede. Per questo con insistenza pedante incoraggiamo all’Adorazione Eucaristica ogni Giovedì sera quando la preghiera è orientata alla santificazione dei Sacerdoti e per le vocazioni, ci mettiamo in preghiera per gli ammalati e per le tante disperazioni della vita di comunità. Incoraggiamo inoltre a vivere stabilmente il Sacramento della Confessione o Riconciliazione, senza mai trascurare la Direzione Spirituale.
L’attenzione ai poveri e alle povertà
Questa missione, di fronte alle grandi povertà del nostro tempo, può suscitare abbattimento, è la stessa situazione che vissero i discepoli in occasione della benedizione e frazione del pane. Gesù chiese loro di mettere a disposizione quanto potevano, e la gioia fu grande, esplosiva per tutti, fino all’inverosimile, nel constatare quanto il Signore riuscì a realizzare con la povertà condivisa. Tutti abbiamo imparato che la sorgente dell’amore è Gesù presente nel mistero Eucaristico in ogni Tabernacolo, anche nelle chiese più isolate, anche in quelle poco frequentate. E’ una presenza che si accompagna con discrezione alla nostra vita, una presenza sempre attenta alla nostra povertà spirituale, una presenza che incoraggia ad osare sempre più sulla strada dell’amore, una presenza che invita a guardare con speranza al futuro.
Caritas Parrocchiale Una Mano Amica – Sono ormai molti anni che la Chiesa sollecita a operare perché ogni parrocchia potesse diventare la casa della carità. Con costanza e instancabilmente, anche il Santo Padre Papa Francesco, ci chiede che la Chiesa sia povera e attenta ai poveri. Nella nostra città, anche a motivo del disorientamento politico e sociale che caratterizza questa fase storica, la parrocchia è diventata il naturale punto di ferimento per tutte le marginalità spirituali e sociali. La disoccupazione, la droga, le marginalità, gli immigrati, le povertà, la sofferenza, gli ammalati, l’impegno politico, la crescita sociale, la costruzione di una società più giusta esigono da parte dei cristiani una maggiore attenzione perché tutto questo diventi parte integrante della missione che il Signore ci ha affidato. Questa preoccupazione pastorale viene affidata a tutte le persone di buona volontà, che dedicano del tempo ai gravi problemi che si accompagnano alla vita di ogni giorno nelle comunità. E’ perciò opportuno sostenere questa attività pastorale, coordinata nella formazione a livello di unità Pastorale, che è orientata a far maturare, nella comunità cristiana, persone capaci e disponibili ad animare in un sincero spirito di fraternità e di gratuità una particolare sensibilità verso le tante povertà del nostro tempo.
Unità Pastorale di Scalea
La parrocchia di San Giuseppe Lavoratore è inserita pastoralmente nella Forania di Scalea. Inoltre poiché dal 2005 la diocesi di San Marco Argentano - Scalea ha avviato l’esperienza pastorale delle Unità Pastorali, come Unità Pastorale, Scalea è formata stabilmente dalle Parrocchie Santa Maria d’Episcopio, San Nicola di Platea e San Giuseppe Lavoratore, per alcune attività formative e servizi pastorali vi gravitano anche Santa Domenica Talao, San Nicola Arcella e Papasidero. L’unità Pastorale non è una struttura giuridicamente definita, è un modo di lavorare insieme di più sacerdoti in un territorio omogeneo e determinato. Comprende più parrocchie e gli altri enti ecclesiali presenti nel territorio e soggetti alla giurisdizione del Vescovo.
“L’Unità Pastorale è guidata collegialmente dai parroci che vivono e operano in quel territorio; i quali si rapportano tra loro nel modo seguente: uno di essi è il Parroco Coordinatore, con il compito di dirigere l’attività pastorale concordata insieme con gli altri parroci. Perciò i singoli parroci conservano per la parrocchia di cui sono titolari, la facoltà di assistere ai matrimoni e di dispensare i sacramenti, rimangono parimenti titolari della rappresentanza giuridica della propria parrocchia; concordano invece con il parroco coordinatore, l’intera attività pastorale, compresi gli orari e le modalità delle celebrazioni”.
Anche le esperienze formative, fondamentali per la crescita dei battezzati che vi aderiscono e per l’evangelizzazione della città, vengono coordinate nella dinamica della pastorale integrata, in comunione di intenti con i parroci che operano nella Unità Pastorale. Per valorizzare al meglio le energie di volontariato e le risorse destinate alla carità, si è scelto di operare anche nelle attività caritative come Unità Pastorale.
Le tre realtà parrocchiali, non solo dal punto di vista strettamente religioso e catechetico, ma anche per quanto riguarda l’aspetto aggregativo - educativo sono un importante punto di riferimento per la città. In questo momento di difficoltà economica e di disorientamento sociale sono diventate più necessarie e immediatamente visibile per le varie marginalità e necessità che vanno emergendo.
Sono numerosi gli interventi delle Caritas e tante famiglie trovano attraverso le parrocchie, aiuto e sostegno spirituale e materiale. Le persone impegnate nelle parrocchie nelle svariate attività formative e caritative, sono una ricchezza per il territorio, vi svolgono un volontariato spesso silenzioso, ma attento alla realtà e alla lettura dei nuovi bisogni.
Da oltre cinquanta anni sono presenti a Scalea le Suore di Carità di Santa Maria. Inizialmente il loro servizio si è caratterizzata come sostegno alle tante povertà sociali dell’infanzia. In diversi modi si sono sempre rese presenti sul piano educativo e formativo dei ragazzi e in alcune fasi anche dei giovani della nostra città. In questi anni, per come è loro consentito dalle attività della Scuola Materna ed Elementare, unica presenza Parificata della nostra Diocesi, si rendono disponibili per le attività catechistiche, per le iniziative caritative e l’assistenza agli ammalati. Né va trascurato il lavoro silenzioso di sostegno morale dato alle famiglie, sia con la preghiera che con il conforto formativo e spirituale.
L’esperienza dell’Azione Cattolica presente nella nostra città da tempi remoti vive il suo servizio nell’ambito della formazione per la crescita e il consolidamento della fede nei battezzati. L’associazione alla quale oggi si aderisce è totalmente orientata alla formazione degli associati e all’impegno di evangelizzazione delle comunità. Continua ad essere un importante punto di riferimento e a proporre la formazione nell’Unità Pastorale con la dedizione che ne ha sempre caratterizzato la presenza. Si sforza di vivere il suo servizio educativo per la crescita della fede con gli adulti, i giovani e i ragazzi.
Da circa trentacinque anni, con diversa intensità e in diversi modi, tanti fratelli e sorelle delle diverse parrocchie nelle quali è articolata la vita di fede della nostra città, vivono la comprensione dell’azione di Dio in loro e la disponibilità alla conversione, frequentando il Cammino Neocatecumenale. Questo gruppo di fratelli, non sempre riesce a corrispondere al suo carisma di presenza evangelizzatrice, ci si augura che questa esperienza di perfezione cristiana, orientata a una più autentica comprensione dell’appartenenza a Cristo, possa suscitare, in tutti i battezzati, sinceri aneliti di comunione e di rinnovata disponibilità alla vita del Vangelo.
L’attività educativa dell’AGESCI presente nella nostra città da oltre trenta anni,merita la nostra attenzione per il lavoro educativo che svolge orientato a responsabilizzare nella loro crescita i ragazzi e i giovani della nostra città alla vita di fede e all’impegno sociale. L’amore per la natura, l’impegno per la costruzione di un mondo più giusto che anela alla pace, sono doni troppo preziosi, che il Signore ci ha affidati, e meritano di essere valorizzati da tutti.
Quest’anno ha visto la luce un’altra esperienza pastorale, orientata alla valorizzazione della pietà mariana e alla comprensione della devozione alla Madonna del Carmine, celeste patrona della nostra città, viene curata mediante la Confraternita Madonna del Carmine. Questa esperienza che si caratterizza peruna rilettura nell’oggi della storia delle antiche tradizioni spirituali di Scalea, merita tutto il nostro sostegno e la nostra preghiera.
La Mensa Solidale Don Orazio Guaragna è un servizio di mensa gratuito, per persone in situazione di bisogno (anche momentaneo) e di marginalità, il cui scopo è quello di rispondere alle esigenze primarie dell’alimentazione. Il servizio è funzionante dal lunedì al sabato. La Mensa di Solidarietà è situata in via Lauro. Sono destinatari del servizio i cittadini italiani e stranieri in situazione di disagio socio-economico. Per essere accolto per la prima volta basta esserci per le ore 12.00 per segnalare la propria presenza ai volontari. Per essere accolto per le seconda o più volte o in modo stabile è necessario chiedere e ritirare il pass presso le parrocchie o presso i Servizi Sociali del Comune di Scalea. Le richieste e i bisogni delle persone vengono affrontate spesso dagli stessi parroci a cui i singoli e le famiglie si rivolgono, oppure attraverso le Caritas parrocchiali. Vengono aiutate mensilmente, attraverso beni alimentari, le offerte dei fedeli oltre 200 nuclei familiari, ai quali occorre aggiungere la gente che arriva occasionalmente e i Rom. Altre iniziative estemporanee sono: le famiglie aiutate nel pagamento delle bollette e degli affitti, donne sole in difficoltà sostenute nelle loro necessità e urgenze, la distribuzione del “Pane del giorno dopo” a circa 20 famiglie ogni mattina. A questo si devono aggiungere la distribuzione degli aiuti in capo di vestiario attraverso il Mercatino dell’Usato: prevalentemente visitato da extracomunitari (abiti usati dismessi nei cambi stagione) e il Mercatino estivo per i turisti finalizzato al sostegno delle opere di carità.
Tra gli ambiti personali più delicati che le parrocchie vivono c’è l’impegno orientato a superare i tanti drammi familiari legati alle separazioni, a rimuovere le sofferenze, ad animare la speranza nei figli. Inoltre grazie al coinvolgimento dei vari ministeri laicali visitano almeno una volta al mese oltre cento tra ammalati, persone sole e anziani. Questi fratelli e queste sorelle chiedono solo di non essere dimenticati e di trovare una disponibilità all’ascolto. Con i Ministri Straordinari della Comunione, i Diaconi e tanti volontari, ci sforziamo di non trascurarli in queste loro attese, senza dimenticare di portare loro l’Eucaristia, nella certezza che solo la presenza di Gesù riesce a donare la gioia di vivere nonostante la sofferenza e il conforto spirituale.
Dal 2013 opera attivamente a Scalea il Centro di Ascolto foraniale, non sempre compreso nella sua finalità principale che è quella di alimentare la speranza e di aiutare a rimuovere la disperazione. E’una struttura di servizio che la Caritas diocesana mette a disposizione della Forania di Scalea per cui sono coinvolti e serviti anche i paesi vicini. Offre anche un contributo prezioso per le tante disperazioni del nostro tempo: pagamento di bollette o altre utenze, necessità delle famiglie presentate come bisognose dalle parrocchie di appartenenza. Questo è reso possibile dalla distribuzione territoriale di parte dell’8 per mille che la CEI assegna annualmente alla diocesi, al fine di andare incontro alle famiglie in difficoltà sociale ed economica.
La Vergine Maria incoraggia il cammino
La Beata Vergine Maria del Monte Carmelo da secoli vigila sulla salvezza delle anime dei nostri battezzati, successivamente la devozione mariana si è arricchita con quella alla Madonna del Lauro soprattutto per gli operatori del mare. Infine ha avuto grande diffusione la Madonna del Santo Rosario di Pompei anche a motivo del grande flusso di turisti dell’area napoletana. Ai nostri giorni nelle aree rurali è incoraggiata la devozione all’Immacolata. Questo ricorrere stabilmente alla presenza di Maria aiuta a leggere il camminare con Maria come la via privilegiata per entrare ancora oggi nel cuore dei fedeli. Il Signore ci ha posti in questa terra e ci ha affidato questa terra, la cui storia è segnata da una profonda fede in Dio e nella Vergine Santa ma anche, da tante sofferenze e drammi umani. Ebbene la nostra gente ci insegna che non dobbiamo mai perderci d’animo, il cristiano alla luce dell’esempio che la Vergine ci ha donato non deve cedere alla tentazione della disperazione e dello scetticismo, il cristiano vive affidandosi nella preghiera alla comprensione del progetto di Dio. La gioia che si accompagna alla missione, non deriva dall’incoscienza, dall’illusione o dall’incapacità di leggere i drammi del nostro popolo ma dall’aver compreso che la gioia è un dono di Dio, che è un frutto dello Spirito.
La gioia, di cui noi parliamo e che abita la nostra vita nel servire il Signore, deriva ed è conseguenza del nostro dimorare in Dio, deriva dal vivere costantemente nella preghiera e dalla disponibilità sempre nuova a celebrare il suo amore per noi. Di questo facciamo esperienza se siamo coscienti della nostra appartenenza a Cristo. Non possiamo concludere che meditando quanto il Santo Padre emerito Benedetto XVI ci ha affidato da contemplare e da riflettere a chiusura del Sinodo sulla Parola di Dio:
La figura di Maria ci orienta nel cammino.
Questo cammino, potrà apparirci un itinerario nel deserto;
sappiamo di doverlo percorrere portando con noi l’essenziale: la compagnia di Gesù, la verità della sua parola,
il pane eucaristico che ci nutre, la fraternità della comunione ecclesiale, lo slancio della carità.
È l’acqua del pozzo che fa fiorire il deserto.
E, come nella notte del deserto le stelle si fanno più luminose,
così nel cielo del nostro cammino risplende con vigore la luce di Maria,
Stella della nuova evangelizzazione, a cui fiduciosi ci affidiamo.
Amen
Vita Sacramentale
Battesimo
I genitori devono richiedere la possibilità di battezzare i figli con ampio anticipo per poter organizzare i momenti di formazione. Per educare a sentirsi parte della comunità parrocchiale e per comprendere che i Sacramenti sono un dono da vivere nella comunità, e non qualcosa di privato, i Battesimi saranno celebrati per quanto è possibile alla presenza della comunità parrocchiale. Per cui nella nostra parrocchia i Battesimi si celebrano ordinariamente durante la Messa Pro Populo Dei oppure durante la Celebrazione Festiva della vigilia.
Cresima o Confermazione
Per ricevere il Sacramento della Confermazione, occorre essere già Battezzati, aver fatto la Prima Comunione e partecipare alla vita della comunità parrocchiale. Inoltre occorre frequentare il cammino di formazione Cristiana per due anni nel gruppo della Confermazione. La Cresima o Confermazione, secondo quanto prescrive il cammino di formazione cristiana della nostra diocesi, si riceve nel periodo di Pasqua del secondo anno formativo.
Gli adulti che devono ricevere questo Sacramento sono invitati a partecipare all’itinerario di formazione biblica che inizia con l’Avvento e termina con la Quaresima.
Eucaristia
Per poter partecipare pienamente alla Liturgia Eucaristica con la Prima Comunione, occorre aver ricevuto il Sacramento del Battesimo. Inoltre occorre aver frequentato il cammino di Formazione Cristiana nel gruppo dell’Accoglienza, che educa a sentirsi parte della comunità cristiana, per due anni; e in quello dell’Eucaristia, che educa al ringraziamento per tutto quello che il Signore ci ha dato, per tre anni. Per poter vivere in modo completo la formazione è indispensabile il pieno coinvolgimento delle famiglie dei ragazzi nelle varie fasi dell’itinerario. Questo sacramento si riceve ordinariamente in quinta elementare.
Riconciliazione o Penitenza (Confessione)
Il Sacramento, nel cammino di preparazione dell’Iniziazione Cristiana, si riceve durante una giornata penitenziale, nella Quaresima che precede la Prima partecipazione alla Comunione Eucaristica. Per vivere ordinariamente il dono della Misericordia di Dio, per evitare di vivere questo mistero d’amore in modo frettoloso si chiede di venire per tempo in chiesa, non all’ultimo momento per una benedizione; i sacerdoti sono presenti e disponibili, almeno mezz’ora prima che inizi la Liturgia Eucaristica. La parrocchia organizza la liturgia comunitaria della Penitenza in Avvento per prepararsi al Natale del Signore, in Quaresima per celebrare degnamente la Pasqua di Resurrezione.
Per quanto concerne gli adulti si ricorda che occorre confessare i propri peccati e non quelli degli altri, che bisogna vivere con piena disponibilità la conversione della propria vita, e operare per rimuovere il peccato dal proprio modo di parlare e di agire.
Padrini
Per poter fare da Padrini/Madrine ai Sacramenti di Iniziazione Cristiana (Battesimo e Cresima) è necessario: Aver ricevuto i Sacramenti di Iniziazione Cristiana. Aver compiuto 16 anni. Frequentare possibilmente la vita della Comunità. Non avere impedimenti morali, non vivere in situazioni canoniche e sociali irregolari.
Unzione dei Malati
Il Signore nella sua vita terrena è spesso intervenuto per alleviare le sofferenze e guarire dalle malattie, la comunità cristiana fin dal suo sorgere ha ritenuto di dover continuare l’opera del Signore donando nell’azione pastorale una particolare attenzione ai sofferenti. Nella parrocchia la visita agli ammalati e agli anziani impossibilitati a muoversi si fa ogni mese, con la collaborazione dei Ministri Straordinari della Comunione in occasione del primo venerdì. Inoltre gli operatori della Caritas sono impegnati a visitare periodicamente gli ammalati per il conforto della preghiera e per far loro sperimentare l’affetto e l’attenzione della comunità.
Per quanto concerne il Sacramento dell’Unzione si ritiene sia opportuno che il malato lo riceva mentre è cosciente del suo stato di sofferente, senza attendere gli ultimi momenti di vita, quando ormai non ha coscienza del dono che riceve nella Grazia di Dio, mediante l’azione sacramentale della Chiesa.
Matrimonio
E’ il Sacramento della partecipazione all’azione creatrice di Dio e dell’amore sponsale, è perciò importante maturare una coscienza vocazionale del legame matrimoniale. Per la celebrazione del matrimonio occorre aver ricevuto i Sacramenti dell’iniziazione Cristiana: Battesimo, Eucaristia, Confermazione.Inoltre è indispensabile, per una migliore comprensione del Sacramento e degli impegni canonici e civili che ne derivano, aver frequentato il cammino di formazione al Matrimonio cristiano nell’Unità Pastorale ove si ha il domicilio o la residenza.
Per le pubblicazioni occorre portare: I certificati cumulativi di Cittadinanza, Residenza e Stato Libero dei fidanzati. Se domiciliati (non necessariamente residenti) in altra parrocchia si devono portare i certificati di Battesimo e di Cresima. Se domiciliati in altra Diocesi anche il certificato di Stato Libero
Esequie
Secondo quanto prevede il Diritto Canonico le esequie possono essere celebrate dove lo ritengono gli interessati, senza alcun vincolo legato all’appartenenza territoriale. L’azione liturgica è uguale per tutti i defunti, onde evitare disparità tra i ricchi e i poveri. Per quanto è possibile, la vigilia delle esequie, è celebrata una veglia di preghiera nella casa del defunto. Per quanto concerne la celebrazione delle Esequie, il corteo si snoda dalla casa del defunto alla Chiesa parrocchiale. L’azione liturgica esequiale termina per tutti nella Chiesa parrocchiale.
Condividono la responsabilità della vita pastorale
Per il bene delle anime della Comunità parrocchiale nella dinamica della corresponsabilità laicale fortemente voluta dagli orientamenti conciliari, molti battezzati cooperano, con il Parroco ed il Vicario parrocchiale, per la crescita nella comunione e per la evangelizzazione della comunità parrocchiale.
Possiamo contare su un centinaio di persone che rendono più viva e attiva la vitalità degli ambienti pastorali. Sono laici sinceramente affezionati al servizio pastorale e lo vivono con una generosa e gratuita dedizione. La loro formazione è stata curata dallo zelo pastorale che ha caratterizzato il lungo ministero di Don Michele. Alcuni si sono formati presto l’istituto di Scienze Religiose a Belvedere, altri presso la Scuola di formazione Teologica a Scalea. Tutti, e altri ancora, alla scuola quotidiana e immediata della preghiera e delle partecipazione parrocchiale. In questi ultimi anni, il nucleo delle diponibilità va arricchendosi con una significativa presenza di giovani, che generano entusiasmo e vitalizzano in modo innovativo la partecipazione agli incontri formativi e alle celebrazioni catechistiche e liturgiche.
Occorre lamentare la latitanza degli uomini, il rapporto con la partecipazione attiva delle donne è eccessivamente sproporzionato. E come se avessero sempre cose più importanti da fare, partecipano abbastanza numerosi alla vita liturgica, ma, a tutt’oggi, non si riesce a coinvolgerli numerosi nel prezioso impegno della testimonianza cristiana di servire la comunità.
Come ha già ampiamente operato il mio predecessore, continua l’impegno della corresponsabilità attraverso gli organismi di partecipazione ecclesiale: Consiglio Pastorale e Consiglio per gli Affari Economici. Negli incontri periodici di questi organismi, il coinvolgimento dei laici si esprime nell’analisi, nell’impostazione, nella programmazione, nell’attuazione e nella verifica del lavoro pastorale.
Abbiamo già sottolineato che i fratelli e le sorelle dedicano con passione e gioia il loro tempo disponibile alla crescita della comunità e della vita cristiana a Scalea. Stiamo lavorando perché cresca in loro la voglia di protagonismo. Il che vuol dire, vivere nella piena comunione con il parroco, valorizzare più autonomamente i carismi che lo Spirito ha loro affidato per il bene della comunità. Si avverte il bisogno di liberarsi dalla esigenza della tutela dall’alto, di derivazione clericale, per restituirsi con più libertà alle grandi potenzialità spirituali ed educative di cui ciascun battezzato è depositario.
Il senso di responsabilità formativa che accompagna l’impegno laicale, e la serietà con la quale viene incarnato, permette a noi sacerdoti di guardare in modo più ampio e sereno alle tante situazioni difficili, le cosiddette periferie esistenziali, che più immediatamente sollecitano la nostra attenzione di pastori. La crescita della fede sollecita sempre la vita e l’affidamento della comunità al Signore, perché corrisponda pienamente al progetto di Chiesa che il nostro Vescovo propone e sia sempre attenta a quanto la Chiesa universale vive e trasmette attraverso il Magistero Petrino del Santo Padre.
L’opera del Signore non manca di alimentare sempre nuove vocazioni, a generare stupore per tutto il bene che si accompagna alla vita della comunità, nonostante i nostri tanti limiti personali e così completare per sua grazia tutto ciò che può concorrere più pienamente al bene delle anime a noi affidate.
Consiglio Parrocchiale Affari Economici
Statuto
Art. 1
Il Consiglio Parrocchiale per gli affari economici della Parrocchia di San Giuseppe Lavoratore (qui di seguito più brevemente denominato (C.P.A.E.) costituito dal Parroco in attuazione del can. 537 del Codice di Diritto Canonico, è l’organo di collaborazione dei fedeli con il Parroco nella gestione amministrava della Parrocchia.
Art. 2
Il CPAE ha i seguenti scopi:
coadiuvare il parroco nel predisporre il bilancio preventivo della parrocchia, elencando le voci di spesa prevedibili per i vari settori di attività e individuando i relativi mezzi di copertura;
approvare alla fine di ciascun esercizio, previo esame dei libri contabili e della relativa documentazione, il rendiconto consuntivo;
esprimere il parere sugli atti di straordinaria amministrazione;
curare l’aggiornamento annuale dello stato patrimoniale della Parrocchia, il deposito dei relativi atti e documenti presso la Curia diocesana (can. 1284, § 2, n. 9) e l’ordinata archiviazione delle copie negli uffici parrocchiali.
Regolamento
Art. 1
Il C.P.A.E. è composto dal parroco, che di diritto ne è il Presidente, dai Vicari parrocchiali e da almeno tre fedeli nominati dal Parroco, sentito il parere del Consiglio Pastorale o, in sua mancanza, di persone mature e prudenti; i consiglieri devono essere eminenti per integrità morale, attivamente inseriti nella vita parrocchiale, capaci di valutare le scelte economiche con spirito ecclesiale e possibilmente esperti in diritto o in economia.
I loro nominativi devono essere comunicati alla Curia Diocesana almeno quindici giorni prima del loro insediamento.
I membri del C.P.A.E. durano in carica tre anni e il loro mandato può essere rinnovato.
Per la durata del loro mandato i consiglieri non possono essere revocati se non per gravi e documentati motivi.
Art. 2
Non possono essere nominati membri del C.P.A.E. i congiunti del Parroco fino al quarto grado di consanguineità o di affini e quanti hanno in essere rapporti economici con la parrocchia.
Art. 3
Spetta al Presidente:
la convocazione e la presidenza del C.P.A.E.
la fissazione dell’ordine del giorno di ciascuna riunione;
la presidenza delle riunioni.
Art. 4
Il C.P.A.E. ha funzione consultiva non deliberativa. In esso tuttavia si esprime la collaborazione responsabile dei fedeli nella gestione amministrativa della Parrocchia in conformità al can. 212, § 3. Il Parroco ne ricercherà e ne ascolterà attentamente il parere, non se ne discosterà se non per gravi motivi e ne userà ordinariamente come valido strumento per l’amministrazione della Parrocchia.
Ferma resta, in ogni caso, la legale rappresentanza della Parrocchia che in tutti negozi giuridici spetta al parroco, il quale è amministratore di tutti beni parrocchiali a norma del can. 532.
Art. 5
Il C.P.A.E. si riunisce almeno una volta al trimestre (oppure una volta al quadrimestre), nonché ogni volta che il Parroco lo ritenga opportuno, o che ne sia fatta a quest’ultimo richiesta da almeno due membri del Consiglio.
Alle riunioni del C.P.A.E. potranno partecipare, ove necessario, su invito del Presidente, anche altre persone in qualità di esperti.
Ogni consigliere ha facoltà di far mettere a verbale tutte le osservazioni che ritiene opportuno fare.
Art. 6
Nei casi di morte, di dimissioni, di revoca o di permanente invalidità di uno o più membri del C.P.A.E., il Parroco provvede, entro quindici giorni, a nominarne i sostituti. I consiglieri cosi nominati rimangono in carica fino alla scadenza del mandato del Consiglio stesso e possono essere confermati dalla successiva scadenza.
Art. 7
L’esercizio finanziario della Parrocchia va dal 1°gennaio al 31 dicembre di ogni anno. Alla fine di ciascun esercizio, e comunque entro il 31 marzo successivo, il bilancio consuntivo, debitamente firmato dai membri del Consiglio, sarà sottoposto dal Parroco al Vescovo diocesano.
Art. 8
Il C.P.A.E. presenta al Consiglio Pastorale Parrocchiale il bilancio consuntivo annuale e porta a conoscenza della comunità parrocchiale le componenti essenziali delle entrate e delle uscite verificatesi nel corso dell’esercizio nonché il rendiconto analitico dell’utilizzazione delle offerte fatte dai fedeli, indicando anche le opportune iniziative per l’incremento delle risorse necessarie per la realizzazione delle attività pastorali e per il sostentamento del clero parrocchiale.
Art. 9
Per la validità delle riunioni del Consiglio è necessaria la presenza della maggioranza dei consiglieri. I verbali del Consiglio, redatti su apposito registro devono portare la sottoscrizione del Parroco e del Segretario del Consiglio stesso e debbono essere approvati nella seduta successiva.
Art. 10
Per tutto quanto non contemplato nel presente regolamento si applicheranno le norme del Diritto Canonico.
Consiglio Pastorale Parrocchiale
Statuto
Il Consiglio Pastorale Parrocchiale è l’organismo di comunione e di partecipazione alla missione salvifica della Chiesa nella parrocchia San Giuseppe Lavoratore in Scalea, diocesi di San Marco Argentano – Scalea. Esso si propone di curare anzitutto la vita spirituale dei suoi membri e dell’intera parrocchia, con senso di grande carità, che è il segno distintivo dei discepoli di Cristo.
Art. 1
A norma del can. 536 de Codice di Diritto Canonico e sentito il giudizio di opportunità del Vescovo diocesano, in data 1 gennaio 2015 si costituisce nella parrocchia San Giuseppe Lavoratore in Scalea il C.P.P.
Art. 2
Il C.P.P. è organismo di comunione e di partecipazione responsabile alla vita della comunità. E’ organo consultivo, non ha compiti esecutivi, ed è retto dalle norme stabilite dal Vescovo diocesano.
Art. 3
Il C.P.P. studia, valuta e propone indicazioni operative su tutto ciò che riguarda l’azione pastorale della parrocchia, elaborando un piano organico di evangelizzazione che tenga conto del contesto sociale e delle molteplici esigenze spirituali e temporali dell’intera comunità.
Art. 4
Il C.P.P. nel redigere il piano pastorale, dà indicazioni operative:
Per diffondere la Parola di Dio in tutti gli ambienti e sviluppare la coscienza religiosa dell’intero popolo di Dio;
Per fare in modo che le celebrazioni eucaristiche, siano fonte e culmine della vita della comunità ecclesiale;
Per realizzare la carità fraterna: tra i suoi membri; nel rapporto con tutta la comunità parrocchiale, creando occasioni di incontro e comunione con tutti, specie con i non praticanti al di là di ogni discriminazione sociale, culturale o credo religioso; nell’aiuto fraterno verso i poveri, gli emarginati, gli ammalati, e verso ogni forma di marginalità e bisogno.
Regolamento
Art. 1
Il C.P.P. è formato:
da membri di diritto: parroco
da cinque membri eletti dalla comunità;
da membri designati, delegati di ogni associazione, movimenti o gruppi operanti nella parrocchia: Catechisti, Gruppo Liturgico, Caritas, Comunità Maria, Responsabile Formazione Biblica, Coro parrocchiale, Gruppo di Preghiera di Maria Rifugio delle Anime.
Dai rappresentanti i quartieri della parrocchia: Fischia, Calvario, Viale Stazione, Via Mulino, Madonnina, Via Necco, Impresa, Campo Volo, Lintiscita, Sant’Angelo.
I delegati rappresentanti le Aggregazioni decadono allo scadere dei loro mandati associativi.
Art. 2
Il C.P.P. dura in carica tre anni, a conclusione del mandato i componenti possono essere rieletti per un secondo triennio. Solo eccezionalmente per un terzo mandato esecutivo.
Art. 3
Sono organi del C.P.P.:
la Presidenza, formata da: parroco, vice-presidente laico e segretario organizzativo;
l’Assemblea, che è composta da tutti i membri del C.P.P. che elegge un vice-presidente laico e un segretario.
Art. 4
Il C.P.P. si riunisce quattro volte all’anno su convocazione del presidente e ogniqualvolta il presidente o la maggioranza dei membri ne faccia richiesta. Per la validità della riunione è necessaria la presenza del presidente e la maggioranza dei membri.
Art. 5
Sono elettori e possono essere eletti, tutti i cresimati che hanno compiuto il sedicesimo anno di età e che si distinguono per testimonianza di fede, buoni costumi e prudenza cristiana.
Art. 6
Il presidente indice le elezioni per la scelta dei membri del C.P.P., un mese prima, fissandone i tempi e le modalità.
Art. 7
Le elezioni si svolgono nei luoghi convenuti dal presidente e comunicati alla data dell’indizione delle elezioni.
Art. 8
I membri da eleggere sono cinque; sono votati in una lista unica, formata da tutti coloro che si rendono disponibili a far parte del C.P.P. Le preferenze da esprimere sono due. Al candidato eletto che rinuncia, subentra il primo dei non eletti.
Art. 9
L’assemblea del C.P.P. è convocata con invito scritto, spedito o recapitato a mano a cura del segretario, che inoltre provvederà a compilare i verbali delle sedute, e curerà il registro dei medesimi che sarà custodito nell’archivio della parrocchia.
Art. 10
L’avviso della convocazione conterrà l’ordine del giorno, la data e il luogo della seduta, con l’orario e i contenuti fissati dalla presidenza.
Art. 11
Le persone che fanno parte del C.P.P. accettano lo statuto e il regolamento e, si impegnano, a rispettarli e a farli rispettare.
Art. 12
Il C.P.P. decade con la sede parrocchiale vacante.
Art. 13
Per tutto quanto non è contenuto nel presente statuto e regolamento, si applicano le norme del Codice di Diritto Canonico.
Componenti il Consiglio
Il Parroco si avvarrà della collaborazione attiva dei Responsabili dei Gruppi ecclesiali e degli Ambiti pastorali, in attesa di poter definire con il nuovo anno pastorale e con la componente eletta dall’assemblea il Consiglio Pastorale ad triennium.